Capitolo
22
14
Febbraio 1945
L’elegante
gufo planò dritto verso di lui, tendendogli la
zampa con aria pomposa e cerimoniale.
Sciolse
il laccio, aprendo la busta e riconobbe all’istante la
calligrafia di suo padre.
Scorse
le poche righe, vergate con evidente rabbia.
Una
Mezzosangue?
Quanto
ancora pensi di voler mettere in imbarazzo la famiglia?
Nemmeno
tua zia Leta ha mai osato tanto.
Metti
immediatamente fine a quest’assurdità o me ne
occuperò io e non ti piacerà come
andrà a finire.
Non
si era nemmeno firmato, non che ce ne fosse bisogno.
L’anno
scolastico stava volgendo al termine e presto o tardi
suo padre avrebbe preteso un conveniente e prestigioso matrimonio
Purosangue.
Aveva
già trovato la ragazza perfetta, gli aveva detto,
invitandolo a mostrarsi più cortese e garbato che mai con
Heidi Carrow.
Eppure
la sua mancata risposta doveva averlo spinto a indagare
più a fondo per capire la ragione del silenzio del suo unico
figlio.
Come
c’era da aspettarsi non gli era piaciuto minimamente
quello che aveva scoperto.
S’impose
di mantenere la calma, i Lestrange non crollavano mai
neppure quando tutto dentro loro sembrava andare in pezzi.
Ignorò
l’occhiata incuriosita di Abraxas e fece un cenno a
Heidi, invitandola ad avvicinarsi.
La
ragazza fu lì all’istante, sorridendo allegra.
-
Cosa c’è, Ren? –
Le
mostrò la lettera, inarcando un sopracciglio, le iridi
cobalto più gelide che mai.
-
Tu ne sai qualcosa? –
Non
fu necessaria nemmeno una risposta perché Heidi era
impallidita e quella era la riprova dei suoi dubbi: era stata lei a
informare
suo padre di Minerva.
-
Non succederà mai, Heidi. Io e te … non
è mai stata un’opzione
contemplata, quindi è meglio che ti metti il cuore in pace e
cominci a fartene
una ragione. –
-
Ma Ren … lo sai che tu e Minerva siete destinati a non
durare. Tuo padre … -
Suo
padre avrebbe fatto letteralmente qualsiasi cosa per
preservare la purezza del sangue dei Lestrange, nulla lo avrebbe
fermato.
-
Lo so –, la zittì, - e adesso sparisci. Mi dai la
nausea. –
Abraxas
si sporse verso l’amico, l’espressione
interrogativa
sul volto.
-
Mi dici cosa succede? –
Gli
mostrò la lettera, in silenzio, serrando le mani sul bordo
del tavolo finchè vide le nocche farsi livide.
-
Cosa pensi di fare? –
Bella
domanda.
-
Devo parlarne con lei. Avrei dovuto farlo quando è arrivata
la prima lettera di mio padre, ma ho rimandato nel tentativo di trovare
una
soluzione. Evidentemente non ci sono riuscito. –
Il
biondo gli posò una mano sulla spalla, solidale, - Mi
dispiace, Ren, sul serio. –
-
Lo so. –
Gli
rivolse un sorriso tirato, amaro, alzandosi e dirigendosi
verso il tavolo dei Grifondoro.
Doveva
parlare con Minerva prima di arrivare a Hogsmeade.
*
Alexandra
alzò lo sguardo verso Abraxas, trovandoselo
inaspettatamente vicino.
-
Che stai facendo? – sussurrò, notando che Edward
li guardava
con la fronte corrucciata.
-
Prendo in mano la situazione -, le sussurrò di rimando, -
perché
non so come andranno le cose in futuro quindi è meglio agire
subito senza
aspettare troppo. –
Detto
ciò si voltò verso Edward, sorridendo sornione.
-
Ed, io e tua sorella stiamo insieme da metà
dell’anno scorso
– annunciò.
Vide
una strana espressione dipingersi sul volto del ragazzo,
seguito da un dolore atroce all’altezza
dell’attaccatura del naso.
Sentendo
Alexandra urlare contro il fratello, Abraxas registrò
lentamente che era appena successo l’impensabile.
Il
pacato, tranquillo e morigerato Edward King gli aveva
appena dato un pugno sul naso.
Sentì
le braccia forti di Alphard tirarlo su, aiutato da Tom,
e trascinarlo fuori dalla Sala Grande.
-
Però chi avrebbe mai detto che Edward avesse un gancio
così
buono? Ho sempre pensato che fosse Stephen il King incline alle risse
–
ironizzò Alphard, bussando alla porta
dell’infermeria.
-
Avresti potuto usare un po’ più di tatto. Una
rissa in Sala
Grande non è il massimo per la nostra situazione nella
classifica quando
mancano poco più di due mesi alla fine della scuola.
–
-
Grazie, Tom, ma ti prego di non mostrarti eccessivamente
preoccupato per la mia salute fisica – sbuffò
Abraxas, roteando gli occhi.
Dannazione,
anche parlare gli faceva male.
Non
voleva nemmeno immaginare che razza d’aspetto potesse mai
avere.
L’infermiera
lo fece accomodare, osservando la frattura con
aria professionale.
-
È una frattura composta, sei fortunato. –
-
Sì, mi sento veramente molto fortunato –
ironizzò.
-
Stia zitto, signor Malfoy, e mi lasci fare il mio lavoro. Per
questa sera sarà come nuovo. –
Di
bene in meglio, adesso veniva anche tiranneggiato
dall’infermiera
scolastica.
-
Quanto a voi due -, aggiunse la donna, - potete pure andare
alla vostra gita. Il vostro amico è in buone mani.
–
-
Ti prenderò qualcosa da Zonko –
assicurò Alphard, prima che
lui e Tom uscissero dalla stanza.
Cos’era
un bambino che si comprava con gli oggetti per farlo
stare buono durante le medicazioni?
Sbuffò
nuovamente, trasalendo poi per il dolore.
-
Madama! –
-
Avevo detto di stare fermo, signor Malfoy. –
Comunque
restò fermo e zitto finchè non lo ebbe medicato,
dopodichè trangugiò la pozione che gli porse e si
sdraiò sul letto in attesa
che il medicamento facesse effetto.
Era
quasi in dormiveglia quando sentì la voce di Alexandra che
si rivolgeva garbatamente all’infermiera.
La
donna le diede il permesso di entrare e la ragazza si
avvicinò al letto, mordicchiandosi nervosamente il labbro
inferiore.
-
Tuo fratello ha un gancio micidiale. –
-
Stai bene? Senti molto dolore? –
-
Solo un po’, ma verrò rimesso in piedi entro sera.
–
Picchiettò
sul materasso accanto a lui, invitandola a sedersi.
-
Se non altro adesso tutti sanno di noi – osservò
Alexandra.
-
Già. Mi spiace solo di averti costretta a passare il San
Valentino in infermeria. –
-
Non dirlo nemmeno per scherzo. Ho già fatto una sfuriata a
Edward … prima o poi passerà a chiederti scusa.
–
-
E Stephen? Devo aspettarmi di essere usato come sacco da
boxe anche da lui? –
Rise,
scuotendo i corti capelli biondi.
-
No, lui sembrava piuttosto rilassato a dire il vero.
Immagino c’entrasse molto il suo appuntamento con Drusilla.
–
-
Bene, perché non so se te ne sei mai accorta, ma sono un
po’
troppo gracile per cavarmela bene con i duelli alla Babbana. –
-
Lo so, ma a me vai benissimo così – gli
assicurò, chinandosi
a baciarlo delicatamente.
*
Minerva
lo osservò, in attesa che si decidesse finalmente a
prendere la parola.
L’aveva
seguito fuori dalla Sala Grande perché le aveva detto
di avere bisogno di parlarle prima del loro appuntamento.
Era
curiosa, ma adesso aveva la netta sensazione che ci fosse
qualcosa che non andava.
“Ti
devo parlare” non era mai una buona frase, specialmente se
seguiva una settimana in cui sembrava che Renford fosse tormentato da
chissà
quali demoni interiori.
-
Di cosa volevi parlarmi? – chiese, decisa ormai a rompere
quel silenzio.
-
È difficile da spiegare a parole. Faccio meglio a fartela
leggere. –
Le
piazzò in mano una lettera.
Un
brivido freddo le corse lungo la schiena.
Mancava
poco al diploma, quindi poteva trattarsi di una cosa
sola: un contratto matrimoniale.
Lesse
le poche righe, faticando a contenere il tremito nella
voce.
-
Cosa significa? –
Era
ovvio che sapesse il significato di quelle parole, ma
Renford capì la domanda implicita.
“Cosa
significava per loro due?”
