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Autore: Dira_    25/11/2017    5 recensioni
Sono trascorsi cinque anni da quando Al, Tom e Lily hanno messo fine alla vicenda terribile che ha segnato la loro adolescenza. Grazie al mondo fuori da Hogwarts sembrano essersi lasciato tutto alle spalle. Chi è un promettente tirocinante, chi si è dedicato alla ricerca e chi, incredibilmente, studia.
Un'indagine trans-continentale, il ritorno di un vecchio, complicato amico e una nuova minaccia per il Mondo Magico li porteranno ad affrontare questioni irrisolte.
"Perchè quando succede qualcosa ci siete sempre di mezzo voi tre?"
Crescere, per un Potter-Weasley, vuol dire anche questo.
[Seguito di Ab Umbra Lumen]
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo LXVIII
 
 
 
 
 
 
Forget the poems of saints and ghosts
I'm the one I fear the most
(What’s wrong, Pvris)
 
 

Da qualche parte nel Mare del Nord …
 
 
Spalancò la porta con un Alohomora che quasi la scardinò. Arrivato a quel punto, Sören non riusciva a capire se era l’adrenalina a tenerlo in piedi, e mandare quindi fuori controllo la sua magia, o la disperazione di percepirsi sempre più vicino al perdere i sensi.
Non aveva importanza; era arrivato alla plancia di comando.
Il radar.
Cercò con lo sguardo una console familiare; fortuna voleva che Boston fosse una città portuale e gli era capitato di salire a bordo di navi Babbane per lavoro. Per questo motivo il Comandante Gillespie gli aveva fatto seguire un corso per identificare gli elementi principali della strumentazione di una nave.
Focalizza.
Strizzò gli occhi mentre il sangue gli rombava nelle orecchie. Il dolore al braccio mancante era sordo, ma pulsava sempre più vicino. Avrebbe potuto Schiantare nuovamente l’articolazione per trovare sollievo, ma le fitte lo tenevano lucido.
Concentrati.
Finalmente, tra pulsanti freddi, schermi morti e led spenti individuò ciò che cercava. Dovette puntellarsi al bordo per non crollarci sopra, ma l’aveva trovato; il radar, con il suo trasponder AIS. Avrebbe dovuto far funzionare entrambi per far tornare la nave tracciabile.
 … è tutto spento.
Ma erano lontani dalla stiva e dai laboratori. La magia non poteva aver fatto così tanti danni, non fino a lì.
Il che significava che la corrente era stata interrotta. Girò lo sguardo sull’ambiente circostante e individuò il quadro elettrico, ben segnalato da una serie di targhe e simboli.
… Estevez faceva sempre una battuta …
Non la ricordava e distrarsi era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
Concentrati.
Aprì il quadro e strinse tra i denti un’imprecazione; non funzionava nulla perché Doe, o chi per lui, aveva pensato bene di friggere l’intero circuito con un incantesimo offensivo.
… Posso rimediare.  
Ignorò l’improvvisa scarica di dolore che lo attraversò come un coltello. Anzi, la fece sua.
Il dolore, serviti del dolore principino.
È tutta la concentrazione di cui hai bisogno.
Ad pristinum status reformet.” Mormorò e dalla bacchetta uscì un filo sottile e argentato; le magie più complesse non avevano effetti speciali. L’incantesimo, come in un nastro magnetico, riavvolse il tempo su se stesso facendo tornare il quadro elettrico al suo stato originario: cioè funzionante.
Udì, come musica una serie di segnali sonori, prova del fatto che l’elettricità era tornata a scorrere nel posto giusto.
Il radar. Il transponder.
Le gambe gli cedettero di colpo e cadde in ginocchio.
Funziona?
La vista gli si offuscò, ma fece in tempo a vedere la schermata di avvio accendersi; non ne capiva molto, in quelle cose era sempre stato più bravo Rico, ma era ancora in grado di   leggere.
Funzionerà.
Sorrise, perché il suo compito era terminato; sarebbero venuti a salvare Albus e sua madre ed Harry Potter avrebbe assicurato alla giustizia Luzhin e i suoi seguaci.
C’era riuscito, ma non gli importava di fasti o onori, né della redenzione che aveva cercato disperatamente in quei cinque anni. Non gliene importava nulla.
Vorrei solo rivederti, Liebchen…
Per favore, … per … favore …
Posso rivederla?

 
 
 
 
