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Autore: Old Fashioned    27/10/2017    16 recensioni
Siamo nel 1230. Un gruppo di pellegrini tedeschi che sta attraversando la Palestina si imbatte in una santa reliquia e decide di portarla in patria. A scortare il prezioso carico ci sono anche due cavalieri dell'Ordine Teutonico, che si troveranno, una volta raggiunto il paese d'origine dei pellegrini, a fronteggiare le incursioni di una misteriosa belva assetata di sangue e nello stesso tempo i sospetti di un inquisitore alla ricerca di vittime.
Seconda classificata al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Cronache di Cacciatori’.
Genere: Azione, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una gara di resistenza, mi sa. Ringrazio sentitamente per il commento che mi hanno lasciato Saelde_und_Ehre, Crilu_98, innominetuo, fiore di girasole, morgengabe, Syila e miciaSissi.







Capitolo 5

Fratello Adalrich rinfoderò la spada. Stava albeggiando, e una luce lattiginosa stava pian piano rivelando la portata della devastazione notturna. Il cimitero era stato profanato, perlomeno nella sua parte più recente; le tombe erano aperte, e il loro contenuto era stato fatto a brani e divorato. La bottega del macellaio aveva la porta spalancata, i corpi che vi erano stati deposti erano spariti. Nel mezzo della piazza giaceva ancora l’armigero che era stato ucciso durante la notte, nella luce ancora incerta si intravedevano altri corpi più lontano.
Adalrich si guardò intorno alla ricerca del confratello. Lo vide sopraggiungere da un vicolo, il manto bianco spruzzato di sangue. “Hermann!” lo chiamò.
L’altro lo raggiunse.
Sei ferito?” gli chiese quando si fu avvicinato.
No, e tu?”
A posto.”
Rimasero a guardare in silenzio la devastazione che li circondava, poi Adalrich chiese: “Tu l’hai visto il cane giallo?”
Hermann annuì. “Più grande di un lupo, con una bocca che sembrava quella di un leone. L’ho inseguito per un po’ questa notte, ma mi è sfuggito. Emetteva delle urla che facevano ghiacciare il sangue, non ho mai sentito niente del genere.”
Neppure io.”
Con un sospiro, Adalrich si passò una mano fra i capelli. “Cosa credi che sia?” chiese.
Non lo so, ma non è una cosa… di questo mondo.”
È quello che ho pensato anch’io.” Poi, dopo una pausa: “È il mio sogno… qualcosa uccide tutti e io non sono in grado di fermarlo.”
Lo fermeremo. Dio è con noi.”
Tu credi?”
Hermann gli rivolse un sorriso. “Se non credessi non sarei un cavaliere dell’Ordine, non ti pare?”
Adalrich stava per ribattere quando si udì lo scatto del chiavistello della chiesa, che nel silenzio di morte che aleggiava ovunque risuonò come un rombo di tuono.
Dapprima uscì la gente, che si riversò sul sagrato come un’onda di piena, piangendo e gemendo. Tutti sciamarono verso le rispettive abitazioni, e qua e là presero a salire lamenti, laddove i paesani si imbattevano in qualche parente ucciso o abitazione devastata.
Dopo un po’ comparve sulla soglia anche il prete, reggendosi alla croce come se si fosse trattato del bastone di uno storpio. Aveva le occhiaie e i capelli scarmigliati. “Il Demonio è fra noi,” proferì lapidario non appena scorse i cavalieri.
I due lo raggiunsero. Prima che potessero aprire bocca, il religioso proseguì: “sebbene non fossero particolarmente gravi, sia mastro Kurt che Bertha sono morti questa notte fra atroci sofferenze, a nulla sono valse le cure. Le loro ferite non erano naturali, capite cosa intendo?”
I cavalieri annuirono in silenzio.
Facendo scorrere lo sguardo sulle loro tuniche chiazzate di sangue, padre Caspar chiese: “E fuori cos’è accaduto?”
Adalrich lo aggiornò brevemente.
Mentre stava parlando, sopraggiunse il barone, seguito dal capitano delle guardie e dal capo-guardiacaccia. Tutti e tre avevano l’aria di non aver chiuso occhio per tutta la notte.
