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Autore: Frulli_    21/10/2017    2 recensioni
Inghilterra, 1805. Cathleen ed Emma non potrebbero essere più diverse: la prima è razionale e posata, la seconda entusiasta e romantica. Ma quando le due sorelle avranno a che fare con l'amore e i sentimenti, le reazioni saranno totalmente diverse.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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10. Odi et amo

 

«Augustine, porta il thè in camera di Miss Cathleen» ordinò pacatamente la cuoca, mentre girava la zuppa nella pentola di rame, appesa sul fuoco.
«Subito» annunciò scattante Augustine. Avevano passato tutti dei momenti concitati nei giorni precedenti, quando Miss Cathleen era tornata dalla passeggiata in uno stato delirante, con la febbre altissima. Mr Colborne non era stato da meno e così anche miss Elizabeth, a Barrington House. L'unico tornato incolume dalla tempesta fu il Capitano Barrington, che si assunse l'incarico di andare a piedi a Bath, avvisare e tornare con i rinforzi per recuperare i suoi sfortunati compagni di viaggio.
Salì lentamente le scale, ringraziando Dio per aver fatto guarire tutti e tre. Miss Cathleen aveva trascorso notti più critiche rispetto agli altri, ma la sua forza di volontà era infinita, e così potevano finalmente tutti tirare un sospiro di sollievo.
«Augustine?» qualcuno la richiamò, con garbo. Il Commodoro Jack Colborne apparve davanti a lei.
«Si, signore...» mormorò la ragazza, chinando il capo. Il vassoio tra le mani le tremò appena, tanta era l'agitazione.
«Come sta mia nipote?»
«Il medico dice che deve ancora riposare, ma che sta molto meglio e che oggi potrà anche alzarsi dal letto, se lo desidera»
«Una bellissima notizia davvero, grazie per avermelo detto»
«Dovere, signore» mormorò la giovane cameriera, facendo per superarlo e tirare dritto. Il giovane uomo la trattenne con garbo, stringendole appena il braccio con la sua mano. Augustine arrossì.
«Hai pensato alla mia proposta...?» le sussurrò, con dolcezza e gli occhi vibranti di speranza.
«Non ancora, e non potrei comunque. Non posso deluderli così, Mr Colborne andrebbe su tutte le furie. Se dovesse scoprirmi, io...non oso nemmeno pensarci» precisò, spaventata.
«Augustine, guardami» il suo ordine non passò inosservato. Augustine sollevò gli occhi su quelli azzurri dell'uomo «Non devi vergognarti, né avere paura di mio fratello. Lui...lo sistemerò io, tu devi solo dirmi se accetti o meno, mh? E' semplicissimo: o si, o no. Va bene?»
«Va bene...» mormorò Augustine, sorridendo appena. Jack sorrise di rimando, dolcemente, quindi la lasciò andare e si diresse altrove.
Augustine sospirò, con il cuore a mille. Cercò di non pensare al fratello del suo signore, e a passo svelto si diresse verso la porta di Miss Cathleen, bussando prima di entrare.

«Un così caro ragazzo, vi dico! Viene a trovarla ogni giorno, le legge dei libri, conversano e sono sicura che quando Cathy se la sentirà andranno anche a passeggio insieme! Davvero un caro ragazzo...»
Cathleen si svegliò dal suo pesante sonno mattutino con la voce stridula della madre. Aprì lentamente gli occhi, e notò subito il Dottor Parson che riponeva i suoi strumenti nella borsa, l'aria annoiata nel sentire l'ennesimo identico resoconto da Mrs Colborne, in piedi in fondo al letto mentre guardava trasognata oltre la finestra della camera. Cathleen si girò di lato, vide Augustine entrare proprio in quel momento con il thè, poi sorrise con dolcezza nel vedere Emma seduta al suo fianco, con l'aria serena ma preoccupata.
«Emma...» mormorò appena, la voce impastata dal sonno e dalla stanchezza che aveva addosso.
«Oh Cathy, è così bello vederti meglio! Ho avuto così tanta paura per te» ammise la sorella, stringendole la mano.
