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Autore: Windstorm96    28/05/2017    1 recensioni
"Lo sapevo che presto ti saresti fatto vivo,” disse la strega. “L’ho capito subito, dal primo momento in cui ti ho visto. Ho passato la vita a guardare negli occhi della gente… è l’unico luogo del corpo dove, forse, esiste ancora un’anima."
Storia partecipante al contest "Echi dell'occulto" indetto da Dollarbaby sul forum di EFP.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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“Un demone?” mormorò Jake, ripetendo in un soffio le ultime parole dell’altro ragazzo.
“Già. È qualcosa che non avresti mai dovuto sapere, in realtà, ma ora che le cose stanno così... come hai detto tu, credo sia meglio che ti renda conto della situazione in cui ci troviamo,” disse in un tono talmente freddo che fece rabbrividire Jake. “E non mi chiamo Thomas. Il mio nome è Christian.”
Nel silenzio ritmato dal calpestio degli zoccoli sulla terra battuta, due parole sole turbinavano nella mente di Jake.
“Un… demone…” ripeté, come in trance.
“Non un demone potente come Asmodeo, non fraintendere. Io sono solo un demone minore,” si affrettò a precisare il ragazzo che procedeva al suo fianco.
Un demone? Non può essere! Lui… non ha affatto l’aspetto di un diavolo...
Le parole che non trovavano spazio per uscire dalla bocca di Jake sembravano rimanere a fluttuare nell’aria pesante di umidità. Non avendo idea della reazione che avrebbe dovuto dimostrare in seguito a tale rivelazione, si limitò a starsene a fissarlo come se non l’avesse mai visto prima.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, il ragazzo rivolse lo sguardo di fronte a sé e riprese:
“Esistono due tipologie di demoni, Jake: i capostipiti, come Asmodeo, che regnano negli Inferi fin dalla notte dei tempi, e quelli minori, come me. Siamo migliaia, tutto ciò che rimane di quelli che un tempo erano esseri umani. Per le ragioni più disparate siamo rimasti incastrati laggiù; non più parte della terra, ma senza tuttavia poterci ricongiungere al Divino. È una storia un po' diversa da quella che ti hanno sempre raccontato, suppongo. Paradiso, Inferno… non voglio entrare nei particolari. Ma mi crederai, se ti dico che ci sono stato?”
Christian risollevò gli occhi, incontrando ancora una volta quelli di Jake. Il ragazzo percepì una scossa di paura. Vide che un sorriso sbieco gli si era dipinto sulle labbra, e per la prima volta gli parve di notare qualcosa di non propriamente umano nei suoi lineamenti. Nel silenzio che seguì, Jake si accorse di essere rimasto a fissarlo forse un po' troppo a lungo. Serrò forte le palpebre, inspirò ed espirò profondamente un paio di volte l'aria resinosa e fresca, sforzandosi di metabolizzare ciò che gli era appena stato detto.
“Va-va bene,” balbettò. “Diciamo che ti credo.”                          
In fondo non gli veniva in mente alcun motivo razionale per cui Thomas - o Christian - avrebbe dovuto svegliarlo nel cuore della notte per buttarlo giù da una finestra, o mentirgli in merito ad un demone… anzi, ora di demoni ce n’erano due
Un guizzo negli occhi di Christian sembrò volerlo ringraziare per la sua comprensione.
“M-ma… allora non capisco, perché dovresti volermi aiutare? Non rischi grosso a metterti contro uno potente come Asmodeo?”
“Avrei rischiato di più se me ne fossi semplicemente rimasto a guardarlo mentre ti faceva a pezzi,” rispose risoluto Christian.
Jake sentì un brivido percorrergli la schiena. Una visione terrificante gli era apparsa davanti agli occhi, tanto vivida che dovette stringere forte le palpebre per scacciarla via. Era vero; se non fosse stato per Christian, a quell’ora non avrebbe potuto neppure assaporare il pungente aroma del bosco che gli inondava le narici. Eppure, tutto pareva così assurdo…
“Ancora non riesco a crederci; perché mai un demone dovrebbe dare la caccia proprio a me? Io non sono che un ragazzo cresciuto dai frati dopo essere stato abbandonato davanti al portone del convento… non ho mai fatto niente di male a nessuno, figuriamoci qualcosa che potesse scatenare l’ira di Asmodeo.”
