Stephen
King & Drusilla Selwyn in King
1955
Controllò
per l’ennesima volta l’esito degli esami,
incredula.
Era
una Medimaga quindi sapeva bene che quel tipo di test non
sbagliava mai.
Eppure
non riusciva a capacitarsene.
Erano
stati attenti, molto attenti, perché la loro carriera
non era ancora abbastanza avviata per pensare a fare un figlio.
E
invece eccolo lì.
Era
incinta.
Si
passò una mano sul volto, sospirando.
Non
restava altro che dirlo a Stephen ed escogitare insieme un
modo per riuscire a far quadrare i conti.
Recuperò
le sue cose, salutando le colleghe del turno
pomeridiano, e uscì di corsa dal San Mungo.
Dieci
minuti, e una piccola Smaterializzazione, dopo era nel
cortile di casa loro.
Entrando
in casa si accorse che Stephen era già lì.
Era
sdraiato sul divano con gli occhi chiusi, ma a giudicare
dal modo in cui respirava non era ancora addormentato.
Gli
si avvicinò, posandogli una mano sul braccio muscoloso, e
lo scosse leggermente.
Le
iridi color ghiaccio si spalancarono e un sorriso sghembo
si dipinse sul volto di quello che sei mesi prima era diventato suo
marito.
Fece
per cingerle i fianchi e attirarla sul divano insieme a
lui, ma Drusilla oppose resistenza.
Se
si fosse lasciata andare avrebbero finito con il
distogliersi fin troppo dal discorso che voleva affrontare.
Percependo
che c’era qualcosa che la preoccupava, Stephen si
mise a sedere con un rapido e agile colpo di reni.
-
Che succede? –
-
Oggi ho scoperto una cosa … una cosa che è
importante che tu
sappia. –
-
C’entra il lavoro? Ti ho già detto che non devi
fare tutti
quei turni se ti stressa troppo, non peserà poi
così tanto sul bilancio
mensile. –
Scosse
il capo.
-
Tu stai bene? –
-
Sì o almeno credo … -
-
Dru -, insistè preoccupato, - vuoi dirmi di cosa si tratta
prima che cominci a farmi venire in mente una serie di risposte una
più
preoccupante dell’altra? –
Prese
un respiro profondo, afferrandogli una mano e
intrecciando le dita alle sue.
-
Aspetto. –
-
Aspetti? – le fece eco, perplesso.
-
Sì, Stephen, aspetto. –
-
Cosa aspetti? –
-
Aspetto un bambino. –
Con
la fronte corrucciata, sembrava proprio che Stephen non
capisse.
-
Aspetti un bambino? Che bambino … viene Alex con il piccolo
Lucius? –
Si
battè la mano sulla fronte, esasperata.
Non
sapeva se ridere o mettersi a urlare.
Era
impossibile che Stephen non afferrasse il senso del
discorso.
-
No, Stephen, non aspettiamo tua sorella e nostro nipote.
Sono io che aspetto un bambino … il nostro
bambino – chiarì.
Vide
la consapevolezza farsi lentamente largo sul suo volto.
-
Sei incinta? –
-
Già. –
Stephen
l’afferrò per i fianchi, attirandola a
sé e baciandola
con trasporto.
-
Ma è fantastico! –
-
Sì, lo è … ma come faremo ad arrivare
a fine mese? –
Scrollò
le spalle. – E chi se ne frega … speriamo solo che
sia
un maschio, dovrò insegnargli a giocare a Quidditch e a
tirare un pugno e … -
Drusilla
alzò gli occhi al cielo.
Sembrava
di averlo già un bambino euforico in giro per casa.
-
Perché non aspetti altri sette mesi prima di lasciarti
prendere la mano? –
Rise,
baciandole la fronte, - Anche questa potrebbe essere una
buona idea. –
Nicholas
King – Nato nel 1956, Grifondoro
Rebekah
King – Nata nel 1957, Corvonero
1960
Drusilla
vide Amelia e Rebekah correre dentro casa a
perdifiato, ridacchiando tra di loro, stringendo tra le mani la scopa
di
Nicholas.
-
Cosa state combinando, signorine? –
Amelia
arrossì leggermente, cercando di nascondere il manico
della scopa con il suo corpo, mentre Rebekah si limitò a
rivolgerle il suo
solito sorriso da diavoletto travestito d’angelo.
