L’Erede del Male.
“Il vero
coraggio, tu credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano.
Aver coraggio
significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare,
e cominciare
egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda.
È raro vincere,
in questi casi, ma qualche volta succede.*”.
[Harper Lee – Il buio
oltre la siepe]
Atto XI, Parte II
– Il Non-Morto
Kate non era sorpresa. Era assai improbabile che Sisifo avesse
intenzione di spostare troppo i suoi tre prescelti, a prescindere dal luogo in
cui fossero. Non aveva sentito nulla mentre le creature la portavano via,
trascinandola fra le ombre come se fosse stata una di loro, ma ritrovarsi
all’ingresso del Quartier Generale fu quasi banale,
dal suo punto di vista. Era molto probabile che Tiresias
avesse trovato il modo di mettere le mani sull’Organizzazione, addirittura
avrebbe potuto essere responsabile della sua fondazione, essendo abbastanza vecchio1.
Accanto a lei, una bestia dal pelo nero come la notte ringhiò
nella sua direzione, quasi a volerle intimare di continuare a procedere, di
andare avanti ed incontrare il suo destino. Non che lei avesse intenzione di
esitare, non quando la pena di Draco Malfoy era come un pugnale piantato nel
suo petto da oltre un’ora. L’istinto le urlava di correre, di raggiungerlo ed
assicurarsi che fosse al sicuro, che stesse bene, ma lei non era solo guidata dalla sua biologia da Succubus, lei era una
Banshee ed una Banshee riconosceva una trappola quando si ritrovava ad
esserne la vittima. Dentro di lei era fin troppo consapevole che, con ottime
probabilità, non avrebbe trovato nulla di prevedibile ad attenderla.
Avrebbe dovuto elaborare un piano, giocare sull’incapacità di Tiresias di prevedere le sue mosse. Ma se lei riusciva già
a percepire l’immenso potere, ancora intrappolato, di Sisifo sprigionarsi dalla
Sala Centrale, era ben probabile che il Tramite – cosciente della sua vera
identità, ne era piuttosto sicura – l’avesse sentita arrivare a sua volta.
Esitare avrebbe solo fatto aumentare il numero di bestie inviate per
controllarla, rischiando di toglierle quel minimo margine d’azione che ancora
dava speranza ai tre intrappolati di sopravvivere.
Porta
onore al tuo sangue, si ripeté, cercando di isolare la stessa voce
che aveva già sentito nel Magazzino e che le aveva consentito di realizzare
quanto terribile fosse la loro
condizione. Non sapeva a chi appartenesse, ma aveva delle idee sufficientemente
plausibili da farla sentire meno sola. Chiunque fosse la stava osservando, la
stava accompagnando. Non era sola e
non poteva permettersi di farsi prendere dal panico, non in quel momento, non
in quel modo. Allora, raddrizzando le spalle e decidendo di ignorare totalmente
le bestie intorno a lei – oltre alla prima versione onirica e quasi immateriale
di un licantropo in piena trasformazione, se ne erano aggiunti tanti altri, dalle forme più disparate
ma tutti in qualche modo protagonisti delle più grandi paure degli uomini, come
ogni Terrore Notturno degno di quel nome –, si avviò su per le scale
d’ingresso, senza incontrare anima viva.
Da qualche parte, nei sotterranei, c’era ancora qualcuno
intento a combattere, c’erano anime vive
che stentavano ad andare avanti e che lei non poteva aiutare. Non c’erano
rimedi, non c’erano cure, avrebbero solo dovuto resistere e sperare in un
miracolo.
Ecco come sono morti gli ex Mangiamorte. Li hanno usati per richiamare le bestie. 2
Il portone in mogano e cemento che per secoli, grazie alle
rune protettive scavate dai più grandi maghi e streghe del tempo e
periodicamente aggiornate, aveva protetto l’ingresso al Quartier Generale era
spalancato, lasciandole subito intravedere il lungo corridoio, solitamente
affollato da agenti e reclute e perennemente illuminato, totalmente deserto ed
immerso nell’oscurità. C’erano occhi che la osservavano, mani ed artigli pronti
ad afferrarla, ma niente e nessuno si fece avanti, niente la disturbò nel suo
veloce incedere. Era piuttosto certa che quella fosse una semplice parata della
vittoria per Sisifo e Tiresias, un’esibizione del
potere che aveva portato lei, figlia dei
suoi nemici, a camminare da sola in mezzo ai loro seguaci, diretta al
patibolo.
Sarebbe
morta con l’orgoglio di una regina: guardando negli occhi il suo boia e senza
piangere.
