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Autore: Old Fashioned    06/10/2017    20 recensioni
Siamo nel 1230. Un gruppo di pellegrini tedeschi che sta attraversando la Palestina si imbatte in una santa reliquia e decide di portarla in patria. A scortare il prezioso carico ci sono anche due cavalieri dell'Ordine Teutonico, che si troveranno, una volta raggiunto il paese d'origine dei pellegrini, a fronteggiare le incursioni di una misteriosa belva assetata di sangue e nello stesso tempo i sospetti di un inquisitore alla ricerca di vittime.
Seconda classificata al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Cronache di Cacciatori’.
Genere: Azione, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Adalrich 3 Ciao a tutti/e! Grazie per essere ancora qui, siete troppo gentili…
Ringrazio naturalmente tutti/e coloro che sono passati da queste parti e hanno anche solo buttato un occhio a tutta la vicenda, ma in particolare i miei ringraziamenti vanno a Saelde_und_Ehre, GothicGaia, morgengabe, Me91, innominetuo, Crilu_98, Jordan Hemingway, Syila, LyaStark, miciaSissi, Dark_sky114, Sagas, fiore di girasole e molang.








Capitolo 2

Il cappuccio tirato come sempre fin sugli occhi, fratello Adalrich rivolse un’occhiata torva ai cavalli dei due ospiti, che attendevano sellati e con le bisacce piene. Fratello Hermann, che si trovava al suo fianco, in tono bonario gli disse: “Non ti crucciare, almeno faremo un giro nei dintorni.”
Potevano mandare altri due.”
Che fai, discuti gli ordini? L’hai sentito anche tu il priore: la migliore spada di Starkenberg dietro agli ospiti.” Fece una breve risata, come se trovasse la cosa assai divertente.
Smetti di ripetere quell'appellativo stupido,” ringhiò l'altro.
Scusa, chi è che tenendo la spada nella sinistra ha sconfitto e disarmato fratello Friedrich e fratello Gerhard che attaccavano contemporaneamente?”
Non significa nulla.”
E gli infedeli?”
Non combatto né più né meno degli altri.”
Ah, certo. Dev'essere per quello che c'è una taglia sulla tua testa.”
Gli infedeli vogliono uccidere tutti i cavalieri dell'Ordine, non soltanto me.”
L'altro rinunciò a replicare. Con un'alzata di spalle soggiunse: “Speriamo che i nostri stimati ospiti si degnino di uscire, piuttosto. Tra un po' sarà più caldo che in una fornace.”
Certa gente dovrebbe restarsene a casa propria,” brontolò l'altro per tutta risposta.
Oh, dai. Li portiamo alle chiese, li stanchiamo ben bene e vedrai che si faranno passare la voglia di visitare la zona.”
Fratello Adalrich non rispose. Controllò il sottopancia del suo cavallo, un imponente destriero da guerra dal manto grigio, quindi montò in sella e si spostò verso la parte del cortile che si trovava ancora in ombra. Vide uscire dalla foresteria i due pellegrini: nonostante si trovassero a Starkenberg da alcuni giorni, il padre conservava l'espressione di commossa meraviglia che gli era comparsa sul viso non appena aveva messo piede nel castello. Il figlio, per contro, non faceva assolutamente nulla per nascondere il fastidio che la situazione doveva procurargli. Anzi, si poteva addirittura dire che lo ostentasse. Lo sguardo del cavaliere si fece sprezzante: un giovanotto sciocco, viziato e pigro, che sbuffava alle loro regole e cercava di sottrarvisi non appena se ne presentava l'occasione. Non c'era pasto in cui la lettura dei testi sacri non fosse disturbata dal cicaleccio ostinato dei suoi bisbigli, non c'era notte in cui non comparisse un giaciglio di fortuna nel giardinetto dietro la chiesa, dove il ragazzo aveva la pretesa di prendere il fresco.
Non facendo parte dell'Ordine, nessuno poteva frustarlo per quelle violazioni della Regola, e tutti si limitavano a sperare che prima o poi capisse. O che proseguisse per la sua strada, magari.
Mentre era immerso in quelle meditazioni, i due presero a guardarsi intorno, soprattutto il più giovane, con l'aria di aspettarsi valletti, battitori, cani e falconieri.
Lasciò che fosse fratello Hermann a raggiungerli e a spiegare loro come si sarebbe svolta la giornata.
Fratello Hermann aveva molta più pazienza di lui. Come il loro Gran Maestro, che per combinazione si chiamava allo stesso modo. Era anche più cortese, e sapeva parlare alla gente in un modo che lo rendeva gradito praticamente a chiunque. Non poté fare a meno di sorridere fra sé e sé: uno strano sodalizio, il loro. Il più amabile e il più odioso; quello più avvenente e quello la cui vista suscitava orrore; quello allegro, gentile e affabile e quello burbero, cupo e scostante.
Si passò una mano sugli occhi, che come sempre soffrivano della troppa luce, e rimase a osservare il confratello che parlava con i due ospiti.
Stette a guardarlo mentre illustrava ai due l'escursione che avevano intenzione di compiere. Lo vide indicare un punto generico oltre le creste dei monti più vicini, e annuire con vigore, come per convincere i due von Obenstein della piacevolezza e della facilità della passeggiata.