-
La facciamo pagare a Nick. Si è preso tutti i biscotti al
cioccolato e li ha nascosti. –
Annuì,
sorseggiando il suo the caldo.
La
questione era decisamente seria, per il cioccolato tutto
era concesso.
-
D’accordo, allora io non vi ho viste …
nascondetela nello
stanzino al secondo piano, lo sapete che Nick lì non entra.
–
Ricompensandola
con due sorrisoni, le bambine sgattaiolarono
al piano superiore e fecero quelle che aveva loro consegnato.
Erano
appena scomparse dalla sua vista quando Nick entrò in
casa a passo di carica.
-
Le scarpe, mi sporchi il tappeto – lo bloccò
all’istante.
Calciando
via gli stivali sporchi di fango con stizza,
Nicholas fece vagare lo sguardo attorno a sé.
-
Dove sono? –
-
Dove sono chi? –
-
Beks e Lia. Hanno preso la mia scopa … appena le trovo le
uccido. –
-
Non di certo dentro casa mia, signorino. Gli elfi hanno
appena finito di pulire il pavimento e mi seccherebbe fargli pulire di
nuovo il
marmo. –
Sbuffando
e borbottando contro le ingiustizie che era
costretto a sopportare in quella casa a opera delle femmine,
Nicholas continuò la sua ricerca finchè non
trovò un
foglio di pergamena sulla sua scrivania.
Era
scritta in modo incerto e con qualche errore grammaticale
qui e lì, ma il senso era chiaro.
-
Cosa significa che se rivoglio la mia scopa dovrò darvi un
chilo di biscotti al cioccolato? Io non ce l’ho nemmeno un
chilo di biscotti –
esclamò.
La
voce di Rebekah giunse da dietro la porta della sua stanza,
dove si erano barricate.
-
E allora valli a comprare invece di lamentarti! –
Volse
le iridi nocciola verso la madre, fissandola
supplichevole. – Mamma … -
-
Te li faccio comprare da tuo padre -, lo rassicurò, -
così
magari ne prende un po’ anche a me. –
Alzando
gli occhi al cielo, Nicholas marciò nuovamente fuori
per tornare da Benjamin che aveva assistito alla scena con un sorriso
divertito
sul volto.
Maledette
femmine.
1964
-
C’è Jon, c’è Jon! –
Rebekah
prese a saltellare da una parte all’altra del salone,
per poi soffermarsi davanti allo specchio e sistemare le lunghe onde
bionde.
Rassettò
il vestitino rosa, voltandosi verso il fratello e i
suoi amici con un sorrisone.
-
Come sto, sono carina? –
-
Sì, più o meno quanto un rospo –
replicò Nick, vedendosi
affibbiare per tutta risposta un pestone sul piede.
-
Cafone. Ed, Benji … voi che dite? –
-
Stai bene – la rassicurò Edgar.
-
Già, sei molto carina – rincarò la dose
Benjamin,
arrossendo.
-
Alcuni trovano anche i rospi carini … -
-
Nick, vuoi che te ne dia un altro? –
-
Provaci e ti raso i capelli a zero mentre dormi – la
minacciò
di rimando, sorridendo soddisfatto quando la vide sbiancare.
Il
loro scambio di battute venne interrotto dalla porta che si
apriva a mostrare Stephen, Devon e Jonathan di ritorno dal loro turno
come
Auror.
Rebekah
sbattè le ciglia sulle iridi verde giada, sorridendo
vezzosamente mentre cinguettava: - Ciao, Jon. –
L’uomo
le sorrise di rimando, accarezzandole una guancia
rosea.
-
Ciao piccola. Hai un vestito nuovo? Ti sta molto bene. –
Annuì,
ringraziandolo sottovoce mentre il volto arrossiva
furiosamente.
Nick
le fece il verso, guadagnandosi un’occhiata che
preannunciava una morte lenta e dolorosa.
Con
una risata, Jonathan si fece strada nel salone
accomodandosi accanto ad Alya.
Fece
passare il braccio attorno alle spalle della donna,
sorridendole accattivante.
-
Allora, bruna bellezza, come vanno le cose? –
Alya
sorrise di rimando.
-
Non c’è male, le cose al dipartimento Auror?
–
-
Una faticaccia come al solito, ma è il lavoro più
bello che ci
sia. –
Drusilla
e Laura si scambiarono un’occhiata d’intesa.
