L’Erede
del Male.
“Now I lay me down to sleep
Pray the
Lord my soul to keep
If I die
before I wake
Pray the
Lord my soul to take
Hush
little baby, don't say a word
And
never mind that noise you heard
It's
just the beasts under your bed
In your
closet, in your head.
Exit, light
Enter,
night
Grain of
sand*”.
[Metallica – Enter Sandman]
Atto IV, Parte III – Sandman
«Addio, padre».
Nonostante l’effetto drammatico della sua ultima
affermazione, Winter si era ritrovata agonizzante al suolo prima ancora di
poter muovere un singolo muscolo verso l’uomo, il cui sorriso macabro non si
era spostato di un millimetro. Era semplicemente caduta in preda a delle
convulsioni dall’origine sconosciuta, il corpo già gracile che sembrava sul
punto di spezzarsi a causa dei movimenti bruschi ed incontrollati.
Sandman.
Era così banale che Harry si sentì sul punto di
prendersi a schiaffi per non essersene immediatamente reso conto. Quando Winter
Vane gli aveva ordinato di correre via con tanta premura, avrebbe dovuto
fermarsi a riflettere sul motivo che poteva aver spinto una delle donne più
pericolose al mondo a farsi prendere dal panico chiedendogli di correre ad
Azkaban per avvisare della fuga di uno dei prigionieri, qualcuno abbastanza
pericoloso da meritare un nome in codice tutto suo per evitare che potesse
diffondersi il panico. Qualcuno così pericoloso che Voldemort stesso aveva
preferito lasciarlo nelle retrovie, un’arma segreta che nessuno avrebbe dovuto
conoscere1.
Sarebbe stato più semplice fare il collegamento,
forse, se non si fosse lasciato ingannare da un banale incantesimo di
camuffamento che lei aveva usato per nascondersi da occhi indiscreti. O se non
avesse cambiato nome.
Elladora Mulciber.
«Saresti dovuto scappare quando te ne avevo dato
l’occasione, signor Potter» lo rimproverò l’uomo, con tono lezioso, scuotendo
il capo mentre continuava a sorridergli con la stessa aria bonaria che un padre
avrebbe avuto verso il figlio discolo. Quel paragone gli fece venire la nausea,
trattenersi dal dare di stomaco fu solo un atto di pura volontà. «La mia piccina
ti aveva dato una via di fuga, eppure hai preferito perdere tempo per fare
l’eroe. È una cosa che ho sempre ammirato in voi Potter. Tutto questo
coraggio… sono certo che dobbiate essere deliziosi».
A quel punto, l’espressione di disgusto non poté
più essere mascherata. Sentendo le gambe tremare, Harry sollevò la bacchetta
verso l’uomo, attendo a non guardarlo mai direttamente negli occhi. Silas Mulciber non aveva lo stesso potere della figlia, non
poteva colpirlo se non gliene dava modo. Forse. «Come ha fatto a
scappare?» fu tutto ciò che l’Auror riuscì a
domandare, indeciso fra l’attaccare e l’avvicinarsi alla povera donna riversa
al suolo, ancora scossa da qualche tremore incontrollato. Voleva aiutarla, ma
come? Non era un medico e, comunque, dubitava fortemente che lei potesse essere
semplicemente salvata. Non quando era stato Sandman
a colpirla.
Il Mangiamorte scoppiò a ridere, gettando il capo
indietro ed allargando poi le braccia. Fra le mani aveva una bacchetta magica
che Harry sapeva non appartenergli, poiché era stato presente quando il
Ministro aveva spezzato e bruciato la sua, quattro anni prima. «Ho ricevuto un
aiuto inaspettato, signor Potter. Un aiuto che ha apprezzato incredibilmente
l’assenza di Dissennatori fuori dalla mia cella. Si ricordi di ringraziare il
suo Ministro, se non fosse stato tanto magnanimo avrei potuto perdere la testa,
in questi anni2».
La possibilità che lui impazzisse di più
era ridicola al solo esser pensata. Ridicola. Quell’uomo non aveva una
singola cellula, in corpo, che non fosse completamente matta, deviata al punto
da far tremare le guardie carcerarie all’idea che potesse essere lasciato in
una cella insieme ad altri.
«Chi ti ha aiutato?».
Osservandosi le unghie delle mani con aria
annoiata, Mulciber si strinse nelle spalle. «Domanda
banale, signor Potter. Se anche te lo dicessi, tu non mi crederesti» gli fece
notare, non allegro ma comunque sorridente «La domanda giusta dovrebbe essere:
perché sei ancora vivo? Per essere stato capace di sconfiggere l’Oscuro
Signore, sei davvero molto tardo, ragazzo. Dovresti rinchiuderti in una stanza
senza finestre, tutto preso a strapparti i capelli e chiederti come farai a non
morire dalla paura».