Poco dopo, percorrevano in fila il sentiero che dalla fortezza conduceva alla strada principale. Una volta che furono alla base dello sperone di roccia, fratello Hermann disse: “Ora proseguiremo sulla strada fino a che non incontreremo la deviazione per le chiese. La zona è tranquilla, ma vi chiedo di non allontanarvi. Sappiate che in ogni caso non avete nulla da temere: nessuno supera fratello Adalrich nel combattimento.”
A quelle parole, i due civili si voltarono nella sua direzione. Egli si fece scivolare all'indietro il cappuccio che gli teneva in ombra il volto. Per quanto il sole lo facesse soffrire, una volta fuori dalle rassicuranti mura di Starkenberg, era necessario che occhi e orecchie fossero liberi da impedimenti.
Senza dire nulla spronò il cavallo e li distanziò di qualche passo, infastidito da quegli sguardi, che nonostante i giorni di forzata convivenza erano ancora gravati della meraviglia mista a ribrezzo di chi sta osservando un animale strano.
Proseguì così, mantenendosi davanti a loro.
Era un mattino terso, nel cielo azzurro non c'era una nube. Il sole picchiava costringendolo a mantenere gli occhi rivolti verso il basso. Nella luce forte anche i colori del paesaggio sembravano scomparire, e la vegetazione che copriva i fianchi delle montagne diventava di un verde talmente scuro da sembrare nero.
Alle sue spalle fratello Hermann parlava delle chiese ai due ospiti. “Sono costruzioni molto antiche,” lo sentì dire, “e alcune sono ancora parzialmente o completamente sepolte. Il Gran Maestro dice che si trovavano qui prima dell’arrivo degli infedeli, e che si sono salvate dalla distruzione unicamente perché si trovano in una posizione nascosta e difficile da raggiungere.”
Sono lontane?” sentì chiedere al più giovane.
Un paio d’ore. Presto però abbandoneremo la strada principale e proseguiremo nella macchia.”
Il ragazzo sbuffò, peraltro senza nemmeno preoccuparsi di nasconderlo. Il più anziamo invece disse: “Sono curioso di vedere questi luoghi. Potete descrivermeli maggiormente, cavaliere?”
Ma certo,” rispose subito Hermann. Adalrich immaginò il sorriso affabile che doveva aver accompagnato quelle parole. “Sono camere scavate direttamente nella roccia. All’interno ci sono delle pitture con immagini della Vergine Maria, di Gesù e degli Apostoli. Ho portato anche un lume, così potremo vederle meglio.”
Si può pregare al loro interno?”
Nulla lo vieta,” rispose Hermann. Poi, dopo una pausa: “In effetti è un luogo molto suggestivo. Penso che lo troverete interessante.”
A quel punto intervenne il più giovane: “A parte gli affreschi, c’è rimasto qualcosa dentro?”
Purtroppo no. Prima del nostro arrivo, questi luoghi sono rimasti per secoli in mano agli infedeli, che le hanno depredate di ogni contenuto. In alcune hanno addirittura distrutto le immagini sacre sulle pareti.”
Il ragazzo non replicò. Anche il padre sembrava aver ricevuto tutte le informazioni che gli servivano, perché non interrogò oltre il cavaliere, e il gruppetto proseguì in silenzio.
Il sole ormai era alto sulla volta celeste e le ombre si facevano sempre più brevi. L’aria immobile era satura degli aromi di timo e tanaceto.
Adalrich si aggiustò meglio l’elmo alla normanna, il cui nasale col caldo cominciava a dargli fastidio. Strinse gli occhi cercando di ignorare la sensazione di bruciore della pelle esposta al sole.
A lui non piacevano quelle chiese. A differenza del confratello, trovava quel luogo sinistro e gravato di un'oscura sensazione di minaccia. Probabilmente qualcuno avrebbe parlato di superstizione, e avrebbe bollato le sue sensazioni come ennesima riprova del suo commercio con il Demonio, eppure non si sentiva mai tranquillo quando entrava nella gola su cui si affacciavano le chiese. Le loro porte gli ricordavano le orbite vuote dei teschi, e nonostante fossero, o almeno teoricamente dovessero essere, altrettante case del Signore, lo rendevano inquieto.

Raggiunsero i monumenti dopo circa due ore di cavalcata su un percorso quasi invisibile ad occhio nudo, che attraversava una macchia di lecci e ginepri in cui si udiva solo il frinire degli insetti.
Poco prima di giungere a destinazione, il sentiero si incanalò nel fondo di una gola polverosa e costellata di ginestre, quindi si allargò in un anfiteatro naturale che nonostante l'ora risultava quasi completamente in ombra.
Eccoci arrivati,” disse fratello Hermann.
Sulle pareti di roccia si trovavano delle porte e delle piccole finestre, alcune rozzamente quadrangolari, altre con un accenno di arco a tutto sesto.
Le chiese erano disposte su più livelli. Alle più basse si accedeva direttamente, per quelle più alte era necessario percorrere tortuose file di gradini scolpiti direttamente nella roccia.
Senza scendere da cavallo, Adalrich percorse tutta la circonferenza dell'anfiteatro. Per terra non c'erano tracce di alcun genere, e non c'erano nemmeno deiezioni di capra, sebbene quegli animali fossero perlopiù ghiotti del tipo di piante che crescevano nella gola.
Tirò le redini e rialzò il capo, quindi si guardò intorno lasciando scorrere lo sguardo sulla sommità delle pareti di roccia. Nemmeno lì c'era nulla di strano.
Potete smontare,” disse alla fine della sua ispezione.
Il ragazzo scese dal suo baio, lasciò le redini penzoloni e si stirò inarcandosi all'indietro, poi si inoltrò deciso nella vegetazione. “Dove vai?” gli gridò dietro suo padre.
Natura premit!” giunse la risposta. A dispetto di ogni raccomandazione, si udirono i passi allontanarsi e diventare sempre più fiochi.
Adalrich lanciò un'occhiata a Hermann, che annuì, smontò da cavallo e disse: “Vado a vedere.” Scomparve a sua volta nella vegetazione.
Calò di nuovo il silenzio. Ancora in sella, il cavaliere si limitò ad appoggiare le mani all'arcione e ad allentare le redini. Si girò verso il barone von Obenstein, che sentendosi osservato alzò gli occhi su di lui e chiese: “C'è pericolo?”
Non è mai consigliabile abbassare la guardia,” rispose l’altro laconico. “Io e il mio confratello siamo responsabili di voi, quindi è nostro dovere proteggervi.”
Pochi istanti dopo, si udì il ragazzo gridare: “Guardatemi, padre!” La voce proveniva dall’alto.
Adalrich si voltò e lo vide stagliarsi alla sommità della parete di roccia. Salutava facendo ampi gesti con un braccio. “C’è un sentiero per salire fin qui!” esclamò trionfante.
Il cavaliere strinse le labbra senza dire nulla, era sicuro che quello stupido bellimbusto si fosse dileguato in mezzo alle piante per il solo gusto di farsi inseguire da qualcuno obbligato a vigilare sulla sua incolumità.
È bellissimo quassù!” stava gridando frattanto il ragazzo, “Dovete assolutamente venire a vedere, c’è una vista magnifica.” Il suo noncurante vociare spinse Adalrich ad aggrottare le sopracciglia.
Ulrich von Obenstein smontò a sua volta da cavallo e disse: “Vieni giù, Konrad, non vorrei che ti facessi male. E poi i fratelli cavalieri dicono che non è bene abbassare la guardia.”
Non siamo mica in guerra, padre. Ho dato sfogo alla natura e ora do sfogo alla mia curiosità. Che c’è di male?”
Corse su e giù lungo il crinale, pericolosamente vicino al bordo. Di nuovo, fratello Adalrich aggrottò le sopracciglia con disapprovazione. “Vado a prenderlo,” ringhiò infine, smontando anche lui da cavallo.
È solo il suo modo di scherzare, cavaliere,” si sentì in dovere di specificare il padre.
Un modo di scherzare piuttosto irresponsabile. Questo luogo è antico e non sempre solido come appare.”
Non aveva finito di parlare che si udirono un rombo cupo di pietre che crollavano e un grido del ragazzo.
Konrad!” urlò il barone von Obenstein, quindi si lanciò di corsa nella direzione in cui il figlio si era allontanato.
Subito dopo comparve sul crinale anche Hermann, che disse: “Lega i cavalli da qualche parte, poi porta su la lanterna e la corda.”

