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Autore: piccolo_uragano_    31/05/2017    5 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Mi prendo lo spazio delle note d'autore per una piccola nota personale.
Il 31 maggio fu  la data da me scelta per il compleanno di Kayla Lily Black, come omaggio ad una persona a cui ho voluto così tanto bene da non poterlo spiegare. Nonostante la vita, il destino o le scelte che ci hanno portati a strade diverse, sento ancora una profonda gratitudine.
Di nuovo, questo capitolo è dedicato al mio amico Alessandro. O a quel che ne rimane.



“Non bussi mai, vero?”
Kayla stava alla finestra della sua stanza, in vestaglia e con i capelli raccolti sopra la testa.
“Scusa.” Disse Robert. “Cercavo la felpa di Fred, quella grigia.”
A quelle parole, Kayla si voltò, mostrandosi nel suo viso triste. “E perché mai?”
“Gli serve.”
“Non è vero.”
Robert scosse la testa. “Kayla, è urgente. Sto cercando tutte le sue cose.”
Lei aggrottò un sopracciglio. “In che senso?”
“Io … non potrei dirtelo, Kayla, mi serve la felpa.”
“La felpa te la puoi scordare, finché non mi dici perché gli serve.”
In quel momento, George bussò alla porta, seppure fosse aperta. “L’hai trovata?” chiese, con tono scocciato. “Manca quella e un maglione verde, di quelli che fa la mamma.”
“Non vi darò nulla finché non mi direte cosa sta succedendo.” Si oppose lei, ma senza alzare la voce.
George e Robert si guardarono perplessi.
Robert si passò una mano tra i capelli e si sedette sul letto, iniziando a muovere nervosamente la gamba. “Fred sta partendo.”
Che cosa?!
“Calmati, non …”
“Non dirmi di calmarmi! Dove va?”
“In Germania c’è un …”
“Germania?!”
“Ci vendono dei buoni prodotti per il negozio!”
“Voi avete dei problemi con le priorità, Weasley!”
“Ti devi calmare!” le disse Robert.
“Vai al diavolo!” rispose lei. “In Germania!”
“È stata una cosa improvvisa, e …”
“Siamo in guerra, ed è pericoloso, e …”
“Fred è abbastanza grande per cavarsela da solo.” La interruppe George.
“No! No, e ancora no! Che vai dicendo?  Merlino, George, è tuo fratello, lo lasci partire da solo?”
“Che dovrei fare, aiutarlo ad allacciarsi le scarpe?” si scaldò il rosso. “Ora, per favore, mi dai la felpa?”
“Assolutamente no.” si impose lei. “Lui dov’è?”
“Al negozio.”
“Bene! Mi tocca andare fino a Diagon Alley!” sbraitò, uscendo dalla stanza. “Tonks! Toooonks!” urlò, chiudendo la porta dietro di lei.
Robert e George aspettarono di sentire il passo leggiadro della Serpeverde aver raggiunto la fine delle scale prima di scoppiare a ridere. Robert si alzò, e George gli diede una pacca sulla spalla.  “Fratello, sei un genio.”
Robert annuì, senza smettere di ridere.

Quando Fred vide Kayla in mezzo al negozio di scherzi gli sembrò che attorno a lei non ci fosse più nulla. Non tutti i loro prodotti, frutto di anni di notti insonni, non moltissima gente che rideva e viveva, nulla, se non l’espressione malinconica di Kayla, stretta in leggero maglioncino grigio con i capelli raccolti in una treccia che le cadeva sulla spalla e la mano sopra al braccio destro, come a volerlo tenere. Non c’era più niente, niente se non lei.
Restò a guardarla, per un paio di minuti, mentre osservava ciò che c’era accanto a lei. Un paio di volte prese in mano uno scherzo o accennò un sorriso, ma mai nulla più di quello. Quando un ragazzino del secondo anno la urtò, rispose alle sue scuse con uno sbuffo sul naso.
A quel punto, Fred si avvicinò a passo lento.
Lei lo vide e si permise di guardarlo mentre si avvicinava.
“Il maglione verde è rimasto nel Tardis.” Disse, a bassa voce.
“Come?” domandò lui.
“Il maglione, quello … George e Robert me l’hanno detto, so che non dovevano, ma credo di averli costretti.”
Fred alzò le sopracciglia. “Maledetti.” Disse.
“Si, senti, non prendertela con loro, davvero.”
“Decido io con chi prendermela, Kayla.”
Kayla si ritrovò a gesticolare. “No, loro non volevano dirmelo, ma … sono venuti in camera mia a chiedermi la tua felpa e il tuo maglione, e … non partire, Fred.”
Fred si fissò le scarpe. “Perché … perché non dovrei?”
Kayla fece un respiro profondo. “Ho bisogno di te accanto a me. E se adesso prendi e vai in Germania, io .. io non ce la faccio senza di te.”
Lui alzò gli occhi, incrociando le braccia sul petto, e passando il peso dalla punta del piede al tallone con aria nervosa. “E c’era bisogno di questo, per dirmelo?”
“Non partire.” Disse, di nuovo. “Per favore.”
Lui sorrise. “Ripetilo.”
“Non partire.”
“No, no, piccola, l’altra cosa.”
“Ho bisogno di te.”
“Hai detto ‘non partire per…’?”
Kayla alzò gli occhi al cielo. “Di tutto quello che ho appena detto, Fred Weasley, vuoi che io ripeta ‘per favore’?” domandò, alzando il tono di voce.
Lui scoppiò a ridere. “Beh, è la cosa più bella di tutta questa situazione.”
Lei gli tirò un pugno sul braccio. “Davvero? Quanto stai via, per dire una cosa del genere?”
Lui scosse la testa. “Non … che ti hanno detto, loro?”
“Che vai in Germania per un venditore per il negozio.”
Fred si grattò il naso. “Non lo so, Kayla, davvero.”
“Non può andarci George?”
“Davvero hai bisogno di me?”
“Fai partire George. O portami con te.”
“Tu odi la Germania!”
“Davvero, davvero ho bisogno di te.”
Fred sorrise. “Tu …”
“Sì.”
“Non sai neanche cosa ti stessi dicendo.”
“Mi stavi chiedendo se fossi sicura, e se ti amassi. Quindi sì. Io ti amo. E non voglio che tu te ne vada. Mi hai capita? Non voglio. E non te lo permetterò, perché questa è la prima cosa di cui sono sicura dopo mesi. Perché ti amo. Mi hai sentita?”
Lui si coprì il viso con una mano e rise. “Credo non mi stancherò mai di sentirtelo dire.”
“Vuoi che lo dica più forte? Lo dico più forte se vuoi, Fred, lo scrivo anche su tutti i muri di Londra se il concetto non ti entra in testa ,ma io  non voglio più avere paura delle parole.”
“C’era bisogno che George e Robert ti dicessero che vado in Germania, vero?”
Lei fece un passo indietro. “Anche se fosse?”
Lui allargò le braccia.
“Oh.” Capì lei, guardandolo. “È una stronzata, vero?”
Fred annuì, si fissò i piedi e poi tornò a guardare lei, mostrandole di avere le lacrime agli occhi. “Però hai detto che mi ami, Kayla. Varrà pur qualcosa, no?”

Harry sorrise. “Quindi hai detto a Kayla che Fred sarebbe partito per la Germania?”
Robert annuì.
“E Kayla ti ha pure creduto!”
Il fratello alzò le spalle. “Credo avrebbe creduto a qualsiasi cosa, sai, qualsiasi cosa ch le desse la scusa per andarselo a riprendere.”
Il parco più triste e spoglio del Surrey sembrava non essersi affatto reso conto dei due ragazzi che stavano sulle altalene. Robert, che indossava una giacca di jeans sorprendentemente larga, si guardava intorno come se fosse infastidito da qualcosa.
“A che ora hai detto che arriva Silente, stasera?”
“Alle dieci. Ne sai niente?”
Robert scosse la testa. “Sai, è tutto strano, alla Tana. Succedono un sacco di cose e poi non succede più niente. Tutto e niente, tutto e niente, di continuo. È come un circolo vizioso.”
“L’ultimo tutto cosa è stato?”
“Beh, la mamma ha rotto una tazza, Gabriel se l’è fatta addosso nel sonno e Molly ha pianto, per Percy, ovviamente. La mamma ha detto di averlo visto al Ministero.”
“Non riuscite ad origliare le riunioni?”
“Nemmeno un pochino.”
“Hai idea di dove voglia portarmi Silente, stasera?”
“No, però una cosa la so. La mamma si è incazzata, quando ha saputo quali fossero i piani del vecchio.”
“Uh!” esclamò Harry. “Allora deve essere interessante.”

