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Autore: Inikos DS    13/10/2017    3 recensioni
Nico Di Angelo ha sedici anni, dopo la morte prematura della madre Maria, si troverà a dover fare i conti con la nuova compagna del padre: Persefone. Costei porterà via al ragazzo l’unica persona cara rimastagli; sua sorella Bianca.
Accusato ingiustamente dalla donna, di esser lui l’assassino della ragazza, Nico sarà portato di forza in un manicomio situato su un isola, nel pieno dell’oceano Atlantico; l’Happy Island.
Qui il ragazzo, si troverà ad affrontare una situazione completamente nuova, distrutto dal dolore e circondato da malati mentali, scoprirà presto gli orrori che si celano dietro quel nome, all’apparenza così “rassicurante”. Tra nuove amicizie, odio e il tanto desiderato amore, Nico dovrà combattere contro i suoi demoni per riuscire nella sua vendetta: eliminare Persefone e proclamare la sua innocenza al mondo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gli Dèi, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Nico/Will, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Nico si strinse a Will sotto le coperte riscaldate dal loro umano calore, in cerca di conforto. Dopo il discorso con Hazel avvertiva infatti una grossa inquietudine, come un groppo in gola. E adesso sentiva di dover mettere fine una volta per tutte ai suoi dubbi e timori, smetterla di mentire a colui che forse... no, magari era troppo presto per parlare di amore, ma che sicuramente un giorno avrebbe potuto amare.

La frase dell'amica gli riecheggiò nelle orecchie: Cominciamo ad agire dalle cose più semplici...

Quello che avrebbe dovuto affrontare con Will era forse una cosa facile?

No, assolutamente non lo era, ma infondo il ragazzo sapeva che sarebbero bastati un minimo di sincerità e di coraggio in più per far diventare quella che pareva un'insormontabile montagna, un piccolo pendio confortevole da attraversare.

 

Una collina bagnata dalla luce del sole, l'erba brillante, il vento che fluttua tra i fiori, il loro odore nel cielo azzurro. L'emozione nel percorrerla, una piccola goccia di sudore nella salita e il timore che fa battere il cuore congiunto all'emozione della consapevolezza...

 

<< Will. >> lo chiamò con un sussurrò. << Sei sveglio? >>

<< Si. >> rispose subito il ragazzo; a quanto pare neanche lui era riuscito a prendere sonno.

<< Io... >> Nico raggiunse la cima della collina. << Ho bisogno di parlarti. >> un'ondata di luce gli accecò gli occhi per alcuni istanti. << Adesso. >>

<< Anch'io, i pensieri mi stanno tormentando da questa mattina. >> ammise.

 

Era Will che seduto sull'erba, lo guardava in attesa che si avvicinasse, per andare a prendere posto vicino a lui.

 

E così si disposero, uno di fronte all'altro con le punta delle ginocchia che si sfioravano, i respiri che si univano in un unico vortice e sguardo nello sguardo.

 

 

<< Will non riesco più a trattenere questa angoscia... >> ammise il ragazzo. << Chi sei veramente? Perché sei già un medico? E soprattutto perché nel tuo bagno c'è un ingresso segreto? >>

L'altro ascoltò in silenzio e sull'ultima domanda il viso tradì un piccolo segno di stupore.

Nico lo guardava con occhi colmi di incertezza e timore, ma nel fondo Will riuscì a scorgervi una vena di dolcezza.

Il biondo si schiarì la gola e afferrò le mani di Nico;

<< Purtroppo non so nemmeno io chi sono veramente. >> ammise.

<< Posso dirti che mi chiamo Will, Will Solace e non ho mai conosciuto mia madre. Sono cresciuto insieme a mio padre, Apollo... >> si fermò un attimo, come se pronunciare quel nome gli provocasse dolore. << Lui però non era come dovrebbe essere un padre. Mi crebbe in una clinica privata insieme ad altri bambini. >>

<< Una clinica privata? >>

Will annuì.

<< Mio padre era un medico, anzi il medico per eccellenza. Il più bravo di tutti, nessuno poteva eguagliarlo, riusciva sempre in tutte le operazioni più delicate e rischiose, curava tutte le malattie, fino a quando... >>

Nico aumentò la stretta intorno alle mani del compagno.