“Tu direttamente no, ma sei comunque coinvolto. Ti ho detto chi stiamo cercando, no?”
“Una… una strega.”
“Esatto. Lo sai da chi traggono i propri poteri le streghe?”
Jake cercò di richiamare alla mente le nozioni imparate da padre Blake. Il vecchio superiore spesso borbottava qualcosa a proposito di demoni e diavoli, ma nessuno nel convento sembrava in realtà prestargli troppa attenzione.
“Dai… demoni?”
“Giusto. Il demone forma una sorta di ponte con la strega o lo stregone, concedendogli di usare la propria energia in misura differente a seconda dei casi. Poche leggi regolano questo genere di rapporto, la più importante delle quali è che la finalità della magia deve essere compatibile con quella del demone, e cioè distruggere la vita e corrompere il bene,” sciorinò Christian come fosse una specie di cantilena.
Ancora una volta Jake si sentì rabbrividire.
“Vedi, Jake... i demoni come Asmodeo sono esseri costituiti da pura malvagità. Sono spiriti, energie - comunque tu voglia chiamarli - che desiderano solamente la distruzione di tutto ciò che di buono esiste, in primo luogo la vita in ogni sua forma. In genere le streghe decidono di ubbidire ciecamente al volere di questi spiriti, ma ogni tanto succede che qualcuna di loro utilizza quel potere per scopi differenti. È ciò che è successo nel tuo - beh, nel nostro - caso. La potenza di Asmodeo è stata impiegata in un certo senso per salvare una vita, cosa per lui assolutamente intollerabile. È stato ingannato, così ora freme per vendicarsi.”
“Stai dicendo... che una strega mi ha salvato la vita?”
“Non la tua,” rispose Christian spronando il mulo ad accelerare il passo. “La mia.”
“Che vuoi dire? Credevo fossi morto.”
“Già. Beh, vedi... il nostro aldilà non è esattamente un luogo ameno. Assomiglia più che altro ad un oscuro limbo di disperazione. Ma in quelle tenebre che avvolgono ogni cosa, a me è stata concessa una finestra da cui poter scorgere qualche raggio di sole.”
Christian ora parlava a voce talmente bassa che Jake a tratti doveva quasi trattenere il fiato per udirlo.
“Sei tu quella finestra, Jake. Noi due siamo legati da un vincolo potente e, per quanto ne so, indissolubile. È successo tanto tempo fa, non puoi ricordartene. Ma per me significa tutto. Per questo ora sono qui ad aiutarti. E per questo Asmodeo sta tentando di ucciderci.”
“Un legame?” mormorò Jake tentando di comprendere il significato di quella parola. “Che tipo di legame?”
“Te lo spiegherò quando avremo tempo. Ora dobbiamo muoverci. Tra poco dovremmo giungere in paese.”
 
Nel buio sottobosco, lungo il sentiero reso soffice dagli aghi di pino, una minuta figura incedeva con passo elegante ed instancabile. Al suo avanzare per la via, ogni creatura della foresta taceva.
Asmodeo non aveva fretta. Non si sarebbe dato troppa pena per accelerare i tempi. Aveva ormai deciso come sarebbe andata a finire, ed era convinto che nessuno a quel punto avrebbe potuto avere voce in capitolo. La vecchia che gli aveva teso quella trappola di scarso successo aveva costituito soltanto un minuscolo ritardo, nulla più. D’ora in avanti avrebbe prestato maggiore attenzione ad ogni suo passo, dirigendosi implacabile verso la meta da lungo tempo agognata.
Sollevò tra le dita una minuscola fiala contenente un fluido iridescente, sorridendo tra sé e sé.
Non avrebbe avuto motivo di portare a termine la sua vendetta troppo in fretta; sapeva che per la sua preda, alla disperata ricerca di una via di scampo, così sarebbe stato mille volte più terribile.
Il demone ridacchiò nelle tenebre immaginando le emozioni che dovevano agitarsi nell’animo del ragazzo.
