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Autore: ERiCA_13    07/06/2017    4 recensioni
Raccolta di cinque shot sull'evoluzione del rapporto tra Remus e il suo "piccolo problema peloso".
#ARRENDERSI - "Era questo il sangue per Lunastorta quando il momento si avvicinava, un richiamo, una necessità, come lo era la luna… "
#LA LUCE - "[...] l’anziano mago fece scontrare le sue iridi cerulee con quelle ancora alterate del licantropo, provocando in quest’ultimo la ricomparsa di antichi ricordi, battaglie, amicizia, speranza, sacrificio, possibilità, dovere, amore… "
#TUTTO IN ROVINA - "Non aveva fatto del male ai ragazzi, questo era l’importante, solo questo. La caccia era stata un fiasco per la bestia e lui se ne beava."
#PERCHÉ NO? - "[...] stava andando male, qualcosa di brutto stava accadendo e lui era inerme, preda designata di un destino terribile, prigioniero di se stesso."
#LEI&LUI - "Rimase ferma fino alla fine, fin quando di Remus non c’era più traccia, fin quando davanti a lei trovò il lupo mannaro, la bestia, che la guardava con occhi spiritati, affamati ed omicidi."
.e.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Remus Lupin, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'RJL - Memorie di un Licantropo'
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.e.

 

Tempi di Caccia
#PERCHÉ NO?
 

Ancora nessuna notizia e le stelle iniziavano a trapuntare il cielo.
Erano sicuramente entrati ormai, il labirinto era pronto e pullulante di belle bestiacce a quanto gli aveva raccontato Hagrid.
Pura follia, ecco cos’era, follia. Far partecipare Harry a quella assurda competizione era follia. Lo pensava anche ora, anche durante lo svolgimento dell’ultima prova.
 
Se ne stava sdraiato sull’erba di un verde prato poco distante da quella che una volta era stata casa sua e dei suoi genitori. Un odore di fiori lo raggiunse e dalla sua intensità seppe che la trasformazione era vicina, ma non era quello a preoccuparlo.
Erano un paio di settimane che non si sentiva tranquillo e parlare con Sirius non lo aveva certo fatto sentire meglio. Certo, sapere che Harry si era preparato a dovere per la terza prova era confortante, ma c’era qualcosa di storto nell’aria… poteva sentirlo, ne sentiva la vibrazioni. Qualcosa sarebbe accaduto e Remus sperava con tutto il cuore che fosse qualcosa di buono, ma il suo istinto raramente sbagliava.
 
Le stelle colmarono l’azzurro scuro del cielo come fossero tanti meravigliosi diamanti sulla tiara di una principessa, il respiro si faceva man mano più corto.
La bestia stava lentamente mangiando l’uomo, la luna riflessa sulle pupille sempre più nere, come larghe voragini sull’anima.
Si alzò e si diresse verso il boschetto poco distante, tranquillo e rassegnato da anni a quella piaga che non lo avrebbe mai abbandonato, alla piaga che rovinava ogni parte della sua vita, sempre.
 
Raggiunse la base di un nodoso e largo albero, le cui radici uscivano indisciplinate dal terreno formando un oscuro nido di legno morente. Si tolse i vestiti e cercò la posizione più comoda per prepararsi alla trasformazione. Lanciò diversi incantesimi protettivi e un paio in grado di renderlo invisibile a chiunque e aspettò.
Ormai era un anno che prendeva la pozione, era riuscito a pagarla con i soldi dell’anno da professore e con qualche aiuto da parte di Silente. La bestia era mansueta ed era quindi possibile affrontarla senza catene ed altri dolorosi rimedi, rimanendo lì, in un guscio magico nel buio verde dei boschi.
 
Prima di perdere la lucidità un brivido gli percorse la schiena facendogli drizzare tutti i peli lupeschi appena spuntati; stava andando male, qualcosa di brutto stava accadendo e lui era inerme, preda designata di un destino terribile, prigioniero di se stesso.
 
 
Scoccarono le tre, lo capì dal suono delle campane della vicina chiesa.
“Mundungus avvertito, la signora Figg anche… manca solo Lunastorta… andiamo.”
Sirius si smaterializzò dietro ad una grande fontana poco distante dal nuovo appartamento di Remus, si tramutò in cane ed iniziò a strisciare nell’ombra fino alla fatiscente palazzina. Il cancelletto e il portone erano aperti, come tutte le volte che era stato lì. Riprese sembianze umane e salì veloce le tre rampe di scale, lo stantio fetore di cucinato che impregnava le vecchie pareti gli riempì le narici, provocandogli un conato che represse con tutta la forza.
La porta di casa Lupin era ben chiusa e da sotto non trapelavano le solite, flebili luci delle candele profumate al mughetto che Remus lasciava accese per la puzza dell’edificio. “Strano” pensò Sirius, “Perché non è in casa…?”. Poi una falena gli sfiorò leggerissima la mano e il mago la seguì con lo sguardo come rapito. Volò verso l’alto, verso una finestrella a cui era attaccato il suo destino, una lampada elettrica. La falena ingenuamente posò il suo delicato corpo su quel luminescente e affascinante blu e, in un attimo, rimase folgorata, cadendo inerme sul sudicio pavimento, ma l’uomo non se ne accorse. Il suo sguardo rimase puntato verso la lanternina sporca e incrostata di cadaveri, o meglio, rimase puntato poco oltre quel cimitero portatile. Sirius fissava l’enorme e bella luna piena che rischiarava la notte stellata. “Questa non ci voleva… come ho fatto a dimenticarlo?!”.
 
Sbuffò e digrignò nervoso i denti, poi Pop.
 
 
Erano da poco passate le quattro di notte e quella che era stata Villa Felicity era fredda e deserta. Di Remus non c’era ombra…
Sirius iniziò a pensare al peggio, “Dove poteva essersi cacciato? Il licantropo era riuscito ad uscire?”. Poi però rifletté e si convinse che con la pozione anti-lupo che Remus ormai assumeva da quasi un anno non poteva essere andato chissà dove…
Tornò cane ed uscì dalla villetta, iniziando ad aggirarsi per il grande ed incolto giardino, un enorme ammasso di macerie di una vita felice, un horror.
 
Trovò una traccia, la traccia dell’odore del lupo, debolissima… ma c’era.
Iniziò a seguirla, stando attento a rimanere più nascosto possibile, arrivò così al limitare del bosco poco distante. Entrò nel buio, facendosi guidare solo dal suo naso, da quell’odore familiare, un odore che sapeva di ricordi, di corse sfrenate, di avventure, di libertà, ma anche di rabbia, di sconforto, di incidenti. L’odore del passato che tanto gli mancava.
 
Arrivò alle basi di un antico e morente albero, l’odore era intenso, Remus doveva essere lì intorno.
L'alba iniziava ad avvicinarsi mentre l’odore mutava, ma lui dov’era?! Il grosso cane iniziava a spazientirsi, girava nei pressi dell’albero senza darsi pace, l’odore continuava a cambiare, l’uomo stava tornando, la bestia stava sparendo.
Le tiepide luci del primo sole iniziarono a pervadere il buio.
 
«Felpato…» la voce dell’amico era debole, ma intorno a lui non c’era nessuno. «Felpato sono qui…» gli incantesimi decaddero e la sagoma del licantropo apparve tra le radici del grande albero.
Sirius tornò umano e andò ad aiutare Remus. Lo coprì come meglio poteva e guidato dalla sua voce fioca trovò i vestiti.
«Ho una tavoletta di cioccolato nella giacca, passamela…»
«Come ti senti?»
«Come se un grosso masso mi avesse schiacciato per ore…»
Le dimensioni del corpo si facevano sempre più umane, la voce si rischiarava…
«Porto pessime notizie fratello… È tornato, Lui è tornato…»
«Chi è tornato? Cosa dici?»
«Voldemort, Voldemort è tornato Rem…»
«Non è possibile Sir…»
Sirius lo aiutò a mettersi seduto, il corpo ancora ricoperto di ispidi peli, il viso ancora in parte lupesco.
Gli raccontò tutto, la terza prova, il cimitero, la rinascita del Signore Oscuro, la chiamata dei Mangiamorte, Diggory morto, le bacchette gemelle e quello strano incanto, Harry ferito, il falso Moody, l’opposizione di Caramell… tutto.
 
Remus puntò i suoi occhi in quelli dell’amico che sussultò appena, dovevano essere ancora alterati… «Non è vero… non può esserci riuscito…» la voce ancora fioca, colorita dall’incredulità, dalla forza di non credere. Si infilò la camicia, ma la lasciò sbottonata, il petto ancora parzialmente rigonfio non gli permetteva ancora di abbottonarla.
«Non mi credi? Ti dico che è tutto vero, diavolo, Remus! È tornato!»
«Non urlare idiota! Ripetimi com’è andata…» il fosco ringhio che usciva dalle labbra del licantropo era eloquente.
«Non ti ripeto nulla! Cazzo Remus, Harry poteva morire ti dico! La sua gamba era… era… e il taglio sul suo braccio Rem, il taglio fatto da quello schifoso Ratto. Spero che muoia di una morte orribile, ha ferito Harry. Dovevamo ucciderlo noi, quella maledetta notte!»
La rabbia e la disperazione che emana Sirius raggiunse tutti i sensi di Remus, il lupo che ancora era in lotta per non addormentarsi gorgogliava in lui, facendosi spazio per trovare una accesso, una via di luce.
 
«Devi credermi!» urlava Sirius e, con uno scatto rapido, si avventò sul colletto della camicia di Remus facendogli sbattere la testa contro il duro tronco dell’albero.
Mossa sbagliata.
 
Un secondo.
La bestia prese forza da quel gesto brusco. Remus si alzò senza apparente fatica, prese l’amico per il collo e ribaltò le posizioni, tenendo il corpo di Sirius premuto ciondoloni sulla corteccia umida di rugiada.
Remus tornò a respirare corto, i lunghi denti ancora presenti scintillavano come di luce propria, gli occhi carichi di lugubri sprazzi rosso fuoco squadravano l’altro uomo con un'ira innata, animale.
«Ora come sta Harry…?»
«Per Merlino Rem! Lasciami!»
«COME-STA-IL-RAGAZZO?!»
«Meglio… meglio… lo… sta curando… Chips… Madama Chips… Sto soffocando…»
Allentò la presa, infastidito dai tentativi dell'amico di liberarsi. Il tutto però senza lasciarlo scendere dalla trappola che era le sue logore mani unghiate.

«Stammi a sentire… lupacchiotto. Già… già te lo dissi tanto tempo fa… È cominciata fratello… la caccia, caro… Lunastorta è ricominciata. Voldemort… è tornato… L’Ordine è stato chiamato… Sei pronto a tornare in caccia per la luce… lupacchiotto?» faticava a parlare, ma nei chiari occhi grigi di Sirius il fuoco ardeva, la battaglia era davvero alle porte. Serietà e malizia si mescolavano in quel tornado di gelo e fuliggine.
 
La bestia urlava e sbraitava in lui, forte e determinata come mai prima d’ora, assetata di sangue.
Pochi secondi dopo il suo ringhio si propagò in ogni angolo del bosco.
«E perché no? Ci sono Felpato, siamo pronti per la caccia.»
   
 
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