“Sta usando Harry come esca, e non …”
“Di che cosa hai paura, Martha, che non sia al sicuro? È con Silente, per Merlino! Silente!”
“Lumacorno, Sirius, hai presente il tricheco in panciotto? Aspetta di tornare a insegnare solo per poter mettere Harry su una delle sue mensole!”
“A te non va giù il fatto che ti abbia tolto da quelle mensole quando sei rimasta incinta a Hogwarts.” Contestò Sirius, afferrando il biberon per Anya. “Ecco cosa ti turba.”
“E pensa cosa farà a Robert, allora!” rispose lei, sedendosi sul bancone della cucina.
Lui la guardò e sorrise.
“Che hai?”
Sirius scosse la testa.
“Dimmi che hai!”
“Non … non ha importanza.”
“Sirius!”
“Era … era dai tempi della taverna di James che non ti sedevi sul banco da cucina, Redfort.”
Martha quasi sorrise al pensiero, quando qualcuno bussò alla porta della Tana. Ci mise un attimo a scendere dal bancone per pararsi davanti alla porta con la bacchetta in mano, mentre Sirius teneva in braccio Anya, chiedendole di fare silenzio, e teneva la bacchetta nell’altra mano.
“Chi è?” domandò.
“Aaron.” Rispose una voce al di là della porta.
Martha alzò gli occhi al cielo. “E che vuoi?”
“Mi manda Silente.”
Lei scosse la testa. “Certo, Aaron, certo.”
“Dai, Martha, fammi entrare.”
Martha guardò Sirius: l’uomo, seppur controvoglia, le fece segno di farlo entrare.
“D’accordo, White, mettiamola così: quale è stata la prima cosa che ti ho detto?”
“Beh io ti dissi ‘tu devi essere Martha’ e tu rispondesti ‘dipende da chi sei tu’.”
Martha alzò gli occhi al cielo di nuovo. Aveva quasi sperato non fosse lui. Aprì la porta e con un gesto brusco gli fece segno di entrare, senza permettersi di guardarlo in faccia prima che lui si fosse tolto il soprabito.
“Non pensare che lo prenda io.” disse, con aria scocciata, per tornare a sedersi sul banco da cucina ed incrociare le gambe come una dodicenne.
“Non mi inviti a sedermi?”
“Hai intenzione di fermarti a lungo, quindi?”
Nello stesso momento in cui pronunciò l’ultima sillaba di quella frase acida, si permise di guardare Aaron White: era sciupato, pallido, smagrito, spettinato, la giacca era bucata sopra la spalla e, cosa ben più dolorosa per Martha, la sua somiglianza con Rose era ben più pesante del solito.
Non era semplicemente uguale a Rose: era uguale a Rose quando era stanca, quando non ce la faceva più, era uguale a Rose nei suoi momenti più vulnerabili. Momenti che – e a Martha si strinse il cuore, pensandoci – solo lei aveva avuto il permesso di vedere.
In quel momento vide Aaron per quello che era: uno Spezzaincantesimi nomade  e solo che, comunque stessero le cose, aveva perso una sorella da un giorno all’altro.
D’istinto, gonfiò il petto e abbassò lo sguardo. “Io … beh, scusami.”
“Che cosa hai detto?” domandarono Sirius e Aaron all’unisono.
“Sono … sono stata sgarbata. È evidente che tu non stia bene, e ti ho chiesto scusa.”
“Ora sei tu a non stare bene.” Rispose Sirius. “Cosa ti porta da queste parti, Aaron?”
“Silente mi ha mandato a fare un paio di sopralluoghi più a Nord, e poi … mi ha detto di unirmi all’Ordine.”
Martha mantenne una posizione molto rigida. “Silente arriverà stasera, molto tardi. Potremo parlarne direttamente con lui.”
“E nel frattempo?” domandò l’uomo.
“Puoi stare qui.” Disse Martha. “Dovresti farti una doccia e mangiare qualcosa.”
Sirius aggrottò un sopracciglio. “Io …”
“So che non mi capisci, ma guardalo. Quanto tempo è che non dormi?”
Aaron non fece a tempo a rispondere, perché la porta si aprì, ed apparve Robert, che si mostrò scioccato dalla presenza di sua madre in cucina.
“Dove diamine eri?!” domandò, facendo la voce grossa.
“Che ci fai a casa, tu? Credevo che a quest’ora toccasse a Damian.” Disse, entrando.
“Non hai risposto.” Replicò Martha.
“Ero a fare quattro passi, mamma, non si respira qua dentro.” Si levò la giacca di jeans e solo allora sembrò accorgersi della presenza di Aaron. “Noi ci siamo già visti, vero?”
“Ero al funerale.” Rispose, alzandosi per stringere la mano al nipote. “Aaron White.”
“Robert Black.”
“Oh, lo so.” Rispose White, sedendosi nuovamente.
Robert continuava a fissare Aaron, con aria sospetta.
“Mamma, non …”
“Non ti dirò nulla se non mi dici dove sei stato.”
“Te l’ho detto, qui attorno.”
“E le chiavi della macchina di Rose dove sono?”
“La macchina che Rose ha lasciato a me, dici?”
“Oh, ma guarda, riuscite ad essere complici anche adesso.” Sbuffò Martha. “Puoi dirmi almeno dov’è tua sorella?”
Robert arricciò il naso, e poi, sforzandosi di non ridere, fece segno a Sirius di passargli Anya. Mise le mani sotto alle braccia della bambina, che lo guardava senza capire, e poi fece come per porgerla alla madre. “Qui!”, rispose.
Nulla lo difese dalla lieve ma rumorosa sberla tra capo e collo che gli tirò Martha, mentre fulminava Sirius con lo sguardo per dirgli di non ridere.
“Non ti preoccupare troppo per Kayla, mamma, le è bastata una lieve spinta per correre a rimettere a posto la sua vita.” Disse, sedendosi al tavolo e aprendo una biscottiera per metterci la mano ed estrarne il contenuto.
“Che cosa hai fatto, disgraziato?” domandò Sirius, cercando di non ridere.
Robert scosse la testa, dipingendosi in volto la stessa espressione del padre.
“Odio quando fate così. Lo odio.”
“Facciamo cosa?” domandò Sirius.
“Quando siete uguali!”
Anche Aaron sorrise.
“Quindi ci odi sempre?” chiese Robert.
“Dimmi che cosa hai fatto.”
“No.”
“Dimmi almeno dov’è Kayla.”
“Al negozio di Fred e George.”
Sirius alzò una mano in aria e Robert gli batté  il cinque.
Martha prese Anya in braccio e continuò a scuotere la testa. “Non si può vivere così, non si può.”
“A  m divertono.” Contestò Aaron.
“Ah si? Inizia a frequentarli più spesso, e vedrai.” Poi tornò a guardare Robert. “A proposito, pulce, ti facevo più sveglio. Non chiedi niente riguardo al nostro ospite?”
“Contavo di braccarti appena se ne fosse andato.”rispose Robert, tornando serio.
“Non credo se ne andrà. Prima di tutto, deve rimettersi in sesto, e poi credo che Silente lo voglia nell’Ordine.”
“Nell’Ordine?!” domandò Robert, battendo una mano sul tavolo. “Perché uno sconosciuto sì e io no?”
“Non è uno sconosciuto. Guardalo.”
Robert si morse un labbro, ma non guardò Aaron. “L’ho visto. L’ho visto che è uguale a zia Rose, ma non ho voglia di chiedermi il perché.”
“Te lo dico io perché. Perché Rose era uguale a nostro padre. E anche Aaron, suo malgrado, è identico a suo padre. Facendoci due conti in tasca, io, Rose e Aaron abbiamo lo stesso padre.”