La Sala Centrale era stata sede della firma di innumerevoli
Trattati di pace, ma anche Tribunale per i più grandi maghi oscuri degli ultimi
settecento anni. In uno scranno era ricordato il Gran Processo riservato a
Grindelwald, in un altro erano trascritti i nomi dei giudici che avevano
gestito il Tribunale di Hogwarts dopo la fine dell’ultima guerra. Al centro,
fin dalla costruzione del castello, c’era stata una enorme fontana d’oro
zecchino che quasi tutti i Ministeri degli Stati membri della Confederazione
avevano emulato con maggiore o minore fedeltà. In Inghilterra avevano preferito
complicare le relazioni con Maridi, Goblin e
Centauri, in Canada, invece, si erano avvicinati molto di più al trionfo di
creature abbracciate in un gesto di fratellanza che i Fondatori dell’Ordine
avevano commissionato per il Quartier Generale.
In quel momento, la fontana non esisteva più.
Tutto il corpo centrale, che aveva incantato Kate fin dal
primo sguardo, era stato sciolto e plasmato fino a ricreare due troni – di cui
uno nettamente più maestoso, giusto per evidenziare quanto paritaria dovesse essere quella loro relazione – e quella che aveva
tutta l’aria d’essere un’enorme vasca dorata, al cui interno Kate sapeva che
avrebbe trovato il sangue di tutti i Mangiamorte sacrificati settimane prima.
La fonte
dei Terrori.
I terrori
che avevano aiutato l’attentato di Diagon Alley, che
avevano aiutato Jack lo Squartatore, Hitler e tutte le altre incarnazioni di
Sisifo.
Tiresias aveva sempre saputo come riportare indietro Sisifo,
ma aveva avuto bisogno di arrivare alle sue tre vittime sacrificali. Aveva
bisogno che Kate fosse pronta ad assistere senza poter far nulla. Aveva bisogno
che lei fosse disperata.
«Ciao signora» salutò una vocina nascosta poco dietro l’enorme
sagoma dorata, giusto un attimo prima che una bimba dai lunghi capelli neri
facesse la sua apparizione, coperta da un grazioso vestitino in pizzo bianco. «Tiresias ha detto che sei la mia nuova schiava» le
comunicò, tranquilla, come se fosse stata una cosa perfettamente normale, oltre
che scontata. Kate la riconobbe
immediatamente come la piccola Obscurus, nonché come Horcrux. La carica magica nascosta in
quel piccolo corpo era spaventosa,
eccessiva, comprimeva la sua piccola essenza vitale al limite del possibile.
Non sarebbe sopravvissuta molto, forse solo un’ultima
esplosione di potere prima del nulla.
E lei non
ne aveva idea?
«Tiresias avrebbe dovuto spiegarti
che la schiavitù è stata abolita da un po’ di tempo, quantomeno qui in
Svizzera» le fece notare, pacata, inginocchiandosi davanti a lei per poterla
guardare negli occhi. Erano neri, ma non semplicemente a causa della naturale
conformazione dell’iride. C’era così tanta oscurità dentro di lei, così tanto
orrore. La sua innocenza era stata strappata via prima ancora che potesse
assaporarla. «Sai dirmi dove sono? Prima di morire ho intenzione di provare a
vendicare la vita che avresti dovuto avere».
La bambina la fissò con tanto d’occhi, per nulla spaventata ma
estremamente curiosa. Allungò una mano per toccarle la guancia ma, come
scottata, arretrò quasi immediatamente di un paio di passi. «I tuoi occhi sono
bui e sei tanto fredda» constatò, il capo piegato per poterla osservare meglio.
«Non sei come tutti gli altri, ma non sei neppure come me. Perché dici che vuoi
vendicarmi?».
Kate avrebbe voluto prendere a pugni Tiresias,
ma sapeva che non ci sarebbe riuscita se anche l’avesse voluto. «Non mi aspetto
che tu possa capire, per quanto tu possa essere intelligente» le disse,
rialzandosi. «Ti hanno mandata qui nella speranza che io ti uccida, lo sai,
vero? Quella storia della schiava non regge molto, se neppure tu ne sei davvero
convinta».
La piccola sorrise, stringendosi nelle spalle. «Tiresias mi ha sempre detto che tu mi avresti uccisa, è
necessario, sai» le disse, sussurrando come se fosse stato un importantissimo
segreto. «Dice che poi Sisifo mi riporterà in vita senza… senza il dolore»
spiegò, portandosi una manina al piccolo petto, come a voler sottolineare la
propria sofferenza. Tutto quel potere doveva essere soffocante, bruciandola
dall’interno come una fiamma viva sempre accesa.
«Perché mai dovrebbe farlo?».
La bambina si strinse nelle spalle. «Non lo so, ma non mi
importa, Tiresias ha sempre mantenuto le sue promesse
ed io voglio smettere di soffrire» sbottò, improvvisamente nervosa, sbattendo
il piedino per terra. Per un istante la sua immagine sembrò tremolare, i suoi
contorni indefiniti. «Voglio morire! Adesso!».
