Capitolo
23
14
Febbraio 1945
Sophie
scoccò un’occhiata interrogativa al di sopra del
boccale di Burrobirra che stava sorseggiando.
Tobias
appariva stranamente serio in quel momento e non aveva
smesso per un attimo di armeggiare con qualcosa che teneva nella tasca
del
mantello.
-
Che succede? –
-
Io … volevo chiederti una cosa, ma non so da dove cominciare
– ammise, titubante.
-
Beh, comincia dal principio. –
Prese
un respiro profondo, afferrando finalmente la scatolina
che teneva nella tasca interna del mantello.
Aveva
atteso a lungo il momento migliore finchè non aveva
realizzato che qualsiasi momento sarebbe stato perfetto
purchè fosse al suo
fianco.
Attendere
ancora non aveva senso.
Estrasse
la scatolina, facendola scattare con un gesto deciso.
L’anello
al suo interno luccicò sotto la luce artificiale dei
Tre Manici di Scopa.
-
Sophie, vuoi rendermi l’uomo più felice del mondo
e
accettare di diventare mia moglie una volta che ti sarai diplomata?
–
Sophie
si coprì la bocca con la mano, trattenendo
l’esclamazione
sorpresa che stava per sgorgarle dalla gola.
Fece
il giro del tavolo, gettando le braccia attorno al collo
di Tobias.
-
Certo. Certo che lo voglio! –
*
Adhara
assottigliò lo sguardo, incredula davanti allo
spettacolo a cui stava assistendo.
Quella
che passeggiava per le vie di Hogsmeade con Renford non
era di certo Minerva.
Strinse
leggermente la mano di Alphard, accennando alla strana
coppia poco distante.
-
Sono in preda alle allucinazioni oppure quelli sono Renford
e Katherine? –
Seguendo
il suo sguardo, annuì con altrettanto stupore.
-
So che Renford ha parlato con lei prima dell’uscita, ma non
ho la minima idea di cosa abbiano combinato. –
-
Bene, allora andiamo -, asserì puntando risolutamente verso
quei due, - voglio vederci chiaro. –
Rassegnato
ad assecondarla, Alphard si ritrovò a seguirla
verso i suoi compagni di Casa.
La
prima ad accorgersi della loro avanzata fu Katherine, che
diede leggermente di gomito a Renford.
-
Lestrange, cosa diavolo stai facendo? –
Atteggiò
il bel volto nella solita espressione sprezzante e
palesemente beffarda che aveva sfoggiato per i sei anni precedenti.
Non
sembrava più nemmeno il Renford di quegli ultimi sei mesi.
-
Che domanda difficile … forse sto passeggiando? –
-
Non trattarmi con sufficienza -, lo rimbeccò, - hai capito
benissimo a cosa mi sto riferendo. Dov’è Minerva e
perché non sei con lei? –
-
Io e Minerva ci siamo lasciati. Credo che sia rimasta al castello
… è finito l’interrogatorio? –
Interdetta,
Adhara sentì tutto il suo corpo tendersi nello
smodato desiderio di assestargli una cinquina.
Perciò
fu quello che fece.
Caricò
il braccio e sentì distintamente ognuna delle cinque
dita stamparsi su quel volto fin troppo perfetto.
Vide
lo stupore balenare per un attimo nelle iridi color
cobalto, sostituito da un’ombrosità cupa e
vagamente inquietante che di rado si
era manifestata in pubblico.
-
Sfogata abbastanza? Black, porta via la tua ragazza prima
che faccia qualcosa di cui finirebbe con il pentirsi. –
Alphard
e Renford rimasero a fissarsi per qualche secondo,
finchè il rampollo dei Black annuì leggermente.
Afferrò
Adhara per una mano e la trascinò via con sé.
Rimasti
soli, le rivolse un’occhiata piccata.
-
Che accidenti ti è passato per la testa? –
-
A me? Casomai a lui. Lascia Minerva e un paio d’ore dopo si
fa vedere a passeggiare con la Nott? –
-
Renford è strano in questi giorni …
più strano di quanto
siano notoriamente i Lestrange -, precisò, - e non mi piace
affatto lo sguardo
che aveva. Cerca di girargli alla larga fino alla fine
dell’anno scolastico. –
-
Io non ho mica paura di … -
-
Non sto dicendo che tu abbia paura. Solo … fammi stare
tranquillo e dammi retta, d’accordo? Fallo per me. –
Davanti
allo sguardo profondo e insistente del fidanzato,
Adhara si ritrovò ad annuire.
Non
le piaceva come stavano evolvendo le cose ma se ne sarebbe
tenuta alla larga.