Harry lo fissò per qualche istante, gli occhi
spalancati ma l’espressione neutra. Una parte oscura di lui sapeva che quella
di Mulciber non era una semplice minaccia con lo
scopo di spaventarlo, non aveva senso fare lo spavaldo. Se Sandman
gli diceva di dover avere paura, lui non aveva possibilità di negare quella
possibilità e convincersi che fosse un trucco. Doveva solo lasciare che
quell’angoscia perenne che l’aveva torturato ogni notte negli ultimi quattro
anni e che aveva iniziato a perseguitarlo anche di giorno a causa degli
incontri con Ophelia e Katie prendesse possesso del suo corpo, piegandolo e
spezzandolo.
Prima che potesse perdere quel minimo di coraggio
che gli era rimasto, Harry parlò. «Perché sono ancora vivo?».
Mulciber
ridacchiò. «Perché ucciderti era troppo facile, ragazzo» gli disse, muovendo la
bacchetta così che il corpo esanime di Winter si raddrizzasse, rialzandosi come
se fosse stata un burattino tirato da fili invisibili. Il suo viso era
inespressivo, gli occhi di ghiaccio aperti in modo innaturale ed iniettati di
sangue, lo stesso che le macchiava il viso e gli abiti. Sembrava morta,
anche se Harry sapeva quanto quella possibilità fosse infinitamente più
caritatevole di ciò che le era effettivamente accaduto. «Vedi, Potter, non
tutto quello che è accaduto è stato a tuo favore, durante la guerra. Certo, sei
diventato un simbolo di libertà e pace, una speranza» pronunciò
quell’ultima parola con divertito disprezzo, quasi fosse stata una follia, «ma
tutto questo potrebbe rivoltarsi contro di te in un battito di ciglia. Cosa
resta, quando togli la speranza?».
Nulla, non restava nulla. Esattamente
come ciò che riempiva il cuore di Winter, che in quel momento non poteva più
neppure fingere di essere normale, essendo tornata fra le grinfie di
colui che il destino aveva reso suo padre e carnefice. Era questo che Mulciber voleva? Era quello lo scopo di chiunque l’avesse
liberato? Distruggere Harry, così da distruggere la speranza del mondo? Era
ambizioso, come progetto, perché dopotutto lui era solo un uomo ed il
mondo era pieno di gente coraggiosa e pronta a tutto pur di sopravvivere.
«Sei molto innocente, signor Potter» si rallegrò Mulciber, leccandosi le labbra con anticipazione. «Quelli
come te sono i miei preferiti. I più saporiti, senza ombra di dubbio» commentò,
voltando lo sguardo verso sua figlia, rimasta nel silenzio dell’incantesimo.
Allungò la mano libera per spostarle una ciocca di capelli scuri da davanti
agli occhi, poi le accarezzò la guancia. «Non è meravigliosa, Potter? Guardala,
è perfetta. Ed il suo potere è anche cresciuto, in questi anni! Prima
non era mai riuscita a resistere tanto a lungo ai miei attacchi. È incantevole».
Harry sentì la nausea attanagliargli di nuovo lo
stomaco, mentre fissava l’uomo intento a decantare i macabri talenti che la
figlia aveva ereditato. Provò a calmarsi, pensando che lui avrebbe potuto
provare anche attrazione sessuale verso di lei, ma la possibilità che
quell’idea non fosse assurda ma addirittura probabile non fece
altro che farlo sentire peggio.
«Lasciala andare, mostro» ringhiò,
sollevando di più la bacchetta per potergliela puntare contro, sentendosi
infinitamente più forte di poco prima. Non credeva di poter avere qualche
speranza contro di lui, ma si sentiva stranamente motivato. Lui l’aveva
definito speranza, poteva esserlo anche per quella donna che ricordava
aver visto tremare davanti ad una giuria impietosa non più di quattro anni
prima. «Hai già fatto soffrire Winter a sufficienza, lei non ti appartiene».
La curiosità con cui Mulciber
lo guardò lo fece irrigidire. Sembrava quasi che non riuscisse a comprendere le
sue parole, nonostante Harry fosse consapevole di aver parlato in modo
parecchio chiaro. Era piuttosto fiero di se stesso, in realtà, perché anni
prima non sarebbe riuscito a fronteggiarlo con tanta presunzione. «Ovviamente
lei mi appartiene, Potter. Lei è mia, lo è sempre stata. La mia
piccolina ha solo avuto un momento di sbandamento ed ha tentato di allontanarsi
da me, ma adesso è rinsavita» si rallegrò, prendendo il viso della donna fra le
mani ed osservandola come se fosse stata il suo tesoro più grande. «Oh, lei
è il mio tesoro più grande. Grazie a lei, l’umanità non ha più segreti per
me. Dopo che avremo aiutato Tiresias, noi
spariremo, diventeremo un’ombra, l’incubo ricorrente che tormenta i sogni dei
bambini…» rise, tornando a fronteggiare Harry. «Non è elettrizzante,
come prospettiva? È un peccato che tu non possa assistere alla nostra ascesa,
per allora sarai già morto».