Quando Adalrich raggiunse gli altri, scoprì che fortunatamente non c’era bisogno della corda: correndo su e giù, il ragazzo aveva fatto crollare la volta di una delle antiche chiese, ed era caduto dentro. Il volo però era stato molto breve, e le pietre rotolando giù avevano creato una sorta di rampa tramite la quale si poteva scendere nella camera anche senza ausili.
Il giovanotto era già in piedi, e a parte la polvere sui vestiti, sembrava non avesse riportato gravi danni.
Konrad, sei ferito?” chiese comunque il padre, infilandosi tra i due cavalieri per riuscire a vedere meglio. Si protese sulla cavità.
Dal basso, il ragazzo lo rassicurò: “Sto bene, padre. La Vergine Maria deve avermi protetto, non mi sono fatto nulla.”
Mentre i due parlavano, Adalrich scese con cautela. Se la luce era scarsa vedeva meglio degli altri, e nonostante la camera fosse quasi buia, non aveva bisogno della lanterna. Osservò l’ambiente: protetti per secoli dalle intemperie, gli affreschi delle pareti erano così vividi che sembrava fossero stati appena dipinti. Dietro l’altare vi erano un’immagine della Vergine, una del Cristo e una dell’Arcangelo Michele, rappresentato nell’atto di trionfare sul demonio. Le altre pareti erano coperte di scene bibliche.
Il cavaliere fece qualche passo nella piccola chiesa, si guardò intorno alla ricerca della porta e quando l’ebbe trovata aggrottò le sopracciglia perplesso. “È murata,” constatò.
Da fuori giunse la voce di Hermann: “Cosa, è murata?”
La porta. E anche le finestre. Ecco perché non si vedeva da fuori.”
Fammi vedere.” Scesero tutti nella chiesa. Il barone von Obenstein portò la lanterna accesa, e la fece girare tutt’intorno.
C’è qualcosa là in fondo,” disse Konrad indicando un angolo particolarmente buio.
Dove?”
Là. Si direbbe una cassa.”
Tutti si avvicinarono. In effetti si trattava di una cassa di legno, ancora robusta nonostante i secoli di abbandono. Era coperta da uno strato di polvere e chiusa da corde che una volta dovevano essere state robuste, ma ormai risentivano dell’azione inesorabile del tempo.
Le dimensioni erano quelle di una bara.
I quattro si guardarono perplessi. “Una sepoltura?” azzardò Hermann.
Ora vediamo,” rispose Adalrich, quindi sguainò la spada e recise quel che restava dei canapi, poi insinuò la lama sotto il coperchio e lo sollevò.
Non appena il contenuto della cassa fu visibile, nessuno degli astanti poté trattenere un’esclamazione di stupore: si trattava di un corpo incorrotto. Aveva la pelle scura e lucida come cuoio conciato, era di spaventosa magrezza, ma per il resto sembrava che si fosse appena addormentato. Pareva strano non vedere il petto che si alzava e si abbassava negli atti del respiro.
Era vestito di abiti di lino che il tempo aveva ormai ridotto a garze impalpabili, portava intorno al collo quel che rimaneva di una stola ricamata e in cintura aveva una fascia di stoffa annodata come una specie di cilicio. Le mani erano giunte sul petto e tenute insieme con una catena dalla quale pendevano una croce e un ciondolo di cristallo di rocca in cui era sigillato un cartiglio.
Adalrich si chinò per osservare meglio la misteriosa salma: aveva un volto scavato, ascetico, dall’espressione austera. Diversamente da ogni cadavere mummificato che aveva visto sino a quel momento, aveva le palpebre bombate e non incavate, il che significava che i globi oculari avevano conservato il loro turgore. Anche le labbra, per quanto sottili, non sembravano disseccate come normalmente accadeva.
Le mani avevano le unghie lunghe e adunche, ma la cosa non lo stupì più di tanto: era ben noto che unghie e capelli continuavano a crescere per settimane dopo che il cadavere era stato sepolto.
Prese fra le dita il ciondolo di cristallo di rocca: il cartiglio che conteneva recava una scritta in greco. “Athanasios,” lesse ad alta voce, con qualche difficoltà per le lettere ormai sbiadite.
Seguì un lungo silenzio. La luce danzante della lanterna guizzava sul volto immobile e scuro, conferendogli una parvenza di vita che al cavaliere parve piuttosto sinistra.
Infine fu Konrad a rompere il silenzio. “Io credo, padre, che questo sia un miracolo,” proferì in tono solenne.
L’uomo si riscosse dalla contemplazione e lo guardò stupito.
Un miracolo,” insisté l’altro caparbio. “È stata la Vergine Maria a muovere i miei passi fino a questa chiesa: vuole che il corpo incorrotto di Sant’Atanasio sia traslato nella chiesa di Dürnau.”
Sant’Atanasio?”
È scritto nel cartiglio. Non può essere che lui, padre.”
Intervenne a questo punto Adalrich: “Sant’Atanasio morì ad Alessandria, e poco dopo la sepoltura il suo corpo scomparve.”
Konrad lo guardò storto, poi indicò la cassa. “Ecco dov’era. Probabilmente è stato portato via per sottrarlo allo scempio degli infedeli ed è stato nascosto in questa chiesa, che successivamente è stata murata per far sì che nessuno potesse trovarlo.”
È un miracolo,” confermò il barone, contagiato dall’entusiasmo del figlio, poi si inginocchiò assieme a lui e giunse le mani in preghiera.
Alle spalle dei due pellegrini, Adalrich fece un cenno al confratello e gli indicò l’apertura da cui erano entrati. Si inerpicarono sulle pietre e uscirono sul crinale, dove frattanto il sole si era fatto ancora più cocente. “Tu che ne dici?” chiese poi quando furono all’esterno.
Hermann alzò le spalle. “Non saprei. Forse dovremmo andare a chiamare il priore, o magari il Gran Maestro, se può venire.”
Tu credi che si tratti veramente di Sant’Atanasio?”
Non lo so. Però quel corpo è molto strano. Non sembra nemmeno morto.”
L’ho notato anch’io. E mi chiedo perché si trovi lì.”
Forse è veramente una sacra reliquia.”
Potremmo far venire qui il nostro sacerdote, lui riuscirà a capirlo.” Detto questo, il cavaliere si tirò nuovamente il cappuccio fin sugli occhi.
Ti dà molto fastidio?” s’informò premurosamente l’altro.
Oggi il sole è davvero forte.”
Hermann alzò gli occhi verso il cielo, che a causa della calura era ormai quasi bianco, e disse: “Senti, io vado a Starkenberg ad avvisare, tu rimani qui a fare la guardia ai nostri ospiti, così magari te ne stai un po’ all’ombra dentro quella specie di chiesa.”
Non voglio che la mia condizione mi impedisca di fare il mio dovere.”
Ah, smettila. Tu sei molto più bravo di me con la spada, quindi la cosa più logica è che tu rimanga qui con gli ospiti e io vada a chiamare il sacerdote. Torno prima che posso.” Senza attendere risposta andò ai cavalli.