Non
per sua volontà, ma perché era stato Alphard a
chiederle
di farlo.
*
-
Sei stato spaventosamente odioso – osservò
Katherine,
riprendendo a camminare lungo il sentiero in ciottolato.
Renford
scrollò le spalle.
-
Tutta la situazione è odiosa quindi perché dovrei
sforzarmi
di comportarmi bene? Mio padre provvede ampiamente a rendere vani i
miei
sforzi; è tutto inutile e non vale la fatica. –
-
Insiste ancora con la storia del matrimonio con la Carrow? –
Annuì
distrattamente.
-
Condoglianze. Non augurerei quella piattola nemmeno al
peggiore dei miei nemici. –
Continuarono
a camminare fianco a fianco fino alla Testa di
porco, dove Tom e il resto del gruppo li aspettavano.
Erano
quasi arrivati all’ingresso quando le venne l’idea.
Era
una di quelle idee con la I maiuscola che avrebbe risolto
ogni loro problema.
-
Ho trovato. –
-
Cosa? –
-
Ho trovato il modo che impedirà a te di sposare la Carrow e
a me di finire con il diventare la mogliettina di Wilkes. –
-
Ti sto ascoltando. –
-
Dobbiamo essere noi due a sposarci – decretò,
soddisfatta
dalla semplicità del suo piano.
Renford
abbozzò un sorriso a metà tra il divertito e
l’incredulo.
-
Ti dispiacerebbe ripetere? –
Katherine
roteò gli occhi, sbuffando.
-
Non guardarmi come se fossi pazza, Ren. Ci conosciamo
praticamente da sempre; le nostre famiglie sono amiche da una vita, tua
madre
mi adora e lo stesso vale per mio padre nei tuoi confronti …
convincerli non
sarà difficile. A me non importerebbe se tu continuassi a
pensare a Minerva perché
non sono innamorata di te e tu non mi obbligheresti a stare a casa a
sfornare
marmocchi come una brava mogliettina Purosangue. Non dovresti fingere
di
provare amore per me e io non sarei sottomessa a un marito padrone.
Sarebbe una
vittoria per entrambi. –
-
E in più ci togliamo dai piedi Wilkes e Heidi -,
considerò
lui, - mi sembra un piano ragionevole. –
-
È più che ragionevole, è perfetto.
–
Annuì.
In
fin dei conti un matrimonio con Kat sarebbe stato il minore
dei mali.
Nessuna
aspettativa, nessun sentimento da ferire.
Solo
due amici che casualmente si erano ritrovati marito e
moglie.
Tutto
così tremendamente semplice.
-
Scriverò a mio padre appena saremo rientrati al castello.
Formalizzerà la proposta il prima possibile. –
-
Bene. Sarà l’inizio di una proficua non
relazione. –
*
21
Marzo
1945
La
notizia dell’accordo matrimoniale tra Renford e Katherine
aveva fatto rapidamente il giro della scuola.
Sembrava
che il loro matrimonio si sarebbe tenuto di lì a
qualche anno. Giusto il tempo di dare alla giovane coppia il tempo di
finire i
corsi di perfezionamento e trovare un lavoro di loro gradimento.
-
Smettetela di spettegolare – sbottò Kara,
folgorando con un’occhiataccia
un paio di loro coetanee Serpeverde che discutevano su quale sarebbe
stato l’abito
che Katherine avrebbe indossato alla festa di fidanzamento prevista per
Luglio.
Minerva
era seduta accanto a lei con una certa rigidità.
Sapeva
che quel matrimonio era null’altro che un’abile
strategia per massimizzare la libertà di cui entrambi i
ragazzi avrebbero
goduto in futuro, ma non poteva fare a meno di pensare a come sarebbero
state
le cose se quella proposta di matrimonio avesse riguardato lei e Ren.
-
Stai bene, Minnie? –
Annuì
rigidamente, tornando ad affondare il volto nel cumulo
di libri davanti a lei.
-
Riprendiamo a studiare, manca poco agli esami di fine anno. –
Kara
fece per obiettare, ma richiuse la bocca senza proferire
parola.
Era
il modo di Minerva di allontanare i pensieri e doveva
accettarlo.
Anche
se personalmente avrebbe scelto un’altra strategia
invece dello studio. Magari un sano volo e qualche colpo di mazza a
Bolidi che
sfrecciavano impazziti in giro per il campo da Quidditch.
Un
tossicchiare lieve attirò la loro attenzione.
Fleamont
si chinò a scoccarle un bacio sulla fronte,
scompigliandole affettuosamente i capelli.