«Non è la prima volta che qualcuno prevede la mia
morte, Mulciber» gli fece notare Harry, sentendosi
improvvisamente più coraggioso. Quella era una minaccia che conosceva,
una possibilità contro cui aveva combattuto fin da quando era entrato a far
parte del mondo della magia. Qualcuno – Tiresias? –
voleva ucciderlo, così come voleva farlo Voldemort. Volevano ucciderlo, ma lui
poteva combattere. I mostri del mondo non potevano essere spaventosi come
quelli che vivevano nel suo cuore. Quella era una sfida che poteva
accettare. «Winter ha fatto la sua
scelta quattro anni fa, non sarai tu ad allontanarla dalla sua nuova vita»
continuò, stringendo la presa sulla sua bacchetta e rimpiangendo
improvvisamente di aver voluto rimettere al suo posto la Bacchetta di Sambuco.
Gli sarebbe stata utile, in quel momento.
«Ah, il coraggio Grifondoro. Come ho già detto, appetitoso»
gli disse l’uomo, alzando gli occhi al cielo. «Ammiro che tu sia pronto a
batterti contro di me per aiutare la mia piccina, ma, vedi, lei non vuole
essere aiutata. Dico bene, Elladora?» chiese in
direzione della figlia, che annuì meccanicamente, il capo piegato in modo
innaturale e lo sguardo vitreo. Con orrore, Harry notò una lacrima colare lungo
la sua guancia, ma non seppe dire se fosse a causa della secchezza degli occhi
o per vera disperazione. «Conquisteremo il posto che ci appartiene, non ci sarà
una sola mente che non ci apparterrà. E tutto grazie a lei, al suo splendido
dono che io unirò alle mie qualità».
Il primo incantesimo di Harry si scontrò con uno
scudo che lui non era neppure riuscito a notare. Era il migliore con gli
incantesimi non verbali, eppure Mulciber sapeva
sempre come contrattaccare, grazie al collegamento con la mente di Winter,
tornato ad essere forte come durante la guerra. La donna non si muoveva, eppure
Harry vedeva quanto enorme dovesse essere lo sforzo che la sua mente
stava subendo. Non c’era difesa che potesse tenere, non c’era modo di liberarsi
da quella sanguisuga che le aspirava i pensieri per nutrirsene e divenire
sempre più forte.
«Avada Kedavra!» fu il vano tentativo di Harry, a sua volta
finito nel nulla, mentre Mulciber gli rideva in
faccia con l’espressione più divertita che dovesse mai aver avuto in vita sua.
Non si sentiva toccato, non si sentiva minacciato da lui, perché quel vantaggio
che gli incantesimi silenti dovevano concedergli in realtà era vanificato in
partenza. Non era una lotta ad armi pari, non lo sarebbe mai stata. Harry non
era un bravo Occlumante e di certo i suoi sforzi
sarebbero stati nulla contro di lui. Contro di lei.
«Non ti è bastato, Potter? Vuoi davvero
costringermi ad ucciderti? Non saprei come spiegarlo al mio… protettore»
si lagnò, allegro, facendo un cenno alla figlia affinché si sedesse ai suoi
piedi. Era un chiaro gesto, il suo: sottomissione completa, la vita di
Winter Vane non valeva più di quella di un fedele cagnolino. Harry non sarebbe
mai riuscito a lasciarla lì, in quello stato. «Ah, così coraggioso, così
orgoglioso! La resa non è una possibilità, per te?».
«Se intendi dire che vuoi arrenderti a me, mostro,
allora accetto3» gli ringhiò contro, raddrizzando le spalle. Lo
avrebbe costretto ad ucciderlo, se necessario. Prima o poi, Draco e Theodore si
sarebbero svegliati e allora tutti avrebbero saputo del pericolo imminente. «Io
posso continuare tutto il giorno4, fatti sotto!».
Mulciber fece una
smorfia, esasperato. Ad Harry era mancata la sensazione provata nel portare le
persone al limite: il compianto Piton era stato un’ottima cavia per fargli
sviluppare il suo lato più impertinente. «Non posso perdere tempo con te, Tiresias e l’infante ci stanno aspettando, ho promesso loro
che avrebbero presto conosciuto la mia piccina» borbottò, incrociando le
braccia al petto – evidentemente non intenzionato a combattere – e voltandosi
verso la figlia. «Elladora, cara, ti dispiace
annientarlo? Credo che ai nostri amici serva solo il loro corpo, non certo la
sua mente».
Winter, ancora seduta al suolo, tremò
violentemente ma non si mosse. Le lacrime scendevano con maggiore intensità, ma
il suo viso era rimasto inespressivo. Nella sua mente era in corso una
battaglia e lei era l’unica, vera vittima. Harry si sentì male al solo
guardarla. Lui aveva provato la forza di un Imperius, ma era stato un controllo
minimo, quasi amichevole. Niente aveva mai provato a spezzarlo nel
profondo, niente lo aveva tormentato fin dalla nascita, non in quel modo.
«Cosa stai facendo, Elladora?
Vuoi combattere?» chiese con una risata l’uomo, osservando la figlia con un
cipiglio diviso fra il divertimento e l’irritazione. «Non hai imparato la
lezione, piccola mia? Credevo di essere stato chiaro, anni fa» continuò, ed il
suo tono assunse un’inflessione spaventosa, una rabbia così cieca ed improvvisa
che per un momento lo stesso Harry sentì le gambe tremare. «Ho detto, annientalo,
prima che io decida di annientare te».
La donna al suolo tremò più forte e dalle sue
labbra sfuggì un rantolo soffocato. Il suo viso aveva iniziato a cambiare
colore in modo a dir poco spaventoso e le sue mani erano artigliate al suolo,
le unghie ormai quasi completamente saltate via e sostituite da grumi sanguinolenti.
Quando Mulciber si accigliò, il rantolo divenne un
gemito soffocato e quelle stesse dita sporche si spostarono sul viso pallido e
segnato dalle lacrime, graffiandolo come se avesse voluto strapparsi via la
pelle pur di smettere di soffrire.
«Smettila! Lasciala stare, lasciala!» nel
panico totale, Harry balzò in avanti, intenzionato a prenderlo a pugni se fosse
stato necessario. Riuscì ad avvicinarsi solo di qualche passo prima che Mulciber gli puntasse contro la bacchetta e lo sbalzasse
contro il muro con abbastanza forza da far spezzare qualcosa nella sua gabbia
toracica. Il dolore che provò fu abbastanza forte da mozzargli il respiro, ma
lui non si fermò: il rantolo di Winter era spaventoso. Stava soffocando,
una forza inarrestabile che dall’interno le impediva di respirare. La morte
peggiore5, combattendo una guerra che non poteva essere vinta. «La-lasciala!».
Il sorriso di Mulciber
si congelò sul suo viso, un lampo d’orrore gli attraversò gli occhi chiarissimi
mentre, al suo fianco, la donna iniziò a tossire furiosamente, crollando su se
stessa come se i fili cui era stata attaccata fossero stati improvvisamente
tagliati. Confuso a causa del dolore, Harry si ritrovò a chiedersi se fosse
stato lui, con magia accidentale, a fermarlo, oppure se Winter fosse davvero
riuscita a liberarsi da sola, trovando un ultimo sprazzo di forza dentro di
lei.
«Cattivo, Mulcy»
cantilenò una voce conosciuta, ma al tempo stesso diversa, mentre qualcosa con
lunghe dita artigliate e pallide si stringeva sulla gola dell’uomo, ben
nascosta dalle ombre. Non era stata quella a parlare, ma qualcun altro che in
quel momento stava camminando lentamente verso di loro, emergendo pigramente
dall’oscurità come se ne fosse stata parte. Il suo viso era pallido come il
gesso, le labbra nere piegate in un sorriso sadico e gli occhi, bui come le più
oscure profondità della notte, erano circondati da ombre violacee. Non c’era
pupilla, non c’era sclera, solo il nulla.
Katie Bell era solo un ricordo lontano, perché il
mostro che si stava avvicinando somigliava solo lontanamente all’amica che
Harry aveva conosciuto a scuola. Sorrideva, quasi quella scena fosse stata un
ridicolo siparietto, quasi il rischio non fosse esistito.
Quale poteva essere il pericolo per l’araldo della
Morte?
Mulciber ringhiò,
cercando di divincolarsi, ma le mani sulla sua gola si strinsero di più,
impedendogli di muoversi.
«Cattivo, stai provando ad usare la
legilimanzia su di me?» ridacchiò Katie, piegando il capo di lato ed
osservandolo con la stessa divertita compiacenza che lui aveva dedicato ad
Harry poco prima e che lo fece palesemente rabbrividire. «Non puoi
controllarmi, nessuno può farlo. Neppure io posso!» continuò, scoppiando
a ridere senza freni all’ultima rivelazione. Sembrò sinceramente divertita,
finché Mulciber non grugnì. «Ancora? Non puoi
controllare i morti, Silas, non te l’hanno mai insegnato?».
«Tu non sei morta!».
Il sorriso di Katie ritornò, più largo di prima.