Quando Kayla fece rientro alla Tana, trovò Robert ad aprirle la porta con espressione indecifrabile. “La mamma è arrabbiata, ma non immagini cosa ti aspetta di là.”
Dietro di lei, i gemelli e Tonks lo osservarono senza capire.
“Dico davvero. Una cosa pazzesca.”
“Ma chi, Aaron White?” sussurrò Kayla, dopo aver dato un veloce sguardo all’interno. “Il figlio del nonno?”
Come fai a saperlo?!” si stupì Robert, sgranando gli occhi. “Io ho fatto la figura del troll, poco fa!”
“Morgana, Robert, è così maledettamente ovvio.” Rispose la sorella, senza mai staccare la sua mano da quella di Fred. “E per la cronaca, tu sei un troll.”
“Come hai fatto ad accorgertene?!”
“Perché è uguale a zia Rose!” rispose lei.
“Non mi sembra il caso di litigarne adesso.” Si intromise Fred.
“Perché credo che lui stia ascoltando.”
“Non hai fatto la figura del troll.” Disse Sirius,apparendo dietro di loro.
Tonks trasalì. “Devi smetterla di camminare in modo così … così …”
“Così Felpato?”
“Questa era terribile, Sirius, davvero, davvero terribile.” Rispose la cugina, quel giorno con una chioma viola. Si levò la giacca di pelle piena di borchie e trotterellò verso il salotto. Si presentò di fretta ad Aaron, ricordandogli che si erano già visti per i corridoi del Ministero, e poi corse verso Gabriel, che giocava con le costruzioni. Quando il bambino la vide, sembrò illuminarsi.
“La mamma è arrabbiata con te, Kayla.” disse Sirius.
“C’è qualcun altro ch vuole avvertirmi di questa cosa prima ancora che io metta piede in casa?” sbuffò lei.
“No, prima che tu metta piede in casa, io voglio sapere cosa è successo.”
“Che intendi?” domandò Fred.
“Robert ha detto …”
Robert alzò gli occhi al cielo.
“Insomma, come avete fatto?”
“Abbiamo detto a Kayla che Fred sarebbe partito per un po’.”
“Avete fatto di peggio, in realtà, siete entrati in camera mia chiedendo di restituirgli i suoi maglioni.”
“In Germania fa freddo.” Si giustificò George.
“Ma se siamo in luglio!” si lamentò Kayla. 
“Quello che importa è che ora tutto è come prima.”
“Nulla è come prima.” Sospirò Sirius, facendole un buffetto sul naso. “E ora vai, affronta le conseguenze delle tue azioni. I ragazzi vengono con me e Remus.”
“No!” dissero i tre.
“No, papà, il Discorso no!”
“Non toglierti la giacca, ragazzo, sarà più imbarazzante per me che per te.” Disse, spingendoli fuori dalla porta.
“Non c’è niente sul sesso che tu possa insegnarmi, okay? Niente.” Si lamentò il primogenito Black.
“Su questo avrei i miei dubbi, ragazzo.”
“E poi Fred sta con Kayla e io non voglio sentire nulla di ciò che fanno, né ora né mai …”
“Oh, nemmeno io.” disse Remus,avvicinandosi a loro. “E credo, come te, che non abbiamo nulla da insegnarvi.”
“Parla per te, Moony!”
“Fantastico.” Disse Geroge. “Allora perché siamo qui?”
“Perché mia moglie ha ben poco da invidiare a Lord Voldemort.”
Fred sorrise. “Che intendi?”
“Dice che il Discorso è un passaggio importante e che …”
“Che va fatto.” Completò Remus. “Ed è ciò che dovrà credere.”
“Quindi non volete farci davvero il Discorso?” domandò George.
I due Malandrini scossero la testa.
“Ma la mamma dovrà credere che lo abbiate fatto.”
I due annuirono.
“Quindi ora gesticoleremo un po’ e voi ci guarderete con aria colpevole, perché non ci sentiamo affatto di escludere l’idea che Martha ci stia guardando dalla finestra e …”
Robert scoppiò a ridere.
Oh, zia, ti sei persa la parte migliore. La parte in cui ci chiedono seriamente di crescere.

