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Autore: G RAFFA uwetta    02/10/2017    1 recensioni
Voldemort, stanco degli insuccessi dei suoi Mangiamorte, affida alla sua fedele Nagini un compito: uccidere Harry Potter. Da qui, si intrecceranno le vite di molti e Harry, a sue spese, farà i conti con una realtà ben diversa da come l'aveva vissuta finora.
"L'invidia è il sentimento più radicato in ognuno di noi, trama a nostra insaputa e quando ne veniamo travolti ormai è già troppo tardi per rimediare."
Accenni Drarry e presenza di OOC.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Severus Piton | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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Il morso del diavolo

Cap. 1 – L’urlo inghiottì il silenzio

Privet Drive non era mai stata così poco frequentata come quella sera del 20 giugno. Infuriava una terribile tempesta e i lampi illuminavano il cielo disegnando guizzanti saette che scuotevano nel profondo gli animi, i tuoni percuotevano i vetri facendoli tremare così tanto da rasentare la rottura. Pesanti scrosci d’acqua si riversavano sul suolo che ormai era diventato una palude mentre venti impetuosi sferzavano e piegavano al loro volere le piante inermi e mulinelli di foglie danzavano impazziti. Proprio in quel momento, le luci dei lampioni lampeggiarono debolmente per poi spegnersi del tutto; anche le finestre, disperati occhi ciechi, rimasero buie, in attesa.

Nell’aria densa, i tuoni coprirono il cigolio di una porta che si aprì fagocitando tre losche figure che frettolosamente raggiunsero la macchina parcheggiata nel vialetto della loro abitazione anonima. Subito dopo, con circospezione, una quarta ombra raggiunse le precedenti; venne acceso il motore e, a fari spenti, l’auto si allontanò lungo la via, incurante del diluvio che rendeva impraticabile la guida.

Poco importa cosa avvenne all’interno dell’abitacolo, quello che ci interessa sapere è la destinazione dell’auto. Intanto, la tempesta era scemata e languiva lontana, in un turbine di luci e brontolii, laggiù, verso l’orizzonte. Dopo parecchi chilometri, guidati con prudenza, l’auto si fermò ai margini di un parco trascurato; ne scese la più piccola delle figure che, con passo strascicato, si inoltrò tra la vegetazione. L’auto partì quasi sgommando, sicuramente felice di aver lasciato indietro quel pesante fardello.

Il parco era isolato, relativamente buio e soprattutto abbandonato. Il giovane arrancò verso un circolo di panche di legno, era evidente la conoscenza del luogo, vista la sicurezza con cui si muoveva al buio. Prese posto sul legno e si rannicchiò sperando di proteggersi dal fresco venticello e dalla bruma che si alzava dai campi bagnati. Passò un po’ di tempo e il giovane, ormai infreddolito e stanco, cercò conforto scaldandosi le dita intorpidite con il fiato. Nel mentre, un leggero sibilo attirò la sua attenzione facendolo inevitabilmente rabbrividire dall’ansia. Sebbene spaventato, cercò di spostarsi per vedere meglio e, allungando le membra rattrappite, cadde riverso a terra battendo malamente la faccia; il colpo, unito al freddo che ormai aveva raggiunto le ossa, intontì il ragazzo, che rimase accasciato sul cemento umido.

Ripresosi un attimo, attraverso le ciglia socchiuse, vide un’ombra strisciare verso di sé. Allarmato, cercò di nascondersi trascinandosi all’interno delle rigogliose siepi alle sue spalle. L’ombra, però, si mosse veloce e, in un attimo, lo raggiunse. La bestia si erse in tutta la sua altezza mentre con le spire della sua coda, sfregandole tra loro, produceva una dolce melodia atta ad ammaliare la preda. Il giovane si bloccò, terrorizzato, aspettando e valutando le mosse di quello che gli sembrava il più grosso serpente mai apparso sul suolo britannico. Inconsapevolmente, dalla bocca del ragazzo con gli occhiali rotti poggiati di sghembo sul naso e le iridi fisse in quelle verticali dell’animale, uscirono suoni zufolanti e striduli che bloccarono per un attimo il grosso serpente. Sembrò tentennare, ma durò solo un battito di ciglia e, con un colpo deciso e fulmineo, spalancando l’enorme bocca, agguantò il dorso della preda e strinse.

L’urlo che si propagò nell’aria fu talmente pregno di dolore e angoscia che accapponò la pelle di alcuni passanti che, raggiunto in fretta il luogo, rimasero inorriditi ad osservare l’enorme bestia avvolgersi intorno al gracile corpo. Per evitare che il serpente incominciasse a inglobare la vittima, un uomo, recuperati dei calcinacci abbandonati lungo il ciglio della strada, incominciò una fitta sassaiola; un altro, a debita distanza, schiamazzò saltando sul ripiano ferroso dello scivolo nello spazio giochi dei più piccoli. Un terzo, attaccato alla cabina rossa in fondo al vicolo, cercò disperatamente di spiegare l’assurda situazione per ottenere dei rinforzi. Altri, scesi in strada richiamati dalla confusione, con i rami spezzati trovati in terra, cercarono di colpire la coda della bestia che frustava nervosa nell’aria. Finalmente la zona si illuminò a giorno mentre un elicottero sorvolava il cielo, costringendo il rettile a lasciare la preda e ritirarsi nell’ombra. Ormai non aveva scampo: uomini armati fino ai denti erano sulle sue tracce e presto innumerevoli colpi d’arma da fuoco crivellarono il suo corpo. Per qualche strana ragione, le forze dell’ordine si limitarono a transennare la zona abbandonando la carcassa al suo destino.