Potresti
anche accontentare il piccolo mostro3.
«No, non adesso, non così» la liquidò velocemente Kate,
guardandola come avrebbe guardato le bestiole di Barry, se ne avesse avuto il
coraggio. La sua abilità nel controllare le passioni umane era inutile con lei:
troppo giovane per provare libido e troppo poco umana per essere davvero
manipolabile. Se fosse stata meno desiderosa di morire e Kate, di per sé, non
fosse stata già con un piede nella fossa, avrebbe potuto trovare in lei una
giusta avversaria. Ma non in quelle condizioni. «Tiresias! Vieni fuori e porta con te quella specie di sottosviluppato
ibrido immortale, ho voglia di guardarlo negli occhi e dirgli quanto mi fa schifo».
Non
esattamente un discorso da diplomatica, ma niente male.
La bambina, come un cagnolino da guardia stuzzicato, si fece
avanti a braccia larghe, quasi invitandola a scontrarsi con lei e con
l’inquietante velocità con cui il potere stava prendendo possesso del suo
corpicino, ma un rumore sordo dalle sue spalle la fermò in un istante,
spingendola ad allontanarsi con un sibilo ferito, quasi si fosse aspettata
d’esser colpita. Come se fosse stata addestrata a rispondere al suono con terrore. Come un animale.
E proprio dalle sue spalle, etereo come lei l’aveva sempre
immaginato, il Veggente fece il suo ingresso, vestito di una tunica fuori moda
da almeno tremila anni e con il capo ornato di foglie d’alloro dorato, come se
fosse stato una divinità. Il suo sguardo era serio, intenso, ma il resto del
suo viso era inespressivo. Sulla sua guancia destra svettava un livido violaceo
che nessun mortale avrebbe mai potuto causargli, poiché non ne avrebbe avuto il
tempo.
Non è mai
vero amore, se l’ossessione diventa parte dell’equazione.
«Mi direi dispiaciuta del trattamento che Sisifo ti sta
riservando, se tu non fossi ancora più psicopatico di lui e meritevole di un
trattamento anche peggiore» fu il modo in cui lo accolse, il naso arricciato in
una smorfia disgustata4. «Il tuo padrone ha deciso che in questi
millenni non sei stato abbastanza sottomesso? Oppure ha semplicemente deciso di
sfogarsi un po’ sul suo giocattolino preferito?».
Tiresias non si mostrò affatto
turbato dalle sue parole, limitandosi a sorridere con scherno. «Non mi aspetto
che tu possa capire il vero amore, Succubus. Voi bestiole conoscete solo la lussuria, pur
essendo figli di Eros» le disse, con tranquillità, accomodandosi delicatamente
sul trono più piccolo, come se ci fossero
dubbi su chi fosse il proprietario dell’altro. «Tu mi sorprendi, però. Ti
fai venire gli scrupoli di coscienza ad uccidere qualcuno già condannato, anche se il tuo sangue sta
ancora marcendo per aver preso la vita di Mulciber».
«Sapevi che l’avrei ucciso, allora. Credevo non potessi
prevedere le mie mosse».
Il Veggente sorrise, questa volta per nascondere
l’irritazione. «Quell’essere è sempre stato debole, nulla più di un parassita.
Tu sei una creatura di discendenza immortale e, con te, ci sarebbero stati tre
fra i maghi più abili attualmente in vita, non ci avreste messo molto ad
ucciderlo. Speravo, però, che tutti decideste di venire fuori, i miei Terrori
avevano fame».
Kate non riuscì ad impedirsi di stringere i denti. «Mi
dispiace averti deluso, ma noi Negromanti siamo parecchio familiari con le creature oscure. Prima che il tuo Padrone se ne impadronisse, loro
appartenevano a mio Padre. So come difendere me stessa da loro», il suo sorriso
si allargò, assumendo sfumature macabre. «E sono convinta che anche Barry ed
Hermione sapranno cavarsela. Non sono molto convinta di Harry, ma se gli
diranno cosa fare sono piuttosto certa che anche lui saprà rendersi utile»
aggiunse, stranamente allegra. «Ma tu questo lo sai, non è vero? Tu vuoi che vengano qui».
Tiresias ricambiò il suo sorriso,
accomodandosi meglio sul suo piccolo trono. «Il mio Amore desidera che il suo
trionfo sia pubblico. E forse spera di far assistere Maine alla tua dipartita,
non essendo disponibili i tuoi altri genitori.
Quanto alla donna, lei è la prossima in lista, dubito rivedrà mai il marito».