 
Circondati dal frinire dei grilli e dal richiamo saltuario di qualche assiolo, Jake e Christian si inoltravano tra i vicoli deserti del paesino addormentato. Avevano lasciato le cavalcature appena fuori dalla piccola zona abitata, sulle rive di un ruscello che li dissetasse dopo la giornata di viaggio. Reso nervoso dall’agitarsi delle ombre che dipingevano il sentiero, Jake seguiva il compagno, che sembrava sapersi orientare alla perfezione tra le casupole sparse qua e là senza un ordine apparente.
“Christian, sai dove stiamo andando?”
“Più o meno, sì. Per una ragione o per l’altra, la mia memoria sembra essere più duratura della tua. Ogni cosa che hai visto e vissuto, io l’ho vista e vissuta assieme a te. Avevi meno di una settimana quando hai dovuto lasciare questo posto, perciò suppongo sia normale che tu l’abbia dimenticato. Ma io ricordo dove abitava la tua famiglia, dove abitava la mia, e dove si trova il posto che stiamo cercando. È qui.”
Christian si fermò di fronte ad una capanna di mattoni in evidente stato di abbandono. La porta ancora stava in piedi, ma i cardini e la serratura erano completamente arrugginiti.
“Beh, direi che non ci abita più nessuno da diverso tempo,” disse Jake.
“È ovvio che se ne sia andata. Ma forse qui troveremo qualcosa che ci dirà dov’è.”
Con una forte spinta, Christian divelse la porta e senza perdere tempo varcò la soglia buia.
Jake lo seguì, ansioso e spaventato di scoprire cosa si celasse all’interno. Accesero una vecchia lampada dal vetro incrinato che era rimasta per anni e anni ad accumulare polvere su una mensola, e alla calda luce che si diffuse esplorarono quell’ambiente ristretto e disordinato. Le pareti erano nascoste da scaffali e credenze su cui facevano bella mostra file e file di libri di ogni dimensione. Un tesoro dimenticato, senza dubbio; ma probabilmente nessuno in paese era in grado di apprezzarlo, dal momento che poche erano le persone che sapevano leggere. Un caminetto annerito dalla fuliggine occupava un angolo della sala. Davanti ad esso, come fosse stata appena abbandonata, c’era una sedia. Nient’altro era rimasto dell’abitazione; una parete aveva infatti ceduto distruggendo quella che doveva essere stata la stanza da letto. Pareva sotto ogni aspetto una normalissima casetta di mattoni, senza alcun segno di stregoneria né inquietanti barattoli contenenti liquidi misteriosi.
Reprimendo una punta di delusione, Jake vide Christian raggiungere una libreria ed iniziare ad estrarre un volume dopo l’altro, sfogliandone le pagine in un soffio e accatastandoli sul pavimento.
“Che cosa dobbiamo cercare per la precisione?”
“Non ne ho idea,” rispose il ragazzo senza interrompere la sua opera. “Un indizio. Qualcosa fuori posto, o qualcosa di mancante. Ethel era al corrente del pericolo in cui ci trovavamo tutti quanti, sono certo che non può essere semplicemente fuggita lasciandoti in balìa di Asmodeo.”
Senza troppa convinzione, Jake cominciò a frugare tra i polverosi soprammobili allineati sulla cornice del camino.
“Ehi, Jake,” lo chiamò ad un tratto Christian rompendo il silenzio. “Mia nonna aveva gusti simili ai tuoi in fatto di lettura.”
Stupito più per il tono affettuoso del commento che per il suo significato, Jake interruppe la sua ricerca e lo raggiunse.
“Che vuoi dire? Dà qua,” borbottò un poco perplesso prendendogli di mano il sottile volume.
Sfogliò rapidamente le pagine ingiallite alla luce della lampada, richiudendolo poi con un colpo secco.
“Ma questo è un romanzo d’amore…”
“Infatti,” replicò Christian. “Come quelli che sgraffigni dalla biblioteca e trascorri la notte a leggere in segreto. A volte ti vengono anche le lacrime agli occhi.”
Il ragazzo si sentì pervadere dall’imbarazzo e dalla rabbia.
“Come diamine fai a saperlo?” sibilò scandendo ogni parola lentamente.
“Te l’ho detto, i tuoi occhi sono la mia finestra sul mondo,” rispose Christian con una traccia di divertimento nella voce. Poi ridivenne serio. “Ami molto la lettura, non è vero?”