****
 
 
Londra, Diagon Alley.
Laboratorio della Weasley MagiTech

 
Hugo si strofinò una mano sulla faccia: come ogni volta si irritò trovando ruvido solo in alcuni punti: il DNA familiare non lo aveva graziato di una barba folta come quella suo padre né indomabile come quella di Jamie, ma piuttosto una specie di roba a chiazze che lo faceva sembrare uno sbarbato.
Lily sosteneva che in effetti era proprio quello, ma non l’aveva mai ascoltata.
Comunque non poteva evitare di tormentarsi quei tre peli in croce che si trovava, perché erano ore che stava combattendo contro il sonno.
Il fastidio era un modo come un altro per rimanere sveglio.
“Capo, ma una dormita?” Suggerì Robyn, l’unica ad essere rimasta, al momento raggomitolata in una palla di felpa, jeans e briciole di barrette energetiche.
Se persino lei, che non riposava più di tre ore a notte, era stanca, forse avrebbe dovuto capitolare.
Lanciò un’occhiata ad Ama; non si era allontanata dalla radio neanche per andare in bagno, e a nulla erano valse le sue rassicurazioni che il programma che girava sul computer di fianco a lei avrebbe fatto tutto il lavoro. Pareva fidarsi solo delle sue orecchie.
Non se la sentiva di lasciarla da sola.
Se è K.O. la metà di quanto lo sono io, potrebbe perdersi qualcosa. E ho idea che non se lo perdonerebbe mai…
Conosceva quel tipo di strega, era come sua mamma. Tutto il peso del mondo sulle spalle e la certezza che se qualcosa cosa andava storto nella sua orbita, beh, doveva per forza essere colpa sua.
Le allungò l’ennesima tazza di caffè, la quale venne degnata meno di un’occhiata. “Penso di averne bevute troppe.” Sospirò trovando comunque la forza di sorridergli. “Ma grazie. Potresti riposarti un po’ … Non serve che stia qui anche tu.”
“Due paia d’orecchie sono meglio di una, no?” Scrollò le spalle. “E poi non sono stanco.”
“Sei gentile, ma …”
“Dico davvero.”
Hugo lanciò un’occhiata a Robyn, che scosse la testa e alzò gli occhi al cielo in una mimica che proprio non capì. Preferì quindi sedersi di nuovo accanto all’americana. “Capisco che ti senti responsabile di Prince, eh.” Azzardò, perché se fosse riuscita a convincerla che la tecnologia avrebbe lavorato al posto loro l’avrebbe considerata una vittoria personale. E poi, in quelle ore, aveva ufficialmente sviluppato una cotta mastodontica per la persona che Ama si era rivelata, e non poteva farci niente.
Le donne forti, che pigne che mi danno …
Ama abbozzò una smorfia. “Sono pur sempre il sergente di quell’idiota. E l’ho autorizzato io a partire. Se non tornasse …”
“Potrebbero farti qualcosa? Tipo, di disciplinare?”  
Ama scosse la testa. “È solo che Sören…” Si morse un labbro. Aveva passato troppi anni a decifrare le smorfie di sua cugina per non capire il sottointeso.
Ah.
Eccheccavolo, ma cos’è, un magnete per le donne? Quello lì?
“… ti piace?” Domandò, ma all’aria oltraggiata dell’altra si sentì morire.
Oh porca puffola, ho sbagliato?
“No, cioè, è un tuo sottoposto okay, però Lily mi ha detto…”
“Tua cugina non sta mai zitta?”   
“No?” Offrì in segno di pace.
Ama serrò le labbra in una pura linea sottile di furia femminile, ma la stanchezza reclamò la sua attenzione, e finì per afflosciarsi. “… non lo so. Cioè, sì.” Si passò una mano tra i capelli. “È una storia inutile. È innamorato di tua cugina e mi sono fatta da parte. Non c’è altro da dire.” Concluse in tono deciso.
“Okay.” Annuì comprensivo mentre Robyn usciva dalla stanza alla ricerca dell’ennesima bevanda energetica o per dar loro un po’ di privacy. Non sapeva quale delle due fosse peggio.
Mi sono infilato in un ginepraio.
“… ma tengo ancora a lui.” Aggiunse piano. “È impossibile non preoccuparsi. Ci sono delle persone che non vorresti mai nella tua vita in pianta stabile, ma non puoi fare a meno di prenderti cura di loro. Un po’ come se fossero uccellini caduti dal nido troppo presto.” Sbuffò. “Scusami. Sto dicendo cose senza senso…”
“No, lo capisco invece.” Le toccò goffamente la mano. Era calda e liscia e quanto gli piacevano le mani delle donne. Ritirò subito la sua quando l’altra alzò lo sguardo, perché era meglio così.
Altrimenti la bacio. E proprio no.
“Cioè, per me … con Lily … è più o meno lo stesso.” Si schiarì la voce. “Si è messa nei guai un bel po’ di volte, soprattutto quando eravamo a scuola e qualcuno doveva badare a lei. Cioè, raccogliendo i cocci a cose fatte, non sono mai riuscito ad impedirle di fare niente … un po’ la conosci no?”
“Direi che mi sono fatta un’idea abbastanza chiara, sì.” Convenne con tono poco contento.
A Lils proprio non riesce di piacere alle ragazze …
“Anche se adesso abbiamo le nostre vite, è ancora così.” Continuò. “Sarà sempre così, credo. Ci sono delle persone per cui non puoi fare a meno di preoccuparti.” Concluse stringendosi nelle spalle.   
“Sei proprio una chioccia.” Alla sua faccia sbalordita ridacchiò. “Era un complimento Hugo.”
Se continui a dire così il mio nome, cacchio, puoi darmi anche del pollo.
“Forse ho preso da mia nonna. Dovresti conoscerla, è davvero…”
Un improvviso bip li fece sobbalzare entrambi. Nervi tesi o meno, Hugo sapeva benissimo cosa significava.
“Era …” Azzardò Ama, ma la fermò afferrandole la mano. Non la tolse neanche quando la radio cominciò a gracchiare quello che avevano aspettato da ore.
 
 
Ama si alzò dalla sedia come se si fosse trasfigurata in carboni ardenti. “La Marina l’ha localizzata. Prince c’è riuscito!” Disse prima di prendere la bacchetta, Appellare il mantello ed infilarselo. “Devo andare ad avvertire gli Auror.”
Hugo si alzò di rimando. “Vengo con te.”
“Non è necessario, hai già fatto tanto.” Gli occhi di Ama erano lontani, già su un campo di battaglia. Hugo riconosceva quella mimica perché l’aveva vista addosso a suo padre da quando era bambino.
“Non era una domanda.” Le servì di rimando e raddrizzò la schiena quando la vide aggrottare le sopracciglia contrariata. Doveva avere l’aria determinata o l’avrebbe lasciato indietro. “Non puoi ordinarmi di rimanere qui, sono tipo un civile, no? Faccio quel che mi pare del mio tempo libero.” Ringraziò con un cenno della testa Robyn, che senza dire una parola gli aveva portato il giubbotto.  
Se lo infilò ignorando il dolore alle spalle, dovuto a tutte quelle ore di raggomitolamento su una sedia estranea. La sua, bella e ergonomica, regalo di sua mamma, l’aveva lasciata ovviamente ad Ama.
Visto che deve andar a menare la bacchetta, meglio lei che me.
“Hugo, non ho tempo…”
“Dove devi Materializzarti?”
Ama, presa in contropiede da quella sua improvvisa energia volitiva (lo erano sempre tutte), lo guardò spiazzata. “San Mungo? Devo raggiungere James.”
“E te lo ricordi, dico, l’ingresso? Sei in grado di visualizzarlo in modo da arrivarci senza Spaccarti?”
Ama aprì e chiuse la bocca. Poi tacque. “No.” Ammise.
Oh, beh, pensavo di dover insistere di più …
“Ti porto io.” Le tese la mano. “Andiamo.”
Ama la afferrò e non se lo stava immaginando, Nossignore, la strinse più di quanto fosse necessario e okay, con il pollice gli stava accarezzando il dorso. “Sei un ragazzo pieno di sorprese Hugo Weasley.”
Si sentì avvampare come un gladiolo ma fu stoico. Come fece finta di non registrare lo sghignazzo soffocato del suo dannato braccio destro, ancora lì peraltro. “Uhm, sì.” Brontolò prima di concentrarsi sulle tre D: Destinazione, Determinazione e Decisione.
… e Dannazione alle donne bellissime!
 
Ama dovette ricordarsi che in effetti era ancora in servizio quando Materializzandosi al San Mungo si trovò praticamente tra le braccia di Hugo.
Che era più o meno alto quanto lei, ma aveva sempre avuto un debole per i ragazzi in apparenza mingherlini ma con le braccia abbastanza salde da reggere una strega come si doveva.
… e comunque era la stanchezza.
“Eccoci arrivati.” Disse Hugo facendo un cavalleresco passo indietro. Indicò la vetrina sporca che segnalava l’entrata dell’ospedale. “Ti hanno detto a che piano sta?”
“Credo a Lesioni …” ma prima che potesse davvero rifletterci, Potter uscì con un balzo atletico fuori dalla vetrina: riuscì a tirare indietro Hugo appena in tempo.
“Ohi!” Sbottò questo. “Jamie, ma che ca…”
“Avete visto Lily?” Chiese questo col fiatone. “L’avete vista uscire?”
… e adesso che ha combinato?
Si morse la lingua, che tanto era inutile far notare che in teoria c’erano ben altre priorità che andare alla ricerca di una ragazzetta cretina.
Ma tanto qui è tutto un grande affare di famiglia, no?
Potter si passò una mano tra i capelli. Scaricò il peso da un piede all’altro; di colpo non ci fu più traccia del mago sbruffone che aveva sempre conosciuto.
Una brutta notizia. Sta per darci una brutta notizia.
Ci si sarebbe giocata il distintivo. “Che è successo?”
“È una storia lunga, ma Prince è … insomma, è disperso, è caduto in mare.”
“In che senso?”
Forse non era il modo più corretto di formulare la domanda da come Potter la guardò stranito, ma quello che stava dicendo non aveva senso. “Come è caduto?”
“Albie è riuscito a mettersi in contatto con noi, e dice di averlo visto cadere … è stato Luzhin. È … Lily era presente e…” Si fermò squadrandoli come se per la prima volta si fosse reso conto di chi aveva di fronte. “Ma voi che ci fate qui?”
“Qualcuno ha attivato l’AIS … il sistema di posizionamento della nave.” Esordì Hugo lanciandole un’occhiata. “È stato Al?”
Domanda corretta.
“ … no? Insomma, ce l’avrebbe detto!”
“Allora è stato l’agente Prince.” Concluse Ama mentre il sollievo la invadeva. “Non c’è nessun altro nella nave che potrebbe aver fatto una cosa simile.”
Potter si grattò la testa. Rimase in silenzio il tempo per processare il tutto. Per fortuna era un tipo dal pensiero veloce, quasi quanto la bacchetta. “Merda, sì, credo … sì, dev’essere stato lui!” Si aprì in un sorriso genuino. “Quindi non è morto?”
“Se non l’ha fatto prima di cadere in mare, non avrà certo potuto farlo il suo fantasma.” Concluse spiccia. Non era il momento dell’incertezza, o della speranza. Dovevano agire. “La guardia costiera ha comunicato la posizione del cargo. Dobbiamo arrivare prima di loro.”
“Ricevuto.” James annuì, ma poi si voltò verso il cugino. “Gogo, tu …”
Il ragazzo colse al volo. “Penso io a Lils, voi andate.”
James gli diede una pacca sulla spalla. “Grazie.” Poi le si rivolse di nuovo. “Vado ad avvertire Malfoy, useremo il Camino dell’accettazione per arrivare al Ministero. Ci vediamo sotto.” Poi con un balzo fu nuovamente inghiottito dalla vetrina.
Ama fece per seguirlo, ma si fermò a metà strada. Prima di entrare in azione, c’era ancora qualcosa che doveva fare.
Hugo si infilò le mani nelle tasche dei jeans: era un movimento che doveva fare spesso perché erano tutte sformate. La cosa la riempì di tenerezza. “In bocca al Crup allora, eh … e cerca di stare attenta.” Borbotto impacciato: quello era un addio, realizzò Ama. Se tutto si fosse concluso quella sera non sarebbe passata da Londra che per prendere la sua roba.
… nel bene o nel male.
“Hugo … grazie di tutto.” In quelle ore si era sentita più ascoltata, capita e apprezzata che in tutto il suo soggiorno britannico, ma non glielo disse.
Come sua madre, sapeva quando invece era il momento di agire.
Si avvicinò, gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Solo pochi secondi, non un bacio vero e proprio. Era piuttosto una risposta ad una domanda muta.
“Vienimi a trovare in America, ti aspetto.” Gli mormorò sulle labbra, prima di voltarsi e entrare in ospedale.
Se doveva salutare l’Inghilterra magica, era molto meglio farlo con un bacio e una promessa.
 
****
 
 
“Malfuretto, sono venuto ad avvertirti che abbiamo la posizione della nave, ma tu non vieni con noi.”
Scorpius inarcò le sopracciglia. Si scambiò uno sguardo con Tom … o con Al, non riusciva a ancora a capire chi dei due fosse in controllo. “Scusa Potterino?” Replicò facendo emergere tutto il suo tono Malfoy. “Da quando sei tu quello che da’ gli ordini?”
James come al solito arruffò le penne. “A parte che sono l’agente senior al momento…”
Era talmente prevedibile che gli venne voglia di abbracciarlo. O menarlo.
“Sì, di un anno, ma falla finita.” Scosse la testa. “Sono tornato in servizio per essere, in servizio, non per fare da balia a mini-Potter e Dursley … senza offesa ragazzi.” Aggiunse voltandosi verso Tom – il corpo di Tom? – che per tutta risposta fece spallucce.
“Qualcuno deve rimanere qui con …” James fece uno strambo cenno omnicomprensivo. “… non è che può essere lasciato da solo!”
“Per questo è al San Mungo, circondato da Guaritori e Psicomaghi.” Gli tenne testa senza distogliere lo sguardo; era quello il segreto con Potty, la battaglia di occhiate truci.
Se la vincevi, era fatta.
James stavolta tenne duro. “Malfuretto … hai appena scoperto di avere un figlio. Che cazzo fai?”
Scorpius strinse le labbra, punto sulla matrice di tutti i suoi dubbi. “Quello che vogliamo far tutti da mesi, sbattere al fresco i cattivi.” Rispose però, perché l’onestà era l’unica carta che gli restava. “E poi non ti lascio da solo, sei il mio partner!”
“Non sarò solo, avrò…”
“Vengo, non è in discussione!”
“Rosie…” James giocò l’ultima carta, ma a quella era preparato.
“Rose è d’accordo.” Incrociò le braccia al petto. “Non avrei potuto nascondere nulla alla mia mogliettina e madre del mio fagiolino.”
“Ti prego di non dire mai più una cosa del genere.” Mormorò Tom con espressione nauseata. “Ha un doppio senso imbarazzante.”
“Siete voi gay che pensate solo a quello.” Gli fece la linguaccia. “Comunque è stata proprio lei a dirmi di andare!”
 
 
Nella realtà le cose non si erano svolte proprio così.
Mentre i rispettivi genitori si stavano ancora raccapezzando di esser diventati di colpo parte della stessa famiglia – il che significava che suo padre e Ron si stavano lanciando occhiatacce dai lati opposti della piccola cappella dell’ospedale– Rose l’aveva preso da parte.
“Conosco quello sguardo.” Aveva detto prendendogli una mano. “Sei preoccupato per James e gli altri, vero?”
Scorpius aveva tentato di ribattere, ma non serviva. Con Rose non era mai servito.
“Mi sento meglio. Potrei tornare in azione e … beh, salvare vite, diventare l’eroe del giorno e baciare fanciulle in pericolo.”
Rose gli aveva stritolato la mano che teneva tra le sue. Ad un suo tenue lamento non aveva mollato manco per sbaglio la presa.

“L’ultima parte scordatela.”
La amava molto.

“Vorrei essere d’aiuto, ma rimarrò qui.” Concluse usando la mano che ancora si sentiva per posargliela sullo pancia. “Sono richiesto.”
Rose si sporse a baciarlo. Ne fu sorpreso prima di ricordare che ora erano ufficialmente sposati e poteva anche smettere di fare il fidanzato dalle intenzioni pure. Prima che potesse metterle una mano sul sedere e farsi Maledire dal suocero, Rose si staccò.
Oh, quanto adorava farle brillare gli occhi.
“Ce la possiamo cavare.” Disse con un sorriso che sfumò in un’espressione seria. “Jamie invece ha bisogno di te … mio padre e zio Harry hanno bisogno di te.”
“Rosellina …”
Gli prese il viso tra le mani senza dargli modo di ribattere. “È solo un prestito, Malfoy. Finisci questa storia … ma poi torna da me e da nostro figlio. E a noi che serve un eroe.”
Le sorrise di rimando, strofinando il naso contro il suo. Neanche gli importava di sentire borbottare di sottofondo papino Ron come una vecchia caffettiera. “Promesso, mia Lady.” All’espressione perplessa dell’altra sogghignò. “Lo sai che ora sei una Lady, vero? Hai sposato un futuro Lord!”
Rose roteò gli occhi al cielo. “Merlino me ne scampi, Malfoy. Se tanto mi dà tanto, sei tu a essere diventato uno Weasley.”
“Lord Weasley, suona bene!”  Le strizzò l’occhio. “Che dici, chiediamo ai signori laggiù cosa ne pensano?”
 
“… insomma, a mio padre è quasi venuto un infarto.”
“È un miracolo che non gli sia ancora venuto.” Commentò Tom. “Non preoccupatevi per me comunque.” E questo era Al. “Non appena tornerà Lily farà lei da staffetta tra me e gli Auror.”
Scorpius fece una smorfia. “… pensate davvero che Sören sia ancora vivo?”
Al annuì. Da quando James aveva dato la buona notizia era più presente. Era come se il sollievo gli avesse infuso nuove energie. “Finché siamo stati insieme non ci siamo neanche andati vicini, al locale dei radar. Non può essere stato nessun altro … anche se mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere.”
“Ce lo spiegherà quando lo riporteremo indietro.” Tagliò corto James. “Malfuretto, fa’ come ti pare, vieni se vuoi venire.” Aggiunse brusco. “La tua salma al Ministero però non ce la riporto.”
Era più di quanto si fosse aspettato. “Prego, mio adorato Potty!”
“State attenti.” Sorrise loro Al. Poi l’espressione si indurì. Ovviamente, Tom. “… e sbrigatevi.”  
 
****
 
 
Londra, Piccadilly Circus.
Un pub qualunque.

 
Sua cugina Lily se aveva bisogno di spegnere il cervello non andava in un posto tranquillo.
No, andava in mezzo alla gente, possibilmente rumorosa e su di giri.
La trovò quindi seduta al bancone di un pub Babbano, a quell’ora strapieno di giovani lavoratori e studenti della City intenti a bere, chiacchierare e farsi sovrastare dal ritmo di musica martellante.
Hugo storse le labbra perché il pop Babbano gli faceva cagare quasi quanto quello magico.
Quasi. Peggio di quello magico non c’è proprio niente.
Lily era facilmente individuabile e non solo per i suoi capelli rossi semaforo, ma anche per l’inevitabile aura discronica che ogni individuo magico, per quanto integrato, emanava in posti esclusivamente frequentato da Babbani. Infatti accanto a lei si era formato una piccola bolla di vuoto, occupata soltanto da un uomo in giacca e cravatta che cercava di attaccar bottone.
Hugo sbuffò, perché in ogni posto c’era un tipi così, sordi ad ogni tipo di segnale.
Raddrizzò le spalle, che era un ruolo che aveva svolto troppe volte da studente per non ricordarselo a memoria.
“Ehi.” Lo apostrofò. Venne ovviamente ignorato.
“… e senti, non me lo vuoi proprio dire come ti chiami? Vorrei offrirti da bere, ma non è che posso farlo con una perfetta sconosciuta, giusto?” Ciarlò questo cercando di spostarsi nella linea di tiro dello sguardo della cugina. “Oh, ma mi ascolti?”
Hugo lo afferrò per una spalla. “No, non lo sta facendo e fidati, non lo farà qualsiasi cosa gli dici. Te ne vai adesso?”
Il Babbano si voltò, muscoli tesi ed espressione bellicosa, probabilmente corroborata dalle birre che si era scolato. “E tu chi cazzo sei?”
Lily diede un sorso al suo cocktail. “La mia guardia del corpo.” Rispose disinvolta. “E tu dovresti tornare da tua moglie, Jeb.” Sorrise. “È pure incinta.”
Jeb – che razza di nomi si davano i Babbani? - sbiancò, guardandosi attorno come se d’improvviso si potessero palesare telecamere e coniuge furiosa. “Tu … come …”
Hugo lo voltò misericordiosamente in direzione della porta. “Siamo agenti segreti.”
“Per conto di Sua Maestà.” Convenne Lily mentre le spuntava un piccolissimo sorriso all’angolo delle labbra.
"Sappiamo più di quanto dovremo di voi buoni cittadini.” Gli diede una consistente manata sulla schiena che lo fece sussultare. “Torna da tua moglie…”
“ … ti starà aspettando.” Suggerì Lily pescando una ciliegia candita dal bicchiere e mettendosela in bocca. “Si potrebbe preoccupare se non ti vede tornare.”
Una volta che Jeb fu fuori dai piedi, Lily fece una risatina. “Era tanto che non lo facevamo.”
Hugo annuì sedendosi sullo sgabello accanto a lei e afferrando il menù unticcio del posto. Tanto per fare qualcosa, sapeva già che avrebbe preso una birra.
Al diavolo l’orario, ne ho bisogno.
L’espressione della cugina si spense di nuovo. “Grazie per avermelo tolto dai piedi. Stavo per Affatturarlo.”
“Come ai vecchi tempi, no?” Ordinò con un cenno e poi si voltò verso di lei. “Che cacchio ci fai qui?”
“È un posto come un altro.” Gli rispose distrattamente. “Volevo ubriacarmi fino a perdere i sensi ma poi mi sono ricordata che non sono più quel tipo di ragazza. E tra l’altro non credo di avere abbastanza valuta Babbana con me.”
“Non lo sei mai stata.”
Lily gli strinse una mano, ma lo fece un po’ troppo forte, quindi trovò giusto ricambiare. “… che gran bugiardo. Dopo il diploma e senza lo sguardo giudice della buona Minerva non ero esattamente una santarellina. Ti ricordo Brighton.
Scosse la testa perché Lily si era sempre data troppi meriti quanti troppi difetti. Esagerare era nella sua natura. “Ti sei messa nei casini, ma hai sempre rimediato …”
“Forse stavolta non voglio.”
Visto come stavano le cose trovò giusto parlare senza troppi preamboli. “Sören è vivo.”
Lily non cambiò espressione come si sarebbe aspettato; niente salti sullo sgabello, niente abbracciarlo in pieno impeto gioioso. Le tremarono soltanto le labbra. “… per favore.” Mormoro così piano che dovette abbassarsi per riuscire a indovinare il resto. “… per favore non farlo.”
“Fare cosa? Non ti sto dicendo cazzate.” La ignorò perché davvero, Prince era vivo. Doveva esserlo o l’avrebbe ucciso lui. Quindi le vomitò addosso tutto ciò che sapeva. “Hanno appena attivato il gps della nave, e Al ha detto di non essere stato. È stato Prince. Forse era tutta una messinscena, forse non è caduto in mare, ma voleva solo allontanarsi senza farsi seguire dal nemico o roba del genere, no?”
No?
Lily non ribatté. Teneva gli occhi bassi, e questo gli faceva più paura di quella volta che era caduto da un albero e tutti attorno a lui avevano cominciato a piangere e gridare tranne James. “Freddo.” Disse invece.
“Che?”
“Ho avuto freddo, prima. Quando stavo aspettando il mio cocktail.”
“Aria condizionata?” Tentò come un idiota. “Lily, hai tutte le tue sensazioni e okay, ma …”
L’altra si voltò verso di lui con le lacrime che le rigavano le guance. “Siamo maghi, Hugo. Le nostre non sono mai sensazioni. Ho percepito questa … cosa … gelida che mi passava accanto e ho capito che … gli era successo qualcosa di brutto.” Si guardò attorno come realizzasse solo in quel momento dove si trovavano. “… e ho pensato che potevo mettere le radici qui, tanto non mi importava più di andare da nessuna parte. Senza di …” Le si ruppe la voce e scoppiò in un pianto dirotto.
Hugo le passò un braccio attorno alle spalle. “Sei a pezzi, okay? Lo siamo tutti … quel freddo, quella roba lì … ecco. Potrebbe essere qualsiasi cosa, potrebbe non voler dire niente.” Stava blaterando ma la sua diarrea verbale aveva sempre calmato sua cugina in qualche modo, quindi continuò. “Adesso schiodiamo, ci facciamo un paio di ore di sonno sulle brande del San Mungo e poi torni operativa.”
“ … hanno bisogno di me?”
Ecco la parola chiave per ogni Potter. “Sì, porca miseria! Al e Tom sono nello stesso corpo e, cazzo, è come una specie di golem di sarcasmo! Qualcuno deve tenerli a bada.”
Lily ridacchiò tirando su con il naso. Le passò un tovagliolino, con cui l’altra si tamponò le lacrime. “… credono davvero che Ren sia vivo?”
“Quello o il suo fantasma ha di nuovo reso il cargo visibile ai radar. Cioè, okay che siamo maghi e tutto quanto, ma i fantasmi non possono toccare roba solida quindi…”
Lily lo abbracciò di slancio, e visto che teneva la sua agognata birra in mano rischiò quasi di fargliela cadere. Le diede una pacchetta sulla testa, mostruosamente sollevato perché la crisi era rientrata. “Ecco, basta piangere, dai.”
“… grazie Gogo. Meno male che sei venuto tu a prendermi.” Gli prese una mano tra le sue con quell’espressione che aveva ridotto suoi coetanei, e non, ad un ammasso di gelatina senza volontà.
È un po’ un potere magico. Persuadere, tipo skills di DnD.
“James avrebbe preso a pugni quel coglione.” Convenne con una smorfia. Ridacchiarono assieme e fu come tornare bambini.
Era bello anche in momenti un po’ del cazzo come quello.
 
Uscirono dal pub mentre una pioggerellina fastidiosa rendeva Piccadilly Circus grigio e uniforme. Materializzarono un paio di ombrelli e decisero di comune e muto accordo di farsela a piedi fino al San Mungo.
… chissà se in America piove quanto qua.
Lily gli diede un colpetto con il gomito riscuotendolo dai suoi pensieri. “Ti è successo qualcosa di bello?”
“Non mi leggere!” Sbuffò arrossendo.
“Non l’ho mica fatto apposta. È che emani una scia di soddisfazione da qui al Devonshire.”
“È perché finalmente hanno riattivato il gps.” Mentì.
“No, non è per quello.”
E ti pareva.
Hugo sbuffò, ma non poté frenare un sorriso. “Finita ‘sta storia vorrei, tipo partire … fare un viaggio. Sto pensando a questo.” Non era così scemo da vuotare completamente il sacco, anche se moriva dalla voglia di farlo. Primo, perché non era il momento giusto, secondo perché Lily era anche amica di Gail.
E non voleva pensare a Gail. Perché pensarci era realizzare che non stava pensando a lei da quando Ama era entrata nel suo laboratorio e cacchio era troppo presto e troppo poco per farsi dei film mentali.
“Mi sembra una buona idea.”
Esitò, perché nonostante tutto aveva bisogno di un parere. “… dici?”
“Credo tu conosca già la risposta.” Lo prese a braccetto con un sorriso. “Qualsiasi cosa tu voglia fare, Gogo, io sarò sempre dalla tua parte. Codice Potter-Weasley, giusto?”
Sorrise di rimando. “Giusto.”
Spalla contro spalla affrontarono la stupida pioggia londinese.
 
****
 
 
Mare del Nord.
Coordinate: N°59 55’ 33 64
E001° 17’ 44 94

Ultimo aggiornamento alle 11:01 UTC
 
 
“Sveglialo.”
Un momento prima stava riposando sul letto del San Mungo, quello dopo Al si era di nuovo svegliato nel suo corpo, sulla nave.
Inghiottendo una boccata d’aria e qualcosa che decisamente non lo era tossì, alzandosi a sedere.
 
Cosa ci hanno dato?
 
Tom nella sua testa suonava infastidito. Come biasimarlo?
 
Probabilmente dei sali. E hanno esagerato.
Sbatté le palpebre per mettere a fuoco l’ambiente. Loher era al suo fianco, con una boccetta in mano e l’espressione sollevata.
Non la capì finché non guardò davanti a sé. Luzhin gli torreggiava sopra. D’ istinto si ritirò fino a sbattere la schiena contro la testata metallica del letto.
 
È lui?
 
Annuì impercettibilmente, prima di maledirsi; non doveva in nessun modo far capire che sentiva delle voci nella testa; se fossero stati Babbani non sarebbe stato un problema, ma la magia aveva modi tutti suoi di comunicare.
Luzhin comunque parve non aver notato la cosa perché gli sorrise. “Ben svegliato Albus. Ci sei mancato.”
“… quanto sono rimasto svenuto?” Chiese per prendere tempo. A parte Loher e Luzhin erano soli; non vedeva Sophia o i Mercemaghi. Guardando meglio vide, nella due file di lettini accanto a lui, una mezza dozzina di uomini addormentati.
I Mercemaghi … li ha già sottoposti al Demiurgo?
“Troppo.” Rispose il tedesco. “Alzati.”

Cosa facciamo?
 
Non avrebbero fatto niente, decise; non finché non avesse avuto una panoramica completa della situazione e soprattutto informazioni sulla madre di Sören.
“Dov’è Sophia?”
Luzhin non gli rispose. “Vuoi che ti costringa?” Gli domandò invece. “Alzati.”
Gli obbedì ignorando il tentativo di aiuto da parte di Loher come la scarica di rabbia che percepì da Tom; aveva paura, una paura maledetta che gli strisciava dentro e non avrebbe fatto niente di stupido o di eroico. Solo la presenza di Tom gli impediva di rintanarsi sotto il letto come un ragazzino terrorizzato.
 
Va bene, allora fatti dire cosa vuole …
 
“Perché non mi hai ancora ucciso?” Mormorò. “Potresti, hai ucciso Prince e lui era un avversario di gran lunga più forte di me…”
“Hai detto bene, Potter, avversario.” Si strinse nelle spalle. “Tu, come il buon dottore qui, non lo siete.” Fece una smorfia divertita. “Come potreste? Avete la forza magica di un insetto a mio confronto.”


… ne è proprio sicuro?
 
Strinse le labbra perché Tom prevedibilmente si era sentito punto sul vivo.
Non è il momento! E soprattutto, non è la persona giusta con cui fare a gara a chi ha la bacchetta più lunga!
 
“Va bene … ma a cosa ti servo? Non me l’hai ancora spiegato. Non in concreto almeno.”
“Sì, è vero.” Luzhin parve trovare sensata quella sua richiesta. O forse adorava ascoltarsi parlare.
 
La seconda.
So riconoscere un megalomane quando ne vedo uno.
 
“Devi aiutarmi a creare un esercito. Il mio esercito.” Indicò con un cenno della testa i Mercemaghi. “Con il Demiurgo saranno in grado di esprimere il loro vero potenziale e per assicurarmi che ciò accada ho bisogno anche del tuo cervello. Per questo sei ancora vivo.”
Al guardò verso i lettini. “… non sono stati infettati, vero? Sono sani.”
“Come lo ero io.”
… fantastico.
“Quello che è successo a te potrebbe non ripetersi.” Cercò di spiegargli. “Potrebbero non reagire nello stesso modo, non sono stati fatti test, e non c’è una statistica tale per cui…”
Luzhin lo fermò con una mano. “Le perdite nella ricerca della grandezza sono un prezzo inevitabile da pagare. È necessario iniziare. Loro saranno semplicemente i primi, ma ne arriveranno altri.”

Ricerca della grandezza? Altri? Di che diavolo sta parlando?
 
Al frenò ancora una volta Tom dal prendere il controllo mascherando il suo tentativo con un colpo di tosse. Lo percepiva agitarsi di minuto in minuto, ma non poteva rischiare di infastidire Luzhin lasciandolo parlare a briglia sciolta.
Diamogli corda, non diamogli contro.
“… e a cosa ti servono?” Guardò verso Loher per capire se era già a conoscenza di qualcosa. Lo vide meno spaventato, più simile al Pozionista e allo scienziato che avrebbe dovuto essere invece che la vittima di una serie di circostanze. Sembrava anche sobrio.
 
Non mi avevi detto che aveva paura di Luzhin? Sembra non averne più …
 
Tom aveva ragione. “Hai intenzione di invadere qualche Ministero?” Domandò con il tono più preoccupato che gli riuscì. “Il nostro?”
 
Deve solo provarci …
 
Luzhin fece una breve risata, seguito da Loher. “Come se mi interessassero i ghetti istituzionalizzati dove ci siamo sempre rinchiusi per sfuggire ai Babbani … A che mi serve il controllo di uno o dieci Ministeri?”
Tom, che forse più di lui detestava la retorica, specialmente quando doveva subirla, sbottò. “Non lo so, a cosa ti serve un esercito? Cerchi di compensare qualcosa?”
 
Tom!
 
Luzhin aggrottò le sopracciglia perdendo il sorriso “Non ho bisogno di compensare niente. ” Di colpo lo afferrò per un braccio e se lo spinse contro. “Mi sembra di averlo dimostrato. Non mi farai rimpiangere di averti dato una possibilità, spero.”


Non. Toccarlo.
 
La sua mano, controllata da Tom, andò alla bacchetta ma ovviamente non trovò nulla sotto il braccio, dove solitamente l’altro teneva il fodero quando non indossava cappotti.
 
Io non la porto lì, scemo! E poi me l’hanno sequestrata!
 
Luzhin vedendo il gesto andare a vuoto e il successivo panico sogghignò. “… ho letto del coraggio dei Potter, ma pensavo avesse saltato una generazione. Vuoi davvero scontrarti con me?”
“… no.” Mormorò abbassando lo sguardo. “No, non voglio. Scusami.”
Tom, sta buono.
Il compagno emise un suono frustrato ma si ritrasse lasciandogli di nuovo il campo; era il suo modo di reagire alla paura, ma in quel momento non stava aiutando.
Lasciami fare.
 
… per dare spago ai suoi deliri?
 
Non sono deliri.
Sì, Luzhin aveva inizialmente perso il controllo massacrando i compratori per il puro gusto di farlo e quello era un modus operandi da psicopatico. Ma Albus l’aveva anche visto in azione, durante il suo rapimento e nello scontro con Sören.
Non è fuori di sé. Sta facendo tutto questo per un motivo!
 
Allora fattelo dire.
Perché se Harry e gli altri arriveranno non dovranno trovare sorprese.  
 
Felice di non percepirlo più contrariato – il che si traduceva in una capacità di parlare più liberamente – guardò il tedesco di sottecchi. “… però vorrei capire che hai in mente.”
“Perché dovrei dirtelo? Non ho bisogno di convincerti, posso costringerti.” Argomentò. “Come ti ho costretto a seguirmi.”
“Veramente ho deciso io di venire via con te … ti avevano ordinato di prendere il CapoGuaritore Finnigan.”    
Luzhin parve riflettere su quell’affermazione “Invece ti sei offerto.” Convenne. “Un gesto avventato. Non sei coraggioso … mi chiedo perché tu l’abbia fatto.”
“Non era coraggio, era calcolo.” Ribatté anche se non era del tutto vero. Ma non si sarebbe psicoanalizzato di fronte a due sconosciuti. “Seamus rischiava di morire … lo sappiamo tutti come lavorava Doe. Io invece sono il figlio del Salvatore, potevo essere merce di scambio, avevo più probabilità di uscirne vivo.” Fece una smorfia. “Ma le carte in tavola sono cambiate, vero? Per me hai altri piani.”
 
Che stai facendo?
 
Gli do quello che vuole.
Luzhin stavolta non lo aggredì. Sembrava invece ascoltarlo. “Ti ho già detto cosa voglio che tu faccia. Non ti basta?”
“No, perché puoi spaventarmi fino a farmelo fare, ma non potrai fidarti di me. Se … se vuoi il mio cervello, forse ti conviene che stia dalla tua parte.”
“E lo faresti? Dopo che ho ucciso Prince davanti ai tuoi occhi?”
 
… stai cercando di fargli credere che puoi essere comprato?
 
No, non comprato.
Ma deciso a tirare fuori il meglio dalle circostanze quello sì; era ora di incarnare lo stereotipo del serpeverde brutto e cattivo.
“Sören ha avuto tante occasioni per salvarmi, ma era così ossessionato dal catturarti che ha messo la mia sicurezza in secondo piano ….” Inspirò, cercando di ignorare la sua coscienza. “… ho capito che se voglio uscirne vivo devo chiedere a qualcun altro.” Lo guardò negli occhi il tempo necessario per sembrargli deciso. Chiese aiuto a Tom e fu lui a sostenere lo sguardo. “Devo chiedere a te.” Tom modulò la sua voce in quel tono calmo e suadente che usava solo quando voleva convincere qualcuno a fare qualcosa per lui. “Tu sei diverso … non sei come lui.”
La retorica del fiocco di neve speciale funziona con tutti. Specialmente con chi ci si sente davvero.
 
… è un riferimento velato al sottoscritto?
 
Naturalmente lo era, ma non diede risposta al compagno, preferendo prendere il comando perché vedeva che il tedesco continuava ad ascoltarlo, gli occhi fissi su di lui.
 
Continuiamo?
 
… sta funzionando, no?
“Con la tua attuale capacità magica potevi Materializzarti sulla terraferma. Scappare. Potevi sostituirti a Doe e vendere il Demiurgo ai compratori, se erano i soldi quello a cui miravi. Invece sei rimasto e vuoi che crei un esercito per te. Sören diceva che volevi vendetta… ma non è questo. Punti a qualcos’altro … e visto che adesso sembra che ne faccia parte non mi sembra così pazzesco volere sapere di che si tratta.” Concluse.
Luzhin rimase in silenzio per un momento che gli sembrò davvero troppo, troppo lungo.
… se l’è bevuta?
Poi si guardò con Loher e Albus capì che aveva finalmente trovato la chiave di lettura giusta. “Possiamo dirglielo Herr Luzhin!” Annuì il pozionista. “Potter è un uomo di ricerca, come noi. Può capire.” Fece una breve risatina. “… e poi non è come se potesse andarlo a raccontare a qualcuno, no?”
 
… ed è qui che ti sbagli.
 
“Dopotutto, è nato nelle sue terre.”

Le tue terre?
 
Le nostre. Credo stiano parlando della Gran Bretagna …
Tom non ribatté, confuso quanto lui; non restò loro che aspettare che Loher riprendesse la parola. Lo fece ad un cenno della testa da parte di Luzhin.  
“Te ne ho già parlato. L’Orbis Alius ragazzo. È quello a cui puntiamo.”
Al ricordò nebulosamente che il Pozionista lo avesse fatto, ma lo aveva classificato come un delirio da alcool e l’aveva archiviato senza troppi pensieri.
“… Orbis Alius?” Ripeté incerto. “E cosa…”

Vuol dire “altro mondo” in latino.
 
“… sarebbe?” Terminò ignorando l’input di Tom, che persino in quelle situazioni doveva far sfoggio della sua erudizione. “È un incantesimo?”
“È un luogo.” Lo corresse Loher. “I Babbani lo credevano l’aldilà celtico, un modo per contraddistinguere l’oltretomba o il mondo degli dei … un luogo di eterna giovinezza, felicità e pace.”
“… un luogo di fantasia insomma.” Concluse lentamente; okay, forse Tom aveva ragione, stava parlando con due persone ormai al di là della ragione e del buon senso. Stava trattando con dei pazzi.
 
Aspetta. Fammi parlare.
 
Albus esitò, ma a Tom bastò quello per prendere la parola. “… come Avalon?”
Loher emise un suono soddisfatto. “Esatto! I Babbani lo chiamavano così, oppure Annwn o Tír na nÓg … ha molti nomi, tante quante sono le culture del mondo. Ma chi ne ha parlato maggiormente sono stati proprio i vostri Babbani con le loro leggende arturiane!” Si voltò verso Luzhin. “Le ho lette da ragazzo, piuttosto divertenti … anche se hanno completamente travisato la figura di Merlino. Un mago che serve un re babbano dei tempi antichi … figurarsi!”
“Appunto, è un’opera di fantasia.” Tom mantenne il punto con invidiabile calma considerando che stavano teorizzando di raggiungere l’aldilà.
… e visto che l’unico modo per arrivarci è morire, anche no.
 
Sta calmo.
Ho letto un libro che ne parlava. Non significa solo altro mondo …
 
“Per i Babbani, certo.” Ribatté il tedesco arricciando le labbra in un sorrisetto di superiorità. “… ma del resto, per loro anche il Mondo Magico è un Orbis Alius. Per loro, non siamo che materiale da romanzi come li hai chiamati? Fantasy. Ma la realtà è un’altra … i maghi esistono, il Mondo Magico esiste …”
“Il regno della magia pura.” Intervenne Luzhin. “Esiste anche quello.”
“Quello in cui viviamo noi è il mondo magico.” Si inserì Al. “Non ne esistono altri.”
Giusto?
Tom non gli rispose. Era ovvio che stesse elaborando le informazioni ricevute ma il suo silenzio lo sconcertava più delle teoria strampalate dei due tedeschi di fronte a loro.
Tom?
 
Non ho idea di cosa stiano parlando. Orbis Alius può voler dire anche altro luogo, ma è dovuta ad una disambiguazione letteraria.
Alcuni studiosi di mitologia pensano che etichetti l’aldilà, altri semplicemente luogo nascosto, ignorato dalle mappe.  
… non so cosa intendano loro. Non li seguo.
 
“Il nostro mondo è contaminato da quello Babbano!” Sbottò Loher riportando l’attenzione su di lui. “Siamo assediati dalla scienza, dalla tecnica, dai loro stili di vita … tu stesso, Potter, guardati.” Fece un gesto omnicomprensivo e oltraggiato. “Indossi i loro vestiti, parli come loro, usi la loro tecnologia!”
“Hai una bacchetta, non ne avresti bisogno.” Continuò Luzhin con una smorfia. “Nessuno di noi lo ha. Eppure ci siamo fatti invadere.”


Si chiama progresso, imbecilli.
 
Al dovette nascondere un sorriso, perché Tom era il Purosangue più restio alla conservazione della razza che conoscesse. E la cosa, ogni volta, lo riempiva di una soddisfazione inspiegabile.
 
Ironico, non trovi?
 
Per niente. Tom aveva ragione; il progresso forse non era gentile, non lasciava il tempo di abituarsi e spesso ti prendeva in contropiede. Però permetteva di scoprire, e conoscere, tanto.
Non avrebbe mai voluto tornare ad un mondo di tuniche, diffidenza e totale chiusura.
… in quel mondo poi dove lo troverei il sushi?
“Non la chiamerei proprio invasione … anche perché i Babbani non ne sono consapevoli. Lo avete detto voi, per loro siamo fantasia.” Obbiettò timidamente. “… però è un dato di fatto che sono la maggioranza. È sempre stato così e lo sarà sempre di più…”
“Perché il nostro seme si sta indebolendo.” Convenne Luzhin. “… il nostro sangue è sempre più diluito, nascono sempre più Maghinò. Il Demiurgo, del resto, è nato proprio da questa esigenza.” Fece un mezzo sorriso. “Almeno all’inizio.”  
Okay, adesso non li seguo …
 
Riportali sull’Orbis Alius.
 
“… quindi il Demiurgo vi serve per andare in questo Orbis Alius?”
“È la nostra merce di scambio.” Rispose Luzhin. “… nient’altro.”
“Elias aveva trovato un modo per arrivarci.” Gli spiegò Loher. “Stava lavorando al progetto poco prima di morire. Sono stato così fortunato da ascoltare le sue confidenze al riguardo … allora ero poco più di un apprendista.” Si picchiettò la fronte. “Ma ascoltai. Mi parlò di un mondo fuori dallo spazio e dal tempo. Lì la magia ancora pulsa viva, come un cuore robusto.”
Al aspettò che Tom intervenisse, ma ancora una volta non ci furono input da parte sua. Era all’oscuro quanto lui. “… non ne ho mai sentito parlare.” Ammise a nome di entrambi.

Perché non esiste. Non credi che qualcuno ne avrebbe parlato? A scuola, nei libri? In Europa abbiamo tra gli studiosi di magia più conosciuti al mondo e nessuno ne ha mai fatto parola.
Pensi che Voldemort se lo sarebbe perso come argomento per fare propaganda?
O Grindenwald non avrebbe cercato di andarci?
 
Quello che diceva Tom aveva perfettamente senso.
… però ne sembrano così convinti…
 
“E quando sarete lì cosa farete?”
Luzhin, da seduto sul letto che era, si alzò in piedi di scatto e Albus non sussultò solo perché Tom era con lui, e aveva la capacità di ignorare la paura … o di fingere molto bene di farlo.
“Abbiamo detto abbastanza.” Disse con il tono di chi non voleva essere contraddetto. Loher infatti non aprì bocca, e così fece lui.
“Mettiti al lavoro.” Gli ordinò, voltandosi poi verso Loher. “Questa conversazione non dovrà continuare oltre.” Dopo un rapido cenno di assenso dell’altro tedesco si concesse un sorriso. “La fiducia va guadagnata passo per passo … non è vero Albus?”
“ … Certo.” Imitò il sorriso. “Grazie per avermene parlato.”
“Speriamo di non dovercene pentire.” Disse Loher. “… non si metterebbe bene per te ragazzo. Come vedi, siamo una piccola squadra, ma affiatata.” Lanciò un’occhiata adorante verso Luzhin, che ormai doveva ricoprire il ruolo di nuovo padrone da servire. “Servirai un grande progetto. Un’ideale. Seguici, e avrai una ricompensa inestimabile. Tradisci la nostra fiducia …”
“E andrai a far compagnia a Prince.” Terminò Luzhin senza troppi giri di parole.  
 
Dobbiamo avvertire Harry.
 
Albus guardò Luzhin andare via; non chiese dove si stesse dirigendo con quella fretta, non era così stupido dal tirare una corda già tesa.
… no, devi farlo tu. Se venissi con te dovrei addormentarmi e ora come ora sarebbe troppo strano. Devi andare da solo.
 
Al …
 
Albus percepì il malumore e la preoccupazione di Tom investirlo; non era un’emozione sua, eppure era come essere avvolto in un abbraccio. Spigoloso e troppo stretto.
Chissà se Lily si sentiva così ogni volta che toglieva l’orecchino di controllo. Chissà se anche per lei una sensazione in apparenza spiacevole poteva dare così tanto conforto.
Starò bene.
Si alzò in piedi e seguì Loher.
Non voglio servire nessun maledetto, delirante ideale. Voglio tornare a casa.
 
 
****
 
Note:
 
Per farmi perdonare, un bel po’ di trama!
Prossimo capitolo pura azione. E onestamente, spero di finirlo prima che i boccioli siano in fiore sui rami.
Perdonatemi.
Qui la canzone del capitolo.
  
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