Inginocchiato davanti alla cassa, Konrad teneva le mani giunte e ogni tanto guardava di sottecchi il genitore, che stava pregando in silenzio.
Non sapeva se fosse stata davvero la Santa Vergine a suggerirgli di mettersi a saltellare su una volta pericolante, né sapeva se quello che stavano contemplando fosse davvero il corpo di un santo. Quello che gli era ben chiaro era che in fin dei conti a nessuno interessava veramente se le sante reliquie fossero davvero sante, l’importante era che si potessero venerare.
Una volta il suo maestro di retorica gli aveva raccontato che c’erano più pezzi della Vera Croce nelle chiese d’Europa che pulci addosso a un cane. Questo perché alla gente piaceva avere delle reliquie, davano un’idea di concretezza, facevano capire anche ai più ignoranti che le storie della Bibbia, dei Vangeli e dei Santi non erano solo vane chiacchiere.
Sollevò lo sguardo sulla salma, che così scura e ossuta dava un’idea di misticismo ascetico. La immaginò sull’altare maggiore della chiesa di Dürnau, in un’adeguata teca di cristallo adornata di gemme. Tutti sarebbero accorsi per ammirarla e per pregare. E per lasciare offerte, naturalmente, una parte delle quali sarebbe spettata di diritto al feudatario.
Io credo, padre, che questo sia un miracolo della Santa Vergine,” ripeté mantenendo le mani giunte, “dobbiamo riportare questo santo in terra cristiana.”
Certo, figlio. Quando torneremo dal nostro pellegrinaggio lo porteremo in patria.”
Konrad si girò accorato verso di lui. “No, padre, dobbiamo farlo adesso. La Vergine me l’ha fatto trovare adesso. Se avesse voluto farci andare al Santo Sepolcro, ce l’avrebbe fatto trovare al ritorno.” Fece una pausa, che utilizzò per lanciare uno sguardo affettuoso al corpo rinsecchito, quindi aggiunse: “La Vergine ripone in noi la sua fiducia.”
Vide il padre annuire commosso.
Tornò a raccogliersi in preghiera, pensando frattanto che il suo maestro di retorica sarebbe stato fiero di lui.
Sentì sulla nuca il tipico pizzicore di uno sguardo altrui. Si girò e vide che il cavaliere dai capelli bianchi lo stava fissando.
Per un attimo ebbe l’impressione che quelle iridi metalliche appartenessero alla coscienza. Il pensiero comunque non durò che un istante: in fin dei conti, cosa stava facendo di male? Sarebbero tornati a casa, avrebbero evitato tutti i pericoli della Terra Santa e in più avrebbero riportato una preziosissima reliquia, che avrebbe donato lustro e ricchezze a Dürnau e ai von Obesntein.
E in più, con i soldi dei pellegrinaggi avrebbe potuto finalmente coronare il suo sogno, ovvero studiare a Bononia e a Parigi.