L’abbraccio che Martha regalò a Harry, appena entrato a casa, sembrò essere destinato a rimanere impresso nella mente di Silente per sempre. mentre Harry stringeva i fianchi della madre adottiva, lei aveva una mano nei suoi capelli corvini e un braccio che gli cingeva il collo, gli occhi chiusi, e, per la prima volta in due settimane, sembrava sollevata.
“Ora che siete tutti e quattro qui, posso tornare a respirare.” Disse, in un sospiro.
“Assicurati che anche lui possa respirare, mamma.” Scherzò Robert.
Martha sciolse l’abbraccio, e, con le lacrime agli occhi, guardò Robert e scosse la testa. Tornò poi a guardare Silente. “Com’è andata da Lumacorno?”
“Splendidamente: Harry l’ha convinto a tornare ad insegnare.” Annunciò, senza ricevere la reazione desiderata. Sirius sorrise acidamente, Martha scosse la testa e Remus alzò gli occhi al cielo.
“Chi è Lumacorno?” domandò Damian.
“Era il nostro insegnante di Pozioni, un tricheco con il panciotto.”
“Ehi, solo io e James potevamo chiamarlo così.” Si lamentò Sirius. “Inventati un soprannome tuo!”
Martha lo ignorò, per guardare Silente. “Preside, credo dovremmo parlare, insomma, Aaron …”
“Sono qui per questo: che ne dici di offrirmi una tazza di tè?”
Sirius posò una mano sulla spalla di Robert: “Tutti coloro di età compresa tra i tre e vent’anni di vita sono pregati di recarsi nelle loro stanze. Ora.”
“E no, non parla di età mentale, Robert.” Specificò Martha, mentre i ragazzi si lamentavano di quanto questo fosse ingiusto. Servì a Silente la sua tazza di tè, e, con Molly, Arthur, Tonks, Remus, Sirius, Aaron e Damian, aspettò che parlasse.
“Credo, con una certa convinzione, che Aaron White abbia la stoffa per essere dei nostri. So che i rapporti non sono dei migliori, ma buon sangue non mente: ha davvero molto da offrire a questa battaglia. Non vi chiedo di ospitarlo qui o di invitarlo al pranzo di Natale, ma vi chiedo di fare uno sforzo per una bacchetta e una mente in più.”
“Cosa ci dice che ci possiamo fidare?” domandò Damian.
“So che il tuo istinto ti suggerisce, per abitudine ,di non fidarti, Damian, ma ti assicuro che Rose si fidava di lui.”
“Questo dovrebbe bastarci?” domandò Tonks.
“Assolutamente.”
“Lei si fida, Preside?” chiese Arthur Weasley.
“Sì.” Rispose, con decisione.
“Allora mi pare che la decisione sia presa.” Disse Molly. “Solo che non abbiamo posto, qui.”
“Di questo non ti devi preoccupare, Molly, al Paiolo Magico hanno già una stanza pronta, e so che farà di tutto per non dare nell’occhio, non è vero Aaron?”
Aaron annuì.
“Hai qualcosa da dire?”
Scosse la testa, mostrando un’espressione dura. Esattamente, si dissero tutti, come quella di Rose quando pensava.