Qualcosa di oscuro ed amaro le risalì la gola, facendola quasi
sentire male. Avrebbe dato qualunque cosa per potersi far avanti e dare un
pugno a quel mostro che la fissava come se fosse stata una sciocca. Forse lo era, ma di certo lei non gli
aveva mai dato il permesso di considerarla tale. Era maleducazione pura e semplice e Kate odiava i maleducati. «Tu non puoi sapere per certo cosa succederà,
sei cieco dal momento stesso in cui
Sisifo ha riacquistato coscienza, non è vero?5 Tu non hai la minima
idea di cosa succederà e per questo hai
paura» sbottò, facendo un paio di passi avanti ma fermandosi prima di
toccare l’oro delle scale. Non aveva idea
di cosa stesse dicendo, non sapeva se
Tiresias fosse davvero preoccupato o cieco. Aveva
semplicemente aperto la bocca per dare fiato alla stizza, tirando fuori dei
sospetti che avrebbe fatto bene a mantenere tali, soprattutto considerando
quanto poco sapesse ancora dell’Evocato. Quello non era modo di preparare un
piano d’attacco e se per caso le sue supposizioni si fossero rivelate sbagliate
probabilmente avrebbe pagato cara la sua impertinenza.
Da brava
figlia del dio caduto in una trappola sciocca.
«Ah, non essere così dura con te stessa, il mio Tiresias è davvero terrorizzato» rise una voce fin troppo nota,
direttamente dalle sue spalle, un attimo prima che Winter Vane la affiancasse,
sorridendole come era solita fare nelle sue giornate buone, quando Winter era più forte di Elladora. Il suo
accento però non imitava quello strascicato del Sud degli Stati Uniti ma,
invece, ne era completamente privo. Sembrava che a parlare fosse stato un
automa. O peggio, una creatura esistita
prima di qualunque lingua moderna. «Ah, sì, lei amava quella falsa della
gentildonna del sud, non è vero? Io la trovo insopportabile, ma tutti voi
mortali lo siete, alla fine dei conti» riprese, facendole l’occhiolino quando,
fulminata dalla comprensione, Kate arretrò bruscamente di un paio di passi. Il
sorriso divenne una risata quando, dalla fretta, inciampò sui suoi stessi piedi
e cadde senza la minima grazia.
«Questo spiega tante cose» riuscì a tirare fuori,
fortunatamente senza fare troppe smorfie per il dolore alle ossa. A breve
avrebbe sofferto molto di più, avrebbe fatto bene a mantenere la dignità finché
le fosse stato possibile. «Ho sempre sentito qualcosa di sbagliato in lei e
l’ha sentito anche il Dottore» aggiunse, con una smorfia. «Mulciber
vi è servito per torturarla per benino, non è vero? Renderla più debole per il
tuo stupido Risveglio» sputò con disgusto, rialzandosi e mostrandosi molto più
grande di quanto in realtà non fosse. «Non hai alcun rispetto per la vita
umana?».
Sisifo-Winter rise, accomodandosi sul suo enorme trono. «Senti
chi parla! Stai esplodendo con il potere dell’anima del povero Silas e vieni a
fare la predica a me? Tuo padre è una
divinità della Morte, anche se tu sembri vergognarti di lui. Non che io possa
darti torto, anche io mi vergogno dell’idiota capace di mandare tutto al
diavolo per amore».
«Mio padre è stato pronto a sacrificare tutto per il suo compagno, io non potrei esserne più
fiera» sibilò lei, facendosi avanti ancora una volta. «Se non fosse stato per
l’amore di… di… di quel tuo schiavo, adesso
tu non saresti qui!».
«Se non fosse stato per l’amore di Tiresias
che Eros gli garantì, loro non si
sarebbero mai separati» le fece notare allora Sisifo, con una risata. «Non puoi
girarci intorno, Succubus, l’amore è stato la causa
di tutti i vostri problemi mentre a me ha portato solo grandezza. Adesso ho un
corpo molto più potente di quanto il mio non fosse mai stato e, una volta
riacquistate le mie piene capacità, potrò finalmente porre fine a tutto e diventare tutto! Non ci sarà nulla che io non avrò creato, nulla che non dipenderà da me». Si rialzò, spingendola involontariamente ad arretrare ancora
una volta. Era inquietante essere fissata in quel modo da un viso che fino a
poco prima aveva sempre considerato amico.
«Sarei diventato infallibile millenni fa, se alla fine i tuoi genitori non
fossero riusciti a fermarmi, ma ora loro non potranno più intervenire e
dovranno assistere inermi alla distruzione
della loro progenie».
La presunzione – o forse era l’idiozia? – la spinse a parlare
di nuovo. «Se avessi voluto e potuto
uccidermi, l’avresti già fatto» gli sibilò dietro, impassibile al suo sorriso
sornione. «Ho letto anche io il Necromicon, so che
non puoi toccarmi a meno che non sia io
a permettertelo e non c’è nulla che
mi spingerebbe a tanto! Neppure se dovessi costringermi a scegliere fra il
bambino di Ophelia e me stessa! Neppure se dovessi uccidere Draco!».
Sisifo rise, stranamente allegro, indicandole con un cenno
l’enorme vasca in cui il sangue raccolto veniva rimescolato. «Oh, io non voglio
ucciderti, siamo entrambi consapevoli che con questo corpo ancora fragile non
ne avrei modo. Ho detto solo che voglio distruggerti» specificò. «Ti prego
cara, avvicinati, sono certa che vorrai vedere. In effetti è curioso che tu
abbia nominato proprio Malfoy…».
Un inaspettato senso di terrore le strinse il petto,
impedendole di rispondergli con tutti i dolcissimi epiteti che fino a
quell’istante avevano occupato la sua mente. Era impossibile che fosse successo qualcosa a Draco, no? Lei l’avrebbe
sentito, l’avrebbe capito subito. Poteva aver sofferto molto, ma nulla più di
una leggerissima tortura, non… non poteva essergli successo qualcosa di peggio
senza che se ne rendesse conto. Sisifo stava bluffando, non c’erano altre spiegazioni. Fare gli ultimi passi
avanti ed osservare il disgustoso contenuto della vasca dorata fu tuttavia
difficile come se avesse dovuto combattere contro una forza irresistibile che
spingeva per tenerla il più lontana possibile.
«Una cosa curiosa, la condivisione della forza vitale. In
molti credono che le anime gemelle siano naturalmente portate a certi tipi di
legami, sviluppandoli anche volontariamente» iniziò a spiegare Sisifo,
affiancando Kate ed osservando a sua volta l’interno della vasca. Qualcosa si
mosse sotto la superficie nerastra, come avrebbe fatto uno squalo prima di
attaccare. «Condividere la forza vitale, però, spesso non significa condividere
la vita vera. Una persona in coma
sarebbe viva ma non più vitale. I Risvegliati tanto cari a noi seguaci della morte, invece,
sembrerebbero essere vitali anche se
non più vivi. È una differenza così sottile che, in un momento di dolore,
potrebbe quasi passare inosservata».
Da oltre il sottile velo del sangue, un corpo cominciò a
risalire, gli occhi coperti dalla patina biancastra della morte e la pelle
bluastra, fermandosi davanti al suo nuovo Padrone, lo stesso essere che l’aveva
trascinato in quel limbo di non-esistenza.
Kate sentì le ginocchia cedere nel momento stesso in cui il cadavere di Draco Malfoy spostò la sua
fragile attenzione su di lei, fissandola senza riconoscerla. Intorno a lei
sentì un verso strano, come di un animale in agonia, e, con orrore, quasi non
si rese conto di esserne lei la
fonte.
Se credeva di aver
vissuto un cuore spezzato, era stata solo una sciocca ed una ingenua. Cosa
poteva essere la fine di una cotta adolescenziale, se paragonata alla distruzione di un’anima predestinata, di
un legame che era stato voluto dall’universo?
Draco avrebbe dovuto amarla anche dopo la morte, ma la Morte non sarebbe mai
arrivata per lui, non se prima lei non avesse distrutto il mostro.
E lei non
poteva far nulla contro di lui.
Voleva distruggerla e c’era riuscito. Quella spavalderia che
l’aveva portata fin lì, che l’aveva convinta ad andare davvero da sola – doveva andare, doveva provare ad aiutare
Draco e Ophelia e Fred – era sparita, inghiottita dagli occhi vuoti
dell’amore che non avrebbe più avuto modo di vivere. L’amore che Sisifo le
aveva portato via.
«Dov’è la forza
dell’Amore, adesso?» rise Sisifo, per nulla toccato, osservando Malfoy
uscire dalla vasca e fermarsi fra lui e Kate, osservandoli entrambi senza
alcuna espressione in viso. «Adesso faremo in modo che il cadavere di Draco possa rendersi utile, che ne dici?
Credo proprio sia giunto il momento del sangue della tua amica, si? Ophelia Perderghast… Tiresias ha faticato
così tanto per impedirle di avere
altri figli, sai?6 Sarà un piacere toglierle quella creatura dal
grembo. Forse potrebbe non accorgersene neppure! Ma, oh, soffrirà così tanto!».
Quelle parole avrebbero dovuto irritarla, ne era consapevole,
ma Kate aveva perso qualsiasi contatto con la realtà, arrivata a quel punto.
Sentiva la voce di colei che era stata sua amica, vedeva Draco ancora fermo a pochi passi da lei, ma non c’era nulla in lei. Nulla, se non dolore, orrore, rabbia.
«Trina!».
Quando risollevò gli occhi dalle proprie mani – le unghie
erano penetrate a tal punto nella sua stessa pelle da ferirla, lasciando
gocciolare sangue scuro e denso, profumato come un mazzo di fiori appena raccolti7
- si rese conto che, approfittando della sua confusione, Draco dovesse aver
recuperato le altre due vittime, trascinando il corpo apparentemente senza
sensi di Fred e tirando per un braccio Ophelia, il cui viso era ancora
macchiato di lacrime ormai asciutte e stravolto dal dolore. Aveva urlato il suo
nome lasciando che l’angoscia pesasse su ogni singola lettera, resistendo alla
presa ferrea di qualcuno che non aveva più neppure una vita da perdere,
figurarsi una coscienza.
«Trina, mi dispiace»
continuò, imperterrita. «Ho provato, io… non ho potuto far nulla» esalò, quando Draco la fece cadere a terra senza troppe
cerimonie. L’orrore che emanava ogni suo movimento le avrebbe spezzato il
cuore, se già Sisifo non fosse riuscito a distruggerlo. «Mi dispiace».
Fu un cambiamento istantaneo quello che colpì Kate in quel
singolo istante. Non era una novità, Succubi ed Incubi erano creature che si
nutrivano di vita e la vita era emozione. Solitamente incanalavano la
lussuria, ma in generale propendevano per assorbire – e provare – una sola forte emozione alla volta.
Poteva essere paura, poteva essere eccitazione o, come in quel momento, rabbia.
Rabbia, perché Ophelia – la madre che avrebbe sempre voluto,
in quel momento terrorizzata – si stava scusando
per non aver saputo proteggere Draco, nonostante quella avesse dovuto essere
una preoccupazione di Kate e di nessun altro. Si stava scusando, perché sapeva che lei avrebbe avuto il cuore
spezzato, poteva vederla ridotta in
pezzi, in ginocchio e con il viso sporco di lacrime insanguinate. Ophelia stava
per morire, eppure si stava scusando
con lei.
Non poteva permetterlo.
Lentamente si alzò in piedi, lo sguardo buio puntato sulla
donna, che ancora si disperava, quel tanto necessario a tornare in posizione
eretta. A quel punto, tutta la sua attenzione venne concentrata su Sisifo, nel
corpo di Winter, che continuò ad osservarla con un bel sorriso sornione e
l’aria di qualcuno che avesse ottenuto esattamente quanto sperato. Dopotutto,
Sisifo non aveva certo bisogno di Tiresias per
prevedere come lei avrebbe reagito.
Ma, per una volta, Kate non si sarebbe preoccupata di cadere in una qualche
trappola, di essere prevedibile.
Voleva
vendicarsi.
Un passo, poi un altro. Non sentiva altro rumore che il sangue
che le scorreva nelle vene e quello che scorreva in tutti gli altri esseri
viventi nella stanza. Il silenzio proveniente da Draco era solo un altro
incentivo a continuare sempre più spedita, sempre più velocemente, finché non
le bastò alzare la mano per poter stringere il collo che era appartenuto alla
sua compagna di squadra ma che ormai non aveva più nulla di lei. Strinse la
carne debole finché non riuscì a sentire il pulsare del sangue sotto le dita,
beandosi del verso strozzato che giunse alle sue orecchie.
«Fallo, Succubus» la incitò proprio
Sisifo, senza mai smettere di sorridere nonostante i suoi occhi si fossero
annacquati. «Fallo, dopotutto è colpa
mia se tu sei tanto miserabile adesso. È solo colpa mia».
Ah, la tentazione era forte.
Ogni singola cellula del suo corpo la stava implorando di prendere quella vita,
di tirar fuori l’ultimo sospiro di quel mostro
e vendicare Draco. Vendicare Ophelia ed il bambino che lei sapeva stesse ormai perdendo8, poteva sentire la vita
abbandonarlo con la stessa velocità con cui a breve il sangue avrebbe iniziato
a scorrere giù per le gambe della donna. Vendicare Fred, senza sensi a causa di
quella che doveva essere stata una battaglia estenuante.
Li avrebbe vendicati tutti, se solo avesse stretto di più le
mani.
«Trina, rifletti!»
urlò invece proprio Ophelia, dal punto poco lontano in cui si era accasciata al
suolo, le mani strette intorno al proprio busto. «Concentrati!».
Concentrarsi. Perché avrebbe dovuto farlo? Non serviva certo
un ragionamento complesso per ucciderlo. A lei non era mai piaciuto analizzare,
era sempre stata una donna d’azione. Un’agente.
Un’agente
deve sempre comprendere le motivazioni del suo nemico, prima di fermarlo.