-
Ho cercato di risolvere il problema trovando una soluzione
da me, ma questa lettera non lascia alternative. Non conosci mio padre,
non
dice tanto per dire. Neppure se rinunciassi al nome di famiglia e mi
auto
diseredassi servirebbe a qualcosa. Sono l’ultimo dei
Lestrange, non mi
lascerebbe mai andare via come se nulla fosse. E tu …
–
-
Io sarei molto più facile da far sparire per risolvere
questo increscioso problema – concluse aspramente al posto
suo.
Le
era perfettamente chiaro come funzionasse la logica di
certi Purosangue.
-
Forse, tutto sommato, sapevamo entrambi che non avrebbe
funzionato. –
Renford
teneva lo sguardo fisso verso il basso, rifiutandosi
di guardarla negli occhi.
-
Quindi … mi stai lasciando? – chiese, la voce
ridotta a un
flebile sussurro nel disperato tentativo di non scoppiare a piangere.
-
È meglio così. È meglio soffrire un
po’ adesso che molto di
più in futuro. –
Non
aveva senso.
Nulla
di quello che aveva sentito fino a quel momento aveva
senso.
-
Ma … -
-
Avrei voluto che le cose andassero diversamente. Non hai
idea di quanto lo avrei voluto – la interruppe.
Questa
volta aveva alzato lo sguardo e la fissava come se la
stesse letteralmente implorando di credergli.
E
lei gli credeva, perché da quando lo conosceva non aveva mai
visto lacrime in quelle iridi cobalto … eppure Renford
Lestrange aveva gli
occhi lucidi e arrossati in quel momento.
-
Io ti credo – sussurrò, lasciando che le braccia
del ragazzo
si chiudessero su di lei.
Si
abbandonò a quell’ultimo intenso abbraccio.
*
Drusilla
sorseggiò la sua cioccolata calda con panna,
guardandosi attorno.
-
Sembra che tutti siano concentrati su di noi –
considerò imbarazzata.
-
Già. Come se non bastasse il nostro appuntamento, mio
fratello ha anche pensato bene di spaccare il naso ad Abraxas.
–
C’era
una certa ilarità nella sua voce che incuriosì
Drusilla.
-
Tu come la pensi? –
Stephen
si strinse nelle spalle.
-
Penso che se due persone si amano non è colpa di nessuno.
Certo Abraxas non mi fa impazzire e lo reputo un damerino, ma se
Alexandra è felice
e lui la tratta come merita allora sono disposto a fare
l’abitudine a vederli
insieme. –
-
Sei un buon fratello … credo che mi sarebbe piaciuto avere
un fratello come te. –
-
Pensa invece quanto sei ancora più fortunata …
invece di uno
come me hai l’unica e sola versione autentica –
sorrise ammiccando.
Scoppiò
a ridere, sollevando una polvere di zucchero a velo
dai cornetti al centro del tavolo.
-
Scusa, ti ho riempito di zucchero – mormorò,
avvicinandosi
verso di lui con un fazzoletto per ripulirlo.
Stephen
socchiuse gli occhi sotto il tocco delicato della
ragazza, inspirando quel profumo dolce che associava ai marshmallow e
che
irradiavano le lunghe ciocche di Drusilla.
E
allora seguì semplicemente l’istinto e
annullò la distanza
che li separava, catturandole le labbra in un bacio carico di passione
che le
facesse capire quanto la desiderasse, quanto fosse affascinato e
inesorabilmente attratto da lei.
Quando
si separarono la vide fissarlo in silenzio, con gli
occhi sgranati, stranamente a corto di parole.
-
Non avrei dovuto farlo … scusami. –
-
Fallo di nuovo – lo zittì.
-
Come hai detto? –
-
Fallo di nuovo. Baciami. –
Impiegò
qualche secondo a realizzare che non stava affatto
scherzando.
Così
si chinò di nuovo, sorridendo contro le sue labbra quando
la sentì rispondere al bacio con altrettanto trasporto.
Spazio
autrice:
Salve!
In
questo
capitolo ce ne è davvero molta di carne al fuoco per quanto
riguarda le
relazioni.
Alexandra
e Abraxas che escono allo scoperto, Renford e Minerva che chiudono
definitivamente la loro relazione, e la Druphen che diventa Canon.
La
seconda parte di San Valentino arriverà con il prossimo
capitolo, non
preoccupatevi.
Al
prossimo aggiornamento.
XO
XO,
Mary