«Oh sciocchezze, qualche giorno di febbre non ha mai fatto male a nessuno. Il Capitano ha chiamato il miglior medico di Bath per lei, sai? E quando la tempesta era finita è venuto a piedi fin qui, avvisandoci, ed è tornato a piedi per altre due volte, per non rallentare i soccorsi per loro tre. Che eroe! Viene a trovarla ogni giorno, sai Emma?»
«Sì madre lo so, l'ho visto anche io. Certo, si è davvero prodigato bene per la nostra Cathy...» precisò Emma, sorridendo divertita alla sorella, che sorrise con dolcezza. Era troppo stanca per combattere e nascondere i suoi sentimenti. Nei giorni precedenti era stata anche incapace di parlare ed il Capitano si limitava ad assisterla mentre mangiava, a leggerle qualche opera di Shakespeare o a raccontarle quanto Elizabeth fosse in pena per lei. Ma quel giorno si sentiva più in forze, e mangiò tutta la colazione, e così anche il pranzo. Si lasciò lavare e vestire da Augustine, senza opporsi a nulla. Ma era quasi ora del thè quando le tre donne si accorsero che il Capitano ancora non faceva loro visita.
«Che strano» mormorò Mrs Colborne.
«Non ti crucciare, mia cara, sono sicuro che il Capitano ha i suoi motivi per ritardare» precisò calmo Mr Colborne, senza staccare gli occhi dal suo giornale.
«Motivi, dite. Sono sicura che nessun motivo è abbastanza valido per far attendere delle signore per bene» precisò Mrs Colborne, impettita.
Cathleen sospirò, quindi lentamente fece per alzarsi. Le girava un po' la testa, ma passò subito.
«Dove vai, cara?»
«A suonare, madre, mi distraggo un pò»
«Ti accompagno» si propose subito Emma, ma Cathleen sorrise e scosse il capo.
«Non serve, davvero Emma. Sto bene, sono in forze...non devo nemmeno salire le scale»
«Va bene...ma verrò a controllarti tra poco» precisò la sorella maggiore, sorridendole appena.
Cathleen fece altrettanto, quindi lentamente si avviò verso la sala da musica. Si sentiva la testa leggera e che le girava appena ma, pian piano, riuscì ad arrivare nella sala senza grandi problemi. Lasciò la porta semi-aperta, nel caso avesse bisogno di qualcuno ed anche per rassicurare i familiari, quindi si avvicinò al pianoforte. Cosa suonare?
Si sedette e cominciò a premere qualche tasto, distratta, con la testa che pulsava. Forse era meglio lasciar stare la musica. Rimase lì, seduta davanti la tastiera, a ripensare finalmente al Capitano e alla giornata vissuta in campagna. Sospirò, ritenendosi una stupida ad averlo aggredito con così tanta violenza. Perchè la sua testa ancora si ribellava al cuore?

Qualcuno bussò alla porta ed alzò così il viso verso l'ingresso.
«Avanti» annunciò pacata, e sorrise entusiasta quando vide lo zio Jack sulla soglia della porta.
«Zio!» esclamò felice, andandogli incontro.
«Oh la mia piccola Cathy...che cosa ti è capitato?» chiese l'uomo, abbracciandola con dolcezza.
Cathleen si godette quel gesto così caldo e rassicurante, quindi gli raccontò brevemente la sua piccola avventura.
«Cose che capitano, qui in Inghilterra. Mai fidarsi del tempo inglese, e d'altronde il nostro Capitano non poteva esserne così sicuro: non è certo un uomo di terra, e a lui due secchiate d'acqua non fanno nulla. Ma a due boccioli delicati come te e Miss Elizabeth...»
«Zio, non dirmi che provi affetto per la mia amica» chiese Cathy insolente.
«Affetto? Ah! La tua ironia è lodevole, Cathy»
«Dico sul serio, zio...perchè non ti sei mai sposato?» chiese Cathy, curiosa e seria.
«Perchè ho sposato il mare, ed il mare è un amante che non perdona. Tradito una volta, tradito per sempre. Ero giovane, ed ho sì avuto delle infatuazioni, ma nulla che potesse fermarmi. Il mare è un richiamo troppo forte, Cathy...non affezionarti troppo, lo dico per il tuo bene» mormorò lui, abbracciandola delicatamente.
«Ma io..» cercò di opporsi l'altra, senza riuscirci.