§

Fu solo a pomeriggio inoltrato che una delegazione di sacerdoti e cavalieri arrivò da Starkenberg per esaminare la santa reliquia.
Per primo fece il suo ingresso nella chiesa padre Georg, che teoricamente era un mite agnello del Signore dedito al sacerdozio, e in pratica aveva passato a fil di spada più nemici di Dio di molti fratelli cavalieri. Si avvicinò al sarcofago spolverandosi la veste talare, che si era sporcata nel discendere la rampa di pietre smosse, quindi appoggiò la sinistra sul pomo della spada che portava al fianco e si rivolse al ragazzo: “Sei tu che l’hai trovato?”
Konrad si alzò rapido e dovette piegare un po’ all’indietro la testa per guardare in volto l’imponente religioso. “Sì, padre,” rispose subito. “Io dico che è stato un...”
Lo vedremo subito, cos’è stato,” lo interruppe brusco il prete, quindi lo spostò da una parte e chiese: “È questo?”
Sì, padre.”
Il religioso si inginocchiò. Indifferente agli sguardi carichi di aspettativa dei due nobili e dei cavalieri che nel frattempo erano entrati nella chiesa, si prese tutto il tempo per esaminare il corpo. Osservò dapprima i monili e gli abiti, decretando che per foggia e stato di conservazione non potevano avere meno di cinquecento anni. Un mormorio di meraviglia passò tra gli astanti.
In seguito, insinuò due dita sotto le mani giunte del cadavere e le sollevò leggermente. Con stupore di tutti, esse cedettero senza quasi opporre resistenza. “È un miracolo,” mormorò qualcuno.
Fate silenzio,” replicò ruvido padre Georg. “Anzi, fate una cosa: uscite tutti. Devo compiere le mie osservazioni in pace.”
Ma padre...” azzardò Konrad.
Anche tu. E lascia qui la lanterna, prima di andartene.”

All’ombra di un sicomoro, la schiena appoggiata al tronco, Adalrich osservava l’affaccendarsi della gente intorno alla chiesa rupestre. “Sembrano formiche intorno al loro nido,” disse.
Hanno solo trovato qualcosa di diverso dal solito,” rispose Hermann.
Il Gran Maestro non è venuto?”
Quando sono arrivato era già partito per Acri. Una questione urgente, mi hanno detto.”
Adalrich emise un sospiro. “Peccato, ci avrei tenuto a conoscere il suo parere.”
Tu pensi che quello non sia veramente un santo?”
Non lo so. Teoricamente si dovrebbe provare beatitudine di fronte a una santa reliquia, giusto? Sensazione di pace, di vicinanza col Signore.”
E tu non l’hai provata?”
L’altro strinse i denti, i suoi lineamenti squadrati si fecero ancora più duri. “Il contrario, direi. Qualcosa di simile a un senso di aspettativa funesta, come quando sta per succedere qualcosa di brutto.” Fece una pausa che utilizzò per contemplare gli astanti, molti dei quali già raccolti in preghiera, quindi continuò: “E non capisco se davvero la mia sensazione sia giusta, oppure se sia la mia natura che rifugge il Signore, e quando è al cospetto di una santa reliquia si contorce come una specie di serpe nell’avvicinarsi al fuoco.”
Hermann lo fissò stupito. “Ma che stai dicendo?”
È… per come sono fatto. Forse la mia reazione di fronte a quella santa reliquia è la riprova della mia natura diabolica.”
L’altro lo afferrò per le spalle, lo costrinse a guardarlo in faccia. “Tu porti la croce sul petto, Adalrich,” gli disse. “Hai votato la tua vita a Dio, hai sparso il tuo sangue per lui. Credi forse che il Signore ti avrebbe accettato nelle sue schiere, se la tua natura fosse diabolica?”
L’altro si svincolò dalla presa e volse lo sguardo altrove. Come avrebbe potuto il biondo, solare, allegro e cortese Hermann capire? Lui era una persona fiduciosa, onesta e soprattutto onorevole. Guardava al cuore del prossimo, non alla sua apparenza esteriore, e nella sua limpidezza non lo sfiorava nemmeno l’idea che altri potessero non farlo.
Non sapeva cosa volesse dire avere un aspetto che spingeva la gente a farsi il segno della croce, o ad arretrare come di fronte a un appestato.
Adalrich, mi ascolti?” La voce di Hermann lo distolse bruscamente dai suoi pensieri.
Sì, sì...” fu la risposta.
No, tu non mi ascolti,” sentenziò l’altro. “Ho appena detto che sta arrivando un carro, per trasportare la cassa a Starkenberg.”
In quel momento, padre Georg apparve sul crinale. Di nuovo si spolverò la veste, quindi scosse la testa e si incamminò per scendere.
Non sembra molto soddisfatto,” osservò Adalrich.
Hermann alzò le spalle e rispose: “Non vuol dire niente. Padre Georg non sembra mai soddisfatto. Dicono che anche all’assedio di Damietta, quando l’Ordine fu decorato sul campo per il valore dimostrato in battaglia, abbia trovato qualcosa per cui protestare.”
Con un gran frusciare di foglie, si fece avanti con ampie falcate il religioso. “Non avete niente da fare, voi due?” li apostrofò, vedendoli fermi sotto l’albero.
Stiamo aspettando voi, padre,” rispose compunto Hermann.
Non fare il furbo con me, cavaliere,” ringhiò l’altro, ma si vedeva che stava ridendo sotto i baffi.
Si fece avanti Adalrich. “Allora, padre?”
Il prete si pose i pugni sui fianchi e si erse in tutta la sua rispettabile altezza, senza peraltro arrivare a quella del suo interlocutore. “Allora che cosa, cavaliere?”
Quel corpo. È una santa reliquia o no?”
Da una parte sperava che lo fosse, ovviamente, ma dall’altra quasi si augurava che il sacerdote dicesse di no. Come avrebbe potuto spiegare, altrimenti, la sensazione orribile che l’aveva pervaso da quando aveva aperto la cassa e ancora non voleva abbandonarlo?
È materia complessa,” rispose padre Georg. “Ci sono elementi a favore, ma ci sono anche cose che non quadrano per nulla. Dovrò fare altri studi, e probabilmente dovrò chiedere il parere del vescovo. E ora avete qualcosa da bere? Oggi è un caldo infernale.”
Hermann gli porse una borraccia.

§

Fratello Adalrich si svegliò di soprassalto. Spalancò gli occhi con un sussulto e per qualche istante si guardò intorno ansimando. A parte il russare di qualche confratello, la camerata immersa nel silenzio. Il piccolo lume che doveva rimanervi sempre acceso stava ormai languendo prossimo a spegnersi, il che significava che entro breve sarebbe arrivata l’alba.
Si passò una mano fra i capelli sudati, quindi raccolse l’involto dei suoi vestiti e silenziosamente imboccò la porta.
La notte era fresca, le stelle erano così luminose che davano l’impressione di poter essere raggiunte semplicemente alzando una mano. Da qualche parte gorgheggiava un usignolo.
Il cavaliere salì sugli spalti, poi si appoggiò al bastione e lasciò vagare lo sguardo sulla pianura. Da quando il corpo era giunto a Starkenberg, non c’era notte in cui non si destasse in preda all’angoscia dopo aver fatto un sogno terribile.
Non riusciva a ricordare il sogno, ma era certo che fosse sempre lo stesso.
Un rumore lo fece voltare di scatto: dei passi si stavano avvicinando. “Hermann?” chiese, certo di aver riconosciuto l’andatura.
Non dormi, Adalrich?” gli giunse dal basso la voce del confratello.
Vieni su,” disse l’altro per tutta risposta. Hermann lo raggiunse, e quando fu al suo fianco ripeté la domanda.
Faccio sogni strani,” sospirò Adalrich.
Di che genere?”
Non lo so. Brutti, comunque.”
E da quando in qua? Hai sempre dormito come un sasso, persino alla viglia delle battaglie.”
L’altro emise un sospiro. “Da quando il corpo è arrivato qui. Di giorno ho un senso di oppressione che non mi abbandona mai, e di notte faccio questi sogni.”
Ma cosa sogni, esattamente?”
Te l’ho detto, non lo so. Però mi sveglio agitato, e devo uscire all’aria fresca.”
Ne hai parlato con padre Georg?”
Lo sai com’è fatto. Mi ha detto che l'ozio è il padre dei vizi, che mi devo stancare di più durante il giorno, così poi quando è ora dormirò sicuramente meglio.”
I due rimasero in silenzio per un po’, ascoltando i rumori della notte, quindi Hermann disse: “Domani arriverà il vescovo, finalmente.” Lasciò passare qualche istante, poi soggiunse: “Sai, neanche a me piace l’idea di avere una cassa con un cadavere qui al castello, anche se è chiusa in una stanza di cui solo il priore ha la chiave. Niente sacramenti, niente funerale. Mah...”

§

Un servo si affacciò sul cortile dove i cavalieri si stavano allenando con la spada e disse: “Fratello Adalrich, fratello Hermann, il priore chiede di parlare con voi.”
Subito i due rinfoderarono le armi e abbandonarono il luogo per andare a togliersi l’usbergo e prepararsi.
Poco dopo, si diressero verso lo studio di fratello Burkhard. Nel corridoio che conduceva a esso incrociarono Padre Georg. Di solito il sacerdote non aveva un carattere particolarmente amabile, ma in quel momento appariva addirittura furioso. Quando si accorse dei due, si immobilizzò e disse: “Quant’è vero Iddio, certa gente non capisce nulla. Prove inoppugnabili, dice, certezza assoluta. La certezza di essere una bestia senza cervello, dico io.”
I due si scambiarono un’occhiata perplessa. Non erano nuovi alle sfuriate del sanguigno sacerdote, ma di solito si capiva almeno l’argomento della requisitoria.
Il prete, comunque, imperterrito proseguì: “Viene da Acri in pompa magna con tanto di pastorale, si ferma giusto il tempo per far riposare i cavalli, dà un’occhiata a quello là e se ne va dicendo che sicuramente siamo di fronte a una santissima reliquia, che va portata in Germania senza indugio. Bah! Sapete cosa farei io, senza indugio? Ah, bocca mia, taci.”
Se ne andò a grandi passi, le mani allacciate dietro la schiena, continuando a imprecare.
I due cavalieri si voltarono per un attimo a seguirlo con lo sguardo, quindi andarono allo studio del priore, bussarono ed entrarono. Fratello Burkhard li accolse con affabilità, quindi disse: “Ho un compito da affidarvi.”
I due rimasero in silenzio.
Il vescovo ha decretato che la reliquia di Sant’Atanasio deve essere traslata in Germania prima possibile,” spiegò. I due notarono che neanche lui sembrava particolarmente convinto dalla faccenda. “È necessaria una scorta, quindi partirete voi due, il sergente Dorn e venti uomini.”
Adalrich si limitò ad annuire con un secco cenno del capo. “Quando?” chiese.
Partirete domani.”

   
 
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