Erano
passati solo due giorni da quando Laura aveva raccontato
quella storia della “sventola” e dello
“sventolo” che Amelia le aveva confidato
nella sua giovane innocenza e da allora lei e Drusilla erano impegnate
più che
mai nel tentativo di sistemare l’amica con
l’avvenente Auror.
-
Noi andiamo a finire di preparare la cena. Bambini, a
lavarvi le mani – annunciò Drusilla, mentre Laura
la seguiva.
-
Vengo anche io a darvi una mano … -
-
Non serve, rimanete pure a chiacchierare – la
fermò prima
ancora che Alya avesse modo di alzarsi dal divano.
Jonathan
dovette capire il loro gioco perché sorrise con
l’aria
di chi la sapeva lunga e riprese la conversazione.
-
Già, rimani a farmi compagnia … anche
perché volevo parlarti
di una questione su cui forse puoi darmi la tua opinione. –
Perplessa,
non le rimase che rimanere seduta sul divano e
ascoltare ciò che Jonathan aveva da dirle.
In
cucina Drusilla e Laura cercavano di origliare la
conversazione con scarso successo.
Erano
con le orecchie poggiate contro il muro quando Stephen e
Devon fecero il loro ingresso.
Dalle
loro facce era chiaro che si stessero domandando cosa ci
fosse che non andava nelle loro mogli.
-
Ho quasi paura di chiedere cosa state combinando. –
-
Non siamo matte, Stephen. Vogliamo solo sentire cosa si
dicono Alya e Jonathan. –
-
Sul fatto che non siate matte ho i miei seri dubbi … quanto
al resto abbiamo appena sentito Jonathan chiedere ad Alya di uscire a
cena
domani sera. –
-
E lei ha accettato – concluse Devon.
Drusilla
e Laura si scambiarono un cinque vittorioso.
E
anche quella era andata.
1971
Erano
tutti seduti a tavola per la cena dell’ultimo
dell’anno.
C’erano
Laura e Devon, con Edgar, Amelia e Benjamin; la zia
Mayra con il suo fidanzato e lo zio Edward, ancora scapolo, e i nonni
sia
paterni che materni.
Il
tacchino era stato tagliato, le patate dolci e le verdure
stufate già disposte al centro del tavolo e il dolce che
finiva di cuocersi nel
forno.
Tutto
era assolutamente perfetto … o almeno così
pensava
Nicholas.
Ma
si sa, c’è sempre la quiete prima della tempesta.
E
lui stava per impararlo molto presto.
A
casa King era tradizione leggere un buon proposito da
perseguire per l’anno successivo prima che venisse servita la
cena.
E
quello era il momento che più di ogni altro lo imbarazzava.
-
Tocca a te, Nick – lo invitò gentilmente sua madre.
-
Devo proprio? –
-
Andiamo, non è poi una cosa imbarazzante. –
-
Non lo è se il proposito è puro e casto -,
intervenne
Rebekah sorridendo come doveva aver sorriso il serpente dopo che Eva
aveva
afferrato il frutto proibito, - ma questo non è il caso del
proposito di Nick
secondo me. –
Gli
uomini ridacchiarono mentre le donne lo guardavano con
tanto d’occhi.
Aveva
quindici anni, insomma, era del tutto naturale che
avesse certi desideri un po’ … fisici.
Non
aiutava di certo il fatto che Edgar stesse ridendo come
una iena, confermando implicitamente l’affermazione di
Rebekah.
-
Allora, ho ragione quando dico che il tuo proposito comporta
te e Hydra in atteggiamenti non proprio casti? –
rimarcò la sorella.
-
Rebekah! – esclamò Drusilla.
-
Mamma, non sono mica io quella che si vuole rotolare sotto
le lenzuola con qualcuno … è di Nick che dovresti
essere indignata. –
-
Lo spero bene – bofonchiò Stephen.
Nicholas
avrebbe voluto scomparire dalla faccia della terra e
non essere ritrovato neppure da cadavere.
Quella
era ufficialmente la cena dell’ultimo dell’anno
più
imbarazzante della storia dell’umanità.
-
Ho appena cambiato il mio proposito per l’anno nuovo -, la
informò, - adesso è ucciderti. –
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci
qui con l’OS dedicata alla Druphen. Come sempre invito chi
non l’ha già fatto a
esprimere la propria preferenza per la prossima coppia tra:
-
Abraxas/Alexandra;
-
Toby/Sophie.
Prima
di
lasciarvi, informo chi fosse interessato che al seguente link potrete
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prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,