“Sono stanca di farti questa domanda.”
“Allora non farla.”
Dov’è Kayla?” chiese Martha, con espressione esasperata.
“Ecco, l’hai fatta.” Disse Robert, inzuppando un biscotto nel caffèlatte. “Perché l’hai fatta, se non volevi?”
“Perché mi serve una risposta.” Sbuffò, sedendosi.
“Ho una domanda io, per te: dov’è papà?”
“Al Ministero: ha iniziato presto, stamattina.”
Tonks entrò in cucina con Nicole già in braccio, dando il buongiorno e dicendo che anche Damian e Remus erano già in giro per il mondo magico.
“E Gabriel?” chiese Harry.
“Dorme ancora.”  Rispose, prendendo il biberon per la piccola mentre Anya, nel seggiolone, sembrava non gradire il fatto che sua madre avesse stregato il cucchiaio per essere sempre pieno.
“Dimmi dov’è tua sorella, Robert.”
Robert scosse la testa.
“Harry?”
Harry ripeté il gesto.
“Oh, fantastico. Fantastico! Anastasia, per l’amor del cielo, smettila: devi mangiarlo tutto.”
“Scotta!” esclamò la piccola dai riccioli d’oro.
“E tu soffiaci!” rispose Martha, esasperata, sedendosi accanto a lei. “Okay, allora rispondete a questo:  dov’è Fred?”
“Con Kayla.” risposero i due fratelli.
“E dove sono Kayla e Fred?”
“A farsi i fatti loro!” sorrise Tonks. “Dai Martha, lasciali vivere!”

Quella fu una di quelle mattine ‘piene’. Tonks entrò in casa con dipinti in viso i chiari segni di un pianto,esprimendo solo il desiderio di vedere Nicole e parlare con Robert: fu in quel momento che gli abitanti della Tana si resero conto che Robert era sparito, di nuovo, e con le chiavi della macchina, di nuovo.
Prima delle dieci, bussò alla porta Bill, il primogenito Weasley, e accanto a lui la bionda francese che aveva partecipato al Torneo Tremaghi; quando entrarono in casa, però, Molly si era appena accorta che Fred e Kayla non avevano dormito lì.
“Tu non sei arrabbiata, Martha?” stava strillando, mentre Bill, in silenzio, sorrideva.
“Io sono preoccupata, Molly: non dico che non debbano stare insieme o fare i Romeo e Giulietta della situazione, dico che noi dovremmo sapere dove si nascondono.”
“Oh, è solo quello il problema?” domandò Ron, seduto ancora al tavolo della colazione. “Sono nell’appartamento sopra al negozio di scherzi.”
“Ah!” esclamò Martha. “Ci voleva tanto?!”
“Pensavo volessi correre là e ammazzarli.”
La signora Black scosse la testa. “Okay, passando al prossimo argomento: Molly, hai visite.” E, prendendo in braccio Anya, indicò Bill e Fleur sulla soglia.
“Ciao, mamma.” Sorrise il rosso.
“William!” strillò lei.
Martha si scostò per lasciare loro lo spazio che si meritavano. Si sedette accanto a Ron, che borbottò: “Odio quando usa i nomi completi”. Quando venne il momento di spiegare la presenza della ragazza francese, Bill lanciò la bomba: si sarebbero sposati l’estate successiva. Le reazione della signora Weasley non fu quella desiderata, così quando finse di congratularsi, Martha ne approfittò per alzarsi e congratularsi a sua volta.
“Mi dispiace di non esserci stato al funerale di Rose, Martha.” Approfittò Bill.
Martha gli rivolse un sorriso di cortesia: la verità era che l’idea che ci fosse effettivamente stato un funerale per sua sorella – l’idea che sua sorella fosse effettivamente morta – le suonava talmente estranea che pensarvi era fastidioso.
Di nuovo, quel momento importante non ebbe l’importanza che meritava, perché Kayla fece rientro alla Tana più spettinata che mai, e Fred, dietro di lei, rideva. Il rosso, quando vide il fratello, lo strinse in un abbraccio mozzafiato senza smettere di sorridere. Kayla rimase a fissare Fleur, evitando lo sguardo di sua madre.
“Freddie!  Mi sposo!” annunciò Bill, ottenendo un secondo abbraccio e un urlo decisamente poco virile da parte del fratello minore.
Notò poi la bionda accanto a lui e le strinse la mano: “Sono davvero, davvero dispiaciuto per quella che sarà la tua sorte accanto a questo disgraziato, Fleur.”
Kayla gli batté un pugno sulla schiena. “Fred!” lo richiamò, per poi sorridere falsamente verso Fleur. “Perdonalo, è il suo modo di farti le congratulazioni.”  Disse, stringendole la mano.
“Oh, Fred, tu si che te ne sei trovata una giusta!” scherzò Bill prima che Kayla lo guardasse senza capire.
“Oh, Merlino.” Il primogenito Weasley si portò una mano sul viso. “Non avevo realizzato … tu sei Kayla! Kayla! Fred! Stai con Kayla?!”
Kayla scoppiò a ridere. “Devo dire che è sempre bello rivederti, Bill.”
“Tu stai con la sorellina di Robert! Quella che a malapena sapeva camminare!”
Kayla scosse la testa.
“La sorella piccola e innocente del tuo migliore amico!”
Fred si portò una mano sul petto. “Così mi fai sentire colpevole, fratello.”
Martha, guardandoli, ricordò di quanto fosse bello essere così spensierati anche in tempi così duri. Era chiaro che Bill e Fleur avessero fretta di sposarsi per il bisogno di avere delle certezze, bisogno che conosceva fin troppo bene. Era statisticamente provato, durante le guerre si registra un picco di matrimoni e nascite: la gente ha bisogno di credere in qualcosa, preferibilmente in altre persone.
Di nuovo, il momento fu oscurato dall’arrivo di Robert, e con lui Hermione. L’abbraccio fraterno di Bill e Fred venne riprodotto quasi uguale tra il primo dei rossi e il primo dei Black, e la reazione di Robert all’annuncio delle nozze, fu la sua storica risata. Hermione però non si fermò ai convenevoli e entrò in casa, porgendo a Martha dei quotidiani babbani.
“Ci sono due babbani scomparsi ieri sera a Sud di Glasgow e un’intera famiglia di lunedì a Brighthon, in pieno centro.”  Disse, aprendo il giornale. “E stanno iniziando ad insospettirsi.”
Martha le posò una mano sulla spalla. “Prefetto Granger, perché non si gode la notizia e lascia il lavoro per dopo?”  le chiese, teneramente.
In quel momento, però, Hermione strillò: erano arrivati i gufi di Hogwarts con i risultati dei G.U.F.O., e Harry scese dalle scale giusto in tempo. “Sono arrivati?”
“Sono arrivati!” rispose l’amica.
Martha, Kayla e Robert risero dell’Eccezionale ottenuto in Difesa da Harry, mentre Molly disse a Ron che aveva ottenuto più G.U.F.O. di Fred e George messi assieme.
“Direi che il percorso lavorativo mio e di George dimostra che i voti non contano.” Si difese Fred.
“Lascia che vivano il suo momento di gloria!” gli disse Kayla.
“Voglio vedere come andrai te ai G.U.F.O., quest’anno.” Le disse Robert.
“Perché, tu quanti ne hai ottenuti lo scorso anno? Due?”
Robert le fece una smorfia e Kayla gli tirò un biscotto.
“Black!” richiamò Martha. “Un po’ di contegno, Merlino! Harry ha preso ‘O’ in Pozioni!”
La sua prima ‘O’ in Pozioni, direi.” Aggiunse Sirius, entrando in casa. Baciò Martha sulle labbra con dolcezza e batté una pacca sulla spalla di Harry. “Direi che non c’è male. Hai fatto meglio di Robert. Kayla, è il tuo turno, ora!”

La particolarità di quella settimana fu che i momenti di festa e quelli di vita quotidiana si alternavano ai momenti colmi di notizie macabre e cupe. Le riunioni dell’Ordine erano diventate una scadenza giornaliera, dando ai membri troppo poco tempo per dormire. Martha perse il conto delle albe che si era persa a guardare dalla finestra della Tana. Era strano, ma durante l’alba sentiva sua sorella terribilmente vicina, quasi in modo inquietante.
Sapeva che Rose era morta, lo sapeva bene. L’aveva vista, aveva pianto sul suo viso freddo. Lo aveva detto a Kayla e a Damian. Sapeva bene che era morta,e sapeva altrettanto bene cosa fosse la morte: le era già successo di perdere qualcuno di caro. James, Lily, sua madre, suo padre, Charlus, Dorea. Le veniva la nausea al pensiero di quante persone avesse perso, per un motivo o per l’altro.
Eppure, quando il sole colorava il cielo, le sembrava di sentire il profumo di sua sorella e di avere la certezza che, da un momento all’altro, avrebbe varcato la soglia di casa, scusandosi per la sua assenza con una smorfia.
Rose non sarebbe tornata. E le loro vite, a piccoli passi, stavano inevitabilmente andando avanti. I ragazzi avevano dimostrato di avere fegato da vendere e di saper affrontare le cose di petto ma senza essere superficiali. Era fiera di loro, ma era anche preoccupata. Certo, loro non erano preoccupati: erano troppo giovani per preoccuparsi. Anche lei, a suo tempo, aveva inconsciamente scelto di non perdere tempo a preoccuparsi. E, Merlino, aveva fatto bene.
Prese la lettera di Rose dalla tasca della sua giacca di pelle scura, sempre e comunque appesa all’ingresso, come se davvero dovesse tornare, e come ogni mattina, la lesse.

Spero davvero che questo giorno non sia arrivato troppo presto.
Spero che a questo punto, saremo tutti vecchi, felici e con i capelli bianchi.
Nel caso ciò non fosse, spero davvero di avervi dato una mano a mettervi in salvo.
Ho appena messo al mondo una bellissima bambina e Damian mi ha convinta a scrivere queste righe: dice che nella vita non si sa mai cosa potrebbe succedere. Credo che, in parte, abbia ragione, ma non diteglielo.
Il punto è: se avete aperto quella busta del cazzo è successo qualcosa, e ci sono delle decisioni da prendere.
Fermate mia sorella nel momento in cui vorrà fare la paladina della giustizia e prendersi cura di Nicole: ha già troppi figli a cui pensare. Voglio che di Nicole si prenda cura Remus.
Damian non ce la fa da solo. Gli voglio un bene immenso, ma sta già facendo troppa fatica con Gabriel, figurati se dovesse crescere da solo una bimba mezza inglese, per giunta figlia della sottoscritta. Ne uscirebbe pazzo, e non se lo merita.
Di seguito troverete un testamento freddo e formale. Io vi chiedo di ridere. Di pensare a me e ridere, ridere soltanto.
Vietato piangere. Capito, Martha?
È la cosa migliore. Per tutti, anche per me.
Non disperate: non ho mai pensato che saremmo arrivati tutti insieme alla fine di questa guerra. Lo aveva detto James, giusto un paio di anni fa: non è una di quelle cose di cui rideremo tra qualche anno tutti insieme. È giusto che qualcuno resti indietro, è giusto che qualcuno si sacrifichi. Perdendo me avete solo perso un’acida e abile combattente. Conto che abbiate cura di mia figlia, che è ciò che di migliore io abbia fatto in quasi quarant’anni su questo pianeta del cazzo. Non lasciate che Martha si spenga. Sostenete le idee folli dei gemelli Weasley, sono sicura che andranno lontano. Date a Robert il tempo di trovare sé stesso, presto o tardi, brillerà. Non lasciate che Harry si senta mai abbandonato, ha già convissuto fin troppo con una sensazione simile. Prendetevi cura di Kayla e Sirius, hanno troppo sangue Black nelle vene per mostrarsi fragili e tristi come saranno. Assicuratevi che Remus non perda troppo la fiducia in sé stesso e qualcuno lo faccia ridere abbastanza spesso: non lo capirà mai, ma gli fa bene.
Ripeto, nel caso non fosse chiaro, che è vietato piangere: sapete che la gente che piange mi imbarazza. Abbiate cura di voi.
James e Lily qui stanno benone, continuano a litigare mentre mamma e papà ridono. C’è posto qui accanto a noi,insieme a parecchia Burrobirra, ma non abbiate fretta.
Vi amo tutti immensamente, anche se forse non l’ho mai detto.
Rose.

 Io, Rosalie Elizabeth Redfort nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, nomino Remus John Lupin tutore legale di mia figlia Nicole Redfort Francois-Levre in caso di un mio decesso o perdita della capacità di intendere e di volere. Esonero mia sorella Martha Redfort Black e suo marito Sirius Black da ogni responsabilità sulla bambina. Desidero ardentemente che mia figlia cresca in Inghilterra, che veda suo padre almeno due volte al mese (nel caso, come immagino, lui dopo il mio decesso decidesse di tornare a Parigi) e desidero che il suo tutore legale e la sua futura moglie favoriscano in ogni modo il rapporto con il fratellastro Gabriel Francois-Levre, figlio di Damian Francois-Levre e della defunta Isabelle Roux.

Lascio a mio cognato e mia sorella la casa dei miei genitori e la chitarra di nostro padre, nella speranza che Martha torni a suonarla presto.
Martha, non aver paura di mostrarti debole: la persona che hai accanto sarà in grado di sorreggerti.
Ti tengo un posto qui accanto a me Sirius, assicurati di aver un bel po’ di cose da raccontarmi, quando sarà il momento. Deciderò io se mi sarò persa qualcosa.
Lascio a mio nipote Robert Sirius Black la mia auto: per quanto sua madre dica il contrario, è giusto che sia così. È grande, e io sono fiera di lui. Fateglielo sapere in ogni modo possibile.
Lascio a mia nipote Kayla Lily Black il mio minuscolo e grazioso appartamento a Londra, sperando che un giorno possa farne un rifugio sicuro. So che ne avrai bisogno. Non disperare, piccola mia, abbiamo fatto tante cose che porterai con te.
Lascio a mio nipote Harry James Potter la mia collezione di libri sul Quidditch, la mia scopa ed ogni mia attrezzatura: troverai tutto nell’appartamento sopracitato. Non fare (troppo) l’eroe, e vola lontano, sempre più in alto.
Lascio a mia nipote Anastasia Elizabeth Helen Black i miei diari dai tempi della scuola, così che, a suo modo, possa portarmi con sé e conoscermi se ne avrà bisogno.
Lascio a Gabriel Francois-Levre il mio appartamento a Parigi, a cui potrà accedere appena divenuto maggiorenne. Per lui, troverete una lettera a parte.

Ora e sempre, fatto il misfatto.

Rosalie E. Redfort
Sapeva a memoria ogni riga ma era perfettamente consapevole che non si sarebbe mai stancata di leggerla.
Mi manchi, Rosalie


 
   
 
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