Jake si sedette sul pavimento polveroso, osservando il compagno che riprendeva la sua minuziosa opera di ricerca. Il suo sguardo venne attirato poi dal fuoco della lampada, rimanendone irretito come per incanto. Oppresso dalla stanchezza e dagli sconvolgenti avvenimenti degli ultimi giorni, il ragazzo si ritrovò a parlare, quasi senza porre freno ai suoi pensieri.
“Io non mi ricordo i miei genitori,” bisbigliò, certo che Christian potesse sentirlo. “Prima del mio arrivo al convento e dell’inizio della mia vita monastica, per me esiste solo il buio. Spesso mi sono ritrovato a chiedermi se questo fosse normale, se fosse giusto così, che vivessi in quel modo. A volte, in primavera, quando il sole cominciava a dipingere di verde il bosco e le montagne, chiedevo a padre Blake il permesso di uscire a giocare, di andare fino in paese, di esplorare un po’ i dintorni… ma ogni volta che tentavo di spalancare le porte e dare una sbirciata fuori, mi veniva ripetuto che avrei dovuto attendere. Attendere di diventare più grande, perché il mondo esterno era pieno di pericoli; attendere di completare la mia istruzione, perché quello era ciò che ci si aspettava da me; attendere di trovare finalmente la mia vocazione, che mai sembrava arrivare. E intanto mi sporgevo dalla finestra della mia cella e mi perdevo ad osservare la vita che c’era là fuori.”
“Se non altro, direi che dopo essere precipitato da quella stessa finestra, hai potuto constatare di persona che il mondo è davvero pieno di pericoli,” commentò Christian in tono cupo.
Jake rimase in silenzio, con la fiamma che si moltiplicava e gli ardeva negli occhi scuri, rimuginando su antichi pensieri.
“Credo sia per questo che ho iniziato a leggere quel genere di storie,” riprese poi con un filo di voce, quasi stesse riflettendo dentro di sé. “Non solo storie d’amore,” precisò, facendo scivolare per un istante gli occhi verso Christian. “Racconti di avventure. Padre Vincent, il mio precettore, pretendeva che io mi esercitassi a leggere i passi della Genesi e dell’Apocalisse, e io ubbidivo… finché un giorno scoprii un vecchio baule ricoperto di ragnatele nascosto dietro ad uno scaffale in biblioteca. Per curiosità lo aprii, e scoprii che era colmo di storie meravigliose. Credo l’avesse lasciato in eredità al convento qualche colto buon uomo che era passato a miglior vita. Iniziai a sfogliare uno dei volumi, un sottile libercolo dalla copertina spessa, e ricordo che ne rimasi talmente affascinato che per la prima volta mancai alla funzione della sera. Mi cercarono dappertutto per ore e ore - così mi dissero - e quando finalmente mi trovarono dovetti sentire gli aspri rimproveri di padre Blake. Mi raccontarono che il vecchio si era addirittura fatto prendere dal panico quando gli era stato riferito della mia scomparsa. Perciò ebbi cura di tenere sempre nascosta la mia passione per certe storie. Ero sicuro che mi sarebbe stato proibito di avvicinarmi di nuovo a quel baule, e l’idea mi spaventava ogni giorno di più. La verità è che iniziai a divenire assuefatto alle narrazioni d’avventura, e in breve scoprii di poter placare con quelle la mia curiosità verso il mondo esterno.”
La voce di Jake, che era andata sempre più affievolendosi come la luce emanata dalla lampada quasi esaurita, si tacque.
“Non serviva che mi raccontassi tutto questo, lo sai,” mormorò Christian, che aveva ormai finito di esaminare due intere credenze ed era passato alla terza. “Te l’ho già detto, c’ero anch’io.”
“È per questo che ho voluto dirtelo,” replicò Jake. “Credi… credi che sia stata la cosa giusta da fare?”
Christian si voltò, e per la prima volta tutta la sua attenzione sembrò concentrarsi sul compagno.
“Che intendi dire?”
“Voglio dire… tu hai detto che vedi attraverso di me, anche se non ho bene capito come, o perché, o in che modo sia possibile una cosa del genere. Ma se è così, beh… non dev’essere stato uno spettacolo troppo entusiasmante, no? Insomma, se io fossi stato una persona differente… uno come gli altri, che se ne vanno in giro per il mondo a godersi appieno la vita… di certo anche per te sarebbe stato meglio.”
“Forse,” rispose Christian dopo una lunga riflessione. “Magari sarebbe stato diverso. Ma non credo che si sarebbe rivelato più entusiasmante. Non per me.”
Il ragazzo posò in cima ad un’alta pila il grosso tomo che teneva in mano e si sedette a gambe incrociate di fronte a Jake.
“Quando ho detto che tu per me sei una sorta di finestra, Jake, non intendevo solamente i tuoi occhi. Te l’ho detto, il nostro legame è profondo, non si limita a questo.”
Lo sguardo di Jake, ancora smarrito nel vortice dei suoi pensieri, incrociò le iridi baluginanti di verde alla luce soffusa.
“Quando leggevi quelle storie, Jake, a cosa pensavi?” chiese improvvisamente Christian in un soffio. “Quali erano le tue sensazioni mentre fuori imperversava il temporale, e tu te ne stavi rannicchiato al caldo partecipando alle avventure e alla vita di qualcun altro?”
“Beh, io… non è che pensassi veramente a qualcosa di definito…”
“Difatti. Ed ecco perché quelli erano i momenti della giornata che preferivo.”
“Eh?”
“Vedi… quando ti succedeva qualcosa, quando facevi qualcosa, o parlavi con qualcuno, io finivo sempre per chiedermi: e se ci fossi io, al suo posto? Se fosse toccato a me, anziché a lui? Come mi comporterei, cosa direi, cosa deciderei di fare in questa situazione? E allora stavo male, perché sapevo che non sarebbe mai venuto il mio turno,” bisbigliò Christian come se quella confessione lo mettesse un po’ in imbarazzo. “D’altra parte, quando ti immergevi nella lettura di quei racconti d’avventure, o d’amore… era come se in qualche modo ti ritrovassi sul mio stesso piano. Come se tu ti sedessi accanto a me, aprissi il libro e condividessimo ogni emozione che quelle parole ti suscitavano. Ed erano emozioni intense, spesso anche più di quelle che provavi alla luce del sole. Così avevo l’impressione che le nostre vite si intrecciassero, in qualche modo; non ero più una piccola parte di te, finalmente potevamo vivere alla pari delle avventure straordinarie. Mi sentivo… felice.”
“Christian…”
“Per questo, credo, ho fatto l’impossibile pur di venire in tuo soccorso. Ero troppo ansioso di vedere come sarebbe continuata questa storia.”
Jake non sapeva che reazione Christian si aspettasse da lui. Non aveva mai guardato alla sua vita sotto quella prospettiva, e si rendeva conto che non avrebbe saputo dare un nome al sentimento che ora si era impadronito di lui. Per un istante lo preoccupò l’idea che Christian avrebbe forse potuto percepirlo, ma quel pensiero non durò molto. Un piacevole senso di calore lo confortava, mentre si limitava ad osservare con occhi nuovi il ragazzo rannicchiato tra due cataste di libri, cercando il suo sguardo che per la prima volta sembrava volergli sfuggire.
“Ed è per questo che non ho semplicemente posseduto il tuo corpo,” aggiunse poi il demone a voce un po’ più alta.
“C-come?” balbettò Jake accorgendosi di essersi distratto, non certo di aver compreso bene.
“Ma sì, pensaci,” proseguì Christian con una risata celata nella voce. “Sarebbe stato tutto molto più semplice. Mi sarei risparmiato un sacco di problemi e di spiegazioni, e magari a quest’ora avremmo potuto essere entrambi al sicuro. Tuttavia…” lo trafisse di nuovo con l’elegante luce del suo sguardo. “Credo che il ruolo di protagonista in fondo non mi calzi. Ho pensato che sarebbe stato più divertente interpretare un personaggio secondario, e lasciare a te il palcoscenico.”
“M-ma… avresti potuto farlo per davvero?”
“Chissà,” sussurrò Christian in tono affettuoso, appoggiando due dita sul pavimento coperto di polvere e rialzandosi in piedi. “Ora che ne dici di darmi una mano? Lo sai, in due ci metteremmo molto meno,” aggiunse porgendogli un aiuto ad alzarsi.
Dopo una breve esitazione, Jake lo accettò, stringendo quelle dita fredde che sembravano aver acquistato per lui un calore inaspettato.
 
Quando furono di ritorno al ruscello, il cielo a oriente andava ormai schiarendosi delle tinte dell’aurora. Non aveva piovuto, quella notte; tutto era stato assolutamente silenzioso e tranquillo, ed ora che le nubi si erano in gran parte dissipate si poteva scorgere anche qualche stella. Jake e Christian avevano approfondito la ricerca, rovistando ogni anfratto della dimora diroccata, ma niente di ciò che avevano trovato era parso loro simile ad un indizio. Scoraggiati e con l’impressione di percepire un disgustoso fiato sul collo, lungo la strada i due ragazzi avevano riflettuto su quale sarebbe stata la loro mossa successiva. Jake aveva proposto di fermarsi in paese fino al mattino, per chiedere alla gente del luogo se si fossero più avute notizie della vecchia dopo la sua partenza. Ma Christian aveva continuato a sostenere che sarebbe stato comunque inutile, dal momento che nessuno degli abitanti, tanto per cominciare, era a conoscenza della sua vera identità di strega. Così avevano optato per allontanarsi da quel luogo al più presto, dirigendosi a ovest di città in città, alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarli. Jake aveva approvato senza esitazione la proposta di Christian, anche se in cuor suo era consapevole che non avrebbe resistito ancora a lungo senza potersi concedere un po’ di riposo.
“Christian,” gli aveva chiesto non appena ebbero lasciato la decrepita capanna. “Perché non è venuto prima a prendermi?”
Christian aveva dato una scrollata di spalle, gesto che aveva alquanto sorpreso Jake (non l’aveva mai visto farlo prima).
“Non ne ho idea. Suppongo tu fossi nascosto, in qualche modo. Come ho detto, la vecchia sapeva di averti lasciato nei guai, quanto meno si sarà preoccupata di darti un po’ di tempo di vantaggio.”
“Beh, ma allora perché adesso ha scoperto dove mi trovo? Dev’essere a causa di una sorta di amuleto, qualcosa che avevo e che ho perso, o… ma non mi viene in mente nulla.”
“Non ho idea di cosa si trattasse,” ripeté Christian con lo stesso tono di voce mentre giungevano finalmente al corso d’acqua. “Poteva trattarsi di un incantesimo temporaneo, o qualcosa del genere. Forse la vecchia è morta e la magia è svanita con lei, non lo so.”
“Non è morta.”
Una voce estranea si intromise nella conversazione dei due ragazzi. Entrambi si voltarono alla propria destra, vedendo un uomo inginocchiato sulla riva fangosa del placido rio. Era intento a strofinarsi le mani nell’acqua corrente, non facendo caso alle ginocchia che affondavano nel lerciume. Unì le mani a coppa, cancellando con un gesto lo sporco che gli incrostava il viso.
Jake e Christian erano rimasti a fissarlo interdetti, non avendo il minimo indizio di dove fosse spuntato.
L’uomo si rimise in piedi con una smorfia di fastidio, arcuando la schiena che mandò un paio di sonori scricchiolii. Si grattò distrattamente la barbetta brizzolata, lanciandosi occhiate sospettose tutt’intorno. Poi si decise ad attraversare il corso d’acqua con un goffo balzo e atterrò di fronte ai due ragazzi.
“Non è morta,” ripeté, come fossero le uniche parole che conosceva.
Vedendo Jake indietreggiare di un passo, subito spostò lo sguardo da lui a Christian, che lo fissava impassibile.
“Davvero non mi riconoscete? Andiamo, non mi sembra che il cambiamento sia stato poi così drastico,” sbuffò allora con evidente frustrazione. Fece un gesto ampio e teatrale, indicando vagamente alle proprie spalle il punto dove pascolavano pacifici la vecchia giumenta e… solo allora si accorsero che qualcuno mancava all’appello.
“Io sono Matt,” sospirò lo strano individuo dandosi un’altra grattata al pizzetto e tendendo loro la stessa mano.
   
 
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