«Io non ci scommetterei» gli rispose, tranquilla. «Mi dispiace solo non poterti
uccidere. Sarebbe una vendetta così dolce. Sai in quanti bramano la tua
anima, Silas? Sai in quanti ti stanno aspettando, dall’altra parte? Sono
proprio lì, oltre il fiume. Aspettano solo che tu li raggiunga. Davvero non li
senti?».
Mulciber gemette,
questa volta per il dolore. Un rivolo di sangue colò dalla leggera ferita che
gli artigli della creatura che lo tratteneva avevano provocato. Katie inspirò
bruscamente, per poi fare una smorfia.
«Anche il tuo sangue puzza di marcio» gli fece
notare, scuotendo la testa come a voler mostrare ancora di più il suo
disappunto. «Disgustoso fino alla fine, come ogni maniaco omicida che si
rispetti. Non siamo una buona razza, più che naturale che l’umanità voglia
sempre sterminarci». Sollevò la mano in un gesto blando e la creatura sibilò in
risposta. «Non ucciderlo puișor6, non
toglierò questo piacere a Winter. Dopotutto, ci servono delle risposte e sono
certa che lei ed Hermione vorranno divertirsi almeno un po’» ordinò brevemente,
incurante dello sguardo confuso che Harry non le aveva più staccato di dosso,
incerto su cosa dire o fare. Era anche lui in pericolo? Impossibile a dirsi.
«Non ho mai assaggiato una negromante7»
sbottò l’uomo, in un sibilo crudele, gemendo quando le mani si strinsero
nuovamente intorno al suo collo. Sembrava quasi che qualunque cosa lo stesse
trattenendo non avesse particolarmente apprezzato il suo proposito di mangiare
Katie. Che fosse un riflesso della rabbia di Katie stessa? «Non ho paura di te,
brutta scopacadaveri» le sibilò ancora,
cercando di dimenarsi, anche se inutilmente. «Verranno a salvarmi e tu non
potrai fare nulla per ferirmi. Elladora è mia».
Katie non si lasciò toccare dalle sue parole, né
da quello che doveva essere stato un insulto della peggior specie. Il suo
sorriso divenne semplicemente più freddo, quasi annoiato. «Elladora
è morta da anni, ormai. Winter ti annienterà, così come tu hai annientato lei»
lo avvisò, fiduciosa. «E se anche verranno a cercarti, Silas, non
illuderti che tu importi davvero qualcosa per loro. Tu sei solo una pedina».
In un battito di ciglia, l’uomo era sparito nel
nulla, inghiottito da quelle stesse ombre che avevano celato il suo aggressore
non morto. Katie, ancora in quelle spoglie irriconoscibili, si voltò in
direzione di Harry, osservandolo per un lungo istante prima di soffermarsi
sugli altri due uomini poco lontani da lui. Fece una smorfia, osservando
Malfoy, ma sembrò riprendersi velocemente.
«Katie?».
Quando lei si voltò nuovamente ad osservarlo, i
suoi occhi erano tornati dello stesso verde chiaro che lui aveva conosciuto nei
sei anni che avevano trascorso insieme a scuola. La sua espressione era rimasta
la stessa, una cupa preoccupazione alimentata da quello che Harry non poté che
definire odio. Verso chi, però?
«Mulciber scapperà a
breve, dubito che chiunque l’abbia mandato si farà spaventare da un vampiro»
sospirò, dando le spalle al vecchio amico per avvicinarsi alla collega, riversa
al suolo e ridotta peggio di uno straccio usato. «Harry, mi rendo conto tu stia
uno schifo, Ophelia e Barry stanno arrivando e lei potrà darti una sistemata
prima di scappare, ma non aspettarti di essere guarito, non abbiamo tempo e
dobbiamo cercare di far riprendere Malfoy e Nott».
C’erano tante domande che Harry voleva fare
alla donna. Domande più o meno rilevanti e decisamente personali, tuttavia non
sapeva come affrontare il discorso. Se fosse stato indelicato, avrebbe potuto
scatenare la stessa belva che poco prima aveva visto opporsi al Mangiamorte e,
nelle sue condizioni, non era una buona idea. Allora, non riuscendo a star
zitto, disse l’unica cosa che ritenne sensata. «Come fai a sapere che scapperà?
Non possiamo fermarlo? Perché sei ancora qui?».
Katie lo osservò per un lungo istante, quasi
stesse riconfermando la vecchia teoria sul suo essere tardo, poi sospirò,
inginocchiandosi accanto alla compagna per tentare di risollevarla. «Silas Mulciber non è che una pedina in tutto questo, Harry.
Chiunque l’abbia fatto evadere, riuscendo addirittura a sottometterlo, deve
avere delle capacità a dir poco eccezionali. Lui era un sorvegliato di
massima sicurezza ad Azkaban. Tu sei un Auror, sai
bene cosa significa. Nessuno è mai evaso da quelle celle, neppure
durante la Guerra. Per quanto possa aver fatto la spavalda, prima, io non
potrei resistere in eterno contro di lui e se anche riuscissi a prenderlo non
avrei modo di trattenerlo. Con buone probabilità, in questo preciso istante il
mio vampiro è sul punto di essere dato alle fiamme. Il suo mandante ha ottenuto
ciò che voleva, ma non è detto che non verrà a prenderci. Non abbiamo tempo da
perdere».
Dal canto suo, Harry era solo più spaventato di
prima. Il suo cervello stentava ad elaborare tutte quelle informazioni che lei
gli stava dando, tuttavia annuì. Mio vampiro. Madante.
Sandman. «Sapevano che l’avremmo fermato e
sapevano che non lo avremmo accompagnato personalmente ad Azkaban»,
l’illuminazione lo colpì all’improvviso, facendolo voltare verso l’oscurità
alle sue spalle. «Era solo un trucco, ma non per ingannare noi».
Sorridendo leggermente, Katie annuì. «Mulciber farà di tutto per vendicarsi di noi e per riavere
Winnie. Adesso più che mai, la sua fedeltà è assicurata. Com’era successo con
Voldemort, anni fa» spiegò, fissandolo con una certa ansia. «Tu conosci la
storia della madre di Winnie, vero? Berenice Vane e la sua morte sono
informazioni con livello tre di segretezza, ma immagino che gli Auror siano informati sull’accaduto».
Annuire costò ad Harry uno sforzo enorme.
Ricordava la storia di quella donna e ricordava benissimo il tono grave con cui
il Capo aveva ammonito tutti di non divulgare nulla che la riguardasse: c’erano
incubi che non dovevano essere rivissuti, restando nascosti nella profondità
della notte, lontani dalla coscienza e dalla memoria. «Quindi è stato tutto un
trucco per lui. Ma perché? A che scopo avere una bomba ad orologeria
come Mulciber fra le mani? Abbiamo il sospetto che
stiano utilizzando anche un Obscurus, cosa se
ne faranno di lui?».
«Quale folle piano di conquista non prevede l’uso
di un folle, Harry? Mulciber è…» rabbrividì,
disgustata. «Non scherzavo quando ho detto che lo stanno aspettando, dall’altra
parte. Ha fatto così tanto male, nella sua orribile esistenza, che
sinceramente io non sono neppure certa che abbia un’anima. Chiunque lo abbia
ingaggiato, lo ha fatto perché ha bisogno di qualcuno come lui. E se ha bisogno
di qualcuno come lui..,».
«Allora siamo davvero nei guai».
Katie annuì, mentre dall’oscurità cominciavano ad
intravedersi le ombre proiettate da delle bacchette e si sentivano voci
concitate chiamare i loro nomi. La cavalleria era arrivata. «Come se non ne
avessimo ancora la certezza, non è vero?».
***
Che Ophelia fosse in ansia era innegabile,
secondo Harry. Non lo stava dimostrando apertamente, il suo viso era
inespressivo mentre borbottava degli incantesimi di guarigione per le sue
costole, ma c’era qualcosa, nel suo modo di muoversi o di respirare che
gli trasmetteva pessime sensazioni. Probabilmente era egocentrico, da parte
sua, voler pretendere di capire una persona senza averla davvero conosciuta.
«Sei fortunato ad essere ancora tutto d’un pezzo.
L’ultimo mago che ha avuto un faccia a faccia con quel mostro non ha
potuto dire la stessa cosa» gli disse, in un sibilo, mettendo giù la bacchetta
ed allungando le mani per tastargli delicatamente l’addome. Gli fece male, ma
non come poco prima. «Per adesso dovrai farti bastare questo, le ho ricomposte
ma sono ancora parecchio incrinate. Evita sforzi fisici finché non saremo
arrivati in un posto sicuro» lo ammonì, lanciandogli uno sguardo indecifrabile
prima di scuotere il capo. «Avresti dovuto scappare quando ne hai avuta
l’occasione. Hai rischiato di finire nella mia Sala Mortuaria».
«Non potevo lasciare Vane qui, non possiamo sapere
cosa le avrebbe fatto quel mostro». Avrebbe potuto dire suo padre, ma
non lo fece. Nessun padre si sarebbe mai potuto comportare in quel modo. Fece
una smorfia, quando tentò di tirarsi a sedere dritto. Lo sguardo arrabbiato
della donna lo fece accigliare. «Non guardarmi così, per quanto inutile il mio
intervento ha dato tempo a Katie di arrivare ed ha impedito che Mulciber la portasse via. Non si abbandonano i compagni».
Ophelia strinse le labbra, gli occhi offuscati da
quella che sembrava essere nostalgica8. «Ti credo, so che non
l’avresti lasciata indietro. Non è così che si comportano i Potter» gli disse,
con una risata senza allegria, risollevandosi. «Ciò non toglie che il tuo non
sia stato un comportamento intelligente».
Suo marito, impegnato con Katie a cercare di
rianimare gli altri tre, grugnì. «Proprio come buttarsi a capofitto in una
fossa piena di Manticore perché lì in mezzo è caduta una pozione, non è vero?»
le disse, esasperato, dando qualche colpetto sul viso a Nott,
che tuttavia non sembrava intenzionato a riprendersi.
«Quella era una fialetta di antidoto contro un
veleno rarissimo».
«Come dici tu, cara».
Con un mormorio spaventato, Winter interruppe quel
piccolo battibecco, risvegliandosi fra le braccia di Katie, che l’aveva stretta
con una presa micidiale intorno alle spalle ed aveva iniziato a trattenerla.
Per un istante, Harry si chiese il perché di quel comportamento, quando poi
vide la Vane intenzionata a strapparsi via la pelle con le dita rovinate
comprese e si fece avanti, quasi d’istinto, per aiutare a trattenerla. Insieme
a Katie ed al Magizoologo le impedì mosse azzardate, mentre Ophelia,
l’espressione ansiosa, si fece avanti con una pozione fra le mani.
«Se non la tenete ferma, non riuscirò a
somministrarle il tranquillante» li avvertì, inginocchiandosi per avere una
presa migliore sulla compagna, in quel momento intenta a mormorare qualcosa di
incomprensibile ed a dimenarsi come se la sua pelle fosse diventata fuoco vivo.
«Usate l’Occlumanzia, la vostra preoccupazione si
riflette tutta su di lei».
Katie, semplicemente, sbatté le palpebre e lasciò
che qualunque fosse il suo potere riprendesse possesso di lei, inghiottendo i
suoi occhi e lasciandoli sparire in un mare d’oscurità. Harry, invece, notò in
Maine la stessa concentrazione che solitamente serviva a lui per alzare la
barriera. Sentendosi meno incapace, lasciò che quelle poche lezioni avute da
Piton tornassero alla memoria, cercando di visualizzare un muro fra se stesso e
quella povera e tremante creatura fra le sue mani.
L’effetto fu pressoché immediato: Winter smise di
mugolare e combattere, ma i suoi arti continuarono a tremare in modo
incontrollato, probabilmente a causa di convulsioni provocate dal grande
sforzo. Quel mostro – suo padre – l’aveva portata sul punto di rottura,
lasciando che la sua stessa mente la divorasse. L’aveva ridotta a poco più di
un pupazzo senza volontà, mettendo la propria sete di onnipotenza prima del
sangue del suo sangue.
Harry non era ancora un padre, ma sapeva che non
avrebbe mai messo qualcosa o qualcuno prima dei suoi figli o di Ginny.
Berenice Vane. Solo il pensiero lo fece
tremare. Ma non era quello il momento di rifletterci, l’ultima cosa che serviva
a quella povera donna era ricevere immagini del crudele destino toccato a sua
madre.
Con gesti esperti, Ophelia le versò il contenuto
della piccola ampolla in bocca, tenendole il capo fermo mentre l’incoscienza
tornava ad inghiottirla. Quando smise di tremare, poi, borbottò qualche altro
incanto, lasciando che i suoi capelli tornassero biondi e, probabilmente, gli
occhi verdi. Harry concordò con quelle sue azioni: meglio allontanare lo
spettro di ciò che avevano appena vissuto, almeno per un altro po’.
«Mulciber è stato
salvato» disse Katie, lo sguardo oscuro piantato verso le ombre in cui era
sparito il suo vampiro con il loro prigioniero. «Non riesco più a percepire il
vampiro, quindi immagino gli abbiano piantato qualcosa nel cuore» aggiunse poi,
con una smorfia. «È un peccato, Sergei era uno dei
miei preferiti. Sarà difficile sostituirlo».
«Sono sicura che troverai qualcuno di adeguato
nella camera mortuaria» le rispose Ophelia, facendo cenno al Magizoologo
affinché prendesse la donna svenuta fra le braccia. Poi guardò Harry, indicando
con un cenno gli altri due uomini ancora senza sensi. La ferita alla testa di
Malfoy non sanguinava più e non sembravano morti come poco prima, solo
pacificamente addormentati. Winter era stata chiara: quello di suo padre era
uno scambio, lei valeva più di quei due. «Per favore, Harry, aiuta Katie a
trasportare Malfoy ed il suo amico, io devo assicurarmi che Winnie non abbia
altre convulsioni durante il trasporto».
Dopo aver annuito, Harry si grattò distrattamente
la cicatrice, fermandosi solo dopo aver sentito gli occhi neri dell’ex compagna
sulla nuca. Voltatosi ad osservarla, inarcò le sopracciglia in una implicita
domanda, seguendola con lo sguardo mentre si avvicinava a Nott
– che era decisamente meno comodo da trasportare di Malfoy – e lo faceva
levitare a qualche centimetro da terra.
«Katie?».
«Dobbiamo riprendere le sedute non appena
possibile. Questa notte stessa, per essere precisi. Bacia tua moglie, Potter,
perché ho intenzione di trattenerti finché non otterremo le risposte che ci
servono».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati, cari amici di
EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Mulciber
popolerà i miei incubi peggiori, già lo so. E voi non avete idea di cosa
ha fatto quest’uomo, durante le Guerre.
Punti importanti:
» *Adesso mi stendo a dormire /Prego il
Signore di vegliare sulla mia anima /Se dovessi morire prima di svegliarmi /
Prego il Signore di prendersi la mia anima / Silenzio piccolino, non dire una
parola / E non fregartene di quel rumore che hai sentito / È solo la bestia
sotto il tuo letto / Nel tuo cassetto, nella tua testa / Esci luce / Vieni
notte / Granello di sabbia. Questa canzone mi ha sempre messo un’ansia
assurda, quindi è perfetto per il mio amico Silas.
» 1 – Spieghiamo
un attimo perché nei libri non si parla di Mulciber.
Questo soggettone era così pericoloso che Voldemort
stesso, durante le Guerre, ha preferito tenerlo nelle retrovie, lasciandolo
uscire solo in caso di necessità. Nei libri viene detto che dopo la prima
caduta lui sia stato arrestato, in questo caso, invece, è rimasto libero come
una rondine a primavera, così a poter torturare al meglio sua figlia. Con la
seconda guerra, anche lui è stato catturato grazie ad un team dei migliori Occlumanti del mondo e grazie all'assistenza di Winter
stessa.
» 2 – Sappiamo che il Ministro Shacklebolt
ha eliminato i Dissennatori dalla prigione e, per quanto la sua possa esser
sembrata una mossa caritatevole, nel caso di Mulciber
è stata l'inizio della rovina..
» 3 – Citazione da "La storia
fantastica", uno dei miei film preferiti!
» 4 - Citazione da "Captain America – The first avenger",
perché Harry e Steve sono entrambi pieni di impertinenza ed è una cosa che adoro.
» 5 – Se non si fosse capito, Mulciber sta usando una sua personalissima variante della
maledizione Imperius per costringere sua figlia a non respirare. Morte
peggiore, perché lei è consapevole di tutto.
» 6 – Nomignolo rumeno che significa
"cucciolo" o "pulcino". Katie è di discendenza rumena da
parte di madre e irlandese da parte di padre, dal primo ramo che ha preso
questo suo "oscuro" potere.
» 7 – Due appunti, in questo caso. Prima di
tutto, sì, Mulciber è un cannibale. È sempre
stato certo che mangiare i cervelli delle sue vittime lo aiutasse a sviluppare
di più il suo potere. Inizialmente il suo nome in codice era
"Hannibal", ma ho pensato che i maghi probabilmente non avesserola
minima idea di chi fosse. Il secondo appunto riguarda Katie: lei è una negromante.
I Negromanti sono soggetti capaci di controllare la magia che regola la morte,
possono controllare i morti (che siano spiriti, zombie o vampiri è
irrilevanti, i più forti possono resuscitare la gente – cosa che naturalmente
li rende dei reietti, pericolosi per se stessi e per il mondo). Mi è stato
detto che Katie/Katrina sono un po' come Dottor Jeckyll
e Mr Hyde e, sinceramente, non avrei saputo dirlo
meglio. Quando accede alla parte più oscura della sua anima, Katie diventa
totalmente un'altra persona, non particolarmente sana di mente (una folle in
stile Harley Quinn di Suicide Squad, ci intendiamo?). Nei prossimi capitoli
capirete di più, lo prometto!
(PS: Scopacadaveri
è un insulto che nella storia è rimasto attaccato ai negromanti a causa
dello stretto legame esistente fra i negromanti e le loro creature. Raramente,
in realtà, ci sono stati Negromanti disposti ad avere rapporti carnali con i
morti, soprattutto perché li considerano quasi come dei figli – notare, al
riguardo, l'appellativo che Katrina ha usato per il suo vampiro).
» 8 – Nostalgia a
causa di James, naturalmente. Non dimentichiamo che Ophelia era sua cugina, un
po' come una sorellina minore. In Harry lei rivede la famiglia che anni prima
ha sfortunatamente perso.
Silas è spaventoso, Katie fa paura e la
povera Winnie ha avuto una serata alquanto movimentata. Ma Hermione, in tutto
questo?
Vi aspetto tutti lunedì prossimo!
Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti
nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie