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Autore: Guido    14/11/2017    2 recensioni
Ormai è ufficiale: Voldemort è tornato. Il Mondo Magico si prepara per la guerra. Harry è ancora alle prese con la morte di Sirius, da cui solo Ginny lo riesce a distrarre. Invece, Draco Malfoy diventa un Mangiamorte, ma le cose non vanno come sognava: ben presto, deve capire se Voldemort lo voglia morto e se suo padre stia tradendo, ma non può più fidarsi neppure della sua stessa memoria. Mentre gli avvenimenti incalzano, i due arcinemici di Hogwarts intrecciano una corrispondenza che avrà conseguenze profonde per entrambi...
NOTA: l'OOC è cautelativo, ma un po' tutti i personaggi si trovano a manifestare lati del loro carattere poco visibili nel canone
Genere: Angst, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Da Mangiamorte a...'
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I turbamenti del giovane Weasley

I turbamenti del giovane Weasley



Ringraziamenti:
grazie a tutti i lettori silenziosi che sono giunti fin qui e ancor più a quanti proseguiranno, perché questo è un capitolo diverso – per contenuto e stile – dai precedenti, un capitolo decisamente particolare, che potrebbe non piacere. E capisco quanti non lo apprezzeranno; ma spero che vorranno proseguire e scoprire via via il suo senso ultimo all'interno della trama.
Un ringraziamento speciale, inoltre, a Pally93, che è salita su questo
bateau ivre (benvenuta a bordo!), e a Delia Valery, inesauribile fonte di ispirazione, le cui storie spero che tornino presto tra noi.
GineVraW: benvenuta a bordo! Spero che continuerai a seguire; non so se questo capitolo sia il tuo genere – di sicuro non si può definire Harry / Ginny... :) - ma ti prometto che la tua coppia preferita avrà modo di assumere un ruolo centrale. E anche piuttosto in fretta.
RossanaT: i dubbi, in effetti, sono una parte importante del mio sforzo di costruire personaggi a tutto tondo.
mariademolay: sì, indubbiamente Harry è ultrapassivo... e nel settimo libro lo si tocca con mano, oltre ogni limite di ragionevolezza. Che vada a lambiccarsi il cervello può essere strano, è vero, ma credo – personalmente – che lo sia meno dell'indifferenza che dimostra nei primi libri. Pensa soltanto a quando tutti sospettano che sia l'Erede di Serpeverde: che fa? Pensa semplicemente “non sapeva nulla dei Potter, i Dursley gli avevano sempre proibito di fare domande sui suoi antenati maghi.”. No, dico, JKR, ci pigli per il...?! Capisco che Godric's Hollow dovesse restare una sorpresa per l'ultimo libro, ma qui si esagera! I Dursley come ostacolo che impedisce a Harry di saperne di più sul ramo magico del proprio albero genealogico? Oh sì, ceeeerto... Come dici tu, prendiamo il materiale e cerchiamo di migliorarlo, anche perché a volte vedi queste uscite che sembrano entrate...
La scelta del testo di Jim Morrison, in questo caso, è stata particolarmente sofferta. Alla fine, mi sono lasciato guidare dal criterio dell'antifrasi.



You men eat your dinner 
Eat your pork and beans 
I eat more chicken 
Than any man ever seen, yeah, yeah 
I'm a back door man, wha 
The men don't know 
But the little girls understand 

[J.M., Back Door Man]




Harry, Harry, Harry... è da quando sei arrivato a colazione e ho visto la tua faccia che aspetto di parlarti, di capire cosa ti passi per la testa. Di sicuro c'entra Malfoy, basta il cervello di un Billywig per capirlo. Però non c'è nulla di così sconvolgente in quella roba da mandare alla Gazzetta: è scritta da lui, tutto qui il fastidio.
Hermione pensa che si tratti di quell'accenno alla tua famiglia. Magari ha ragione, in genere ci azzecca su queste faccende. Ma se solo tu parlassi con noi...
Certo, da quando dobbiamo far pratica con gli Incantesimi non verbali, le lezioni di Vitious non sono più il momento migliore per fare conversazione. Però adesso siamo a Storia della Magia, una materia che solo Hermione riesce a seguire; e tu resti lontano mille miglia, in viaggio su chissà quale Passaporta...
Harry, ormai sappiamo, so, che quando ti chiudi in questo modo significa che stai male da morire, che sei tutto preso da qualche idea strana che continua a sbattere nella tua testa come un Bolide impazzito.
Mi sento male anch'io, al solo pensiero. E anche perché è evidente che tu non mi vuoi. Non vuoi il mio aiuto, non vuoi nulla.
Harry.
Anche il tuo nome fa male, in questi momenti.
Harry.
L'ultima volta che ti ho visto con un'espressione del genere, eravamo al terzo anno e tu stavi facendo i conti con la storia di Sirius. La versione sbagliata, però: i tuoi genitori traditi dal loro migliore amico.
“Migliore amico”. Già.
Ecco, è in momenti come questo che non riesco più ad illudermi che tu, per me, sia solo un amico.
Controllo automaticamente Hermione... e mi viene da ridere. Lo faccio sempre, tutte le volte che mi viene un pensiero simile. Come se potesse leggermelo in faccia.
(Non c'è pericolo: si è rassegnata ad attendere l'ora di pranzo per torchiarti e si sta concentrando sugli appunti. Beata lei che ci riesce. E beati noi che li prende sempre).
A volte penso che potrebbe rivelarsi un sollievo, dopotutto, se lo scoprisse.
Ma non vorrei mai che tu lo venissi a sapere così.
Sospiro.
Se solo mi fossi reso conto prima che... E avrei dovuto. Gli elementi c'erano tutti, forse ci sono sempre stati.
Sai, Harry? Ricordo ancora quando mi sono sentito strano per la prima volta.
Avevi appena saputo del “tradimento” di Sirius, ero piuttosto sicuro che stessi solo facendo finta di dormire, che ci stessi... be', dire “male” è dire poco... ho immaginato di venire da te per consolarti, di abbracciarti... e di colpo nella mia testa eravamo entrambi nudi... e perché mai sentivo caldo??
Allora non capivo proprio niente. Adesso, mi vergogno di aver pensato una cosa simile mentre tu stavi male.
Non ho capito un tubo neanche la mattina dopo; eppure, ritrovarsi, al risveglio, il pigiama tutto incollato sul davanti può significare una sola cosa, no?
Be', devo dire che io, allora, di queste cose non sapevo nulla. Proprio nulla. Davvero. Neanche una minima idea.
A ripensarci ora, mi sembra incredibile.
Negli anni avevo imparato un bel po' di parolacce, naturalmente, e sentito un bel po' di allusioni, e imparato che la reazione giusta, quella “da grandi”, era mettersi a ridacchiare facendo finta di sapere già tutto di tutto. Ma in realtà avevo capito solo che “i grandi” si baciavano infilandosi la lingua in bocca (bleah!) e facevano... “qualcosa”. Come dire, appunto, che non sapevo proprio niente.
Non fino alla nostra estate, Harry.
L'estate della Coppa del Mondo, per me, sarà sempre “la nostra”.
L'estate della scoperta.
Il cuore mi batte più forte, mentre ricordo... Perché sono entrato in stanza di Percy, quel pomeriggio? Per nessun motivo in particolare, credo: faceva caldo, mi annoiavo e non avevo nulla da fare. Mi sembra che la mamma fosse in cucina, ma per il resto ero da solo, una volta tanto.
Pensavo di curiosare e basta, magari di fargli sparire qualche stupido documento dell'Ufficio... e invece, che cosa non ti trovo? Nientemeno che la sua collezione del famoso, ehm, settimanale illustrato Witches without Britches.
Una collezione dall'aria piuttosto vissuta, adesso posso dirlo.
Allora, naturalmente, non ho capito granché di quel che vedevo.
Sono rimasto senza parole per un minuto, dieci minuti, un'ora, chi lo sa?
Poi, di colpo, ho afferrato un numero a casaccio, guardandomi intorno tutto impaurito. Sono corso in camera mia. Ho chiuso molto bene la porta (sì, la mamma doveva proprio essere in cucina). E ho sfogliato a bocca aperta ogni singola pagina, senza quasi riuscire a credere a... a ciò che mi si parava davanti.
Ricordo perfettamente il cuore a mille, la gola secca, il meraviglioso senso di scoperta e quel bisogno intenso cui non riuscivo a dare un nome.
E, ad un certo punto, mi sono ritrovato supino, a strusciarmi istintivamente contro il materasso, in cerca di sollievo (perché ho il pisello così duro, mi chiedevo? Non è come quando devo fare pipì...).
Sensazioni sconosciute, fortissime. Un misto di sofferenza e di piacere, un piacere mai neppure immaginato. Mi sono perfino spaventato, sentendo il verso che mi usciva dalla gola.
Spaventato, sì; fermato, no. Non potevo. Non avrei potuto neanche volendo. E non volevo.
Un istante dopo, in effetti, trafficavo con la cerniera, pensando solo a tirarlo fuori, a strusciarlo meglio... ad aumentare quel tormento delizioso...
E poi, mentre i fianchi si muovevano di moto proprio, la punta e l'asta si sono sfregate contro il palmo. Intensità delle sensazioni quadruplicata. Mi è mancata l'aria.
D'istinto, ho stretto il pugno.
Il resto è venuto da sé.
(Venuto. Ha-ha. In cinque secondi netti, direi).
E subito dopo, ritrovandomi alle prese con quella “strana roba appiccicosa”, ho ripensato al risveglio nella Torre di Grifondoro. Al davanti del pigiama. E al giorno prima... all'immagine di te, nudo tra le mie braccia.
Nudo come quelle donne che si dimenavano sui...
Sono arrossito fino alla radice dei capelli.
Forse stavo capendo qualcosa, forse ho intuito parecchio. Ma non ho voluto capire.
Mi sono ripulito in tutta fretta, ho rimesso Witches without Britches esattamente al posto in cui stava...
...Per il momento.
Va da sé che, nei giorni seguenti, approfittando degli straordinari di Percy al Ministero, ho fatto pratica. Molta pratica. Non mi sono mai impegnato così tanto, neppure con il Quidditch.
E mi sono accorto, un po' per volta, che il mondo aveva un altro aspetto. Un altro senso, addirittura.
Tante cose sentite, più o meno per caso, dai miei fratelli o dai ragazzi più grandi, ad esempio tutti quei discorsi ansimanti su tette e culi: eccoli lì, spiegati dalle foto.
E le parole che prima non capivo, ecco lì pure quelle, nero su bianco, nei commenti alle foto. Fighe. Pompini. Seghe, anche quelle c'erano: così ho capito cosa fosse “quella roba strana” che mi piaceva un sacco.
E poi, cazzo, quanto mi vergognavo quando guardavo Ginny e mi chiedevo se le stessero crescendo le tette, o spuntando i peli sulla figa, e mi veniva duro.
Spogliavo con gli occhi perfino mia madre. Se ci ripenso...!
Spogliavo con gli occhi qualunque donna incontrassi.
Eppure, Harry, continuavi a tornarmi in mente tu. (Sì, decisamente avrei dovuto capire...).
Mi chiedevo: chissà se anche Harry si fa le seghe? Chissà se ha imparato, se anche i Babbani dove sta hanno di queste riviste? Chissà come ce l'ha...
E a questo punto, guarda caso, troncavo il filo delle associazioni.
Ma nessuna foto me lo faceva venire duro quanto l'idea di insegnarti quello che avevo appena scoperto.
Be', sai già com'è andata. Non credo che tu l'abbia dimenticato.
Certo, non hai mai saputo quanto mi sia scervellato per trovare un modo... Potevo solo sperare che quegli schifosi carcerieri ti lasciassero venire alla Coppa del Mondo.
E così è stato.
Non stavo più nella pelle quando ho letto il tuo gufo. E neppure nelle mutande.
La sera in cui sei arrivato non c'è stato tempo; in tenda non era il caso, non con quattro letti a castello... Merlino, la fatica di non spararmene neanche mezza! E dopo, be', il Marchio Nero e tutto...
Ma poi sei rimasto a casa mia.
Sì, dormivamo in stanza con Fred e George, però la stanza di Percy, durante il giorno, era vuota. Benedetta crisi al Ministero!
Il primo giorno ho studiato il terreno, il secondo ti ho trascinato lì. Eri perplesso, pensavi che volessi combinare chissà che scherzo a quel pomposo idiota di mio fratello... ma mi hai seguito. E perché non avresti dovuto, dopotutto?
«Sai, ho scoperto che Percy tiene certe cose...» e non ho potuto fare a meno di ridacchiare.
«Che genere di cose?» Il tuo tono, perfettamente normale, mi ha fatto capire che non avevi idea... Se non sono venuto all'istante nei pantaloni è un miracolo.
Un'altra risatina.
«Vedrai.»
Ti ho invitato a sedere sul letto e... per l'uccello scappellato di Merlino, la tua faccia quando hai visto!
«Ma... ma...?!»
Un sorriso a trentadue denti e ti ho messo in mano una rivista, aprendone una a mia volta, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Ma, mentre ti stavo seduto accanto, fingevo solo di guardare quelle troie scatenate. Di sottecchi, fissavo te.
Te che scoprivi il sesso.
Che sfogliavi Witches without Britches con un'espressione un po' sbigottita e un po' avida.
E il cavallo dei tuoi pantaloni... be'...!
Mi è servito un paio di minuti, credo, per trovare il coraggio, ma alla fine te l'ho chiesto:
«Ce l'hai duro anche tu, Harry?»
«S-sì.» Eri diventato tutto rosso e borbottavi. «Mi... mi succede sempre, ultimamente... specie al mattino... Non so perché. Ma adesso... boh, stavolta è diverso.»
«E...» Di colpo, anche per me parlare non era facile. «Cosa, uhm, cosa fai di solito quando ce l'hai duro?»
«Quello che capita. Voglio dire... un po' mi dà fastidio, ma se ci penso è peggio, quindi mi distraggo con la prima cosa che mi viene in mente e aspetto che passi.»
«Ah.». Tra l'imbarazzo e l'eccitazione entrambi alle stelle, non riuscivo davvero a spiccicar parola; ho dovuto deglutire due o tre volte. «C'è... c'è un altro modo.»
Mi hai guardato con aria incuriosita, senza dire niente.
Di colpo, smaniavo dal desiderio di mostrarti... no, di toccarti.
Ma non potevo dirti semplicemente “Tiralo fuori”... oppure sì?
E non trovavo il coraggio di tirarlo fuori io, così, senza dire una parola.
Mi è caduto l'occhio sulla mia rivista: tette che ballonzolavano da un capo all'altro del paginone, una gran vacca a cavalcioni di un negro, di cui si vedeva solo... l'unica parte importante, diciamocelo... che usciva quasi del tutto e poi tornava a sprofondare completamente.
Te l'ho messa sotto il naso. «A cosa ti fa pensare questa foto?» Non ti ho più visto così rosso, mai più.
Chissà come, sono riuscito a proseguire: «Io... io immagino di essere... lì dentro.». Mi hai fissato ad occhi sgranati. «E allora...». Lentamente, tremando per l'eccitazione, ho portato la mano alla cerniera. Sentivo il tuo sguardo inchiodato su di me mentre armeggiavo per tirarlo fuori. E quando poi, alzando gli occhi, ho visto la curiosità con cui lo fissavi, ho capito che era fatta.
Sorridendo, ho allungato la mano verso di te: «Posso?»
Hai annuito deciso.
Non è stato facile limitarmi a slacciarti i pantaloni e abbassarti le mutande, senza palpare nemmeno un po' quella durezza così arrapante. Ma non volevo spaventarti.
A occhio, era più o meno come il mio. La pelle già si ritraeva dalla punta... e, a quella vista, per me è stato un attimo: ho stretto il pugno e cominciato a muovere la mano.
Hai inspirato di colpo. Lì ho capito che non mi sarei fermato.
«Ron...»
«Ti piace, Harry?». Ansimavo più di te.
«Mio Dio, Ron...». Hai chiuso gli occhi, reclinando la testa all'indietro; ma, quando ti ho preso la mano per stringerla intorno al mio, ti sei subito dato da fare.
«Sì, Harry, così... bravissimo...»
C'è voluto davvero poco perché i nostri manici di scopa schizzassero fino a raggiungere Giove.
Quando ho ripreso fiato e riaperto gli occhi, ho incrociato il tuo sguardo perplesso.
«Ron» mi hai chiesto, mostrandomi un filamento biancastro tra pollice e indice, «che cos'è questa roba?».
Per quanto fosse assurdo, date le circostanze, sono comunque arrossito.
«Ah... quello. Non... non ti capita mai, al mattino, di svegliarti... appiccicoso?»
I tuoi occhi verdi, ancora dilatati dall'eccitazione, mi hanno fissato stupiti.
«Sì... ma...»
«A volte di notte esce. E poi si secca.»
«Ma cos'è?» hai insistito, la fronte aggrottata, deciso a risolvere il mistero.
«Ehm... serve a fare figli...». I vantaggi degli articoli sulla contraccezione... sì, ho veramente letto la parte senza foto di Witches without Britches!
«Cosa?!» hai esclamato, scostandoti di colpo.
Non ho potuto fare a meno di scoppiare a ridere. «Tranquillo, idiota, qui nessuno ha messo incinto nessuno!»
E' stato il tuo turno di arrossire. Poi ti ho insegnato l'Incantesimo di pulizia.
E siamo rimasti lì, su quel letto ormai disfatto, a leggere i testi delle riviste, a parlare... a toccarci, a sperimentare tocchi e prese... a venire di nuovo, insieme, guardandoci negli occhi...
Quella notte, poi, mi hai sussurrato all'orecchio “Ho voglia di rifarlo, Ron”.
Mamma mia se ci ripenso! Lì, sul pianerottolo, in bella vista e a due passi da Fred e George!
(Be', chi si fidava che le scale non scricchiolassero, se avessimo cercato di andare più lontano?)
Ti giuro, il modo in cui i nostri ansiti si univano avrebbe fatto schizzare anche un gargoyle di pietra.
Siamo andati avanti così per il resto delle vacanze... ma poi è iniziata la scuola.
E abbiamo scoperto che, qui a Hogwarts, farsi una sega non è precisamente una cosa facile. A meno di non apprezzare l'idea di essere sentiti da tutto il dormitorio; e qualche volta il pensiero mi eccita, ma in genere no.
Qualche volta ci siamo infilati, di soppiatto, l'uno nel letto dell'altro, sfidandoci a farlo nel silenzio più assoluto. Arrapati il doppio, per via del rischio. Più spesso, ci siamo precipitati in bagno tra una lezione e l'altra. Uh, le risate, la volta in cui mi hai fatto schizzare addosso a Mirtilla Malcontenta! (Be', attraverso Mirtilla. Ma comunque ben le sta, così impara a ficcare il naso).
Un'altra volta, ci siamo quasi scontrati con Seamus, sulla porta del gabinetto. E' stato proprio imbarazzante: ciascuno ha capito subito quel che avevano in mente gli altri due. Abbiamo occupato un cubicolo per uno e, be', ci siamo dovuti arrangiare.
Insomma, normale vita scolastica.
Ma poi è arrivata Hallowe'en. E' successo quel casino con il Calice di Fuoco. E abbiamo litigato.
Credo che non me lo perdonerò mai, Harry. Perché, ora lo so, ti ho perso in quel momento.
Tre settimane buone senza parlarci, figuriamoci poi farci una sega insieme.
E poi, be'... i pensieri nella mia testa.
Mi sentivo... tradito. Non c'è un altro modo per dirlo. Io mi fidavo di te, credevo che tu ti fidassi di me. Credevo che il fatto di condividere “quello” significasse che ci saremmo sempre detti tutto. E invece... amicizia? Letame di drago, ecco cos'ero io per il famoso Harry Potter.
Ripensavo a quel che avevamo fatto, a come avessi brigato perché succedesse una cosa del genere, e sentivo una voce nella testa, beffarda come quella di Malfoy: Ron Weasley, il frocetto che muore dietro al Salvatore del Mondo Magico!
Ah, ma avrei sistemato tutto per bene!
Non te l'ho mai detto, Harry, ma, in quel periodo, me lo menavo a sangue, sognando di violentarti.
Forse era il sesso, forse il desiderio di farti male. Non so. Di sicuro, sognavo di schiaffartelo dappertutto, per dimostrare di non essere frocio. A ripensarci sembra assurdo.
Non l'avevo più fatto da solo, o quasi; e, quelle poche volte, mi ero limitato ad immaginare che la mano al lavoro fosse la tua. Quelle fantasie del tutto nuove, così violente, mi hanno sconvolto, davvero. Anche per questo avrei voluto che tutto tornasse come prima... ma non trovavo il coraggio di parlarti.
O di infilarmi nel tuo letto e far pace in un altro modo. Ci ho pensato, ci ho pensato parecchio, ma alla fine mi mancava sempre il coraggio.
La sera in cui ti ho mandato all'aria l'appuntamento con Sirius, ti ho detto di essere sceso a vedere perché mai non salissi. Ed era vero. Però – imbarazzo permettendo - avrei dovuto aggiungere due parole su quel che speravo facessi, una volta salito.
Poi... poi, cazzo, i draghi!
Sono stato così idiota che, per rendermene conto, ho dovuto vederti alle prese con un Ungaro Spinato. Solo quello mi ha fatto capire che a) lì non era in gioco la gloria, ma la pelle; b) a volte sembra proprio il contrario, ma tu non sei il tipo che va in cerca di guai; c) chiunque ti avesse iscritto a quel Torneo ti voleva morto.
Be', ho anche capito che vederti volare come Dinamite Llewellyn davanti ad un pericolo mortale mi eccitava almeno quanto mi terrorizzava.
Sono venuto nel tuo letto quella notte, non appena le voci degli altri si sono zittite.
Ti sei svegliato di soprassalto; mi hai fissato per un lungo istante. Non hai detto una parola: mi hai afferrato il polso e... e me l'hai fatto sentire. Già duro, già pronto. Duro da scoppiare, bollente quando ho insinuato le dita dentro al tuo pigiama...
Ti sei aggrappato a me con tutta la tua forza. Sollievo? Voglia repressa per settimane? Era il tuo modo di farmela pagare oppure di darmi il bentornato? Non lo so; so soltanto che ci abbiamo dato dentro fino all'alba, anche quando ormai ci faceva male e avevamo perso il conto degli orgasmi. Io non riuscivo a staccarmi da te, né tu da me. Se non mi sono addormentato nel tuo letto è un miracolo.
Ma l'indomani... niente.
Il giorno dopo, neppure.
E il terzo giorno, quando ti ho seguito mentre andavi al gabinetto...
Mi fa ancora male, Harry.
Non il “Penso che sia meglio smettere” bofonchiato a mezza bocca, no. Il fatto che tu guardassi da tutte le parti, guardassi qualunque cosa tranne me.
Credo di non averti neppure risposto. Forse ho annuito, ma non ne sono sicuro. Non ti ho neanche chiesto il perché: era chiaro, chiarissimo che ti vergognavi. E io non riuscivo a sopportare il pensiero. Nemmeno mi importava sapere cosa fosse cambiato: era normale, era giusto... avevo sbagliato io, ero stato stronzo io...
Che ha detto Hermione quella volta? Che ho la capacità emotiva di un cucchiaino da tè, o qualcosa del genere? Ha! Se sapesse...
Hermione, già. Dopo il Ballo del Ceppo, ho cominciato a guardarla in un altro modo.
A pensare, la notte, di insinuare una mano fra le sue gambe, anziché fra le tue.
A correre in bagno perché, attraverso la divisa, avevo colto il profilo delle sue tette.
Sì, ogni tanto ti pensavo, proprio quando ce l'avevo in mano... ma dopotutto era normale, no? L'avevamo fatto insieme tante volte...
E poi è successo di nuovo.
L'anno scorso, la sera dopo la partita con Tassorosso. Dopo che ti ho svegliato russando, tu hai pensato bene di svegliare me. Ti sei infilato direttamente sotto le lenzuola e mi hai scosso. Non troppo forte, però; sembravi impacciato, o forse imbarazzato.
Avrei dovuto dirti che non volevo la tua pietà. Né per come giocavo a Quidditch, né per qualsiasi altro motivo. Ma ero troppo intontito dal sonno, troppo depresso per la partita: mi sarei aggrappato a qualunque cosa.
E poi, come ho capito che eri tu, il mio corpo ha reagito in maniera... eclatante. Non gli importava nulla della confusione che avevo in testa.
E' stato diverso dal solito. Meno frenetico. Dolce, quasi.
Sembrava che mi chiedessi il permesso per ogni gesto.
E mi hai fissato a lungo negli occhi, prima di abbassare il tuo viso verso il mio. Lentamente, come per darmi tutto il tempo di fermarti. Invece, mi hai dato tempo e modo di capire – finalmente – che non lo avrei fatto, anzi, che non avrei voluto fermarti nemmeno di lì a un milione di anni.
Naturalmente, al mattino, non avevi il coraggio di guardarmi. Però, quantomeno, al primo cambio di lezione, mi hai portato in bagno e sei riuscito a borbottare: «Ron, io... stanott... Cioè, non so... a me piacciono le ragazze... Cho...»
Mi ero preparato un po' meglio di te: ho perfino sorriso. «Oh, lo so, Harry, tranquillo. A me piace Hermione.»
«Ah.». Stranamente, sei arrossito tu. «Be-bene, allora...»
Ti ho preso per un braccio. «Harry... grazie. Sei stato un vero amico.». E ti ho lasciato sulle spine un momento, prima di chiederti, con aria innocente: «Allora dimmi: bacio meglio di Cho?»
Hai riso. Forse un po' imbarazzato, ma hai riso. Ci siam messi a parlare di tette e di figa e del culo di questa e di quanto è gnocca quell'altra, e mi hai perfino detto di quando te ne sei sparato una sognando Angelina nuda su una scopa.
Tutto a posto, insomma. Così a posto che non è più successo niente.
E mi va bene. Davvero. Mi va bene anche che tu ti sia messo con mia sorella... anche se non ho il coraggio di chiederti nessun dettaglio su quello che fate.
Dopotutto, sarebbe potuta andare peggio, no? Mi sarei potuto innamorare di te. O tu di me... no, grazie! Perché allora avrei dovuto considerare l'idea di ricambiarti; e c'è già una certa ragazza che mi sta facendo patire le pene dell'inferno. Grazie mille, ma mi basta e mi avanza.
In effetti, sono decisamente stufo marcio delle pene d'amore. Soprattutto visto che sembrano assolutamente inutili. Esisterà un Incantesimo per capire cosa cazzo pensino le ragazze, in quella loro testa bacata? O almeno una Pozione per imparare a fregarsene, per non incazzarsi ogni mezzo secondo?
Però, Harry... da qualche parte c'è un “però”.
Sarà perché sei stato il mio primo bacio, sarà perché mi capita di pensare a come sarebbe potuta essere la nostra prima volta insieme... sarà perché Hermione mi fa battere il cuore e tutto, ma non dà il minimo segno di volerci stare, e io mi sento anche stufo di ammazzarmi di seghe... Però, tu per me non sei solo un amico.
Cosa sei? E che ne so! A volte ti bacerei, altre ti pesterei a sangue, più di una ti violenterei. Ma, in genere, mi basta sapere che mi guardi, che mi apprezzi, che per te valgo qualcosa. Eppure, sento di volere di più. Mi ci spremo da mesi, ma non riesco proprio a capire cosa.
Sconfortato, mi abbandono contro lo schienale della sedia e chiudo gli occhi.
Devo solo arrivare alla fine della lezione. Poi ci sarà da mangiare. E il cucchiaino da tè potrà tornare a tenersi tutto dentro. Non lo faccio sempre?

Hermione si stropicciò gli occhi. Due ore di Incantesimi e altrettante di Storia della Magia erano pesanti anche per lei. Al termine di una mattinata del genere, i libri le sembravano più pesanti del solito, la strada verso la Sala Grande più lunga...
In altre circostanze, avrebbe mangiato in silenzio, la testa già proiettata nelle lezioni pomeridiane, o nei compiti, o intenta a pianificare le ricerche in biblioteca; ma, casomai se ne fosse dimenticata, una semplice occhiata a Harry le avrebbe ricordato che – per il suo bene, naturalmente – era necessario torchiarlo a dovere e tirargli fuori tutto l'umor nero in cui gli piaceva tanto macerarsi. Niente l'avrebbe distolta da quel compito: non la stanchezza, non il pranzo, non il lavoro da fare e no, neppure i libri!
Ma, per quanto fosse e si sentisse determinata, Hermione Granger si sbagliava.
Mentre stava prendendo posto a tavola, ovviamente accanto a Harry, ripensò alla lettera di Malfoy, probabile causa della crisi del momento, e il suo sguardo si spostò verso il tavolo dei Serpeverde, passandolo in rassegna automaticamente...
Quel che vide – o piuttosto, che non vide – le fece scordare completamente il proposito di interrogare l'amico.
Diede di gomito sia a lui sia a Ron e domandò: «Dov'è la Parkinson?!».


Note:
Il titolo, quasi non c'è bisogno di dirlo, vuol essere un tributo a Robert Musil e alla sua celebre storia di omosessualità all'interno di un collegio; il lettore noterà da sé differenze e somiglianze con il contenuto del capitolo.
Questo sviluppo
slash era in programma fin dall'inizio – non ho inserito per caso l'avvertimento, dopotutto – ma, rileggendo la prima bozza dopo tanti anni, mi sono reso conto che Ron risultava davvero OOC: troppa razionalizzazione, troppa introspezione, una proprietà di linguaggio quasi eccessiva. (Törless è diventato un filosofo: vi assicuro che non sarà il caso di Ron). Ho riscritto, quindi ho riscritto ancora, e poi ancora; troppo, temo, per poter azzardare un giudizio qualsiasi sulla bontà del risultato finale. Spero solo di non essere scaduto nell'eccesso opposto.
Per la verità, mi sono anche interrogato sull'opportunità di mantenere quest'elemento, sulla sua utilità ai fini della trama. Alla fine, però, sono rimasto fermo sull'idea di partenza: Ron deve avere un suo spazio, un suo ruolo e, prima ancora, una personalità più complessa di quella che mostra nl canone; questo è il primo passo per farglieli avere. Potrà convincere o no, riuscire o no: non sta a me dirlo, dopotutto. Sappiate, comunque, che non è una scena improvvisata o fine a sé stessa, dietro c'è una logica.
(Non so se siate anche voi, come me, dell'idea che la Row abbia trattato Ronald Weasley veramente da schifo: dopo una magnifica parte nel primo libro, lo ha ridotto alla ruota di scorta del Trio, o poco più. Io ho voluto cambiare questo stato di cose già in ”
Whisky Incendiario”; ma non aspettatevi un'evoluzione analoga).
In genere, non faccio esprimere i personaggi in prima persona, ma, secondo me, il flashback di Ron, in terza, non funzionava. E poi, tanto vale che cominci a prendere dimestichezza con il suo modo di ragionare. Sia pure da un angolo, forse, un tantino inconsueto.
“Il cervello di un Billywig” è un'espressione di cui sono debitore a Rolf Scamandro, intervistato da Ginny Potter, in occasione della Coppa del Mondo di Quidditch 2014.
Witches without Britches – una paronomasia così azzeccata che mi sorprende non abbia avuto maggior fortuna - è farina del sacco di Cassandra Claire (Draco Veritas, cap. 9), che tuttavia non ha specificato se si tratti di un libro o di una rivista, né tantomeno l'eventuale periodicità; mi sembrato più logico farne l'equivalente di Playboy per il Mondo Magico, completo di paginone centrale, ma anche corredato di didascalie esplicite, ricche di termini forti. Oh, e naturalmente le foto si muovono; ho considerato l'idea di inserire il sonoro, magari attivabile con un Incantesimo apposito, ma temo che creerebbe comunque troppi problemi di riservatezza. Come possibili proprietari, invece, ho pensato anche ai gemelli, ma si sono concentrati parecchio sui loro esperimenti e, soprattutto, Molly ha fatto un bel raid nella loro camera... Percy, al contrario, è l'Insospettabile n. 1 (almeno agli occhi di mammina). Inoltre, come ho rammentato nel testo, beninteso desumendolo dal canone, quell'estate è il solo dei fratelli Weasley che dorma per conto proprio, tutti gli altri condividono la stanza: a quel punto, la scelta era davvero obbligata!
Il momento della scoperta sembra tardivo anche a me, ma la sola alternativa possibile era l'agosto del '92, forse troppo presto; e soprattutto, a quel punto sarebbe stato difficile spiegare perché solo verso la fine del terzo anno Harry dia segno di cominciare a notare le ragazze (Cho).
Se qualcuno si fosse mai chiesto perché Ron, per spararla grossa con le Veela a margine della Coppa del Mondo, abbia scelto proprio di spacciarsi per l'inventore della scopa che avrebbe raggiunto Giove, be', eccovi qui suggerita una bella interpretazione freudiana.
Non è stato per niente facile inserire gli... episodi notturni rievocati nel
flashback all'interno di una narrazione che, per il resto, lascia il canone inalterato; credo, però, di aver scelto i momenti più adatti.
Come mai Harry si mostra riluttante a riprendere la pregressa intimità fisica con Ron? Credo che la ragion sia piuttosto semplice: tutte le volte che il nostro Potter si mette a riflettere seriamente su qualcosa, sbarella di brutto; dà il meglio di sé quando agisce senza pensare affatto. Quindi, durante la pausa forzata ha avuto modo di accorgersi che quei momenti gli mancavano, quindi ci ha ragionato sopra... e ci è leggermente uscito di testa, ma neanche troppo considerati i suoi standard.
Invece, cos'ha in testa di preciso il nostro Ronald? E' innamorato di qualcuno e, nel caso, di chi? Come si spiegano le sue attrazioni confliggenti? Sono tutte domande che giro al gentile pubblico, perché cerchi una risposta insieme con me.
E, giusto perché nessuno si dimentichi della trama, vi lascio con un ulteriore interrogativo, sulla sorte di Pansy; ma a questo prometto di rispondere già nel prossimo capitolo.

  
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