-
Tra mezz’ora cominciano gli allenamenti. Minnie, vieni a
vederci? Alla squadra mancano i tuoi preziosi suggerimenti. –
-
Dovrei proprio studiare … -
Il
Grifondoro le chiuse il libro davanti, afferrando tra le
braccia muscolose l’intera pila di libri.
-
Basta con lo studio per oggi. Vieni al campo con noi, ne hai
bisogno. –
Sorridendo
leggermente, rinfrancata dall’affetto dei suoi
amici, Minerva cedette e li seguì verso il campo.
Dove
sarebbe andata senza quei due sempre pronti a sostenerla?
Doveva
ricambiare come poteva e supervisionare gli allenamenti
alla vigilia della penultima partita di campionato sembrava un buon
modo per
sdebitarsi.
*
1
Aprile
1945
Il
coprifuoco era appena scattato quando una decina di sagome
interamente vestite di nero, con il cappuccio del mantello saldamente
calato
sul volto, uscirono dal castello e si diressero a passo spedito verso i
confini
della Foresta Proibita.
Guidava
la fila una figura alta e sottile, seguita a pochi
passi da una leggermente più bassa e più esile.
Una
voce sottile e femminile ruppe il silenzio.
-
La Foresta Proibita? Ma lì dentro ci sono creature di ogni
tipo, si dice che ci siano persino lupi mannari. –
-
Puoi sempre tornartene al castello se hai paura, Carrow – fu
la replica piccata dell’altra ragazza del gruppo.
-
Non sto dicendo questo, Nott. Dico solo che c’erano altri
posti in cui riunirsi. –
-
Non altrettanto nascosti. Qui nessuno verrà a disturbarci
–
le mise a tacere Renford, affiancandosi a Tom poco dopo il limitare
della
Foresta, - La radura di cui ti parlavo è a qualche metro a
ovest di qui. –
Tom
annuì, facendogli cenno di precederlo. –
Mostramela. –
Raggiunsero
la radura in un paio di minuti, sistemandosi a
cerchio intorno a Tom, in attesa che prendesse la parola e chiarisse
gli ultimi
dettagli della sua idea.
-
Tutti voi sapete perché ci troviamo qui e vi siete detti
d’accordo
con le mie idee. Avete tutti dimostrato di essere versati nelle Arti
Oscure e
nelle arti magiche più in generale, perciò avete
attirato la mia attenzione.
Ora la domanda è: siete pronti per quello che
accadrà una volta diplomati? –
Katherine
annuì risolutamente.
-
Lo siamo, Tom. Adesso arriva al dunque. –
-
Ho studiato un simbolo che ci permetta di identificarci e
tenerci in contatto, migliorando l’incantesimo di
convocazione che avevo
adoperato per il Club dei duellanti. Si tratta di questo –
concluse, mostrando
loro un rotolo di pergamena.
Il
disegno che vi era impresso era un teschio dalla cui bocca
fuoriusciva un serpente.
Era
insieme tenebroso e affascinante, bello e letale.
Rappresentava
in pieno Tom Riddle e, di certo, anche i suoi
seguaci.
-
Come ci chiameremo? Strafighi in nero dal 1945? –
domandò Abraxas,
ironizzando con una delle sue solite battute.
Le
risate riecheggiarono nella radura, tacitate dall’espressione
seria di Tom.
-
No, Abe. Sarete i Mangiamorte. –
Uno
alla volta assaporarono sulla lingua il sapore di quella
parola.
Forte,
decisa, intimidatoria, spregiudicata.
-
Mi piace – stabilì il biondo.
Il
resto del gruppo mormorò il suo assenso e il sorriso di Tom
si fece più marcato.
Tutto
stava andando esattamente come aveva preventivato.
-
Chi vuole essere il primo a essere marchiato? –
Fu
Katherine a muoversi per prima, porgendogli il braccio
sinistro.
La
bacchetta di Tom s’infranse contro la pelle chiara e
delicata dell’avambraccio della ragazza.
Il
dolore fu sordo e accecante, spingendola a mordersi le
labbra per impedire al più piccolo lamento di fuoriuscire.
Durò
una manciata di minuti, poi finì lasciandole la pelle
arrossata e dolorante.
Il
marchio brillava sinistramente sulla pelle chiara, tra le
gocce di sangue della marchiatura, sotto la luna piena che svettava nel
cielo
primaverile.
Era
la cosa più bella che avesse mai visto.
*
15
Maggio
1945
-
Abbiamo vinto la Coppa! Abbiamo vinto la Coppa! –
Fleamont
e Kara saltellavano in giro per la Sala Comune da più
di due ore ormai, evidentemente su di giri.