Un’ambulanza con sirene spiegate arrivò sul posto; gli uomini che ne scesero, avvezzi ad ogni tipo di sciagura, indietreggiarono agghiacciati: sul suolo, in una pozza di sangue, languiva scosso da spasmi involontari il corpo martoriato di un giovane. Le membra erano scomposte e piegate in strane angolazioni, le ossa bianche fuoriuscivano dalla carne in più punti. Sul viso emaciato spiccavano le labbra bluastre, segno evidente di una prolungata asfissia, il petto si alzava debolmente sospinto dalla scarna attività respiratoria. Gli occhi spalancati erano due pozzi vuoti, le iridi si intravvedevano appena sul candore marmorizzato di rosso. Dei rantoli sfuggivano dalle labbra semichiuse per disperdersi nell’aria umida.

La cosa più sorprendente, era rappresentata da una impalpabile luce che gli avvolgeva il corpo come un sudario, quella forma sconosciuta sembrava tenere radicato al suolo lo spirito del ragazzo che, indomito, non voleva soccombere alla morte. La luce, al massimo del suo fulgore, si divise in minuscole particelle: due di queste si posarono delicate, una sulla fronte del giovane da cui entrò rapidamente, svanendo alla vista, l’altra si depositò sul petto e lo penetrò fino a quando riuscì ad illuminarne brevemente il cuore caparbio. Il resto dell’aura magica si disperse sotto forma di pulviscolo sugli esseri viventi che attorniavano il giovane: una pace ultraterrena invase i loro cuori.

Con delicatezza, vennero portati i primi soccorsi al corpo martoriato; lacrime di pena si mescolarono ai medicinali somministrati. Il battito era così debole che furono costretti a rianimarlo per ben due volte prima di raggiungere l’ospedale. Arrivati, depositarono il fardello nelle mani esperte dei migliori medici del Paese e, dopo un fugace bacio sulla fronte del ragazzo, tornarono alle loro mansioni sicuri che i luminari sarebbero riusciti a mantenerlo in vita. Tornarono spesso a trovare quel disgraziato per tutto il tempo che rimase ricoverato.

Il ragazzo rimase in coma farmacologico per quasi un mese. Essendo stato trovato senza documenti, la polizia diramò volantini e appese manifesti per tutta Londra. Purtroppo, l’immagine stampata era quella di un corpo avvolto in un intreccio di tubicini, la faccia deforme e bluastra, certo non utile al riconoscimento. Solo gli occhi, illusoriamente aperti, risultavano stranamente vividi e intensi, smeraldi di un colore e una profondità che speravano fossero inconfondibili. Al notiziario locale, durante un servizio serale, vennero richieste alla popolazione notizie che permettessero di identificare lo sconosciuto: non si fece avanti nessuno, come se il ragazzo appartenesse ad un mondo a loro ignoto.

Finalmente, dopo settimane di attesa, il ragazzo si svegliò dal coma; spaesato, osservò il luogo che lo circondava. Un rumore improvviso alla sinistra lo spaventò a tal punto da offuscargli la vista e fargli cacciare un urlo straziante: sembrava uno sfregamento di ferraglia arrugginita che si sbriciolava. Gridò fino a cedere all’incoscienza, i medici accorsero, allarmati.

Al suo nuovo risveglio, il giovane trovò al suo capezzale visi sconosciuti ma che stranamente gli risultavano familiari. Con calma e con le dovute parole, i medici gli spiegarono la situazione; solo due lacrime gli rigarono il volto chiuso in un composto dolore. Gli chiesero anche il nome ma purtroppo il lungo silenzio e il trauma alla gola gli impedirono di parlare. Con domande accurate e mirate, i medici capirono che non aveva perso la memoria. Infatti, ricordava perfettamente chi era e soprattutto non aveva scordato gli attimi prima dell’aggressione da parte dell’animale. Provarono a fargli scrivere il nome su un foglio ma le ossa del braccio non erano del tutto saldate, impedendone l’utilizzo.

Mentre si applicavano in un semplice gioco a indovina la lettera per ottenere almeno il nome, improvvisamente, con un tonfo sordo che si propagò per i corridoi asettici, la porta si spalancò. Una figura nera si affacciò ammantata di rabbia e autorità. Il ragazzo spalancò gli occhi e, per la prima volta, dette segno di agitazione cercando di alzarsi e districarsi dai tubi che lo legavano alla macchina respiratoria. In un balzo l’uomo lo raggiunge per tenerlo saldo al materasso e, con un tono di voce mai rivolto a lui, lo ammansì fino a farlo addormentare. Poi, con calma, si volse a guardare i medici per chiedere spiegazioni.



Note dell’autrice: questa long è stata scritta di getto quasi tre anni fa, poi, è finita in un angolo dimenticata. L’ho ripresa in mano in un momento della mia vita in cui ho sentito la necessita di cambiare, di rivalutarne alcuni aspetti. Se andando avanti vi sembrerà scritta da due persone non è un’allucinazione ma il ‘me stessa’ di ieri ha trovato una sorte di pace interiore. Buona lettura e sono graditi i commenti.



   
 
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