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Autore: Inikos DS    31/03/2017    3 recensioni
Nico Di Angelo ha sedici anni, dopo la morte prematura della madre Maria, si troverà a dover fare i conti con la nuova compagna del padre: Persefone. Costei porterà via al ragazzo l’unica persona cara rimastagli; sua sorella Bianca.
Accusato ingiustamente dalla donna, di esser lui l’assassino della ragazza, Nico sarà portato di forza in un manicomio situato su un isola, nel pieno dell’oceano Atlantico; l’Happy Island.
Qui il ragazzo, si troverà ad affrontare una situazione completamente nuova, distrutto dal dolore e circondato da malati mentali, scoprirà presto gli orrori che si celano dietro quel nome, all’apparenza così “rassicurante”. Tra nuove amicizie, odio e il tanto desiderato amore, Nico dovrà combattere contro i suoi demoni per riuscire nella sua vendetta: eliminare Persefone e proclamare la sua innocenza al mondo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gli Dèi, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Nico/Will, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Happy Island // Camera di Lou

 

 

 

<< Arrivano... arrivano... >> urlò Maria, prima che due mani l'afferrassero per le spalle, trascinandola verso un vortice nero.

Nico spalancò gli occhi spaventato.

La stanza era illuminata da una tenue luce, proveniente dalle candele accese sul comodino di Lou.

Ancora assonnato respirò profondamente; dopo tanto Maria era tornata ad animare i suoi sogni... Eppure il ragazzo preferiva di gran lunga non doverla vedere, piuttosto che guardarla terrorizzata, senza poter fare nulla per “aiutarla.”

Cosa voleva dirgli in quel sogno? Chi stava arrivando?

Pensieroso il moro scansò via le coperte e scese dal letto. Come un ninja superò le pile di libri che Lou teneva sparse per la stanza e uscì da quel piccolo tempio.

Il corridoio era buio e silenzioso, del resto erano soltanto le cinque del mattino... tutti dormivano ancora.

Infreddolito il ragazzo raggiunse il bagno generale, speranzoso di potersi fare una vasca. Lo aveva scoperto da poco, grazie a Percy che un pomeriggio nei corridoi aveva nominato una famigerata vasca idromassaggio dove, a quanto pare trascorreva gran parte del suo tempo libero.

Incuriosito Nico, era subito corso a vedere, ed era rimasto stupito dall'effettiva presenza di quel piccolo tesoro.

 

Arrivato nel bagno lo trovò vuoto e semibuio, l'acqua della vasca fortunatamente era sempre calda, dal momento che non cessava mai di scorrere dal rubinetto. Chissà quanti quintali d'acqua venivano sprecati nel nulla per permettere una cosa del genere. Eppure nonostante questo, Nico sapeva di meritare un po' di relax. Tremolante si spogliò di tutti gli indumenti, e si lasciò scivolare in quel dolce abbraccio bollente.

L'effetto dell'idromassaggio provocava un effetto non indifferente sul fondo schiena del moro che, ben presto si ritrovò a fantasticare su Will...

Stava giusto per cominciare a toccarsi, quando qualcosa emerse dalla superficie dell'acqua, provocandogli una serie di infarti.

<< A quanto pare non sono l'unico mattiniero! >> esclamò Percy, sorridendo con la faccia da ebete.

Nico sarebbe volentieri sprofondato sotto la superficie dell'acqua, ma con Percy sarebbe stato inutile in ogni caso.

<< Da quanto tempo sei li sotto? >> domandò Nico, che non poteva credere di esser stato visto completamente nudo ed eccitato da Percy.

<< Oh presuppongo dieci minuti circa. >> esclamò il moro, pensandoci su.

<< Stavo provando una nuova tecnica di apnea. >>

Nico si sforzò di annuire fingendo che non ci fosse nulla di anormale.

Percy si avvicinò pericolosamente a lui e gli sussurrò,

<< Pensavo fosse molto più piccolo, sai dato la statura. >>

Il volto di Nico andò in fiamme, e prima che potesse ricoprire il ragazzo di insulti, quello lo abbracciò ridendo.

<< Stavo scherzando, comunque adesso me ne vado a dormire. >> disse, uscendo dalla vasca.

Per rispetto ad Annabeth, Nico chiuse gli occhi.

<< Addio Percy. >> lo salutò, sperando che il ragazzo scomparisse di lì una volta per tutte.

<< Sai dovresti parlare con Jason. >> disse però quello.

Il moro riaprì gli occhi (per fortuna Percy aveva avuto l'accortezza di coprirsi con un asciugamano).

<< Non credo che lui abbia voglia starmi a sentire. >> esclamò con tono apatico.

Percy alzò le spalle, come a dire: se lo dici tu.

<< Ci si vede in giro. >> lo salutò, uscendo definitivamente dalla stanza.

<< Si... ci si vede in giro. >> gli fece eco il moro, che era rimasto interdetto da quell'ultima proposta.

- Perché tutti continuavano a dirgli di dover parlare con Jason?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ancora nel sonno Reyna cinse la vita di Piper con un braccio tirandola a se con delicatezza. L'altra aprì leggermente gli occhi, infastidita dalla luce emessa dalla lampada che avevano lasciato accesa la notte precedente, e nascose il viso nell'incavo del collo della mora.

Reyna respirò il suo odore, un mix perfetto tra dolce e speziato.

L'amava con tutta se stessa, Piper era la cosa più bella che le fosse mai capitata.

 

Svegliati, avanti svegliati! Svegliati avanti svegliati la giornata sta per inziare! Svegliati, avanti svegliati, sii felice e sorridi ad un nuovo giorno...

 

 

 

L'inquietante sveglia che Piper aveva acquistato ai mercatini di Iride, cominciò a “parlare”, cimentandosi in uno dei tediosi monologhi, che Reyna odiava con tutta se stessa.

 

<< Detesto quella sveglia. >> sussurrò stringendo i denti.

Piper accennò un mezzo sorriso, divertita dall'astio della ragazza.

<< Ssssh, fa silenzio e ascolta quel che ha da dirci. >> la rimbrottò, stringendosi ancora di più a lei.

Reyna afferrò il cuscino e si coprì il volto.

<< Vuoi per caso soffocarti? >> le domandò divertita Piper.

<< Si, pur di non sopportare più quella sveglia. >> ammise la ragazza con voce ovattata.

Piper scoppiò a ridere candidamente, << Sei una scema. >> esclamò, alzandosi per andare a spegnere “l'aggeggio malefico”.

Reyna però la frenò, afferrandole il posso e stampandole un bacio sulle labbra.

<< Ti amo. >> le sussurrò ancora tra le sue labbra.

Piper sorrise, con gli occhi che brillavano più di un qualsiasi diamante,

<< Ti amo anch'io. >>

 

 

 

 

 

 

Nel frattempo...

 

 

 

 

 

 

<< Ah...Per-percy basta così. >> implorò Annabeth ansimante dal piacere.

Percy alzò la testa, leccandosi il labbro inferiore,

<< Sicura? >>

La bionda strinse il lenzuolo bianco.

<< Si, o rischio di arrivare tardi a lezione per colpa tua. >>

Il moro sbuffò contrariato,

<< Peccato, pensavo ti stesse piacendo. >>

Annabeth gli spettinò i capelli (già disordinati),

<< Ti ho fermato proprio perché mi stava piacendo, non so quanto ancora avrei resisto prima di perdere di tutto il senno. >> confessò la ragazza, alzandosi per andare in bagno.

Sul viso di Percy si dipinse un sorriso ebete.

<< Quindi io riesco a farti perdere la ragione? >> la stuzzicò, desideroso di elogi.

Suo malgrado la bionda annuì,

<< Per qualche strano motivo si, sei l'unico che ci riesce. Ma non montarti troppo, rimani sempre una testa d'alghe. >> puntualizzò la ragazza, entrando sotto la doccia.

 

Uscita Annabeth, si fermò davanti all'armadio indecisa su cosa mettere, mentre Percy si crogiolava pigro nel letto.

<< Smettila di distruggermi il letto e vai a lavarti. >> gli disse, mentre afferrava una semplice maglietta grigia.

Percy sbuffò,

<< Mi sono già lavato all'alba. >>

<< Ormai su quella vasca dovrebbero attaccare una targa con il tuo nome. >> esclamò la ragazza, legandosi i capelli ancora umidi in un coda.

<< Già. >> sorrise il moro, << Anche se oggi ci ho trovato Nico. >>

Annabeth si bloccò,

<< Davvero? E cosa ci faceva lì così presto? >> domandò sospettosa.

<< Oh nulla di che, si stava solo facendo una sega. >> commentò il ragazzo alzando le spalle.