La
maggior parte dei loro compagni era crollata dopo i
festeggiamenti ufficiali, ritirandosi nelle rispettive stanze, ma loro
sembravano avere ancora energie da vendere.
Mayra
li osservò ridendo, seduta accanto a Ethan e Tobias che
cercavano di darle una mano in vista dei G.U.F.O.
Agli
esami mancavano pochi giorni e lei era indietro più che
mai con il programma.
-
Ragazzi, avete intenzione di saltellare ancora per molto? –
chiese Minerva, ritrovandosi suo malgrado a sorridere.
Anche
lei era euforica per la vittoria, specialmente perché la
partita finale era stata contro Serpeverde ed erano riusciti a vincere
per una
manciata di punti in più.
Rivedere
Renford era stata una fitta al cuore come sempre, ma
il Quidditch era stato un deterrente più efficace che mai.
Avevano
vinto, erano loro i campioni della scuola per quell’anno,
e nient’altro poteva andare storto quando mancavano solo due
settimane alla
fine della scuola.
-
Che piani hai per l’estate, Minnie? –
-
Non saprei. Immagino che farò quello che faccio tutte le
estati, starmene a casa con i miei genitori e i miei fratelli.
–
-
L’anno prossimo Malcolm inizierà Hogwarts, vero?
–
-
Già. Spera di finire a Grifondoro ed è
terrorizzato dall’idea
di poter capitare a Serpeverde. –
-
Più che comprensibile, anche io al suo posto non vorrei
–
convenne Ethan, soffocando uno sbadiglio mentre si sgranchiva e
lasciava
perdere gli appunti di Mayra, - Mi arrendo, May, sono troppo stanco per
continuare a spiegarti questa roba. Riprendiamo domani mattina.
–
Annuì,
mettendoli via.
-
Credo che ti seguirò, anche io sono stanca morta. Voi due,
salterini pazzi, avete intenzione di dormire oppure volete andare
avanti per
tutta la notte? –
Sovrastando
la voce di Fleamont che intonava un canto da
stadio dietro l’altro, Kara replicò: - Aspetto che
il pazzo si calmi e ti
raggiungo in dormitorio, Minnie. –
Minerva
annuì, richiudendosi dietro la porta che conduceva al
dormitorio femminile.
L’anno
successivo, quando Fleamont, Tobias ed Ethan non ci
sarebbero stati, le cose sarebbero diventate malinconiche e sotto tono
nella
torre di Grifondoro.
Del
resto l’anno scolastico non era ancora finito e lei
già
sentiva la mancanza di quel trio scatenato.
*
12
Giugno
1945
Seduta
al tavolo dei Tassorosso, Drusilla osservava gli
studenti dei vari anni scambiarsi saluti e abbracci in vista
dell’imminente
ripartenza verso casa.
Al
tavolo degli insegnanti persino i professori sembravano
dividersi tra l’essere contenti di aver finito un altro anno
scolastico e la
nostalgia di avere tutti lì.
Fu
allora che notò la mancanza di una figura che spiccava su
tutte più di ogni altra.
-
Silente non c’è – osservò,
voltandosi verso Alya e Laura.
Entrambe
le ragazze seguirono il suo sguardo, incredule.
Silente
era sempre puntuale, possibile che mancasse proprio l’ultimo
giorno di scuola? Lui che era da sempre uno degli insegnanti
più affezionati
alla scolaresca?
Fu
Devon a chiarire ogni loro dubbio, afferrando una delle
copie della Gazzetta del Profeta che i gufi avevano consegnato al loro
tavolo.
-
Guardate qui. Silente ha sconfitto Grindelwald. –
Laura
afferrò la copia del giornale, leggendo l’articolo
con
aria febbrile.
Durante
la notte Silente era volato in Italia, affrontando l’amico
di un tempo nel suggestivo scenario del Colosseo.
Lo
scontro era stato a dir poco epico, aveva sostenuto chi vi
aveva assistito, e si era risolto con la cattura di Grindelwald e la
sua
incarcerazione a Numergard.
Sentì
un sorriso dipingersi sul volto.
Finalmente
giustizia era stata fatta.
L’anno
scolastico si concludeva nel migliore dei modi, non
avrebbe mai potuto chiedere nulla di meglio.
Spazio
autrice:
Salve!
Siamo
giunti
all’ultimo capitolo della storia … domani dovrei
pubblicare l’Epilogo e allo
stesso tempo una nuova storia che sarà il sequel di questa
inoltre mediterò
sulla stesura di una raccolta di OS con protagoniste le coppie della
storia. A
presto con l’Epilogo e il sequel in cui incontrerete i figli
dei nostri
beniamini.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary