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Autore: Old Fashioned    18/11/2017    17 recensioni
Siamo nel 1230. Un gruppo di pellegrini tedeschi che sta attraversando la Palestina si imbatte in una santa reliquia e decide di portarla in patria. A scortare il prezioso carico ci sono anche due cavalieri dell'Ordine Teutonico, che si troveranno, una volta raggiunto il paese d'origine dei pellegrini, a fronteggiare le incursioni di una misteriosa belva assetata di sangue e nello stesso tempo i sospetti di un inquisitore alla ricerca di vittime.
Seconda classificata al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Cronache di Cacciatori’.
Genere: Azione, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sapevatelo. Importanti rivelazioni sulla Bestia di Dürnau, su Rieducational Channel!
Scusate se non ho postato ieri, ma è stato un giorno un po’ caotico. Nel frattempo ringrazio sentitamente chi mi segue e mi commenta, in particolare Saelde_und_Ehre, fiore di girasole, morgengabe, LyaStark, molang, innominetuo, miciaSissi, Syila, Crilu_98 e la nuova maratoneta, che graziosamente si è sciroppata tutti gli arretrati per giungere fin qui, by a lady.
Grazie a tutti!!




Capitolo 8

Fratello Hermann uscì nel cortile del castello. Era prima mattina, e il piccolo spazio lastricato era ancora completamente in ombra. Le pietre erano scivolose per l’umidità della notte.
Fuori c’erano due cavalli già sellati: il suo destriero da guerra e uno snello palafreno dal manto grigio. Immaginò che il secondo fosse quello di Konrad von Obenstein.
Si guardò intorno: a parte lui e un paio di mozzi di stalla, il luogo era vuoto.
Raggiunse la propria cavalcatura e cominciò a controllare i finimenti come faceva ogni volta che doveva montare in sella.
Mentre era così impegnato, una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione: “Siete pronto a partire, cavaliere?”
Hermann si voltò. “Buon giorno, barone. Sì, sono pronto, grazie.”
Il braccio vi fa ancora male?”
Non tanto,” rispose il giovane, ma quando tentò di sollevarlo per regolare la lunghezza dello staffile, dovette desistere mentre una smorfia di dolore gli tendeva i lineamenti. “Forse un po’...” si corresse.
Siete fortunato che quel mostro non ve l’abbia strappato. Ho visto il vostro usbergo: da non credere.”
Ha sorpreso anche me.” Il cavaliere fece una pausa, poi a voce più bassa chiese: “Difenderete Adalrich mentre sono via?”
Il barone si voltò a fissarlo negli occhi. “Come se fosse mio figlio.”
Vi sono molto obbligato.”
L’altro scosse la testa. “No, sono io che vi sono obbligato. Avete protetto i miei contadini a rischio della vostra vita.”
Era mio dovere farlo.”
E allora vedetela così: è mio dovere di feudatario proteggere le persone a cui do ospitalità.” Poi, dopo una pausa: “L’usbergo che vi ho fatto avere vi soddisfa?”
È di ottima fattura, barone. È anche più leggero del mio, sebbene non meno robusto.”
Spero che vi servirà bene. Lo portava mio padre in battaglia, è stato fatto dai migliori artigiani di Norimberga.”
Hermann stava per rispondere quando una voce chiese: “A proposito di Norimberga, padre, quando posso tornarci?”
I due si voltarono: sulla soglia c’era Konrad in abiti da viaggio. Dava l’idea di essersi alzato poco prima. “Salute a voi, cavaliere,” disse svogliato. Si sistemò il cappello bordato di passamaneria dorata.
Salute,” rispose neutro fratello Hermann, alzando appena lo sguardo verso di lui.
Il ragazzo si fece avanti e in tono meravigliato chiese: “Hai fatto sellare Habicht, padre?”
So che è il tuo preferito.”
Senza rispondere, il ragazzo montò in sella e fece qualche passo per il cortile. Anche a quell’andatura, lo snello animale sembrava letteralmente danzare sul selciato. Frustò l’aria un paio di volte con la coda e alzò la testa impaziente di mettersi in marcia.
Hermann gli rivolse uno sguardo. “È il vostro cavallo?” chiese.
È un corsiero berbero,” rispose Konrad orgoglioso.
È un bell’animale.”
Detto questo, anche lui montò in sella, quindi rivolse uno sguardo al ragazzo, come per invitarlo a partire e a fargli strada.
Con un sospiro, Konrad spronò il corsiero e uscì dal cortile al galoppo, sperando di distaccare il più pesante cavallo da guerra.

Cavalcarono in silenzio per un paio d’ore, ognuno immerso nei propri pensieri, poi Konrad di punto in bianco chiese: “Da quanto tempo siete nell’Ordine?”
Da quando avevo quattordici anni.”
Il ragazzo emise un fischio di meraviglia. “Quattordici?”
L’altro si limitò ad annuire.
Adesso quanti anni avete?”
Venti.”
Per i dardi di San Sebastiano! E come fate a godervi la vita?”
In modi che voi non apprezzereste.”
Il giovanotto scosse la testa con l’aria di non capacitarsi della cosa. Dopo un po’ chiese: “E vi piace?”
Sì.”
Konrad si voltò a fissarlo sempre più incredulo. “Davvero?”
Di nuovo, il cavaliere annuì.
Il ragazzo si tolse il cappello, scosse la testa facendo ondeggiare ben curati riccioli castani, quindi si rimise il copricapo. “Ma… ecco, scusate se ve lo chiedo: che cosa c’è di bello?”
Hermann gli rivolse un sorriso che aveva una vaga nota ironica, e poi rispose: “Non credo che vi interesserebbe saperlo.”
Continuarono a cavalcare in silenzio. Passò un altro po’ di tempo, attraversarono un villaggio, qualcuno li salutò con la mano, un paio di bambini li seguirono per un po’. Usciti dal centro abitato, si imbatterono in una locanda dalla quale scaturivano musica e allegro vociare. Konrad annusò l’aria con fare rapito, poi disse: “Qui fanno un magnifico pollo al melograno. Vogliamo approfittarne?”
Con permesso, preferirei proseguire.”
Ma il pollo...”
Lo mangerete un’altra volta. Ora proseguiamo, per favore.”
Il ragazzo emise un teatrale sospiro di esasperazione, brontolò qualcosa di indistinto sulla gente che non sapeva godersi la vita, quindi distaccò il cavaliere di qualche passo e proseguì così per un po’.
Hermann si limitò a seguirlo in silenzio, immerso nei suoi pensieri.
Dopo nemmeno due ore, il ragazzo fermò il cavallo, si voltò verso di lui e chiese: “Ci riposiamo un po’?” Indicò una radura ombreggiata.
No.”
Come no? Io sono stanco!”
Il cavaliere rimase impassibile.
Devo riposare.”
Riposerete a Marienbrunnen.”
State scherzando? Ci arriveremo questa sera.”
Se ci fermassimo, arriveremmo ancora più tardi.”
Se penso che mio padre avrebbe voluto farmi entrare nell’Ordine, mi sento male.”

§

Chiuso in cella, Adalrich girava su e giù nervosamente. Tutta la notte erano risuonati nell’aria gli ululati della belva infernale.
Il mostro, qualsiasi cosa esso fosse, aveva imperversato nel paese a suo piacimento, e l’unico vantaggio dell’accaduto era che a questo punto l’inquisitore avrebbe dovuto arrendersi di fronte alla prova della sua innocenza e liberarlo.
Per l’ennesima volta si chiese ansiosamente dove fosse Hermann, se stesse bene. Senza dubbio era uscito per combattere il mostro, pur consapevole del fatto che le armi normali non fossero in grado di colpirlo.
Mentre era immerso in quei tormentosi pensieri, un rumore lo fece sobbalzare: proprio padre Gerold stava entrando, accompagnato dall’immancabile frate Peter.
Il sacerdote prese lo sgabello e come sempre si sedette davanti alle sbarre. “Buon giorno,” salutò in tono ironico, “avete dormito bene?”
Il cavaliere si limitò a fissarlo senza parlare.
L’altro fece un sorrisetto. “Tacete pure, finché potete,” lo irrise.
La bestia è tornata,” ringhiò Adalrich per tutta risposta, “l’ho sentita ululare anche da qui.”
Forse vi stava salutando.”
Il cavaliere aggrottò le sopracciglia. “Che intendete dire?”
È la vostra bestia, no? Siete voi che la chiamate e la scatenate sul paese inerme.”
Non dite assurdità. Il mio confratello, piuttosto, sta bene?”
Il prete accentuò il suo sorriso compiaciuto. Con fare insinuante domandò: “Come mai ve ne preoccupate tanto? È vostro complice, per caso? È lui che intrattiene commerci col Demonio in vostra assenza?”
E vi aspettate che vi risponda?”
Padre Gerold scosse la testa. “No, sono ragionevolmente sicuro che continuerete a tacere con fare sdegnoso, onde dimostrare quanto siete disgustato dalle mie ignobili accuse.” Scosse la testa come di fronte al puntiglio sciocco di un bambino, quindi proseguì: “E ditemi, come mai vi preoccupate tanto di quel vostro confratello?”
Apparteniamo allo stesso Ordine, abbiamo combattuto insieme per anni, è ovvio il motivo.”
L'altro annuì. “Concordo, il motivo è ovvio. Sicuramente tra voi c'è un legame peccaminoso: siete complici nelle opere demoniache, l'avete appena dimostrato, e chissà, forse anche amanti.”
Come vi permettete?” sbottò Adalrich inferocito. Afferrò le sbarre come se avesse voluto strapparle via.
Il prete annuì come di fronte a un fenomeno ampiamente previsto e molto stupido. “Ma sì, ma sì. Fate pure la parte dell'indignato. Lo vedono tutti che non vi preoccupate altro che di lui, che lo cercate sempre, che volete sempre stare con lui...”
Smettetela con queste insinuazioni infamanti!” lo interruppe il cavaliere. Nel suo viso bianco, le guance arrossate per l'ira sembravano due pennellate di sangue.
Ma guarda un po': reagite con più veemenza a queste accuse che a quelle di stregoneria. Non avrete la coda di paglia?”
Fratello Adalrich non rispose. Rimase a fissarlo con le mani aggrappate alle sbarre, le sopracciglia aggrottate e lo sguardo torvo. Il prete notò che stava ansando leggermente.
Non potete accusarmi di nulla,” ringhiò alla fine il cavaliere, “né di questo, né della vostra supposta stregoneria. Non avete prove, e non le avete perché semplicemente non esistono.”
L'altro sollevò le sopracciglia con aria di cortese interesse. Lasciò passare lunghi istanti di silenzio, infine chiese: “Lo credete davvero?” Senza attendere la risposta si alzò in piedi e mise le mani dietro la schiena. Sotto lo sguardo feroce del prigioniero fece qualche passo su e giù. Infine disse: “Voi nobili cavalieri non vedete al di là del vostro naso. Avete solo tre concetti in testa, coraggio, lealtà e onore, il che va benissimo durante una battaglia, posto che il nemico ragioni allo stesso modo, ma vi rende dei poveri ingenui in tutte le altre situazioni della vita.”
Fissò il suo interlocutore, forse aspettandosi una risposta. Come prima, fratello Adalrich si limitò a fissarlo in silenzio.
Il vostro destino è segnato,” proseguì allora il prete, “voi sarete processato e arso sul rogo come stregone e sodomita. Ma rassicuratevi: perlomeno il vostro sacrificio, chiamiamolo così, servirà a rinsaldare in questo feudo il potere di Santa Madre Chiesa, che in fin dei conti è anche la stessa istituzione che avete giurato di servire a costo della vita. Non farete nulla di diverso da ciò che ci si aspetta da voi, alla fine.”
Il cavaliere rimase impassibile. Con voce di nuovo calma, rispose: “Io sono innocente da ogni accusa. Dio non vi permetterà di compiere questo abominio in suo nome.”
L'altro scosse la testa. “Povero idiota. Coraggio, lealtà e onore: non capite altro, vero?” Poi, rivolto al frate: “Andiamocene, Peter. Sarebbe più stimolante parlare con un bue.”

§

Era l'imbrunire quando finalmente le guglie della chiesa di Marienbrunnen si profilarono all'orizzonte.
A quella vista, Hermann spronò il cavallo, facendogli aumentare il passo.
Dietro di lui, Konrad disse: “Aspettate, fratello cavaliere. È tutto il giorno che siamo in sella.”
Lo so.”
Sì, so che lo sapete. Volevo solo trovare un modo elegante per farvi notare che sono esausto.” Poi, dopo una pausa: “Questa è retorica, per vostra informazione.”
So anche questo.”
Il cavaliere tornò a fissare lo sguardo sul convento. Alle sue spalle il ragazzo continuava a ciarlare, ma lui non lo sentiva nemmeno: aveva davanti agli occhi l'obiettivo, e null'altro aveva più importanza.
Insomma, mi ascoltate?” sbottò a un certo punto Konrad, che aveva spronato il cavallo fino ad affiancarlo.
Fratello Hermann inspirò profondamente a occhi socchiusi, quindi tirò le redini e si fermò nel bel mezzo della strada. Si voltò verso il suo petulante accompagnatore e chiese: “Chi è la persona che amate di più al mondo?”
Il giovanotto sbatté gli occhi, perplesso dall'inaspettata richiesta. “Cosa? E questa che domanda sarebbe?”
Una domanda alla quale gradirei una risposta.”
Mia madre e mio padre, immagino.” Avrebbe voluto aggiungere qualcuna delle cameriere della taverna del Grifo, ma non era proprio certo che facessero parte delle persone che amava di più al mondo.
Il cavaliere comunque annuì grave, quindi disse: “Ora immaginate che vostra madre o vostro padre stiano rischiando di essere arsi sul rogo, e che in questo convento ci sia qualcuno che forse può aiutarvi a evitarlo. Voi quante pause fareste lungo la strada?”
Konrad abbassò lo sguardo mordendosi il labbro inferiore, poi lo rialzò e rispose: “Nessuna, credo. Anzi, farei la strada al galoppo.”
Mi capite ora?”
L'altro annuì. Rimase in silenzio per un po', poi di punto in bianco disse: “Scusate, cavaliere.”
Hermann si voltò verso di lui. “Per cosa?”
Sono stato un po' sciocco. Scusatemi.”
Non fa niente.”
Di nuovo fra i due calò il silenzio.
Konrad rimase a fissarlo per un po', ma il cavaliere non aveva occhi che per il convento. Lo guardava come un assetato avrebbe fissato una polla d'acqua, o un affamato un'imbandigione.
Vide anzi le sue mani stringersi sulle redini al punto che le nocche sbiancarono.
Il cavallo aumentò ancora l'andatura.
Aspettate, cavaliere,” gli disse, ma già l'altro l'aveva distaccato, e ormai al trotto si stava dirigendo verso l'entrata di Marienbrunnen.

Fu un frate di mezz'età, pingue e dall'aria pacifica, ad aprire loro il portone. “Benvenuti, benvenuti!” li accolse, “venite dentro, stavamo giusto per metterci a tavola. Ma tu sei il piccolo Konrad! Quanto sei cresciuto? Mi ricordo di te che eri alto così!” Fece un segno con la mano poco più su della cintura. “E come sta il barone tuo padre?”
Bene, grazie.”
Ah, magnifico. Magnifico. Cosa ti porta da queste parti?”
Il ragazzo indicò Hermann. “Ho accompagnato questo cavaliere.”
Il frate sembrò accorgersi di lui solo in quel momento. “Un fratello dell'Ordine!” esclamò gioviale. “Noi amiamo molto l'Ordine, vedete la bandiera che sventola sul campanile? Croce nera in campo bianco, se capite quel che voglio dire! Siete venuto per stare un po' qui con noi? Troverete tanti altri confratelli, sia cavalieri che sacerdoti.”
Contagiato dal buonumore del religioso, Hermann non poté fare a meno, nonostante lo stato d'animo plumbeo, di restituirgli un lieve sorriso. “Mi piacerebbe molto,” rispose, “ma purtroppo sono qui per motivi assai poco piacevoli, che vi spiegherò magari in seguito. Sto cercando un mio confratello anziano di nome Hildebrand.”
Fratello Hildebrand? Sarà molto felice di vedervi, ne sono certo.”
Posso incontrarlo?”
Ma certamente. Lo vedrete nel refettorio assieme a tutti gli altri.”
No! Per favore, devo parlargli subito.”
Ma la cena sarà pronta fra poco.”
Adesso. Per favore.”
Sotto lo sguardo accorato del giovane, il frate non ebbe cuore di rifiutare. Gli pose un braccio intorno alle spalle e disse: “Venite con me, ragazzo mio.” Poi, rivolto a Konrad: “Tu ci aspetti qui, non è vero? Se hai fame puoi andare da frate Ewald, digli che ti ho mandato io.”
Si incamminarono attraverso il cortile. Il posto comunicava un senso di pace raccolta: vi era una bella chiesa in pietra bianca, circondata da edifici a graticcio. Nelle aiuole crescevano cespugli di rose e piante medicinali, alberi da frutto di ogni genere erano in fiore e nell’aria c’era profumo di miele e pane appena sfornato.
Entrarono nell’edificio accanto alla chiesa, anch’esso di pietra, e dall’ingresso percorsero un corridoio, per poi sbucare in un chiostro al centro del quale si trovava un pozzo coperto di edera. Tutt’intorno vi erano delle panche.
Nella scarsa luce del crepuscolo, Hermann vide che su una di esse sedeva qualcuno che portava il manto bianco dell’Ordine.
Si avvicinarono ai sedili, poi il frate chiamò: “Fratello Hildebrand!”
L’altro, che stava probabilmente meditando, si riscosse e si alzò in piedi. “Che cosa desideri, fratello Luitpold?”
Hermann, che si era aspettato un mite vecchietto un po’ curvo, dovette ricredersi: fratello Hildebrand era alto come lui, ma aveva le spalle di fratello Adalrich. Il volto dall’espressione decisa, con la fronte ampia e penetranti occhi grigi, era incorniciato da una capigliatura di neve che arrivava a lambire le spalle. La folta barba, che conservava qualche venatura di grigio, gli conferiva l’aspetto solenne di un patriarca biblico.
L’imponente vecchio volse nella sua direzione lo sguardo penetrante di un astore.
Il cavaliere si fece avanti. “Sia ringraziato il Cielo,” non poté fare a meno di dire. “Per fortuna vi ho trovato.”
L’uomo sorrise. “Che cosa volete da me, giovane confratello?”
Dovete aiutarmi!” esalò Hermann disperato. D’istinto gli prese la mano.
Fratello Hildebrand sollevò stupito le sopracciglia, quindi rispose: “Calma, ragazzo mio. Ditemi prima cosa vi sta succedendo.” Gli indicò il porticato. “Vogliamo passeggiare un po’ mentre mi parlate?”
Hermann prese a raccontare. Disse tutto, cercando di non tralasciare alcun particolare. Raccontò della belva, di quello che faceva e di come fosse apparentemente immune alle ferite che le venivano inferte. “Sia io che il mio confratello l’abbiamo colpita più volte,” spiegò, “sempre in pieno e con tutta la forza. Le ferite guarivano a vista d’occhio.”
Fratello Hildebrand annuì grave, poi chiese: “Com’era fatta questa bestia?”
Il giovane la descrisse, e l’altro aggrottò le sopracciglia con fare perplesso. “Non è possibile,” borbottò alla fine.
Cosa, non è possibile?”
Questa bestia. Se è come voi dite, non dovrebbe essere qui.”
Hermann non poté fare a meno di intravedere un tenue barlume di speranza. “Domando perdono,” chiese esitante, “voi sapete che cosa sia?”
Venite con me,” gli disse l’altro.
Uscirono dal chiostro, salirono per una rampa di scale e arrivarono a un vestibolo, dal quale accedettero a una sala immersa ormai nell’oscurità, ma che si intuiva grande e col soffitto a volta. Fratello Hildebrand accese un lume, rivelando pareti coperte di libri dal pavimento al soffitto. Si mosse con sicurezza verso uno scaffale, quindi estrasse un volume e lo pose sul tavolo che si trovava al centro della sala. Cominciò a sfogliarlo.
Hermann si fece avanti incuriosito: il libro era scritto in arabo e mostrava disegni di animali che lui non aveva mai visto. Riconobbe il cane infernale. “Ecco, è questo!” esclamò, indicando la figura di un animale fulvo e picchiettato di nero, dalle orecchie rotonde, tarchiato, con i quarti posteriori più bassi degli anteriori e una robusta chiostra di denti.
Siete sicuro?”
Lo riconoscerei fra mille. È lui, non sbaglio.”
Iena.”
Hermann lo fissò con sguardo interrogativo.
Iena. È il suo nome.” spiegò fratello Hildebrand. Poi, dopo una pausa: “E mi dite che l’avete visto trasformarsi in uomo?”
L’ha fatto due volte, sotto i miei occhi. La seconda volta ha anche ripreso la forma animale ed è scappato.”
L’altro si accarezzò pensoso la barba. “Non è possibile,” mormorò di nuovo a mezza voce.
Abbiate la bontà di spiegarmi, fratello Hildebrand,” disse Hermann dopo un lungo silenzio. “Continuate a ripetermi che non è possibile, ma non capisco di cosa stiate parlando.”
L’altro annuì grave, la sua espressione si era fatta cupa e carica di preoccupazione. “Avete ragione,” confermò. “Avete il diritto di sapere, ma non ora. Dovrò parlarvi, ma non è opportuno che lo faccia mentre regna l’oscurità, questi sono argomenti che non si possono affrontare al buio. Ora andiamo a prendere il pasto serale e preghiamo. Domattina vi spiegherò tutto.”
Hermann sbatté perplesso le palpebre. Si era immaginato una situazione grave, ma non così grave. “C’è di mezzo la stregoneria, per caso?” domandò titubante.
Domani. Ora non è bene nominare certe cose.”

§

Il giovane cavaliere trascorse la notte rigirandosi inquieto nel letto. Le parole dell’anziano confratello lo avevano messo in uno stato di tormentosa aspettativa, che si era unito alla preoccupazione per l’amico rendendola ancora più opprimente.
Che cosa stava succedendo? Perché non se ne poteva parlare se non alla luce del giorno?
Si alzò definitivamente dopo aver tentato invano di dormire, si vestì e uscì all’aperto. Era ancora buio, sebbene i primi uccelli cominciassero già a cantare. Scorse i frati che entravano in chiesa per il mattutino[1] e si unì a loro, ma neppure nel corso della preghiera riuscì a distogliere la mente dalle preoccupazioni, e le parole della liturgia gli scivolavano addosso come acqua.
Pensava ad Adalrich, tanto per cambiare, e costantemente si chiedeva se stesse bene, e se il barone fosse realmente riuscito a proteggerlo come gli aveva promesso.
Pensava anche alle parole di fratello Hildebrand, e non faceva che domandarsi cosa mai ci potesse essere di così terribile da non poter essere narrato se non alla luce del sole.
Fu il tramestio dei frati che uscivano dalla chiesa a distoglierlo dalle sue ansiose meditazioni.

Riuscì a incontrare fratello Hildebrand solo dopo la Prima[2]. “Voi volete sapere,” gli disse l’uomo, fissandolo severo negli occhi.
Sì, per favore,” rispose Hermann. “Il mio confratello è in pericolo. Ogni momento che trascorro lontano da Dürnau potrebbe essere quello fatale.”
L’altro annuì grave. “Venite con me,” gli disse alla fine.
Non tornarono alla biblioteca. Uscirono dal convento e attraversarono un frutteto bianco e rosa di fiori appena sbocciati, poi si addentrarono in un boschetto di querce e seguirono per un po’ il corso di un torrente.
Fratello Hildebrand si fermò solo quando raggiunsero le rovine di una piccola cappella ormai coperta di rampicanti. “Ci sono cose che non possono essere udite da tutte le orecchie,” spiegò.
Hermann annuì. “Ora mi racconterete del… Iena?” chiese fissandolo con aspettativa.
Per prima cosa devo farvi una domanda: voi conoscete il Corano?”
Il libro degli infedeli?”
Proprio quello. Mi rifugio nel Signore dell’alba nascente, contro il male che ha creato, e contro il male dell’oscurità che si estende, e contro il male delle soffianti sui nodi, e contro il male dell’invidioso quando invidia.[3]”
Il giovane cavaliere rimase per qualche istante in silenzio, quindi chiese: “E questo cosa significa?”
Questo è un versetto del Corano. Anche presso gli arabi – o gli infedeli, se preferite – c’è chi pratica la magia, e chi se ne serve per fare del male. Avete mai sentito parlare dei jinn?”
L'altro scosse la testa.
I jinn sono esseri soprannaturali creati da fiamme senza fumo, e possono essere buoni o cattivi. Si nascondono nelle rovine e nei luoghi disabitati. I più malvagi di essi sono definiti al-ghūl, o semplicemente ghul. Essi si muovono di notte. Possono mutare forma a piacimento, in esseri umani o nell’animale che avete visto, bevono il sangue, profanano le tombe divorando i cadaveri, ed emettono spaventosi ululati, in grado di ghiacciare il sangue nelle vene.”
È proprio ciò che fa quella creatura,” mormorò Hermann. “Esattamente le stesse cose.”
Inoltre creano progenie,” continuò l’altro, “contagiano le vittime cui succhiano il sangue, facendo sì che esse riprendano vita come versioni minori del ghul, che a differenza di esso, possono venire uccise anche dalle armi normali.”
E quelle a loro volta ne contagiano altre,” concluse il più giovane.
Proprio così.”
Hermann si sedette su un sasso poco lontano. Per un po’ rimase con lo sguardo rivolto all’acqua che scorreva, quindi sollevò la testa, fissò il confratello e disse: “Ma la domanda è: come ha fatto ad arrivare qui un ghul?”
È quello che non riesco a spiegarmi. In Terra Santa ho parlato con sapienti e guerrieri che li hanno combattuti, una volta penso di averne anche sentito uno ululare, ma qui...”
Il giovane buttò un sassolino nella corrente e rimase a osservarlo mentre esauriva la sua inerzia e si mescolava con gli altri ciottoli. Riandò con la mente all’escursione di qualche mese prima alle chiese rupestri, rivide la cassa con dentro il corpo. “Com’è fatto un ghul?” domandò, pregando di sbagliarsi, ma allo stesso tempo augurandosi che non fosse così.
Somiglia a un uomo straordinariamente magro, con la pelle come cuoio conciato. Veste ricchi abiti ricamati e ha da qualche parte qualcosa, una fascia, una cintura o altro, tutta annodata. Al posto delle unghie ha artigli ricurvi, i denti sono lunghi e aguzzi.”
Hermann si sentì gelare. “Che Dio mi aiuti, fratello,” mormorò dopo un po’, “siamo stati noi a portarlo qui.”
L’altro lo fissò stupefatto. “Che stai dicendo, figliolo?” E poiché il più giovane non rispondeva, lo afferrò per le spalle e lo scosse con vigore. “Che stai dicendo?” ripeté a voce più alta.
Con fatica, cercando di mantenere la voce ferma, Hermann gli raccontò della presunta reliquia di Sant’Atanasio di Alessandria. “L’abbiamo scortato fin qui, capite?” disse alla fine.
Fratello Hildebrand annuì grave, poi chiese: “Com’è possibile che un mostro del genere sia stato scambiato per un santo?”
Hanno pensato a un corpo incorrotto. Aveva la croce sul petto e in cintura una fascia con dei nodi, che è stata scambiata per un cilicio. Legato al polso aveva una specie di pendente di cristallo di rocca, nel quale si trovava un cartiglio con scritto in greco Athanasios.”
Il vecchio rimase in silenzio talmente a lungo che Hermann fu sul punto di chiedergli se si sentisse male. Alla fine, rialzò la testa e disse: “Non Athanasios, ma Athanatos, immortale. Poiché non riuscivano a ucciderlo con le armi normali, hanno pensato di murarlo dentro quella chiesa, ma lasciando un avviso sulla sua pericolosità.”
E noi ce lo siamo portato a casa,” concluse Hermann.
Proprio così.”
Ma perché ha ripreso vita solo a Dürnau?”
Di solito è un sacrificio di sangue che lo sottrae al suo letargo secolare.”
Seguì un lungo silenzio, infine il giovane disse: “Avete detto che non si può uccidere con le armi normali.”
L’hai visto con i tuoi occhi, ragazzo.”
Cosa lo uccide, allora?”
Vieni con me.”
Tornarono verso il convento. Attraversarono di nuovo il frutteto, questa volta incrociando frati intenti a svolgere i lavori quotidiani, che li salutarono rispettosamente al loro passaggio.
Qualche pollo fuggì chiocciando dinnanzi al loro incedere deciso.
Entrarono nell’edificio principale. Fratello Hildebrand si procurò una lanterna, quindi condusse il suo accompagnatore verso la porta dei sotterranei. Scesero alcune rampe di scale e arrivarono a una stanza umida e fredda, nella quale nessuno sembrava avere messo piede da anni. Lì il cavaliere più anziano estrasse dalla tunica una chiave che teneva assicurata al collo e andò a un baule che si trovava contro una parete.
Fece scattare la serratura, quindi sollevò il coperchio. “Vieni a vedere,” disse, facendo cenno all’altro di raggiungerlo.
Hermann si avvicinò.
Fratello Hildebrand estrasse da sotto un mucchio di stoffe un involto oblungo di pelle legato con delle fettucce, poi lo consegnò al confratello.
Che cos’è?” chiese il giovane.
Guarda tu stesso.”
Egli disfece l’involto, rivelando un’arma saracena dal semplice fodero di metallo ricoperto di pelle. Sollevò lo sguardo interrogativo su Fratello Hildebrand.
È un saif, o scimitarra, se preferisci. Immagino che ne avrai incontrati parecchi in Terra Santa.” Fece un cenno col capo. “Guardalo.”
Hermann lo afferrò, con qualche difficoltà data l’impugnatura stretta, e poi lo estrasse dal fodero: la lama era decorata con eleganti caratteri arabi, e lucida come se fosse stata appena forgiata. Il filo non aveva la più piccola intaccatura.
È stato benedetto da un Wali,” gli spiegò il più anziano, “che sarebbe l’equivalente di uno dei nostri santi.”
L’altro vi fece scorrere sopra uno sguardo ammirato, quindi alzò gli occhi sul confratello e chiese: “E questa ucciderà il ghul?”
Sarà in grado di ferirlo.”
Hermann fece un lieve sorriso. “Se può essere ferito, può anche morire.”

§

Il barone von Obenstein si affacciò al balcone della sala delle udienze. Nel cortile era radunata una folla di persone, contadini, artigiani e donne, composti ma inamovibili.
Alcuni di essi avevano in spalla falci e forconi, qua e là crepitavano fiaccole.
Cosa volete, buona gente?” chiese il nobile.
Si fece avanti mastro Norbert, il fabbro, che evidentemente era stato designato come portavoce. Si tolse il cappello con fare rispettoso, quindi disse: “Anche questa notte sono state uccise tre persone.”
Lo so e me ne dispiace,” rispose il barone. “Stiamo organizzando cacce tutti i giorni per trovare quella bestia infernale.”
L’altro annuì, ma era evidente che la spiegazione non lo aveva convinto per nulla. La folla rimase silenziosa, nessuno accennò ad andarsene.
Infine, una donna che teneva un figlio in braccio disse: “Dobbiamo stare ad aspettare che ci prenda uno per uno?”
Un altro si aggiunse all’invettiva: “La bestia va e viene come vuole, e se ci chiudiamo in chiesa devasta le nostre case e divora i nostri morti!”
Dalla folla cominciò a levarsi una cacofonia di proteste.
Il barone sopportò per un po’, quindi intimò il silenzio con un gesto. “Basta così,” disse poi. “Troveremo una soluzione, e fino a quel momento accoglierò tutti coloro che lo vorranno nelle sale del castello, dove la bestia non può entrare.”
Il fabbro scosse la testa. “Con licenza, mio signore, questa non è la soluzione.”
Cosa proponi allora?”
L’uomo si scambiò un’occhiata con quelli che lo circondavano, più d’uno gli diede una pacca sulla spalla come per incoraggiarlo. Quella che doveva essere sua moglie gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Quel cavaliere,” disse allora mastro Norbert.
Quale cavaliere?” chiese il barone, fingendo di non aver capito.
Quello tutto bianco, mio signore. Padre Caspar ha detto che è un emissario del Demonio, e che finché non sarà arso sul rogo la bestia tornerà.”
Un mormorio di approvazione attraversò la folla.
Il barone rientrò dal terrazzo e scese nel cortile. Avanzò fino a trovarsi faccia a faccia con il fabbro, quindi gli chiese: “Che ha detto padre Caspar?”
L’uomo tossicchiò imbarazzato. “Ha detto che quel cavaliere è figlio del Demonio, e che è lui che chiama la bestia, mio signore.”
Ma tu l’hai visto combattere, no?”
Ecco… mio signore...”
Sì?”
Mio signore, padre Caspar dice che faceva solo finta di combattere, mentre in realtà segnava le case per farci andare la bestia.”
E queste cose padre Caspar come le sa?”
Gliele ha dette sua eccellenza, mio signore.”
Chi?”
La moglie del fabbro intervenne: “Il prete che viene da Fulda, mio signore.”
Il barone annuì grave, poi fece un passo indietro e a voce alta disse: “Ascoltatemi tutti: d’ora in poi, chi oserà dire che il cavaliere dell’Ordine Teutonico è un emissario del Demonio sarà frustato, sono stato chiaro?”
Si fece avanti Till il gobbo, che in virtù della sua deformità si permetteva di dire a voce alta cose che molti altri non avevano nemmeno il coraggio di mugugnare. Fece una grottesca riverenza al barone e in tono forzatamente lamentoso gli chiese: “Ma allora, mio signore, se quel cavaliere è innocente, perché continuate a tenerlo in prigione?”







[1] preghiera che viene recitata prima del sorgere del sole
[2] preghiera delle 06.00 del mattino
[3] Sura Al-Falaq, n.113


   
 
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