Il cavaliere informò anche il nobile di quello che era successo durante la notte.
Mentre anche i soldati dell'Ordine si radunavano sul sagrato, fu padre Caspar a concludere il racconto con quello che era successo in chiesa. Infine in tono cupo ripeté: “Il Demonio è fra noi, riconosco le sue opere immonde.”
Von Obenstein diede un’occhiata tutt’intorno, quindi disse ai cavalieri: “Fratelli, vi dispiace seguirmi?”
Si incamminarono. Fecero il giro della piazza, il barone volle che gli fossero mostrati i punti dove si erano svolti gli scontri. Infine disse: “Voi siete combattenti esperti. Cosa ne pensate di tutto ciò?”
Prese la parola Adalrich: “L’unica cosa che possiamo dire con certezza, barone, è che non si tratta di un comune animale feroce. I morti non trovano riposo, assalgono i vivi e profanano le tombe, ferite di poco conto causano il decesso fra atroci dolori, e si aggira qui intorno una bestia che non è mai stata vista prima.” Tralasciò di aggiungere quello che gli aveva detto la vecchia vestita di nero, ma in effetti la sua profezia stava cominciando ad avere un senso: Lui arriverà.
Quindi ha ragione padre Caspar quando dice che il Demonio è fra noi?”
Nulla di quello che abbiamo visto si spiega secondo le leggi della natura.”
Alla frase seguì un lungo silenzio, rotto solo dai pianti e dai lamenti che si levavano fiochi qua e là.
Mentre erano fermi a parlare, padre Caspar li raggiunse.
Giusto voi, padre,” lo accolse il barone, “con i fratelli cavalieri stavamo per l’appunto valutando cosa sia opportuno fare.”
Per prima cosa sarà bene dare alle fiamme i corpi delle vittime di quel demone,” disse il sacerdote, “solo il fuoco può purificarli dalla presenza di Satana. Celebrerò anche una messa per la salvezza delle loro anime.”
E per i vivi, padre?”
Cercheremo la protezione del Signore, ci rifugeremo in chiesa al calare del sole.”
Noi resteremo qui fuori insieme ai soldati, barone,” intervenne Adalrich. “Se quell’essere tornerà qui in cerca di preda, lo uccideremo.”
Il prete annuì, poi dopo un po’ soggiunse: “Inoltre manderò una lettera al vescovo di Fulda, peccato che sia già ripartito per la sua città. Ma lo richiamerò indietro, lui o un suo plenipotenziario.”
Il barone aggrottò le sopracciglia. “Perché, padre?”
L’altro gli rivolse uno sguardo metà tra la degnazione e la sfida. “Perché laddove l’opera del Maligno si manifesta, è d’uopo che siano sacerdoti esperti in questo genere di cose ad occuparsene.”
State parlando di inquisitori, padre?”
Se il Maligno è arrivato, significa che qualcuno l’ha portato.” Si interruppe, fece girare lo sguardo dapprima sul sagrato, poi sui suoi interlocutori. Infine fissò Adalrich dritto negli occhi, quindi concluse: “E chi lo ha portato è ancora qui tra noi.”

§

Le ombre del tramonto si allungavano sulla piazza di Dürnau. Come la sera prima, una fila di persone stava entrando in chiesa. Per ordine del barone, questa volta nessuno aveva il permesso di rimanere presso il proprio focolare.
I due cavalieri erano già sul sagrato e camminavano lentamente su e giù. I soldati erano già stati inviati a gruppi di due o tre nei vari punti del paese. A un certo punto, Adalrich alzò gli occhi verso il cielo e disse: “Il sole sta per tramontare.”
Hermann annuì. “Entro breve potremo contare solo sulle torce. Che ne dici di fare un giro tra le case, finché c’è un po’ di luce?”
Quell'essere arriva col buio.”
A parte che non lo sappiamo per certo, e poi non sarebbe male avere un’idea di come è fatto questo posto prima di doverci girare in mezzo tentoni. Io non vedo al buio come te.”
Va bene.”
Cominciarono ad aggirarsi tra le abitazioni deserte. Nel frattempo si stava facendo buio, e stava calando un silenzio spettrale. Nemmeno i rapaci notturni facevano udire i loro richiami.
Le case sembravano disabitate da anni. Hermann fece un salto indietro quando un gatto balzò fuori da una finestra e scomparve gnaulando dietro un angolo.
Quanto tornarono davanti alla chiesa, notarono con stupore che la porta era ancora aperta. Sulla soglia c’era padre Caspar che si guardava ansiosamente intorno.
Qualcosa non va, padre?” si informò Adalrich.
Mancano tre persone. Avete visto se qualcuno è rimasto nella propria casa?”
I due scossero la testa, il prete si guardò intorno di nuovo, come aspettandosi di veder spuntare i tre assenti da qualche vicolo.
Volete che andiamo a controllare, padre?”
Mi fareste una grazia.”
I cavalieri presero una lanterna, visto che nel frattempo si era fatto buio, quindi si addentrarono di nuovo tra i vicoli sterrati di Dürnau. A un certo punto udirono provenire da una casa un rotolare di suppellettili e si voltarono rapidi in quella direzione, solo per vedere un’anta di finestra che oscillava lentamente. “C’è qualcuno?” chiese Hermann.
Non giunse risposta, ma più oltre si udì un altro rumore. Adalrich fece cenno al confratello di fare silenzio, quindi si mosse in quella direzione. Arrivarono davanti a una porta aperta, legato alla maniglia c'era un pezzo di corda che stava ancora oscillando.
I due si scambiarono un’occhiata. Manovrare una spada negli spazi angusti di una casa, peraltro al buio, rischiava di rivelarsi più pericoloso che entrare disarmati.
Adalrich rinfoderò l’arma ed estrasse il pugnale che portava in cintura. Hermann lo fissò e scosse la testa come per fargli capire che sarebbe stato troppo pericoloso, ma l’altro gli fece cenno di stare tranquillo ed entrò silenziosamente nella piccola abitazione
Rimase immobile per qualche istante attendendo che gli occhi si abituassero al buio, poi fece girare uno sguardo tutt’intorno. Il pavimento era ingombro di suppellettili, qualche piatto di terracotta era in frantumi. Uno dei pagliericci era stato squarciato e il suo contenuto era sparso in giro. Percepì un odore strano, come di sangue fresco e terra smossa.
Era una di quelle cose, sentiva su di sé il suo sguardo. Se si concentrava, riusciva addirittura a cogliere la brama famelica con cui lo stava guardando.
Avanzò di un altro passo, udì un rumore gorgogliante, e il raschiare di qualcosa che si spostava sul pavimento.
Poi la creatura attaccò. Fu più veloce del previsto, tanto che Adalrich dovette ripararsi la gola con l’avambraccio sinistro. L’usbergo evitò che i denti lo ferissero, ma la stretta delle mascelle lo fece comunque genere di dolore.
Prima che il mostro abbandonasse la presa, il cavaliere gli piantò il pugnale nel fianco fino all’elsa. L’essere ululò e si fece indietro rovesciando altri oggetti, poi balzò di nuovo in avanti, avvinghiandosi a lui con forza sovrumana. I due rotolarono al suolo, e Adalrich si trovò con la schiena a terra, e l’essere che cercava di azzannarlo nell’unica parte scoperta, ovvero il volto. Lo afferrò per i capelli cercando di tirargli la testa all’indietro, nel frattempo era riuscito a liberare l’altro braccio e di nuovo gli piantò il pugnale nel corpo. La creatura emise un secondo ululato, si divincolò furiosamente, cercò di nuovo di azzannarlo. Alla fine Adalrich riuscì a buttarla lontano da sé, quindi si rialzò rapido, estrasse la spada e non appena essa si avvicinò di nuovo la decapitò con un tondo rovescio, che data l'esiguità dell'ambiente finì la sua corsa abbattendo una mensola con tutto quello che c'era sopra.
Hermann,” ansimò.
Non gli giunse risposta.
Tornò fuori. “Hermann?”
Il suo confratello non c’era più. “Hermann!” chiamò a voce più alta. Si guardò intorno ansiosamente, lo chiamò di nuovo.
Alla fine ricevette una flebile risposta ai suoi richiami. Corse nella direzione da cui essa proveniva e vide il suo confratello che stava combattendo con il cane maculato. La lotta doveva protrarsi da un po’, perché Hermann era ormai esausto. Lo sentiva ansare e coglieva che i suoi movimenti stavano perdendo vigore. La cosa che lo stupì era che i colpi di spada andavano tutti a segno, ma l’essere sembrava non risentirne affatto.
Si avvicinò di corsa, sguainò la spada e colpì la creatura con un fendente che nelle sue previsioni avrebbe dovuto quasi tagliarla in due, ma che in pratica la costrinse solo a farsi indietro con un ringhio di disappunto.
Adalrich vide la ferita che le aveva procurato chiudersi a vista d’occhio.
La incalzò una seconda e una terza volta con colpi pieni, che lasciarono altrettanti profondi tagli.
L’essere rotolò indietro e di nuovo si fece sotto, emettendo un ringhio che faceva ghiacciare il sangue nelle vene.
Adalrich l’attese a pie’ fermo, e nel momento in cui esso balzò contro di lui, si abbassò e gli piantò la spada nel ventre. Il misterioso animale si torse nell’aria, ricadde all’indietro e per qualche istante rimase a terra immobile, poi, sotto i suoi occhi attoniti mutò aspetto trasformandosi in una figura umana alta e magra, e in quella forma scomparve nella notte.
Il cavaliere rinfoderò la spada, quindi si avvicinò al compagno. “Come stai?” gli chiese per prima cosa.
A posto.”
Ti ha ferito?”
No.”
Adalrich emise un sospiro di sollievo. “Dio sia lodato.”
E tu sei ferito?” chiese Hermann.
No, nemmeno io.” Si voltò nella direzione in cui la misteriosa belva era fuggita, e per un po’ rimase a scrutare nel buio. Infine tornò a voltarsi verso l’altro e disse: “Tre colpi che avrebbero abbattuto un toro, portati a pieno, ed è stato come se lo accarezzassi con una piuma. Le ferite scomparivano un attimo dopo essere state inferte.”
Me ne sono accorto.”
E poi ha cambiato forma”
Sì, l’ho visto.”
I due rimasero in silenzio per qualche istante, poi Adalrich disse: “Lui arriverà, ma la tua croce non potrà fermarlo.”
Cosa?”
È quello che mi ha detto la vecchia vestita di nero.”
Hermann alzò le spalle. “Visto che conosceva la faccenda così bene, quella vecchia poteva anche dirti cosa ci vuole per fermarlo.”

Cercarono ancora le tre persone che mancavano all’appello, ma ormai era notte inoltrata, e di esse non vi era traccia da nessuna parte.
Continuarono a pattugliare il villaggio, che sotto la luna aveva preso un aspetto spettrale. Per quanto il cielo fosse limpido, a livello del suolo aleggiava una nebbia che i raggi argentati rendevano fosforescente. Nulla turbava in silenzio.
Poi d’un tratto echeggiò di nuovo l’ululato spaventoso della creatura, e a quel grido agghiacciante risposero altri richiami, in vari punti del perimetro di Dürnau.
Stanno tornando,” disse semplicemente Adalrich, stringendo la presa sull’elsa della spada.
Le belve in effetti arrivarono. A due e a quattro zampe, perché non soltanto gli abitanti umani di Dürnau erano stati trasformati in creature folli e assetate di sangue, ma anche gli animali. I due videro passare al galoppo un maiale dal grugno spalancato e grondante bava, che emetteva strida nonostante la gola squarciata. La bestia diresse la sua folle corsa contro uno dei soldati, spiccò un balzo che un maiale normale non avrebbe mai potuto compiere e azzannò l'uomo, rovesciandolo poi a terra con il proprio peso. Altri soldati accorsero e uccisero la creatura, ma il commilitone era già stato fatto letteralmente a brani.
Poi si fece udire un altro ululato, questa volta vicinissimo ai due cavalieri. Era un grido spettrale, raggelante, carico di ferocia.
Sbucò da un vicolo quello che restava di una delle donne uccise: la sua bocca innaturalmente ampia era una voragine nera, gli occhi rossi e spalancati sembravano quelli di un demone. Le mani erano diventate grinfie adunche.
L'essere si accucciò per un istante guatando i due, quindi balzò verso Hermann con uno strido, le fauci che schioccavano bramose nell'aria.
Prima che potesse arrivare a ghermirlo, Adalrich la afferrò per i capelli e la strappò all'indietro. La creatura si torse, gli si avvinghiò, gli piantò i denti in una spalla, e di nuovo l'usbergo impedì che essa potesse ferirlo, anche se la stretta del morso fu tale che il cavaliere sentì le ossa scricchiolare.
A questo punto intervenne Hermann, che sfoderò il pugnale e glielo piantò nella schiena, quindi recuperò l'arma, afferrò a sua volta la creatura per i capelli e riuscì a decapitarla.
Questi affari fanno rimpiangere gli infedeli,” ansò, una volta che l'essere ebbe finito di agitarsi. Poi sollevò lo sguardo sul compagno e pose la solita domanda: “Sei ferito?”
Massaggiandosi la spalla, Adalrich rispose: “Sto bene.” Poi, dopo una pausa: “E tu?”
Bene anch'io.”
In lontananza si sentiva una cacofonia di richiami e urla, evidentemente una pattuglia di soldati aveva stanato uno di quei mostri. Fecero per muoversi, ma lo strido di agonia della creatura fece loro capire che la lotta era già finita.
Calò di nuovo il silenzio. Continuarono a girare per le vie del paese.

Solo quando il cielo cominciò a schiarirsi i due cavalieri si concessero un po’ di riposo. Rinfoderarono le spade, si tolsero gli elmi e si fecero scivolare all’indietro i cappucci di maglia, quindi raccolsero la lanterna ormai spenta si diressero verso la chiesa camminando fianco a fianco.
Strada facendo, incontrarono il loro sergente, con il quale scambiarono qualche commento sulla notte appena trascorsa.
Uomini e animali come impazziti,” disse alla fine il graduato, “una cosa del genere non si era mai vista.”
Abbiamo avuto molte perdite?” chiese Adalrich.
Quattro uomini. Ma abbiamo ucciso tutti quelli che abbiamo visto.”
Molto bene, sergente Dorn. Ora portate i soldati a riposare. Ai caduti penserà il prete.”
Agli ordini, cavaliere.”
I due continuarono. La gente stava cominciando a uscire dalla chiesa, e di nuovo si ripeteva la scena del giorno prima: si udivano i lamenti di chi si imbatteva nei resti straziati dei propri cari, o trovava casa e armenti devastati.
Passarono accanto al corpo di uno dei mostri. Era stato pietosamente coperto con un telo, ma ne usciva una mano trasformatasi in artiglio.
Tu cosa pensi che siano?” chiese Hermann.
Adalrich non poté fare a meno di rivolgergli uno sguardo carico di sospetto. “Perché lo chiedi a me?” ringhiò.
L'altro alzò le spalle. “Ero solo curioso. Perché all'improvviso gli abitanti di un pacifico villaggio diventano mostri? Cosa sta succedendo?”
E io cosa posso saperne, secondo te?” fu la brusca risposta del confratello.
Hermann si voltò verso di lui. “Ma... cos'hai?”
Come al solito, la limpidezza priva di malizia del compagno ebbe il potere di mandare Adalrich in confusione. “Scusami,” disse soltanto. Gli girò le spalle.
L'altro gli pose una mano sul braccio. “Che c'è?”
Niente di importante.”
Senza abbandonare la presa, Hermann gli disse: “Ormai ti conosco troppo bene: tu ti sei fatto l'idea che io ti volessi velatamente accusare di avere legami con la stregoneria.”
Adalrich scosse la testa. “No, questo mai.”
Eppure...”
È che sono troppo teso, scusami. So che non volevi dirmi nulla del genere, ma siccome tutti gli altri invece lo fanno, mi è venuto istintivo difendermi.” Si allontanò di qualche passo, e per un po' rimase in silenzio, dando l'impressione di essere assorto nei suoi pensieri. Infine disse: “Innanzitutto bisognerebbe sapere se questa cosa è cominciata quando siamo arrivati noi o se era successa anche prima.”
Secondo te è una pestilenza?”
Non lo so. Non ho mai visto niente del genere. Sembra che sia il morso di quegli esseri a trasmettere il contagio.”
Hermann annuì. Fissò lo sguardo sul cimitero devastato, poi disse: “D’accordo, ma… chi ha contagiato il primo di essi?”

§

Giunti al castello, i due si diressero con passo pesante verso la camera che il barone aveva assegnato loro. Dal tramonto all’alba avevano pattugliato il villaggio, affrontando anche vari combattimenti, ed erano molto stanchi.
Adalrich, in particolare, era anche dolorante. Per quanto non gli avessero bucato nemmeno il gambeson, i due morsi che aveva ricevuto erano stati come due tagliole che gli si erano strette addosso. Il dolore era andato aumentando con il passare delle ore, e ormai il braccio gli faceva così male che quasi non riusciva a muoverlo.
Entrò nella stanza e con fatica si slacciò la cintura della spada, poi lasciò cadere l’arma sul letto. Fece per togliersi l’usbergo, un movimento che in condizioni normali avrebbe compiuto senza nemmeno pensarci, ma provò una tale fitta di dolore che vide dei puntini luminosi danzargli davanti agli occhi. Gli sfuggì un gemito.
Subito Hermann si voltò verso di lui. “Che c’è?” gli chiese preoccupato. Lo scrutò attento, percorrendolo ansioso con lo sguardo, le sopracciglia appena aggrottate e gli occhi velati di apprensione. Era chiaro che temeva una ferita da parte di quelle creature malefiche.
L’altro gli rivolse un debole sorriso. “Non preoccuparti, la pelle è intatta. Però quegli affari mordono forte.”
Dove sei stato morso?”
Al braccio e alla spalla.”
Hermann lo toccò dove stava indicando, poi premette leggermente. “Fa male qui?” volle sapere.
Adalrich accennò di sì con la testa.
Purché non sia rotto...” mormorò l’altro continuando a palpargli il braccio.
No, non credo che lo sia. Però aiutami a togliere l’usbergo, per favore.”
D’accordo, dammi le braccia.”
La cotta di maglia si sfilò e si afflosciò a terra
E ora il gambeson, forza.”
Man mano, gli indumenti si ammucchiavano al suolo. Ogni volta che Hermann gli toglieva di dosso qualcosa, Adalrich doveva mordersi il labbro per non lamentarsi. “Mi chiedo come farò a reggere la spada quando arriverà la notte,” ansimò.
Ci penseremo quando sarà il momento. Ti ricordi quella battaglia… come si chiamava? Quando hai combattuto per tutta la notte con una freccia nel fianco.”
Alla fine mi ero quasi abituato. Mi ha fatto molto più male quando me l’hanno tolta.”
Lo credo bene, è stato il sergente Dorn a strappartela via, ricordi?”
Anche se campassi mille anni, è ben difficile che riesca a dimenticarmelo.”
I due si scambiarono un fugace sorriso come d’intesa, poi Hermann disse: “Adesso togliti la camicia, voglio vedere come sei conciato lì sotto.”
L’indumento raggiunse gli altri.
Sulla pelle candida di Adalrich c’erano due enormi lividi, uno quasi nero sull’avambraccio, e uno largo almeno un palmo sulla spalla, che si estendeva sia sul petto che sulla scapola. Hermann lo sfiorò con le dita, suscitando nel confratello un fremito di dolore. “Fa male?”
L’altro accennò di sì a denti stretti.
Ti metto un po’ di unguento, d’accordo? È quello dei frati, dovrebbe rimetterti a posto.”
Adalrich si sedette sul letto. Non gli piaceva per nulla farsi assistere in quel modo, nemmeno da Hermann. Non gli piaceva nemmeno che la gente lo vedesse spogliato, e più per il suo colore cadaverico che per l'imbarazzo della nudità. Emise un sospiro di disappunto.
Faccio subito,” gli assicurò l’altro.
Di nuovo, il primo si soffermò a pensare a quanto fosse limpido, gentile e generoso il suo confratello, e a quanto invece lui stesso fosse torvo, rabbioso e sempre portato ad attribuire agli altri i sentimenti più spregevoli.
Quando era lui l’unico a essere spregevole.
Per anni si era detto che il suo aspetto era una croce che Dio gli aveva dato per renderlo più vicino a Cristo, tanto che alle volte quasi si era insuperbito di essere così, ma probabilmente era piuttosto un marchio, come quello di Caino, in modo che tutti potessero riconoscerlo e stargli lontano.
Adalrich?” La voce di Hermann lo fece quasi sussultare.
Eh?”
Al solito. Quando sei perso nei tuoi pensieri non dai ascolto a nessuno. Ti stavo spiegando quali sono le piante che rendono questo medicinale così efficace.” Gli mostrò una scatoletta di legno dalla quale proveniva un penetrante odore di erbe officinali.
Scusami.”
Fa niente, tanto ormai so come sei fatto. Ora però sta fermo e lasciami lavorare.” Si sedette accanto a lui sul letto. “È un po’ freddo,” lo avvisò, quindi prese una generosa quantità di unguento e gliela depose sulla contusione che aveva sulla spalla.
Adalrich si costrinse a rimanere immobile. Dopo un po' si voltò verso il compagno, che in quel momento era talmente vicino che poteva sentire il suo respiro caldo sulla pelle. Gli fermò la mano che stava spalmando il medicamento e a voce bassa gli disse: “Hermann, se una di quelle cose mi mordesse, tu...”
L'altro fece per ritrarsi, ma il primo strinse leggermente la presa. “Tu... mi uccideresti?” Si voltò a fissarlo negli occhi.
Hermann distolse lo sguardo. “Ma cosa stai dicendo?”
Se venissi morso, diventerei come quei mostri. Non voglio che succeda.”
Adalrich, io...”
Il compagno lo zittì con un gesto, poi aggiunse: “Tu dirai che potrei porre fine da solo alla mia vita, che non è giusto che io ti obblighi a macchiarti di un peccato al posto mio, ma non so se una volta morso sarei ancora in grado di ragionare. Ho bisogno di essere sicuro che non farò del male a nessuno, ecco perché lo sto chiedendo a te.” Poi, dopo una pausa: “Dio capirà.”
Hermann rimase in silenzio.
Se venissi morso non sarei più io,” insisté Adalrich, “mi trasformerei in una bestia senza discernimento. Dimmi che lo farai.”
L'altro emise un lungo sospiro. La sua espressione si era indurita, le sopracciglia erano aggrottate, e gettavano un'ombra cupa sugli occhi altrimenti limpidi. Riprese a spalmare l'unguento. I movimenti, dapprima lievi e quasi esitanti, si fecero via via più nervosi, tanto che alla fine Adalrich genette di nuovo.
Hermann ritrasse la mano come se l'avesse posta sul ferro rovente. “Scusami.”
Non fa nulla.”
Vorrei poterti dire che lo farò,” sospirò l'altro alzandosi e mettendosi a guardare fuori dalla finestra, “E so che sarebbe giusto farlo, sarebbe un atto di pietà, se tu fossi colpito da quel morbo.” Fece una pausa. “Forse sarebbe l'atto d'amore più grande.” Di nuovo tacque. Adalrich, ancora seduto sul letto, vide i muscoli tendersi sulle sue mascelle. “La verità è che non so se ce la farei.” disse infine.
Siamo cavalieri, la nostra vita è al servizio di Dio. I nostri sentimenti non contano.”
Ma siamo anche uomini, Adalrich, e tu mi stai chiedendo se ucciderei la persona che amo di più al mondo. Non so se la mia mano e il mio cuore riuscirebbero a fare ciò che la ragione, pur nel giusto, ordinerebbe loro.”
L'altro si alzò e lo raggiunse. Si mise al suo fianco, così vicino che le loro spalle si sfioravano, e rimasero per un po' in silenzio a guardare fuori. Alla fine, a voce bassa disse: “È lo stesso anche per me, Hermann. Credi che mi sarebbe facile ucciderti, se per caso una di quelle cose ti mordesse? Eppure lo farei.”
Tacquero così a lungo che sembrava si fossero trasformati in due statue. Fuori il sole brillava, si udivano lo stormire gentile delle fronde e il cinguettio degli uccelli.
Alla fine, Hermann diede un colpetto con la spalla al compagno e disse: “Ma non indugiamo adesso su pensieri così foschi. Siamo cavalieri, sono anni che viviamo con la spada in mano: se sarà necessario faremo la cosa giusta, ne sono sicuro. E adesso va' a sederti, che devo finire di spalmarti l'unguento.”
Adalrich obbedì, grato all'amico per la sua capacità di alleggerire ogni atmosfera cupa, più che per quel graveolente linimento che insisteva con tanta pervicacia ad applicargli.

§

Padre Caspar fece cenno ai contadini di buttare le fascine sulla pira che stava facendo allestire. Se le cose fossero andate avanti di quel passo, presto non sarebbe più rimasta legna per l'inverno. E probabilmente non sarebbe rimasto più nessuno ad accendere dei focolari.
Ogni mattina era necessario bruciare sul rogo le spoglie di chi era rimasto vittima del morbo. I cavalieri e i loro soldati pattugliavano il villaggio tutte le notti, ma chissà come, quelle creature malefiche e votate al Demonio trovavano ogni volta il modo di spargere il loro infame contagio tra gli abitanti di Dürnau.
Forse qualcuno, invece di combattere la presenza del Demonio, la stava favorendo, chissà. Si rallegrò del fatto che presto sarebbe arrivato un inquisitore inviato proprio dal vescovo di Fulda, una persona notoriamente molto attenta alle contaminazioni da parte di Satana.
Avvicinò la torcia alla catasta, che impregnata di pece com'era prese subito ad ardere crepitando. Avvolti nei sudari, i corpi delle vittime cominciarono a consumarsi.
Quando il calore divenne insopportabile, il prete si allontanò di qualche passo, pur continuando a tenere d'occhio il rogo.
Mentre era impegnato in quel gravoso compito, udì rumore di zoccoli. Si voltò e vide che erano in arrivo il barone e suo figlio. Li salutò con un inchino del busto.
Entrambi avevano l'espressione preoccupata, ma il prete poteva supporre che i motivi fossero del tutto diversi: il primo era giustamente in apprensione per la sorte dei paesani. Come feudatario spettava a lui proteggerli, in cambio del lavoro e delle tasse che essi gli dovevano, ma pur con tutta la buona volontà non ci stava riuscendo, e quelle fiamme che ora si levavano così rabbiose rappresentavano principalmente una crepitante accusa nei suoi confronti.
Il giovane Konrad, invece, era sicuramente inquieto per tutt'altro motivo: dato il morbo che imperversava su Dürnau, egli vedeva sfumare la possibilità di darsi alla bella vita a Norimberga, tra letture di poesia e femmine compiacenti.
Il prete faticò a nascondere il proprio disprezzo: una creatura fatua e sciocca, che davvero non riusciva a immaginare come futuro feudatario di Dürnau.
La voce di Ulrich von Obenstein lo distolse dai suoi pensieri: “Ebbene, padre, cosa pensate di tutto questo?”
Il sacerdote sospirò: “Il Signore ci mette alla prova. Ma del resto, l'uomo nasce per soffrire, come la favilla per volare in alto[1].” Si interruppe, fece cenno a uno dei contadini che lo assistevano di spingere vicino al rogo le braci che ne erano rotolate via, poi compunto proseguì: “Sarà quel che Dio vuole.”
Il barone non replicò.
Il prete gli rivolse un'occhiata, aprì la bocca come per dire qualcosa, poi ci ripensò. Aveva in tasca la risposta del vescovo di Fulda: era in arrivo padre Gerold, noto per essere il più grande nemico delle opere del Demonio. Ci avrebbe pensato lui, a sistemare le cose.






[1] Giobbe 5:7 – 17

   
 
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