«Non parlare, vi ho visto entrambi. Ma d'altronde è logico: siete due giovani con una mente sveglia, e sareste perfetti insieme. La dedizione con cui Charles è venuto a trovarti è unica, solo un giovane come lui può prendere tanto a carico le sue scelte e conseguenze. Ma a volte i doveri ci portano lontano dal cuore, e...e allora non si può far nulla per, come dire...»
«Zio...» Cathy lo interruppe, con uno strano presentimento addosso «ti riferisci a qualcosa di preciso?»
Jack sorrise e le baciò la fronte. «No, cara, non ascoltare questo vecchio zio. Vieni, andiamo a prendere il thè, sono sicuro che tua madre mi darà una versione del tutto diversa della tua avventura» annunciò ironico, porgendole il braccio ed uscendo così dalla sala.
Ma una volta arrivati alle soglie del salotto, entrambi poterono riconoscere facilmente la voce familiare di Sir Barrington.
«Ah, Miss Cathleen!» esclamò sorridente il baronetto, e i suoi due figli si alzarono di scatto.
«Miss Cathleen...è una gioia vedervi in buona salute finalmente» annunciò il Capitano, chinando il capo. Quando lo risollevò, Cathleen lo stava ancora fissando ma presto si riprese e chinò a sua volta il capo. Il disagio e l'imbarazzo tra i due era palpabile, o almeno da entrambe le parti: avevano vissuto qualcosa di sconveniente e contro ogni regola sociale, ma consapevoli e coscienti. Si erano abbracciati, e toccati con una naturalezza che Cathleen ricordava vividamente ogni giorno.
«Sir Barrington, Mr Barrington, Capitano...vi ringrazio per la vostra visita. Sto molto meglio, si, e posso affermare con una certa coscienza di essere guarita del tutto. Miss Elizabeth sta bene?»
«Oh si, Elizabeth sta benissimo, ha avuto anche lei la febbre ma sta guarendo velocemente. Auspica di rivedervi al più presto. Bene! Immagino che possiamo andare» annunciò Sir Barrington «Mrs Colborne, è stato un piacere come sempre, a rivederla una di queste sere. Signorine...» salutò con garbo tutti, quindi fece per avviarsi verso l'ingresso.
«Mr Colborne, Mrs Colborne, signorine...Miss Cathleen, a presto» fece eco il Capitano, in evidente imbarazzo, quindi seguì il padre verso l'uscita. Mr Barrington, stranamente taciturno, salutò a malapena i presenti nel salotto e scoccò un'occhiata a Cathleen. Per un istante, le sembrò di aver percepito un odio profondo nei suoi confronti.
Cathleen arricciò le sopracciglia e fissò interrogativa il resto della famiglia, che sorrideva come se fosse Natale.
«Cathleen, siediti cara, tuo padre deve parlarti» annunciò Mrs Colborne. Cathleen si sedette vicino al padre, tremante.
«Sarò breve, Cathy: Sir Barrington ed il Capitano sono venuti per chiedermi se Charles potesse ufficialmente corteggiarti, e se avessi nulla in contrario. Io non ce l'ho, ma la mia domanda è: tu sei contraria a questo corteggiamento?»
Cathleen arrossì violentemente: non credeva alle sue parole. Scosse appena il capo, fissando imbambolata il padre.
«Molto bene, immaginavo. Passerete dunque le successive due settimane a conoscervi, ovviamente sarete sempre in compagnia di qualcuno, ed alla fine di queste due settimane Charles mi chiederà la tua mano. Dalla battaglia di Trafalgar ha preso una discreta somma di denaro come premio per le sue gesta, e seppur non sia il primogenito lo reputo degno di te»
«Ma la Marina...»
«Ha già mandato le sue dimissioni ufficiali alla Marina, il giorno dopo che siete tornati dalla passeggiata. Deve solo attendere la lettera ufficiale, ma non ci sono motivi per un rifiuto. Sir Barrington ha già promesso Adam in matrimonio, e una volta sposato potrete sposarvi anche voi due. Diciamo che per il prossimo Natale sarai la futura Mrs Barrington» annunciò il padre, sorridendo appena.
«Io ho come il presentimento che Mr Barrington non sia felice di questo matrimonio. Chissà che ti voleva per sè» precisò Emma, ridacchiando.
«Sicuramente un matrimonio con l'erede era più vantaggioso» precisò Mrs Colborne.
«Madre!» esclamò sconvolta Cathleen «non potrei mai sposare un uomo come Mr Barrington»
«Non c'è pericolo che questo accada, cara: Mr Barrington è promesso ad una Duchessa da quando è nato, stanno solo attendendo che la promessa sposa sia...abbastanza matura» precisò Edward.
Cathleen si mise a fissare qualche istante la pioggia che batteva contro la finestra del salotto, e giustificò il rosso delle sue gote con la vicinanza del fuoco. Si portò lentamente una mano alla bocca, prima di scoppiare a ridere, felice, gli occhi velati di lacrime.
Il padre rise insieme a lei, accarezzandole poi una guancia: «Santo cielo, sei davvero innamorata Cathy...» mormorò, incredulo.
«Una fortuna di queste capita una volta ogni cento anni!» esclamò Mrs Colborne, che aveva subito cambiato idea riguardo Mr Barrington. Il comportamento del Capitano verso di lei aveva in fin dei conti allontanato per sempre l'idea di Mrs Colborne di vedere sua figlia sposata al maggiore dei due fratelli.

 

La pendola nel salotto battè le cinque. Si erano presentati nella sala con qualche minuto d'anticipo, come se entrambi volessero sbrigare quella faccenda il prima possibile, non certo come se non vedessero l'ora di sedersi nello stesso tavolino. Era Maggio già da qualche giorno, ma non aveva smesso mai di piovere da quando Cathleen e gli altri ebbero quel piccolo incidente in campagna, una settimana prima.
Arthur era diventato più taciturno e indifferente di prima, se possibile, dopo la presentazione del ritratto di Emma ai loro amici e familiari. Eppure alla serata di presentazione tutti avevano apprezzato l'arte del pittore e la bravura della modella. Avevano tutti socializzato e ballato, suonato e mangiato in compagnia. E lui se n'era stato lì, in un angolo, come una timida fanciulla al suo primo ballo, senza mai chiedere a sua moglie di danzare.
Lo fissò qualche istante, mentre leggeva il giornale e sorseggiava il thè. Aveva l'aria crucciata, le rughe della fronte incavate nella pelle come un segno indelebile dei pensieri che gli arrovellavano la mente. Gli occhi erano di un bel celeste, di quello che Mr Norton usava per i fiori delle dee greche. Era puro e candido, ma la sua indole lo aveva tramutato in un celeste sporco, macchiato dal grigiore del suo cuore. Vestiva bene e poteva risultare un bell'uomo, anche colto e forse addirittura intelligente, ma aveva un unico difetto: un cuore di pietra.
«Tua sorella sta meglio?» chiese Arthur d'improvviso, la voce apatica.
«Si, sta molto meglio. Credo che a breve potrà tornare anche alle serate della Stagione. Sir Barrington ed il Capitano sono andati a trovare lei ed i miei genitori, qualche giorno fa, e quest'ultimo ha chiesto ufficialmente di corteggiare mia sorella. Pare che entro la fine dell'anno si sposeranno, il Capitano ha inviato la lettera di dimissioni dalla Marina...» spiegò Emma, sorridendo appena.
Arthur non sollevò gli occhi dal giornale, sospirò appena.
«Povero pazzo»
«Perchè?»
«Rinunciare alla vita da mare per un tetto sopra la testa, stupide serate e inutili feste»
«Le feste servono, Arthur. E' così che si socializza, è così che si mantengono i rapporti con gli amici ed i vicini, perchè quando poi servirà a noi qualcosa...nessuno ci aiuterà»
«A me non serve nulla»
«A me serve compagnia»
«Ti comprerò un cane» brontolò secco Arthur, senza guardarla.
Emma sospirò, e per un attimo non riuscì a vedere la sua tazza di thè, tanto gli occhi erano pieni di lacrime. Perchè era così ottuso, apatico e indifferente? Perchè non poteva farla felice una volta ogni tanto, come tutti i mariti?
«E comunque il Capitano non la sposa per le stupide feste, ma perchè l'ama. Sai, quel sentimento che smuove il cuore»
«Ti ricordo che io un cuore non ce l'ho, mi è stato cavato il giorno che ti ho dovuto sposare» lapidario, definitivo.
Emma tornò al suo thè, in silenzio, senza nemmeno più guardare per sbaglio il marito. La tensione potevano percepirla entrambi, lei lo sapeva, ed era solo una tensione carica di indifferenza, rimorsi, colpe, rabbia. Odio? Forse. Probabile.
«E' arrivato Mr Norton» annunciò il paggio, una volta entrato nella sala. L'aria si gelò ed il tempo sembrò fermarsi. Arthur guardò interrogativo il paggio, ma si distese in un'espressione di durezza quando Emma chiese al servo di far accomodare Mr Norton in salotto.
«Non sapevo che stessimo ancora facendo affari con quell'uomo» precisò Arthur.
«Non stiamo facendo affari, ma arte. Dovresti saperlo meglio di me.»
«E deve per forza fare arte con te, quell'avaro?»
Arthur ripiegò il giornale, la sua mascella si indurì tanto che temette si stesse spaccando i denti.
«Ti dà fastidio...» non era una domanda quella di Emma, ma una pura constatazione. Ormai sapeva riconoscere le espressioni negative dell'uomo.
Questi sbuffò, divertito. «E perchè mai dovrebbe?»
«Perchè dipinge tua moglie, e trascorre con lei molto più tempo di quanto tu abbia fatto da quando sei sposato» precisò Emma, senza che nemmeno potesse controllare le parole che diceva. Se ne pentì subito.
Arthur si alzò, con la sua aria indifferente. «Il mio compito non è farti compagnia, ma camparti. Se vuoi trascorrere tempo con quel pittore da quattro soldi, fai pure.»
«Io vorrei trascorrere tempo con mio marito»
«Ma io non voglio trascorrerlo con te, ho ben altro da fare»
Emma si zittì, lasciandosi sfuggire un sorriso amaro. Facevano così da mesi, non litigavano nemmeno. Almeno un litigio sarebbe stato un sintomo di attaccamento. Invece la loro indifferenza annullava ogni sentimento verso l'altro. Si alzò, posando il tovagliolo sul tavolo. Lasciò lì tutti i biscotti e i dolci preparati per lei, con la nausea nello stomaco e la testa che girava, le capitava spesso negli ultimi tempi quando litigava con Arthur. Ebbe la sensazione che anche Arthur avrebbe voluto dire tutto tranne che quelle parole, anche solo per non inasprire ancora di più i rapporti tra loro.
«Emma...»
Emma si avvicinò all'uscita ma il marito la anticipò, più agile, e bloccò la porta. Cercò di ricacciare indietro le lacrime mentre il marito la fissava ancora con quell'espressione, quella che non sapeva decifrare. Si guardarono a lungo, senza dirsi nulla, mentre si fissavano e studiavano reciprocamente. Alla fine Arthur aprì la porta. Non sapeva perchè non uscì subito da quella dannata stanza. Perse tempo, secondi preziosi a fissare suo marito mentre Mr Norton di sopra l'attendeva. E invece se ne stava lì, incerta, finchè alla fine non si avviò a passo deciso verso le proprie camere, per prepararsi.

«Mr Norton» annunciò Emma, una volta varcata la soglia della porta del salotto. Trovò subito il viso familiare del pittore, che le venne incontro.
«Lady Egerton, siete radiosa! Questo abito avorio vi dona in maniera divina! Ho grandi progetti per oggi, grandi! Proprio mentre vi aspettavo, è venuto qui vostro marito sapete? E indovinate che mi ha proposto: un quadro di coppia! Romantico, non trovate?»
Tacque, senza parole. Che cosa aveva cambiato l'animo di Arthur in così poco tempo? Non ebbe modo di rispondersi, dato che lo guardò varcare la soglia nel suo completo migliore.
«Lady, Sir...prego, accomodatevi. In piedi se vi aggrada, non temete Lady Egerton faremo pause più frequenti per non stancarvi. Molto bene, Sir Egerton potete porvi un passo indietro rispetto a vostra moglie, alla sua sinistra? Molte grazie. Ed ora prendete la sua mano destra con la vostra sinistra, perfetto! Bene, ed ora...fermi»
Emma rimase rigida per la prima mezz'ora della posa. Un contatto così intimo con il marito non l'aveva mai vissuto, forse nemmeno la loro prima notte di nozze. Poteva sentirne lo sguardo addosso, poteva sentirne il calore, la pelle morbida della mano, la sua presenza che si imponeva. Più alto ed atletico, si stagliava dietro di lei come una colonna sicura. Ma più trascorreva il tempo e più si rilassava e si abituava a quel contatto, a quella presenza e vicinanza. Ogni tanto sollevava il viso verso di lui, e la maggior parte delle volte ne incrociò lo sguardo, a volte persino un sorriso.
Mr Norton sembrava colto da continua ispirazione, ed i suoi pennelli e colori davano forma facilmente e velocemente mentre borbottava entusiasta.
Passarono le prime due ore senza che nessuno dei tre se ne accorse, ma alla fine Emma dovette chiedere di fermarsi: aveva lo stomaco sotto sopra e la testa che girava pericolosamente. Si accomodò lentamente su un divano, senza dire niente al marito, e salutò Mr Norton che avvisò sarebbe tornato domani per proseguire l'opera.
«Stai bene? Vuoi che ti faccia portare dell'acqua?» le chiese Arthur, sedendosi al suo fianco e accarezzandole appena la guancia col dorso delle dita.
«No, non preoccuparti, avevo solo bisogno di riposarmi» si limitò a dire Emma. Osservò il marito al suo fianco, e lentamente si strinsero la mano.
«Sei più bella del solito, con questo vestito...» mormorò Arthur, senza sorridere ma fissandola. Emma gli sorrise con dolcezza e strinse la mano un po' di più.
Si sentiva strana, come più leggera, come se stesse per svenire, con le ginocchia tremanti. Era così che ci si sentiva da innamorati?
«Perchè hai voluto fare il quadro con me...?» gli chiese, osservandolo.
Arthur tacque ma lei gli strinse di più la mano. “Dimmelo” diceva quel gesto.
«Ero geloso»
Emma sorrise, trionfante.
«Mi doveva solo dipingere»
«Ti doveva guardare...»
«Beh si, per dipingere le cose bisogna guardarle...»
«Tu non sei una cosa, sei mia moglie. E nessuno ti guarda senza il mio permesso. Lui questo permesso non l'ha»
Emma stentava a credere che l'udito le funzionasse ancora. Chi era quell'uomo che aveva davanti?
Arthur le accarezzò di nuovo la guancia, con dolcezza. «Emma...»
«Si...?»
«Io...» il giovane deglutì, si avvicinò a lei incerto. Emma non si ritrasse, non era come le altre rare volte che l'aveva cercata, di notte, per ubbidire al loro ruolo di marito e moglie. Arthur la voleva, lo capiva. Entrambi stavano tremando, incerti come due foglie gettate nel vento. Arthur chiuse istintivamente gli occhi, e così anche lei. Sentiva già il sapore delle sue labbra ancora prima che toccassero le sue, ma non fece in tempo a tastarne la morbidezza.
Gridò quando una fitta di dolore le attraversò il ventre, piegandola in due. Ritrasse le mani, portandole attorno al busto.
«Emma!» esclamò allarmato Arthur, sostenendola. Emma non riuscì a rispondere. Teneva gli occhi chiusi e gemeva di dolore, poggiata al marito e le mani strette al ventre. Arthur fece per sollevarla e vide il candore dell'abito macchiarsi velocemente di sangue, all'altezza dell'inguine. Il terrore lo assalì. Corse a suonare la campana per la servitù come un forsennato, quindi la prese di peso e corse verso la camera da letto, gridando a chiunque incontrasse di chiamare un medico.

Una pioggia torrenziale si abbatté su Bath nel pomeriggio, e la famiglia Colborne arrivò nell'appartamento di Emma bagnati come pulcini. Mr Colborne, Charlotte ed Edward erano rimasti in salotto, tesi e preoccupati, ma Mrs Colborne, Fanny e Cathleen salirono velocemente su per le scale, verso la camera da letto. Non bussarono alla porta, ma attesero pazienti che Arthur uscì silenzioso da essa.
«Grazie per essere venute, Emma ha bisogno di voi più che mai...» mormorò, una volta richiusa la porta. Era pallido come un fantasma, il viso teso ed i capelli rossi scompigliati.
«Che cosa è successo, Arthur?» chiese Cathleen, senza fronzoli.
«Era incinta...ha perso il bambino» sibilò Arthur, chinando il capo.
«Oh, povera Emma...» ammise Fanny, portandosi una mano alla bocca.
«Il dottore dice che nei primi tre mesi della gravidanza è comune perdere il bambino. Non mi aveva detto nulla, ma credo che lei avesse qualche sospetto. Come biasimarla, d'altronde? Sono stato un marito assente, e quando presente ero distratto da qualunque cosa che non fosse lei. E' tutta colpa mia...se fossi stato più gentile e presente...» Arthur nascose il volto tra le mani, e Mrs Colborne gli diede due pacche sulla spalla, con garbo.
«Non dite sciocchezze, Arthur, non si perde un figlio per le disattenzioni di un marito. A volte è davvero normale e comune, soprattutto quando si è giovani e inesperte come Emma. Ora le ci vuole solo molto riposo e poi riproverete, con calma»
Arthur annuì. «Il medico ci ha consigliato di tornare a casa non appena è abbastanza in forze. L'aria di campagna le farà bene. Potete vederla, se volete, ma uno alla volta. Io vado di sotto...» e lentamente scese le scale, affranto.
«Povero caro...» ammise Mrs Colborne, entrando per prima nella camera di Emma.
«Povero caro un accidente. E' tutta colpa sua...» brontolò Fanny, una volta che la madre si richiuse la porta alle spalle.
«Fanny...»
«Che c'è? Non è così? E' uno scontroso, iracondo, lunatico, sgarbato...come poteva pretendere che Emma vivesse tranquilla e serena con lui?»
«Forse non sapeva come dimostrarle affetto, forse non volevano litigare così tanto. Ma a volte è più facile che impegnarsi nel costruire una solida relazione»
«E tu che ne sai, mh?» brontolò rigida Fanny.
«Nulla, Fanny. Si è semplicemente ritrovata con un marito che non voleva, e Arthur con una moglie che non aveva chiesto»
«Tutte le coppie sono così»
«Ma non tutti siamo uguali. Forse, tramite questa brutta esperienza, tutto migliorerà» e lo sperava davvero e con tutta se stessa.
Dopo il turno della madre fu quello di Fanny e, infine, il suo. Entrò lentamente nella stanza, illuminata dal grigiore della tempesta che c'era fuori. Sul comodino qualcuno avevo messo un vaso di fiori, i suoi libri preferiti e qualche dolcetto rimasto intatto.
Emma era sdraiata sul letto, ben coperta, i capelli biondi chiusi in una treccia che poggiava sulla spalla, e lo sguardo girato verso le finestre. Era pallida e spenta, priva di alcuna espressione.
«Emma...» mormorò con dolcezza il suo nome, sedendole al fianco e stringendole la mano.
«Sta ancora piovendo fuori...» mormorò la sorella, la voce roca per aver parlato poco.
Cathleen le baciò il dorso della mano. «Mia piccola Emma...»
«Mi piace la pioggia...»
«Emma...»
Emma non rispose, chiuse lentamente gli occhi e tacque, senza dire nient'altro. Tacquero entrambe. Cathleen la fissò a lungo, poi lentamente aggirò il letto, si tolse le scarpe e si sdraiò sul letto, al suo fianco, abbracciandola. Le baciò i capelli, si strinse a lei.
«Andrà tutto bene, te lo prometto. Andrà tutto bene. Quando te la sentirai, torneremo a casa. Basta con la stagione, basta con questa città...torniamo a casa nostra, staremo sempre insieme, e passerà, passerà tutto...»
Emma tacque, ancora. Si lasciò abbracciare e, lentamente, si addormentò.

 

Per finire: ben trovat*! Un capitolo con uno snodo importante! Finalmente le nostre coppie si stanno sbrogliando: Charles ha rinunciato alla Marina per amore di Cathy, e ringraziando il cielo la madre si è tolta la fissa per Adam ahah! Emma, che finalmente stava per sciogliere il gelido marito, purtroppo scopre di essere incinta e di aver abortito nello stesso momento. Nel 1800 era molto comune, come lo era fino a qualche decennio fa, ma immagino che fosse comunque un momento terribile per una donna e per una coppia. Chissà che questa gravidanza persa non aiuti la coppia a riunirsi. Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, fatemelo sapere e alla prossima! :D

  
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