<< Un giorno suo figlio gli “rubò” il titolo. >>

<< Quindi hai un fratello? >>

Will accennò un sorriso,

<< Ne ho tanti, ma siamo tutti fratellastri... Questo Asclepio fu il primogenito di mio padre. >>

<< Va avanti. >> lo incitò il ragazzo cercando di infondergli sicurezza.

<< Mio padre non riusciva ad accettare il fatto che qualcuno fosse più bravo di lui, neanche se quel qualcuno era suo figlio. Così incominciò a mettere incinta quante più donne possibili... Ed io nacqui da una di quelle povere illuse che erano cadute nella trappola di mio padre. >>

<< E qual'era il suo scopo? >>

<< Riprendersi il primato rubatogli dal figlio. Apollo ebbe l'idea di creare un esercito di medici, in questo modo tutti i suoi figli lo avrebbero aiutato nelle ricerche mediche. >>

Il moro non poteva credere a quel che aveva appena sentito.

<< Ma non ha senso... come possono dei semplici bambini diventare degli esperti medici? >> Nico non poteva credere ad una tale assurdità, anche se Will praticamente era già un medico.

<< Mio padre aveva sviluppato una sorta di integratore, per dirlo in parole povere, cominciò a darcelo da appena nati, mischiato con il latte in polvere. Questo intruglio aveva il compito di aumentare il nostro grado di QI. >>

<< Devo pensare che abbia funzionato alla fine. >>

Will scosse la testa,

<< Solo per alcuni, molti dei mie fratellastri con gli anni svilupparono una reazione allergica e morirono uno dopo l'altro. >>

<< E' terribile... >> sospirò il moro.

  • Perché il mondo era così malato? Perché la vita si divertiva a tormentare le persone innocenti? Perché, perché gli esseri umani erano così cattivi?

<< E tu poi come sei arrivato qui? >>

<< Non lo so... Semplicemente iniziavano a girare troppe voci e mio padre rischiava di essere scoperto. Troppi omicidi, bambini rinchiusi come schiavi e donne scomparse. Iniziammo ad essere separati, alcuni seguirono mio padre, altri vennero abbandonati in orfanotrofi, io e Michael qui. >>

<< Quindi non sai assolutamente nulla di lei. >>

Will abbassò lo sguardo,

<< No, neanche il nome...vuoto totale. >>

Distruggendo completamente la breve distanza che li superava Nico strinse il ragazzo a se.

<< Perdonami non sapevo facesse così male... ricordare. >>

Il biondo nascose il volto nell'incavo del suo collo, mentre le lacrime cominciavano a rigargli le guance.

<< Riguardo la porta segreta nel mio bagno... >> riprese qualche minuto dopo. << Posso solo dirti che porta ai sotterranei dove vengono fatti nascere i bambini. E' collegata alla mia stanza perché io e Michael abbiamo il compito di occuparcene. >> spiegò, mentre il sollievo s'infondeva nel corpo di Nico. << Avrei dovuto dirtelo da subito. >> si auto rimproverò.

<< No va bene così. >> lo rassicurò il moro. << Sono io che non avrei dovuto dubitare di te neanche per un istante. >> ribatté Nico accarezzandogli il capo. << Sei forse la persona più degna di fiducia che abbia mai conosciuto. >>

Will alzò il volto addolcito dal pianto.

<< Dici davvero? >>

Nico annuì e lo baciò.

Fu un bacio lento, dolce e caldo che si fece poco a poco più profondo, più intenso, più infuocato.

Nico spinse Will salendo a cavalcioni su di lui, mentre continuava a baciarlo con trasporto. L'altro nel mentre, infilò le mani sotto la maglietta nera del ragazzo accarezzando con foga la sua pelle diafana. I punti toccati dalle sue mani erano come fuoco vivo per Nico.

Fu un attimo ed entrambi persero il lume della ragione, il sentimento prevalse.

Il ragazzo poteva sentire l'erezione del biondo forzare i pantaloni per uscire, eccitato dal ritmo dei loro respiri, prese a tormentare il capezzolo di Will che si contrasse dal piacere. Con una mano s'insinuò nei suoi boxer arancioni e tastò il fulcro vitale del biondo ormai completamente turgido.

Nel mentre il compagno gli massaggiava fianchi e glutei tirandolo sempre di più a se, come a voler imprimere il corpo nel suo. I loro occhi s'incontrarono di nuovo e le stelle brillarono.

 

  • When you turn off the lights, i get stars in my eyes... Is this love?

     

Non lo sapeva, nessuno di loro due lo sapeva...

Nico assaporò il sesso del compagno, con la stessa intensità del peccatore assetato che morde il frutto della maligna passione.

Will lo accompagnava nei movimenti, giocando con le ciocche dei suoi capelli corvini che si mischiavano con il vortice buio nel quale erano caduti.

Sempre di più, sempre più in profondità, sempre più...

<< Ah... Ni-co io sto per... >> sussurrò in un gemito di totale estasi.

Le acque ruppero la diga e la valanga inondò la gola del ragazzo, che si abbeverò del nettare bianco.

<< Scus-a non vol-volevo. >> ansimò Will con le iridi totalmente espanse dal piacere.

Nico gli mise un dito sulle labbra e lo baciò di nuovo...

<< Ti voglio. >> ammise il biondo quando il bacio terminò.

Il moro gli sfiorò il lobo dell'orecchio con la punta della lingua, Will poteva avvertire il suo respiro profondo e caldo sul volto. << Sono già tuo. >> lo invitò, compiendo un leggero movimento con il bacino.

A quelle parole inequivocabili, Will afferrò un preservativo che teneva nel cassetto del comodino, mentre con l'altro mano cominciava a preparare il ragazzo.

Pure fiamme provenivano dal corpo del moro che dolcemente si lasciò esplorare nella sua zona più remota e infeconda.

Accettò la prima intrusione, nonostante il lieve senso di fastidio iniziale. E poi ancora la seconda, leggermente più dolorosa.

Will era dolce, muoveva le dita lentamente cercando di abituare il ragazzo a quell'improvvisa (seppur voluta) intrusione.

Presto il fastidio si trasformò in piacere e Nico cominciò a chiedere sempre di più... voleva che quel tormentoso piacere aumentasse. Fu a quel punto che Will entrò definitivamente in lui.

Il sangue ribollì nel sangue del moro, mentre il dolore esplodeva come fuochi d'artificio percorrendo tutte le vene.

<< Dimmi tu quando posso cominciare a muovermi. >> lo rassicurò Will, continuando a massaggiarli la schiena ed a baciargli il collo.

Nico lottò a lungo contro quella situazione di stasi... voleva, voleva che il ragazzo si muovesse in lui con tutto se stesso, ma il dolore lo frenava. Come una forza d'attrito spingeva via l'oggetto del suo piacere.

<< Devi solo rilassarti. >> continuava intanto a cullarlo la voce del biondo,

<< Chiudi gli occhi e lasciati andare a me, sai che puoi fidarti. >>

  • La sua voce, la sua fottuta voce, è così maledettamente sensuale. Pensò Nico, mentre man a mano cominciava a sciogliersi.

Senza nemmeno accorgersene Will cominciò a muoversi dentro di lui... lentamente, con piccoli movimenti regolari. E man a mano l'acciaio diventava più dolce; prima tramutò in legno, poi il legno divenne seta e la seta acqua.

Nico inarcò la schiena, concedendosi completamente al compagno.

Will non riusciva più a fermarsi, era caduto vittima di una danza lenta e logorante, un piacere mai sperimentato prima. Spingeva di più, sempre di più, mentre Nico invocava il suo nome tra gli stenti degli ansimi.

L'aria intorno a loro si era fatta gravida di energia e sensazioni... il caldo era tramutato in pieno fuoco e tutto in quel momento ardeva.

Entrambi vennero con un grido soffocato dalle loro mani, l'attimo dopo si accasciarono l'uno sopra all'altro, ansimanti, doloranti, sudati, appagati ma soprattutto felici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Bulgaria – Aeroporto di Sofia

 

 

Appena atterrati all'aeroporto, Jason e Reyna furono scortati da un taxi fino ad un hotel dall'aria economica.

<< E' qui che alloggerete. >> spiegò loro Phobos tramite un'auricolare che i ragazzi tenevano inserita nell'orecchio. << Dite che siete i fratelli Stone e avete ordinato per una vacanza studio per apprendere la lingua del posto. >>

Reyna sbuffò contrariata, il viaggio di quasi undici ore l'aveva stressata come non mai, senza contare la rabbia che le covava dentro da quando aveva lasciato l'isola.

Dopo aver lasciato la mancia sul sedile posteriore, i due ragazzi scesero dall'abitacolo ed entrarono. Un ragazzo dall'aria simpatica li accolse con un sorriso e li accompagnò fino alla reception. Qui stava una signora dall'aria affidabile.

<< Benvenuti all'Holiday Hotel. >> esclamò in un inglese fluido.

<< Salve. >> parlò Jason. << Siamo i fratelli Stone, abbiamo ordinato due camere low budget. >>

La donna controllò un attimo il monitor del computer,

<< Ah si, eccovi qua, un documento di riconoscimento per favore. >>

Jason e Reyna mostrarono all'unisono gli orecchini.

<< Perfetto, tutto apposto. >> esclamò la signora facendo loro un occhiolino.

<< Le vostre stanze sono le 17 e la 18, al secondo piano. >> disse poi, consegnando le chiavi ai due ragazzi.

<< Grazie. >> disse Reyna afferrando la sua. << Siamo qui per una vacanza studio, speriamo di imparare la lingua. >>

<< Oh sono sicura che non avrete problemi, in hotel alloggiano moltissimi studenti locali, in visita dalle altre contee. >> la rincuorò la donna. << Koiv avanti accompagna i ragazzi nelle loro stanze. >> disse poi, rivolta al ragazzo che stava all'entrata.

Entrati nelle rispettive stanze i ragazzi si divisero. Reyna lanciò la valigia in un angolo e si buttò sul letto con uno sbuffo, mentre Jason si avvicinò alla finestra e rimase incantato ad osservare il panorama che la sua finestra offriva; finalmente poteva vedere quella parte di mondo che gli era da sempre stata privata.

Ma nessuno dei due poté godersi i propri comodi per molto, il secondo dopo infatti Phobos parlò nuovamente tramite gli auricolari;

<< Adesso sistemate tutto e poi andate a farvi una doccia, questa sera ci sarà un primo incontro con alcuni ragazzi. >> spiegò, << Dovrete essere perfetti. >> concluse poi interrompendo la connessione.

 

 

 

 

Lentamente Reyna si spogliò dei suoi abiti e li lasciò cadere sul pavimento. Sapevano ancora di aereo... antichi ricordi gli tornarono alla mente; lei che veniva portata via dalla sua terra.

Si lasciò bagnare dall'acqua bollente della doccia, giù infondo fino alle ossa, mentre immagini di Puerto Rico le riempivano gli occhi della mente e del cuore.

Perché non poteva essere lì? A correre sulle spiagge di sabbia fine mano nella mano con Piper. Bagnarsi fino al giorno seguente e baciarsi al tramonto.

 

 

 

Jason aprì la valigia e cominciò a sistemare gli abiti. Non gli piaceva quell'armadio, sapeva di naftalina e lui odiava quell'odore.

Con uno scattò la scaraventò a terra e vide tutti i vestiti rovinare al suolo, pieghe infinite e colorate come le montagne di Zhangye Danxia.

Per la prima volta in vita sua era uscito da quella maledetta isola, per la prima volta aveva toccato un altra terra con i propri piedi.

Eppure sapere di esser lì come schiavo in incognito lo mandava fuori dai gangheri. E poi c'era sua madre; era quasi riuscito a vederla, ma adesso lei era ancora lì, mentre lui non c'era più. Era ancorato alla consapevolezza che avrebbe dovuto svolgere il suo lavoro alla perfezione, solo così avrebbe avuto la possibilità di incontrare la donna che lo aveva messo al mondo.

 

 

 

Bulgaria – Ore 21:30

 

 

<< Allora siete pronti? >> domandò Deimos dall'auricolare ai due ragazzi.

<< Si. >> rispose Reyna fredda come il ghiaccio. << Stiamo scendendo ora nella hall. >>

<< Perfetto, il taxi è già fuori ad aspettarvi. L'ho affittato personalmente per voi due. >> spiegò il ragazzo. << Ditegli che dovete andare a Felsika street road n°37. >>

<< Ricevuto. >> fece Jason, aprendo lo sportello a Reyna che lo ringraziò con un lieve sorriso.

Le luci della notte sfilavano sui loro occhi, persi nel cielo plumbeo, mentre il taxi sferzava veloce verso la destinazione.

<< Sei molto bella questa sera. >> le confessò Jason appena furono scesi dall'abitacolo.

La ragazza non si aspettava un complimento del genere, non in quel momento.

<< Oh grazie. >> disse lievemente nervosa. << Anche tu non sei messo per niente male. >>

Jason sorrise, << Lo so. >>

<< Pallone gonfiato. >> lo prese in giro la ragazza tirandogli un pugno sulla spalla.

Proseguirono per un pezzo a piedi fino al secondo indirizzo fornitogli da Deimos e dopo dieci minuti di cammino si trovarono di fronte ad un locale completamente scuro, gremito di gente che faceva la fila per entrare.

<< Reyna. >> l'apostrofò Phobos, << Avvicinati al buttafuori e mostra lui il tuo orecchino, capirà subito chi siete e vi lascerà passare. >>

Cercando di non cadere sui tacchi neri che aveva indossato, Reyna obbedì. Aggirando la fila si portò accanto all'uomo, forse alto più di due metri, che le rivolse uno sguardo lascivo.

Senza dire nulla la ragazza si scostò i capelli corvini dall'orecchio e mise in evidenza l'orecchino/telecamera che le era stata installata dai due fratelli prima di lasciarla partire per la Bulgaria.

L'uomo subito si fece da parte e Reyna fece cenno a Jason di raggiungerla. << Lui è con me. >> disse solo.

L'uomo fece l'occhiolino ad entrambi e poi richiuse la porta.

Per la prima volta da quando avevano lasciato l'Happy Island, i ragazzi si ritrovarono all'interno di un ambiente spiacevolmente famigliare.

L'enorme sala a due piani era gremita di giovani ragazzi e ragazze che ballavano strafatti di chissà quali devastanti droghe.

<< Bene, adesso agite secondo il protocollo. >>

I due ragazzi si separarono.

La musica inondò le orecchie di Reyna che cominciò a muoversi nella pista alla ricerca di un gruppo di ragazzi adatti.

Stessa cosa fece Jason salendo al piano superiore del locale. Doveva mettersi un po in mostra al fine di riuscire ad agganciare qualche bella ragazza. Come sapeva ben fare cominciò a muoversi lasciando che la musica prendesse il sopravvento nel suo corpo; in men di dieci minuti aveva già puntati addosso gli occhi di almeno dieci ragazze e ne era certo qualche ragazzo.

Più il ritmo aumentava, più sentiva l'adrenalina e la sensualità montare in lui... Non si era mai sentito così, era diverso dalle classiche esibizioni a cui era abituato all'Happy Island, qui non c'era nessuna coreografia da seguire, nessuno schema prefissato, nessun pubblico ad assistere.

Solo lui, la musica e qualche ragazza incantata.

 

 

Reyna trovò ben presto le sue vittime, due ragazzini che si e no avevano poco più di quindici anni. Ballavano accanto al bancone e guardavano con malizia un gruppetto di ragazze che si pavoneggiava su un cubo. La ragazza s'avvicinò lentamente e, quando fu a vista d'occhio delle due prede, sorrise loro in modo inequivocabile.

Con un dito fece cenno di avvicinarsi,

<< Ei pupa. >> l'apostrofò uno dando il gomito all'amico.

<< Ciao bello. >> lo salutò lei eliminando la poca distanza che li separava.

<< Tu e il tuo amico avete mai provato una cosa a tre? >>

I due sorrisero accessi dall'eccitazione che il solo pensiero provocava loro.

<< Ehm no in realtà, ma vorremmo tanto provare. >> rispose l'altro soffermandosi sul seno di Reyna.

<< Bene, allora questa è la vostra sera fortunata. Uno davanti, l'altro dietro... >> continuò a provocarli.

<< Adesso? >> domandò l'ignaro.

<< Certo che si, alloggio qui vicino. >> fece Reyna indicando un punto impreciso.

Nel frattempo il barman che aveva origliato l'intera conversazione sparì misteriosamente dietro una porta.

<< Andiamo allora. >> fecero i due eccitati.

Reyna s'incamminò verso l'uscita con passo fluente. E' stato così facile, pensò. Ma d'altronde non era poi così stupita; è risaputo che (quasi) tutti gli uomini si rincretiniscono completamente davanti ad un paio di tette e alla promessa di poter infilare il loro volgare uccello in un buco qualsiasi. O meglio in un buco “che respiri”.

Finalmente fuori dal caos Reyna attese l'arrivo del taxi privato che Phobos (il quale aveva sentito l'intera conversazione tra i tre), si era preoccupato di avvisare.

Nel frattempo un ragazzo cominciò a palparle il sedere, mentre l'altro sghignazzava divertito. Frenando l'impulso di pestarli a sangue, Reyna finse un sorriso di piacere; si sarebbe vendicata più tardi. Odiava così tanto quei ragazzi in quel momento... Come si poteva essere così stupidi da seguire una sconosciuta nel cuore della notte? E per cosa poi? Per una fottuta scopata. Meritavano di essere rapiti, meritavano di finire all'Happy Island, lo meritavano per la loro idiozia.

Raggiunto l'hotel, Reyna li guidò in camera intrattenendoli nel frattempo su possibili posizioni e giochi erotici da fare.

<< Allora. >> esclamò facendo girare intorno al dito un paio di manette.

<< Chi vuole essere legato per primo? >> domandò, sfilandosi nel frattempo l'abito e lasciando il seno in bella vista.

<< Io, io. >> si dibatterono entrambi gli stolti.

<< Uhm... >> si finse pensierosa la mora, << Facciamo che vi lego entrambi, che ne dite? >>

I ragazzi parvero entusiasti dall'idea e senza che Reyna dicesse altro si allungarono sul letto. Alcuni secondi dopo erano entrambi bloccati per i polsi.

La ragazza sospirò e si affrettò ad indossare una felpa.

<< Ei. >> disse uno << Cosa stai facendo? Dobbiamo scoparti, non ricordi? >>

Reyna si avvicinò a lui e gli assestò un pugno in pieno petto.

<< Fottiti coglione. >> esclamò sputandogli in faccia.

Il ragazzo boccheggiò dal dolore mentre l'altro preoccupato cominciò a piagnucolare.

<< Brutta troia a che gioco stai giocando? >> le domandò cercando di nascondere il panico che montava in lui.

Reyna non si scompose, le avevano dato della troia più volte di quanto l'avessero chiamata per nome. Staccò due grossi pezzi di scotch e tappò le bocche ai due malcapitati.

<< Non mi scoperete mai per due semplici motivi, primo: sono lesbica e secondo: tra poco sarete voi ad essere scopati. >> concluse infilzandoli con una siringa contenente una potente dose di sonnifero.

 

 

 

Il barman bussò nove volte prima di entrare e attese.

<< Vieni avanti. >> esclamò una voce fluente.

<< Signora. >> salutò con un inchino. << Una di loro è qui. >>

Nella penombra il ragazzo vide la donna sorridere.

<< E' sola? >>

<< Purtroppo ho visto solo lei, ma non credo siano così stolti di mandarne solo una. >>

<< Sicuramente ci sarà un altra complice o forse di più... >> disse pensierosa. << Hai già mandato le sue foto a mio fratello? >>

<< No, prima volevo mostrarle a lei. >> spiegò mostrando delle foto raffiguranti Reyna.

<< Bene, non dimenticherò facilmente il suo volto. >>

 

 

 

 

 

All'alba del mattino seguente due uomini entrarono per prelevare dalla camera di Reyna i due ragazzi ancora addormentati.

Parallelamente altri due prendevano la ragazza intrappolata di Jason.

Phobos e Deimos si misero di nuovo in contatto,

<< Complimenti ad entrambi. >> disse il secondo. << Nel vostro primo giorno ne avete già presi tre. >>

<< Se continuerete con questo ritmo potreste addirittura diventare più bravi di noi due. >> gli fece eco il fratello.

<< Beh adesso non esageriamo. >> controbatté però Deimos. << I migliori saremo per sempre noi. >>

<< Si hai ragione fratello... >>

<< Avete finito di idolatrarvi l'uno l'altro come due idioti. >> sbottò spazientita Reyna.

<< Ei tu! Vedi di moderare i termini signorina. >> rispose indignato Deimos.

<< Già, o la tua cara Piperina potrebbe passare un brutto quarto d'ora. >> intervenne anche Phobos.

<< Provate anche solo a torcerle un capello e io... >>

<< Tu cosa? Eh signorina Ramirez? >> l'apostrofarono i gemelli. << Tu non puoi nulla. Sei solo una pedina nelle nostre mani. >>

Ingoiando la serie di insulti che stavano per uscirle dalla bocca Reyna prese a mordersi il labbro fino a farlo sanguinare.

<< Allora dove sono i prossimi? >> domandò Jason cercando di far placare le acque tra i tre.

<< Sotto terra. >> disse Phobos.

<< Come topi di fogna. >> esclamò divertito Deimos, mentre Jason cercava di comprendere il senso di quell'affermazione.

 

 

 

 

 

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Venezia

 

 

 

<< Signor Ade. >> lo chiamò la dottoressa appena l'uomo si fu chiuso alle spalle la porta della stanza di Bianca. << Da questa parte prego. >>

Entrati in un piccolo ufficio fece cenno all'uomo di accomodarsi.

<< Allora avete trovato un modo per farle tornare la memoria? >> domandò nell'immediato.

La donna scosse la testa,

<< Purtroppo non è così facile... Deve comprendere che ci troviamo di fronte ad una situazione abbastanza delicata. >>

<< Senta sono disposto a pagare tutti i soldi di questo modo pur di far tornare mia figlia quella di una volta. >> esclamò esasperato Ade.

La dottoressa si soffermò a contemplare il suo dolore che, non veniva espresso solo dal tono di voce o dal volto contratto, ma traspirava anche dalla barba incolta, dai capelli spettinati e dalla camicia macchiata.

Che fine penosa aveva fatto il grande Ade...

La donna armeggiò in un cassetto e tirò fuori un bigliettino.

<< Questa è l'unica salvezza che posso garantirle. >> disse, consegnando il foglietto all'uomo.

Ade lo prese con mano tremante e lesse quanto vi era scritto:

Dottor. Ollo // Bulgaria – Sofia

seguito da un numero civico, un indirizzo e-mail e un numero di telefono.

<< Cosa significa questo? >> chiese confuso.

<< Significa che questo Dottor. Ollo potrebbe essere l'unico in grado di far tornare la memoria a sua figlia. >> spiegò la donna abbassando lo sguardo sulle ultime parole.

<< Quindi dovrei trasferirmi in Bulgaria? E lasciare così il mio lavoro e la mia casa? >> domandò sconvolto da quella possibile nuova realtà.

<< Certo che no. >> lo tranquillizzò la dottoressa. << Provvederemo a trasferire solo Bianca. >>

<< Per quanto tempo? >>

<< Il tempo necessario per permettere alla sua memoria di riaffiorare in superficie. >>

 

 

 

 

<< Bianca tesoro. >> disse Ade aprendo la porta.

<< Papà. >> esclamò solo la ragazza mogia, mogia.

<< Come stai? >>

Bianca non gli rispose, limitandosi a fissare la foto che ormai era diventata unico oggetto della sua attenzione.

<< Rivoglio la mia memoria, cosa ti ha detto la dottoressa? >> sospirò qualche minuto dopo.

<< Lo so. >> le disse l'uomo avvolgendo la mano nella sua. << Mi ha detto che forse un modo c'è. >> ammise.

Bianca quasi sobbalzò a quella notizia,

<< Dici davvero? >> domandò speranzosa.

Ade annuì,

<< Si, ma per riaverla dovranno trasferirti in una clinica privata, fuori dall'Italia. >>

<< Dove di preciso? >>

<< In Bulgaria. >>

<< Bulgaria? Ricordo di averla studiata a geografia... se non sbaglio si trova sopra la Grecia. >>

<< Si, più o meno è lì. >> le confermò Ade. << Soltanto un ora e mezzo di volo. >>

<< Tu e mamma verrete con me? >>

L'uomo scosse la testa,

<< Non possiamo... ma per qualunque cosa saremo da te in men che non si dica. >>

Lo sguardo della ragazza si rabbuiò.

<< Non ti perderò non preoccuparti. >> cercò di rassicurarla.

  • Mi rimani solo tu.

 

 

 

 

 

 

 

 

La dottoressa prese il telefono e compose il numero.

<< Ha accettato. >> disse.

<< Perfetto, entro la prossima settimana la voglio qui. >>

<< Sarà pronta anche prima. >>

<< Ottimo. >>

La donna stoppò la chiamata e si alzò per raggiungere i pazienti.

 

 

 

 

 

 

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Happy Island - Arena

 

 

 

Un colpo, due colpi, tre colpi.

Una goccia di sudore cadde dal viso della ragazza pronta ad infilzare il terzo bersaglio.

Immaginando il volto di Phobos e Deimos al posto dei manichini, così Piper sfogava la sua rabbia. Con un movimento fluido lanciò il coltello che andò ad infilarsi dritto sulla fronte del bersaglio.

Non erano passate che ventiquattro ore ma l'assenza di Reyna le risultava già insopportabile. Come poteva vivere senza di lei? Come?

In preda al furore afferrò una scure e cominciò a mutilare il manichino, urlando ad ogni colpo. Presto però le braccia cominciarono a cederle, era troppo magra per tenere un arma del genere. Con il fiatone tentò un altro colpo che però le fece quasi perdere l'equilibrio.

<< Non credo che alla tua ragazza piacerai da morta. >> la raggiunse una voce.

La ragazza si girò con il sangue che le ribolliva negli occhi.

<< Ares. >> esclamò con tono grave. << Cosa vuoi? >>
L'uomo la guardò come si guarda un insetto,

<< Voglio che smetti di usare a casaccio le mie armi e che non rischi di rovinare il tuo bel visino. >> disse lui, stranamente pacato nei toni.

Piper accennò un mezzo sorriso,

<< Vai a farti fottere. >> rispose solo, sperando di provocare una reazione nell'altro.

<< Non ti distruggo solo perché sei una delle più preziose. >> l'avvisò l'uomo cominciando a recuperare i coltelli che non avevano raggiunto il bersaglio.

<< E poi non penso che tua madre la prenderebbe bene. E inoltre sappi che si aspetta ancora delle scuse da parte tua, quindi ti consiglio di muoverti a fargliele. >>

<< Dov'è Reyna? >> chiese però la ragazza, ignorando beatamente le sue parole.

Ares alzò le spalle,

<< Non ne ho idea. >>

<< Devi dirmelo. >> ribatté però Piper.

L'uomo le diede di nuovo le spalle scuotendo il capo.

Fu un attimo di rabbia totale e usando tutta la forza che le rimaneva in corpo, Piper lanciò la scure contro Ares. Stava davvero per colpirlo alle spalle, ma l'uomo esperto di combattimenti fin dalla più tenera età, avvertì il sibilo e fermò l'arma giusto un secondo prima che gli si conficcasse tra le scapole.

Piper sputò per terra, mentre l'altro visibilmente irritato le si avvicinò,

<< Beh dato che non intendi calmarti, vedrò di fare una piccola eccezione. >> disse, come se fosse stato obbligato a colpire la ragazza sulla testa, facendola svenire al suolo.

<< Stupida innamorata. >> commentò poi riponendo le armi nell'armadietto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

 

Prevedo tante maledizioni su di me. Perché me le merito tutte quante...

Chiedo scusa a tutti per l'enorme ritardo e per la mia completa assenza, davvero non volevo scomparire così. Purtroppo però ho passato un periodo abbastanza stressante e la mia ispirazione era scomparsa del tutto.

Fortunatamente sono tornato in carreggiata e da oggi state pur certi che sarò di nuovo qui e pubblicherò con costanza.

Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto (soprattutto dopo questa attesa infinita). Un grazie di cuore a tutti quelli che ancora ci sono.

xxNico

  
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