<< Percy! >> lo redarguì Annabeth, lanciandogli contro un cuscino caduto a terra.

<< Che c'è? >> domandò il ragazzo, come se non avesse detto nulla di che.

<< Questi dettagli potevi tenerteli per te. Spero solo che tu non l'abbia aiutato. >>

Il ragazzo scoppiò a ridere,

<< No, però se vuoi tu puoi aiutare me. >>

Annabeth afferrò il ciondolo a forma di civetta che portava sempre con se e uscì,

<< Poi cambia le lenzuola mi raccomando. >>

 

 

 

 

Mentre raggiungeva la classe, Annabeth incrociò, Silena e Charles, occupati a mangiarsi la faccia, in un angolo del corridoio.

Appena la videro però, subito puntarono a lei,

<< Annie. >> la salutò Silena. << Per caso hai fatto la ricerca richiesta da Dioniso? >>

Annabeth si sforzò di stirare un sorriso.

<< Sono in ritardo. >> disse solo, procedendo per la sua strada, ma Charles le si parò davanti.

<< Sei sorda o cosa? >> l'apostrofò il ragazzo.

Annabeth mantenne lo sguardo con il moro, era decisa a far capire che non si sarebbe piegata alla volontà di nessuno.

<< Allora? >> la stuzzicò nuovamente Silena, girandole intorno.

<< Ho detto che sono in ritardo. >> ribadì con tono fermo. << Quindi o vi togliete immediatamente, o vi spedisco direttamente in infermeria da Will. >>

Charles stava per ribattere qualcosa, ma proprio in quel momento apparve Reyna, anche lei diretta a lezione.

<< Ci sono problemi? >> domandò, avvertendo l'aria tesa.

Charles però scosse la testa e si fece da parte, forse lui e Silena potevano sopraffare Annabeth, ma non Annabeth e Reyna messe insieme.

 

Quando si furono allontanate abbastanza, la bionda ringraziò l'amica.

<< Mi hai appena salvata da una rissa certa, sappilo. >>
<< In ogni caso sarebbero stati loro a rimetterci. >> disse Reyna.

Annabeth le sorrise di rimando, poi entrarono in classe.

 

 

 

 

 

 

Intanto...

 

 

 

 

 

 

<< Ecco fatto. >> disse Hazel, legando il bracciale al polso di Frank.

<< E' davvero bello, grazie. >> esclamò il ragazzo, ammirando le pietroline rosse come il sangue.

<< E' diaspro rosso, aumenterà la tua forza vitale. >> spiegò la ragazza, timidamente.

Frank le porse un dito sotto il mento e con delicatezza la invitò ad incontrare i suoi occhi.

- Sono così profondi. Pensò, mentre poteva ascoltare il battito del proprio cuore accelerare sempre di più.

Incapace di resistere ancora a lungo a quel magico contatto visivo, Hazel si sporse sulle punte e baciò il ragazzo.

In quel momento la porta si spalancò e fecero il loro ingresso, Katie e Michael

con l'evidente voglia di utilizzare il letto.

<< Oh scusate. >> esclamò la ragazza, quando si accorse che la stanza era già occupata.

<< Non preoccupatevi. >> li rassicurò Hazel, << Io e Frank stavamo giusto per andare a lezione. >>

Katie abbracciò l'amica.

<< Grazie, ti prometto che ricambierò il favore. >> le sussurrò ad un orecchio.

Hazel le fece l'occhiolino e afferrando la mano di Frank uscì dalla stanza.

Appena la porta si chiuse, Katie tornò a concentrarsi sul suo ragazzo.

Michael gli era piaciuto fin da subito, ma non aveva mai avuto il coraggio di farsi avanti. Erano passati mesi, durante i quali i due si erano limitati a scambi di sguardi e alterni sorrisi, fino a quando Katie era finita in infermeria, gravemente ferita dopo uno scontro.

Tra una cura e l'altra, finalmente Michael si era dichiarato e, per la felicità di Katie i due si erano fidanzati.

Ancora aggrappati l'uno all'altro, i due si buttarono sul letto di Katie, e mentre la ragazza si liberava della maglietta, Michael colpì con un piede un ramo pendente di edera, facendo così cadere il vaso sul letto.

La terra si riversò sulle lenzuola e Katie scattò in piedi.

<< Michael! >> esclamò la ragazza, toccando la terra sparsa sul lenzuolo bianco.

Il ragazzo si preparò a ricevere una strigliata senza precedenti, ma Katie, si portò un po' di terra al viso.

<< Sai, mi piacerebbe tantissimo farlo nella terra... >> ammise, mentre un brivido le percorreva la schiena.

Al suono di quelle parole così cariche di desiderio, Michael avvertì quel “particolare” impulso entrargli nel cuore, fino a raggiungere il suo sesso. Come ipnotizzato, aprì “l'armadio da giardino” di Katie, e afferrò i tre sacchi colmi di terra che la ragazza teneva come scorta.

Uno alla volta li rovesciò sul pavimento nudo; Katie si allungò su quel tenero manto, e afferrando il ragazzo lo invitò a porsi su di lei.

Quella sensazione di vita sotto la pelle, faceva sentire Katie proprio come una delle sue piante. Calda, viva, appartenente a quell'elemento da cui aveva avuto origine la vita. In preda all'istinto selvaggio che caratterizza l'essenza degli esseri viventi, i due presero a vorticare, mentre la terra lambiva la loro pelle morbida e si intrecciava tra i loro capelli.

Katie ansimò quando Michael entrò in lei; il profumo inebriante del suo corpo unito a quello della terra nuda, la stava mandando letteralmente in estasi.

E quando lui venne, il frutto del loro amore cadde sul terreno fertile, proprio come la goccia di pioggia che smuove la vita da sotto la polvere.

Non erano più in quella stanza, oh no, erano improvvisamente tornati ad essere gli esseri umani di un tempo. Quelli senza pudore, quelli che amavano la terra come la loro madre creatrice. Erano tornati ad essere tutt'uno con il proprio pianeta. Quello dal quale erano venuti alla luce, quello che li nutriva e permetteva semplicemente di essere lì a respirare ed ansimare tra un bacio e l'altro.

La loro essenza era finalmente tornata a casa...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Venezia – Villa Di Angelo

 

 

 

 

Ade rientrò in casa, adagiando le chiavi della macchina nel piccolo piatto decorato, all'ingresso.

Stancamente si lasciò cadere sulla poltrona e, con un sbuffo si portò una mano al volto; l'attimo dopo scoppiò in lacrime.

Era appena tornato dall'ospedale, Bianca si era finalmente risvegliata dal coma...

Finalmente una bella notizia in quell'orribile inferno, ma no... la ragazza non era più se stessa.

Ade continuava ancora a rivivere quella scena nella sua testa, gli lambiva il cervello e sembrava soffocargli ogni pensiero che tentasse di prevaricarla.

 

Un'infermiera era corsa ad avvisarlo,

<< Signor Di Angelo, presto venga immediatamente, sta per risvegliarsi. >>

L'uomo era corso nella stanza eccitato da quella magnifica notizia, ma quando Bianca aveva riaperto gli occhi, Ade vi aveva letto pura confusione.

<< Papà. >> aveva sussurrato.

L'uomo l'aveva stretta in un caloroso abbraccio, mentre i medici li avevano lasciato un po' di intimità.

<< Va tutto bene tesoro, adesso starai bene. >>

<< Papà, la mamma dov'è? >> aveva però chiesto la ragazza.

Ade si era sciolto dall'abbraccio e aveva guardato stranito la figlia, che era rimasta a fissarlo con sguardo interrogativo.

<< Allora? Pensavo fosse qui ad aspettarmi al mio risveglio. >>

Colto alla sprovvista l'uomo non aveva saputo cosa rispondere...

<< La mamma... >> aveva esclamato... ma le parole gli si erano congelate in bocca. << La mamma, è con Nico. >>

A quelle parole, l'espressione di Bianca si era fatta ancora più strana.

<< Nico? E chi sarebbe di preciso? >>

Per Ade, fu come ricevere un pugno in pieno petto; Bianca non ricordava nulla!

 

I medici gli avevano poi spiegato che era normale riportare dei danni a livello celebrale, dopo un risveglio da un coma.

<< Credo che sia vittima di amnesia post traumatica, unita a confabulazione. >> gli aveva spiegato il medico che l'aveva tenuta in cura.

<< Ossia? >>

<< Tende a non ricordare la realtà passata ed attuale, e per tale motivo la sua mente è volta ad elaborare le informazioni in maniera confusa, spesso aggiungendo dettagli inventanti inconsciamente. >>

Dopo quell'ennesima tragica notizia il mondo era definitivamente crollato addosso al “povero” Ade.

 

 

Mentre si asciugava le lacrime con la camicia, l'uomo si alzò e afferrata la chiave di ottone che teneva dentro il cassetto della credenza, aprì la cassapanca dove erano riposte tutte le vecchie video cassette di famiglia.

Inserita la prima, si accasciò sul tappetto con accanto un pacchetto di fazzoletti e un sigaro.

 

 

 

 

 

 

<< Ade! Ade! Corri presto, la gondola sta per partire. >> esclamò una giovane Maria sorridente.

Un giovane uomo, corse incontro alla ragazza, che teneva i capelli corvini raccolti in uno scialle giallo come il sole che illuminava la magnificente laguna veneziana.

Saliti a bordo, i due giovani innamorati si persero ad ammirare lo splendore che li circondava, l'acqua come olio, s'increspava al passare della gondola.

<< Venezia è bellissima, voglio trascorrere qui il resto della mia vita. >> ammise Maria, afferrando la mano affusolata di Ade.

Il moro la strinse con delicatezza,

<< Anch'io, con te e te soltanto. >>

 

 

Ade si asciugò le lacrime che cadevano copiose, in contrasto con il sorriso che gli si era dipinto sul viso. Pareva quasi una maschera dell'orrore.

 

 

Maria scese dalla carrozza accompagnata dall'ormai vecchio padre.

Ade, l'attendeva sull'altare; in lui si agitavano enormi forze che si muovevano impetuose tra il panico più totale e la maggiore emozione.

Maria sentiva le gambe pesanti come fossero di piombo, inoltre tutti gli sguardi commossi degli invitati non aiutavano affatto.

Avvertiva il gracile braccio del padre senza il quale, era sicura, sarebbe già rovinata al suolo. Eppure quando incontrò gli occhi scuri e misteriosi del suo amato, le parve quasi di iniziare a volare verso quell'accogliente oblio.

 

<< In nome dei poteri conferitemi, io vi dichiaro marito e moglie. >> pronunciò il prete. << Ora può baciare la sposa. >>

Ade non esitò due volte a porre le labbra su quelle candide della sua sposa novella.

Usciti dalla chiesa, vennero bombardati da chicchi di riso e confetti, mentre due colombe bianche volavano alte nel cielo.

 

 

Rivedere quei momenti per Ade equivaleva a mangiare un dolce buonissimo, ma così buono da far male al cuore per la troppa bontà. Come la consapevolezza di dover nutrirsi di un qualcosa di unico, che una volta ingerito cesserà di esistere.

 

 

<< L'hai mai fatto su una mongolfiera? >> domandò Maria ad Ade, mentre il vento li dondolava come fossero in una culla di vimini.

L'uomo scosse la testa,

<< Nemmeno io. >> rispose quella, baciandolo con furore.

Quella fu forse la migliore notte della loro vita...

Si amarono ad un passo dalle stelle, riscaldati dalla fiamma che permetteva loro di volare, sospesi a 1000 metri da terra.

Due settimane dopo, Maria era incinta di Bianca.

 

<< Hai sentito? >> esclamò Maria eccitata, << Si sta muovendo. >>

Ade portò un orecchio al pacione della moglie, e sentì qualcosa colpirgli la guancia.

<< Dev'essere una tipetta alquanto tosta. >> disse sorridendo.

<< Proprio come sua madre. >>

<< Una tipa in gamba allora. >> gli fece eco Ade, baciandola.

 

 

Le urla di Maria erano talmente forti che Ade sentiva di star per impazzire. Inizialmente aveva acconsentito ad entrare nella sala parto al fine di sostenere la compagna, ma dopo nemmeno mezzo minuto gli infermieri erano stati costretti a cacciarlo; era Maria che incoraggiava lui nel dirgli che stava bene, che tutto sarebbe andato bene...

Avrebbe tanto voluto accendersi una sigaretta, ma sapeva di non poterlo fare. Così, divorato dall'ansia si limitava a consumare il pavimento del corridoio, facendo avanti e indietro all'infinito.

Finalmente dopo dieci interminabili minuti, Bianca venne alla luce... La prima cosa che Ade notò quando la prese in braccio, furono i suoi occhi, neri come la notte, esattamente come i suoi. Stranamente non piangeva come gli altri bambini appena nati, ma si guardava intorno con sguardo quasi indagatore.

 

 

<< Bianca vieni qui! >> esclamò Ade, correndo dietro la piccola bambina che aveva appena imparato a camminare.

Maria seduta sulla sdraio, dipingeva il paesaggio soleggiato, mentre con un mano accarezzava il suo grembo.

Finalmente Ade riuscì ad afferrare la piccola Bianca, che cominciò a strillare per essere liberata dalle forti braccia del padre.

<< Avanti piccolina, andiamo a dare un bacino alla mamma. >>

<< M-mamma. >> esclamò la piccola Bianca, agitando la manina.

<< Si, la mamma che ti ama tanto. >> disse l'uomo, mentre Maria sorrideva ad entrambi luminosa in volto.

<< Pancia g-grande. >> indicò Bianca, una volta in braccio alla madre.

<< Esatto tesoro, qui dentro c'è il tuo fratellino. >> le rispose la donna, accarezzandole il capo.

<< Fralletino. >>

Entrambi i genitori scoppiarono a ridere, mentre la telecamera interrompeva la ripresa.

 

 

Nico era molto più piccolo di Bianca. Maria era quasi spaventata dalla sua statura così minuta e gracile; sarebbe bastata una folata di vento per farlo volare via. Eppure a differenza della sorella, lui teneva gli occhi chiusi e si lamentava mestamente. Come se fosse infastidito dal fatto di dover essere venuto alla luce.

Come la sorella però, presentava una carnagione chiara, quasi nivea ed una leggea peluria nera sul capo, che risaltava come un ala di corvo sulla neve.

 

 

 

Ade aveva ripreso ogni momento della loro vita con quella telecamera, ogni momento che meritava di essere ricordato.

Era una specie di fissazione per lui, il dover dare una concretezza tangibile ai ricordi. E adesso quei ricordi che tanto aveva voluto congelare nel tempo, lo stavano facendo piangere come un bambino, in preda alle convulsioni...

Con mano tremante, riuscì a spegnere la TV e rimase in ginocchio sul tappetto con gli occhi rossi e il cuore sanguinante.

- Cosa ne era stato della sua famiglia? Come era potuto finire tutto così? Perché aveva lasciato che tutto precipitasse irrimediabilmente?

Solo ora che era troppo tardi per recuperare tutto, i sensi di colpa venivano a bussare alla porta della sua coscienza; o meglio a sfondarla senza pietà.

Maria la sua amata, perita come un fiore lasciato a marcire dentro un vaso pieno d'acqua, Thalia incapace di ricordare, bloccata in un bocciolo che solo lei ormai, poteva far schiudere e, infine Nico, il suo dolce e amato figlio, rinchiuso in un gabbia di rovi che giorno per giorno continuavano a lacerare i suoi, sempre più deboli petali.

E infine c'era lui, Ade, che non poteva essere nemmeno più considerato un fiore, di lui era rimasto soltanto il gambo, annerito dall'egoismo e bruciato dalla lussuria.

La sua intera famiglia, un tempo un piccolo giardino fiorito, ora una landa scura e sterile. Ed il colpevole principale era lui, che non l'aveva annaffiata con il suo amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Happy Island

 

 

 

Jason premette play e la musica partì...

Cercando di lasciarsi trasportare dalla canzone, cominciò a volteggiare, consapevole che ben presto gli sarebbe toccato salire nuovamente su quel palco, come in una sorta di continua cerimonia.

Eppure quel ritmo che gli scorreva nel sangue, i passi svelti ed agili dei suoi piedi, il respiro affannato, riuscivano a soffocare i suoi pensieri.

Fece una tripla piroetta e poi ancora riprese a volteggiare, lasciando che le prime gocce di sudore scendessero indisturbate dalle tempie, fino al collo.

 

 

<< Ora capisco da chi hai ripreso il tuo lato artistico. >> esclamò Nico apparso dal nulla.

 

Jason però lo ignorò, la canzone non era ancora finita e lui non poteva lasciarla in sospeso.

Concluse la coreografia adagiandosi in ginocchio al suolo e alzando le mani al cielo.

<< Cosa sei venuto a fare? >> gli domandò il ragazzo, mentre si asciugava il sudore con una pezza bianca.

<< Io...noi dobbiamo parlare, una volta per tutte. >>

<< Da chi avrei ripreso il “lato artistico?” >> l'apostrofò però immediatamente l'altro.

Nico deglutì, aveva immaginato quella scena innumerevoli volte prima di decidersi di andare a cercarlo, non poteva tirarsi indietro proprio ora.

<< Da tua madre. >> buttò fuori, cercando di non abbassare lo sguardo.

Gli occhi del biondo lo congelarono.

<< Co-cosa hai detto? >> esclamò incredulo.

<< Ho detto che hai ripreso il tuo lato artistico da tua madre. >> ripeté il moro.

Jason fece alcuni passi per la stanza, poi sorrise divertito.

<< Cos'è stai cercando di prendermi per il culo, o cosa? >>

Ma Nico scosse la testa,

<< Non mi permetterei mai. >>
<< Allora cos... >>
<< L'ho vista Jason, ho visto tua madre Cheryl. >> gli confidò finalmente.

Jason ebbe un lieve capogiro, e per un attimo sentì come la terra aprirsi sotto i suoi piedi.

<< Dammi un solo motivo che mi permetta di crederti e di non prenderti a pugni. >> disse dopo alcuni secondi.

Nonostante l'aria minacciosa del biondo, Nico si avvicinò a lui,

<< Non mi permetterei mai di scherzare su una cosa del genere. E tu questo già lo sai. >> esclamò, nel tono più neutrale possibile.

Jason abbassò il capo, sapeva, sapeva che Nico non gli stava mentendo.

<< Bene. >> tossicchiò un paio di volte. << Ma come puoi esser certo di aver visto mia madre? Non conosci neanche il suo viso... >>

<< Lo so... ma guarda tu stesso. >>

Nico afferrò qualcosa dalla tasca dei pantaloni e la mise tra le mani di Jason.

Il biondo aprì il palmo e quel che vide gli spezzò letteralmente il fiato,

<< Ma-ma questo... >> cercò di parlare, ma i ricordi e lo stupore erano troppo potenti.

Il bracciale di perline colorate, che Jason le aveva regalato quando era piccolo. Ricordava ancora quel giorno, era corso felice alla bancarella di Iride e l'aveva acquistato, tutto contento di poter finalmente regalare qualcosa alla sua amata madre.

Era lui, ne era più che certo...ogni perlina presentava infatti delle particolari incisioni, raffiguranti le maggiori opere d'arte esistenti. Sapeva infatti, quanto sua madre amasse l'arte da brava artista qual'era.

Alcune si erano scolorite, ma si potevano ancora intravedere la Venere di Botticelli ed il Bacio di Francesco Hayez.

<< Dove l'hai trovato? >>

<< Te l'ho già detto Jason, ho incontrato tua madre. >> ripetè.

Jason sospirò,

<< Ho capito ma... >> si bloccò per alcuni secondi. << Portami da lei. >>

Nico indietreggiò appena.

<< Non credo sia una buona idea... >>

<< Nico, se davvero è mia madre, io devo vederla! >> ribatté il ragazzo, infilandosi un maglione.

<< Non ora, non così, non in pieno giorno. Ci scoprirebbero prima di arrivare, e poi sinceramente non so bene come potrei farti arrivare lì. >> ammise. Anche se sapeva che, sarebbe bastato passare dal bagno della camera di Will.

Fortunatamente Jason era un tipo abbastanza logico e razionale,

<< Questo sera allora, durante l'ora di cena. Non un minuto più tardi. >> decise con un tono che non ammetteva repliche. << Fino ad allora tregua. >> disse, puntando un dito verso il moro.

Quest'ultimo annuì, mentre Jason usciva dalla sala.

<< Jason! >> lo richiamò però Nico. << Quindi c'è l'hai ancora con me? >>

Il ragazzo annuì,

<< Ce l'avrò per sempre con te. >>

<< Prima o poi smetterai di amarmi. >>

Jason scosse la testa,

<< Se davvero rivedrò Cheryl...beh,sappi che il mio amore nei tuoi confronti crescerà ancora di più. >> concluse uscendo.

Nico sospirò profondamente.

Tregua; non gli rimaneva che aggrapparsi a quella parola...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Jason non poteva crederci... sua madre Cheryl era ancora viva! Erano anni che sognava di poterla rivedere. Zeus gli aveva mentito, quel lurido bastardo di un padre.

Dunque non era rimasto solo al mondo, c'era ancora qualcuno che teneva a lui, aveva ancora una “famiglia”. Quella notizia lo eccitava come non gli succedeva da anni; o meglio dall'arrivo di Nico.

Non avevano affrontato il vero problema e forse non l'avrebbero mai fatto....

Troppe cose importanti, troppi problemi, troppa codardia.

Jason davvero non stava capendo più nulla della sua vita, da quando quel ragazzino era arrivato su quell'isola.

Prima i ricordi rivelategli, poi l'infatuazione, la rabbia, la gelosia, i litigi e adesso, sua madre. La sua monotonia era stata completamente distrutta nel giro di nemmeno un paio di mesi. Avvertiva un vago senso di confusione e per un attimo un lieve senso di nausea s'impossessò di lui.

Si appoggiò alla parete del corridoio, stava per arrivare lo sentiva. Era lui; l'attacco di panico.

A fatica si trascinò in camera e immerso nel buio scoppiò a singhiozzare, mentre con le unghie lacerava la pelle degli avambracci.

- Perché? Perché la vita doveva essere così?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Persefone spalancò gli occhi, ed immediatamente si portò le mani alla pancia. Era lì, era ancora lì e stava bene.

Dopo aver tirato un sospiro di sollievo si guardò attorno e con orrore riconobbe il soffitto verde prato, decorato con immagini di teneri bambini appena nati e orsetti danzanti.

Alla fine non era riuscita a fuggire...

 

<< Bentornata all'Happy Island. >> la salutò una voce, appena entrata nella stanza.

La donna alzò lo sguardo e lo riconobbe immediatamente;

Will con una siringa in mano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Bianca si rigirò nel letto per l'ennesima volta.

Afferrò la foto accanto al comodino e si perse a riammirarla cercando di ricordare quanto gli era stato detto.

Nella foto era ritratta sua madre Maria che dipingeva, come era solita fare ogni domenica mattina, accanto a lei c'era sua padre Ade, che invece si divertiva a fotografare le nuvole. Poco più in là, vedeva se stessa correre dietro ad un ragazzino che non aveva mai visto prima.

Le era stato detto che si chiamava Nico, e che era sua fratello minore, ma Bianca non aveva mai avuto un fratello.

Cavoli l'avrebbe saputo, no?

Quella situazione era così irritante per la sua mente, e poi perché Maria non si era ancora degnata di andare a trovarla? Era pur sempre sua figlia, cosa cavolo stava aspettando?

Era stanca di quell'ospedale, stanca di quelle assurde cose che le erano state dette, e stanca di non poter vedere i suoi genitori.

Con i sensi offuscati dalle medicine, chiuse gli occhi e in cuor suo cominciò a pregare, nella speranza di poter riavere i suoi ricordi indietro.

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

Finalmente dopo quasi tre mesi, eccomi qua.
Vi chiedo scusa per la lunga attesa, ma forse questo è stato il capitolo più difficile e complicato da scrivere...E sinceramente credo anche di aver fatto un po' di casino.
E' che inizialmente avrei voluto pubblicarlo a febbraio; infatti tutte le scene romantiche tra le varie coppie non sono un caso, le ho inserite poiché c'era San Valentino di mezzo e mi sembrava una cosa carina, parlare anche un po' di loro. Poi però mi sono bloccato completamente (si, quando il capitolo era quasi concluso) e niente, non sono più riuscito ad andare avanti.
In questi ultimi giorni mi ci sono rimesso (quasi obbligato) e con tanta dedizione ed un po' di disciplina c'è l'ho fatta.
Non so, sarà la primavera, saranno gli esami che si avvicinano sempre di più, ma questo blocco nei confronti della scrittura mi ha influenzato per tutta marzo. Spero davvero se ne vada, perché ad Aprile mi piacerebbe riuscire a pubblicare almeno due capitoli.
Comunque riguardo il capitolo, in caso non si è capito, la parte dedicata ad Ade, è caratterizzata dai ricordi sulla sua famiglia, che lui man a mano rivede tramite delle videocassette; per il resto se avete qualche dubbio tornate ai capitoli precedenti e capirete.
Ah giusto, la colpa credo sia anche ricollegata alla fine di due “mondi” sui quali ho vissuto per parecchi anni fino a pochi giorni fa; The Vampire Diaries e Naruto... Chi come me li ha amati capirà.

Detto ciò, vi saluto e vi ringrazio per esserci sempre, nonostante tutto.
Un bacio.

xxNico

  
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