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Autore: Ginevra1988    15/05/2017    7 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Cappellaio: “Potresti restare”
Alice: “Che bell’idea. Che folle, pazza, meravigliosa idea.”
Da Alice in Wonderland – T. Burton
 
 
 
Ancora 3 maggio 1998 – ancora Hogwarts
 
  “Non so proprio cosa dirti, Harry.”
  Hermione sistemò con un ultimo tocco di bacchetta una tenda della sala comune di Grifondoro, scuotendo la testa perplessa. Roso da tutti i dubbi peggiori, Harry le aveva confidato le sue ansie con la scusa di aiutarla con le pulizie; in realtà si era limitato a lanciare qualche Tergeo a casaccio mentre parlava come un fiume in piena.
  “Expelliarmus.”
  La bacchetta di Harry volò dall’altra parte della stanza, con sorpresa del proprietario.
  “Hermione!”
  “Quel cuscino è pulito, Harry, se vai avanti così rimarranno solo le piume.”
  Hermione prese l’amico per un braccio e lo costrinse a sedersi su una poltrona, poi Appellò la sua bacchetta, gliela restituì e si sedette di fronte a lui, con l’aria di chi deve comunicare davvero una brutta notizia.
  “E’ stato un anno difficile per tutti, Harry, non devi fargliene una colpa. Probabilmente sta cercando di capire se può ancora fidarsi di te o no.”
  Lui si risentì, ma sapeva che l’amica aveva ragione. Non aveva mai preteso che Ginny gli cadesse ai piedi nel momento stesso in cui si fossero rivisti, ma quel muro di fredda indifferenza lo angosciava. Lei lo evitava: abbassava gli occhi pur di non guardarlo, cambiava strada se per caso si incrociavano. Era solo un giorno, solo un lungo, interminabile, dannatissimo giorno. Secondo Hermione, troppo presto per fasciarsi la testa.
  “Perché?!” sbottò Harry parlando più a se stesso che all’amica. “Questa notte ha dormito vicino a me! L’ho consolata quando non riusciva a dormire, le ho detto che non l’avrei lasciata mai più…”
  “Ripeterlo per la centesima volta non convincerà Ginny a parlarti di nuovo” sbuffò Hermione. Harry distolse lo sguardo stizzito; se le risposte erano quelle tanto valeva parlarne con Ron.
  “Dalle tempo.”
  Hermione prese una delle mani di Harry tra le sue e la strinse dolcemente, come una sorella maggiore che tenta di proteggere il fratellino. In qualche modo quel gesto scaldò Harry e lo spaventò allo stesso tempo. La ragazza sciolse la presa e fece per alzarsi, ma lui la afferrò di nuovo.
  “E se…?” mormorò. Deglutì prima di proseguire la frase. “Se non mi volesse più?”
  Hermione gli lanciò uno sguardo indecifrabile.
  “Io… io non credo che succederà. Insomma, Ginny… lo sappiamo, no? Tu le piaci da una vita.”
  Lo abbracciò, poi si allontanò velocemente, borbottando qualcosa sull’aiutare Luna con la sala comune di Corvonero. Harry rimase seduto, infreddolito nonostante il caldo del pomeriggio di inizio estate.
 
  Harry seduto sul prato lanciò l’ennesimo sasso sulla superficie del lago, rosso nella luce del tramonto; non rimbalzò, come gli altri nove. Abbandonò la testa tra le ginocchia, arrendendosi. Fissando l’erba cercava di mettere a fuoco tutto quello che era successo in quei giorni concitati. Solo due notti fa era convinto che sarebbe morto; si era costretto un passo dopo l’altro a consegnarsi a Voldemort, pagando con la propria vita per quella di tutti gli altri. Gli sembrava un sogno, un brutto incubo fatto da qualcun altro.
  Aveva passato la giornata pulendo e sistemando il castello, distrutto dalla battaglia, insieme a tutti coloro che erano voluti rimanere ad Hogwarts almeno per qualche giorno. Aveva fatto le cose in automatico, come se fosse una normale lezione di Incantesimi, lo aveva aiutato a non pensare. E a giudicare dalle facce degli altri, non era il solo. Tutta la famiglia Weasley sembrava estremamente indaffarata, nessuno di loro si era seduto per più di cinque minuti, anche se la signora Weasley aveva necessità del bagno molto più spesso del consueto e tornava con gli occhi gonfi e rossi. Ogni volta che la incrociava Harry si sentiva malissimo, non riusciva a fare a meno di pensare che fosse colpa sua: Fred, Tonks, Lupin, Colin… e quanti altri ancora? Perché loro erano morti… e lui era vivo?
  Non sapeva come avrebbe superato tutto questo, non vedeva proprio come sarebbe riuscito a costruirsi una vita anche solo vagamento normale.
  Anzi, un’idea ce l’aveva. Una persona lo aveva fatto sentire meravigliosamente normale, almeno per qualche mese. Forse Ginny avrebbe potuto dargli una speranza, se solo… se solo gli avesse rivolto ancora la parola. Aveva bisogno di lei e non sapeva come dirglielo. Come poteva chiederle una cosa del genere? L’aveva lasciata. Per un gran buon motivo, certo, ma era stato proprio lui a lasciarla. E tutta la famiglia Weasley aveva rischiato la vita più e più volte per Harry, e Fred…
  Una mano gli sfiorò la spalla destra.
  “Dobbiamo parlare.”
  Alzò la testa di scatto: Ginny si allontanava seguendo la riva del lago, i capelli rosso fiamma che ondeggiavano morbidi sulle spalle. Harry esitò solo un momento, una fitta allo stomaco, poi la raggiunse a grandi passi. Aprì la bocca, ma non sapeva proprio cosa dire, quindi la richiuse. Camminarono per diversi minuti, uno a fianco all’altra, lei le braccia incrociate, lui le mani in tasca, senza guardarsi. Si fermarono solo quando la scuola fu molto lontana. Harry riconobbe appena la spiaggetta riparata dove avevano passato ore ben più felici un paio di anni prima, o forse in un’altra vita.
  Ginny si parò davanti a lui, negli occhi lo sguardo duro che gli aveva riservato solo nei momenti importanti. La stretta allo stomaco di Harry peggiorò sensibilmente. Cercò comunque di continuare a guardarla. Che cosa avrebbe fatto adesso? Gli tornarono in mente le lunghe ore passate a fissare il puntino di Ginny sulla mappa del Malandrino, durante la clandestinità.
  “Stanotte” cominciò lei, la voce stranamente tesa, come se ogni parola le costasse un incredibile sforzo. “Mi hai detto una cosa. Mi hai detto che se ti avessi voluto di nuovo tu non mi avresti lasciato mai più.”
  Harry deglutì e annuì. Lei si avvicinò di un passo e lui riuscì a vedere che i suoi occhi diventavano lucidi.
  “Harry, io ti voglio. Disperatamente e da sempre.”
  Gli sembrò di tornare a respirare. Ginny gli prese una mano e lui si rese conto di quanto la amava.
  “Perciò dimmelo, ripetimelo guardandomi negli occhi!” Gli affondò un minuscolo indice nel petto, battendo con forza. “Dimmi che non mi lascerai mai più, Potter!”
  La consapevolezza di averla fatta soffrire si infilò come una spina acuminata nel cuore di Harry. Mise la mano libera sulla guancia di lei, cercando di trasmetterle tutta la sua gratitudine per quel momento, per quella frase, ma soprattutto per quella mano che lei aveva teso, quella seconda possibilità, quella luce insperata ed inaspettata.
  “Ginny, io non ti lascerò mai più, questa è una promessa. Ti fidi di me?”
  Si accorse troppo tardi di averle chiesto troppo. Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, ma sostenne lo sguardo di Harry e, dopo un momento di esitazione, annuì faticosamente.
  Nella gola cominciò a pizzicare il panico. Voleva dimostrarle che quello che le diceva era vero, lei ne aveva bisogno, ma lui non sapeva come fare. Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte a quella di Ginny, cercando di farsi venire in mente qualche idea, una qualsiasi…
  Si staccò da Ginny e si guardò intorno, individuò un rametto abbandonato a poca distanza da loro, puntò la bacchetta su di esso e si concentrò, cercando di visualizzare con tutto se stesso quello che voleva fare.
  “Non sono mai stato bravo a parole, lo sai” disse a mo’ di scusa. “Accio anello.”
  “Accio… cosa?” bisbigliò lei, mentre un minuscolo cerchietto filava in mano a Harry. Il ragazzo contemplò la sua opera: era ancora decisamente color legno, solo qua e là c’era qualche sfumatura oro e rosso, ma almeno era liscio e levigato.
  “E sono un cane in Trasfigurazione! Ma un giorno te ne comprerò uno vero, uno bellissimo” stirò le labbra in un mezzo sorriso e sbirciò Ginny, che lo fissava esterrefatta. Harry abbassò gli occhi sulle mani di lei; non sapeva come funzionasse, non sapeva nemmeno quale fosse la mano giusta, quindi a caso prese la sinistra e infilò il piccolo anello nel suo anulare.
  “Tutte le volte che ti sentirai sola, tutte le volte che… che ti sveglierai di notte e io non ci sarò… voglio che tu guardi questo anello e che pensi a quello che ti ho promesso oggi.”
  Chiuse gli occhi e appoggiò le labbra sul cerchietto di legno, come a sigillare quella promessa.
  “Io… Ginny, il mio cuore è tuo. Per sempre.”
  Lo sguardo sbalordito di lei passava dall’anello a Harry; quando una grossa lacrima alla fine riuscì a fuggire dai suoi occhi, Ginny nascose il viso nell’abbraccio di lui, pronto ad accoglierla. Lei tremava e singhiozzava e anche lui non riuscì più a trattenersi. La stanchezza e la paura accumulate per tanto tempo nei due ragazzi si stavano finalmente sciogliendo al calore del loro giovane amore, quell’amore che finalmente potevano vivere senza timore.
 
  Quando si decisero a fare ritorno al castello era quasi buio e l’aria decisamente pungente. Passeggiarono lungo la riva del lago ridendo e tenendosi per mano; Harry non riusciva a pensare a niente, riusciva solo a guardare Ginny che gli sorrideva, tutto il suo mondo cominciava e finiva lì.
  Poco prima della scalinata d’ingresso la ragazza lasciò per la prima volta la mano di lui ed estrasse la bacchetta dalla tasca dei jeans. Sospirò guardando l’anello che Harry le aveva messo al dito, una smorfia dolce sulle labbra, e con un rapido movimento fece apparire un sottile cordone di cuoio. Con evidente dispiacere si tolse l’anello e lo infilò nella cordicina, che si passò poi attorno al collo. Harry la aiutò ad annodarla mentre lei si scusava.
  “Meglio tenerlo nascosto, Harry” sussurrò anche se non c’era nessuno che potesse origliare.
  Il ragazzo annuì. Meglio non fare troppa pubblicità. Non in quel momento. Immaginò brevemente la faccia di Ron se avesse visto un anello al dito di sua sorella e rabbrividì.
  Ginny nascose con cura il suo nuovo pendente sotto la camicetta, tastandone la sagoma con le dita. Sorrideva mentre lo faceva, lo sguardo perso nell’erba; poi alzò gli occhi e fece cenno ad Harry di entrare.
  “Dobbiamo tornare dagli altri, si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto.”
  Harry annuì. Non riuscì a resistere e le diede un altro bacio velocissimo sulle labbra, poi si avviarono insieme lungo le scale.


Angolo di Gin
Lo so, lo so, miele su miele, fiumi di miele.
Sogno questa scena dal loro primo bacio nel sesto libro - e non vi sto a dire quanto ho pianto quando Harry ha lasciato Ginny. Quindi ahimè mi sciroppate la scena d'amore più zuccherosa che mi sia venuta in mente.
Ma credetemi - sarà tutt'altro che facile da ora in poi per i nostri fidanzatini.
Un grazie speciale a Franci, la prima a recensire i miei deliri magici!
Grazie a chiunque ha letto e leggerà
Smack
Gin

 
   
 
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