Era stato il Supervisore a ripeterglielo, in più di
un’occasione9. Comprendere il nemico, per evitare le trappole.
Comprendere il nemico, per vincere.
Era stata la tecnica che anche Sisifo e Tiresias
avevano utilizzato con i suoi genitori, imprigionando il più intelligente e
lasciando che l’emotivo reagisse in base all’istinto. Era quello che stavano facendo anche con lei.
Ma lei non era una divinità, non aveva la loro stessa
presunzione. Lei era una Banshee.
Sorrise, allora, stringendo la presa solo per un altro
istante, per poi spingerlo via con un gesto brusco. «Ti piacerebbe se ti
uccidessi, non è vero? Se dovessi farlo, probabilmente moriremmo tutti a causa
di un qualche trucchetto di negromanzia basilare. E tu torneresti, perché ormai
la Luna Sanguinis è vicina, e saresti ancora più
forte. Ed io diventerei una padrona di anime troppo debole per controllare se
stessa, un’ottima sostituzione per la perdita che tu hai causato, uccidendo il mio fratellino» gli sputò contro, riversandogli contro tutto il suo
disgusto. Era tutto così ovvio, in
quel momento, così banale. Lei non
era stata invitata semplicemente per assistere, lei era il piano di riserva. Il dolore aveva colpito Philly più duramente
del previsto e, nel tempo che avrebbero impiegato a poter utilizzare il suo
sangue, non ci sarebbe più stata un’anima da proteggere, in lei. Kate, invece, era una Padrona d’anime
fatta e finita, avendo già assorbito Mulciber. Se
avesse ucciso anche Sisifo, avrebbe perso qualunque controllo su se stessa e da
lì a dargli il permesso di sfruttarla sarebbe bastato un nulla. «Ma io non
seguirò i tuoi piani» continuò, voltandosi per poter osservare dapprima il
veggente, rimasto raggomitolato sul suo trono come un gattino spaventato, e,
alla fine, Draco Malfoy, ad ogni secondo più debole, ogni secondo meno vitale.
Dopotutto, Sisifo non era ancora un negromante completo, non
poteva concludere il rituale nel corpo di Winnie, non finché non avesse avuto
tutti gli ingredienti.
«Vuoi davvero resuscitarlo?» le chiese Sisifo, con una risata.
«Sei troppo instabile, dopo quello che hai fatto a Mulciber!
Non sopravvivresti» le fece notare,
ridendo come se lei avesse detto una cosa assurda. Come se fosse stata un’idiota.
«Non ho intenzione di resuscitarlo e morire» si limitò allora a dirgli, tuttavia alzando la mano ancora
ferita – quella che sanguinava, perché lei era una Negromante, lei non coagulava – in direzione dello
zombie, che la fissò senza espressione per pochi istanti, prima di farsi
lentamente avanti. «Ma se credi che il legame che esiste con il tuo sangue, così debole, possa valere più di quello che potrei creare io…» riprese,
con un sorriso soddisfatto, «non hai
proprio capito nulla».
Il momento in cui Draco balzò per afferrarle la mano e bere dalle sue ferite fu fra i più
dolorosi della sua esistenza, ma non per questo non soddisfacente. In quel modo,
naturalmente, non l’avrebbe riportato totalmente alla vita, ma avrebbe potuto
legarlo a lei e ridargli coscienza di
se stesso, ridargli una patetica imitazione di vita, anche se solo per poche
ore. Come lei aveva sperato, i suoi occhi vacui acquisirono sempre maggiore
focus e, quando si staccò da lei, lo fece con l’orrore dipinto in viso.
«Kate? Io sono morto».
Lei annuì, un sorriso triste ad incurvarle le labbra. «Non
preoccuparti, sistemeremo anche questa faccenda molto presto» lo rassicurò,
mentre lui, involontariamente, si portava la stessa mano da cui aveva bevuto
alla guancia, chiedendo implicitamente di essere accarezzato. Era un riflesso
involontario, naturalmente: tutti i Risvegliati erano servi del loro Negromante, pronti a tutti per lui, innamorati più
per necessità di sopravvivenza che per vero sentimento. Con Draco, però, la
faccenda era diversa. Lui era il suo Auctor.
«Non è vero che non voglio credere al nostro legame, penso tu
debba saperlo. Io sono davvero convinto di essere innamorato di te».
Kate rise, nonostante volesse solo piangere. «Oh, lo so» gli disse, voltandosi poi verso
Sisifo, rimasto al suolo e con gli occhi pieni di furia. «Oh, ho rovinato i
tuoi piani?» gli disse, con un sorriso che lei sapeva essere inquietante. Il sorriso che aveva sperato di non
sentir mai comparire sul proprio viso. Il sorriso della follia.
Troppo
potere tutto insieme, bambina mia. Sei solo una mortale.
«Disgustosa creatura, credi davvero-».
Kate non gli consentì di continuare. «Forse non sei intelligente
come credevi, fratello» gli disse,
ridendo maniacalmente. «Probabilmente è per questo che nostro padre ti ha sempre detestato più di tutte le altre creature10».
» Marnie’s Corner
Bentrovati e
bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook!
Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Ho ucciso Draco Malfoy,
la la lalaaaaaaa.
Adesso metto da parte la
mia Bellatrix interiore (che in realtà non esiste,
sono troppo buona) e piango al pensiero di quanto male ancora dovrò causare.
Punti importanti:
» * - Amo questo libro e ritengo che tutti
debbano leggerlo. Così, come consiglio random. Chi non volesse leggere il libro
potrebbe comunque guardare il film (non è la stessa cosa, ma meglio di niente).
» 1 – Senza volerlo,
Kate ha effettivamente pensato una cosa verissima: Tiresias
ha davvero collaborato alla nascita
dell’Ordine delle Banshee. Naturalmente per lei è ancora una supposizione,
nulla di più.
» 2 – Cosa sono i terrori
notturni? I terrori notturni, letteralmente, sono quei “sogni horror ad occhi
aperti” che crediamo di vedere quando ci “svegliamo” prima del nostro cervello
(un fenomeno vero, non è una mia invenzione qui). Nello specifico sembra di
vedere dei mostri ma non si riesce a scappare o a muoversi in generale, perché,
appunto, il cervello dorme ancora.
Non è una bella esperienza, lo garantisco. Nella storia i Terrori sono creature
di “magia oscura”, incubi che hanno preso vita, possiamo dire, e che per essere
evocati richiedono enormi sacrifici.
Nel nostro caso, tutti i Mangiamorte sono stati sacrificati proprio per evocare
quelle creature e per dare inizio al rituale per richiamare Sisifo.
» 3 – Quando sembra
che qualcuno stia parlando con Kate, qualcuno sta effettivamente parlando con
lei. Chi? Sta a voi capirlo.
» 4 – Né io né Kate approviamo la violenza, in alcun caso
(lei in realtà non è nuova alle risse nei pub, ma shh),
ma qui la situazione è un po’ particolare. Tiresias è
vittima quasi quanto gli altri, ma non si può biasimare quella poveretta per
avergli augurato di peggio.
» 5 – Perché Tiresias non vede più nulla del futuro? Perché Sisifo è un negromante. Tiresias è stato condannato a non vedere nulla dei
negromanti. Dal momento stesso in cui lui si è svegliato dentro Winnie (cioè un
paio di capitoli fa), Tiresias ha perso qualsiasi
controllo sulla situazione. Tutte le sue previsioni sono precedenti, quindi
possono cambiare. Ha paura perché non
vede.
» 6 – Passatemi il
francesismo: quel figlio di puttana di
Tiresias ha impedito che Barry e Ophelia potessero
avere figli negli anni precedenti.
» 7
– Qualche capitolo fa avevo accennato a qualcosa sul sangue dei negromanti,
che ora vi ripropongo. I Negromanti normali
hanno sangue puzzolente ed acido, per scoraggiare vampiri e company
dall’ucciderli. Kate, invece, è una Succubus ed il suo sangue è come il più pregiato dei vini,
proprio perché le creature di ogni tipo devono essere attirate da lei. In
entrambi i casi il sangue non coagula (per il prossimo capitolo, ricordate che
lei già sta sanguinando dalla mano).
» 8
– La seconda vittima ufficiale della storia è quella povera creatura. Sì,
Ophelia sta abortendo. No, non c’è nulla da fare.
» 9
– Senza rendersene conto, Tiresias ha aiutato Kate a
capire. No, non è una cosa cosciente per sabotare implicitamente Sisifo e
aiutare “i buoni”, Tiresias ha solo fatto una
cazzata.
» 10
– Chi è davvero Sisifo? Sisifo è il
primogenito di Thanatos. Tutto questo casino non è altro che frutto di una
millenaria lite padre/figlio frutto dell’invidia verso “il matrigno”
e i fratellastri più piccini. Sisifo, in pratica, è il figlio grande che si è
stufato di vivere all’ombra della nuova famiglia del padre ed ha deciso di fare cazzate. Sisifo Big Brother del
secolo.
Se
penso alla povera Kate mi viene da piangere. Se penso a Winter sto pure peggio.
Draco mi rifiuto di considerarlo e Ophelia fingo che non esista.
In questa settimana avrò
il mio esame e non mi sento per niente
pronta, quindi perdonate se il prossimo capitolo sarà un po’ una schifezza.
Farò del mio meglio e voi, vi prego,
pregate per me, perché ho davvero paura di dare di matto stavolta.
<3
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie