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Autore: Just_Charlie    29/11/2017    1 recensioni
Primo capitolo della saga Necromancer
La millenaria guerra tra Elementali e Necromanti sta per giungere alla fine: tra pochi mesi la Prescelta compirà diciannove anni sancendo la vittoria di uno dei due schieramenti. Ma al momento la giovane Necromante Charlie Black ha altri problemi: una serie di omicidi – tra cui una strage in cui la sua migliore amica ha quasi perso la vita – punta dritta a lei e il Consiglio minaccia di toglierle l’unica cosa rimastale: i suoi poteri. Eppure nulla è come sembra… c’è qualcosa di più oscuro che serpeggia nell’aria, un qualcosa che si credeva passato ma che sta per tornare tragicamente al presente… tra intrighi, rocambolesche avventure e una Prescelta come babysitter, riuscirà Charlie a dimostrare la sua innocenza e salvare il mondo da un pericolo sempre più imminente?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO TRE

                          

                                                        

I telegiornali ne parlavano ancora dopo tre giorni: un terribile incendio scoppiato in una fabbrica abbandonata dove dei ragazzi avevano organizzato una festa non autorizzata. Ventisette vittime. La strage più grande che si fosse mai verificata da quelle parti.

Non era stato un incidente.

Dio, non era stato nemmeno un incendio.

Ma questo, gli umani non l'avrebbero mai saputo.

Charlie arrancava assonnata tra i corridoi del liceo, non guardando nemmeno dove stesse andando. Erano giorni che non dormiva – tre giorni, per essere precisi – e per quanto riuscisse a resistere, la stanchezza stava cominciando a farsi sentire.

Ventisette vittime.

Non era stato un incidente.

Linn non si era ancora svegliata.

Charlie non aveva la più pallida idea del perché l'avessero costretta ad andare a scuola. A cosa le serviva, poi, la scuola? Le nozioni che le sarebbero state utili nel loro mondo non le avrebbe di certo imparate in un banale liceo umano. Eppure eccola lì, a varcare la soglia dell'aula di Geografia, mentre la sua compagna di stanza lottava per restare in vita. Non le avevano nemmeno permesso di andarla a trovare in infermeria. L'avevano solo cacciata a letto, e poi dritta a scuola. Non una parola. Non una sgridata. Niente di niente. Era il terzo giorno che andava avanti così e Charlie non ne poteva più. Il non sapere la tormentava.

Si sedette in uno dei banchi in fondo alla classe e appoggiò la faccia sullo zaino a mo' di cuscino, cercando di non farsi vedere dal professore. Aveva bisogno di una sana dormita. Non ne poteva più di rivivere quella notte ogni volta che chiudeva gli occhi.

Lo sguardo di Linn puntato verso l'alto, oltre di lei, sul tetto della fabbrica.

Il terrore dipinto nel suo volto.

Quel buco nero di energia che la raggiungeva come l'onda di un mare in burrasca.

La luce che lasciava i suoi occhi.

E lei che cadeva, come un corpo morto, a terra.

L'urlo disumano che aveva squarciato i polmoni di Charlie e fatto scoppiare a piangere Maya.

Basta.

Charlie strizzò gli occhi e si sedette composta, tirando fuori i libri della lezione. Qualche suo compagno la salutò entrando in classe, compresa Jacqueline Smith. Era una ragazza alta alta con gli occhi più azzurri che Charlie avesse mai visto, nascosti da un paio di spessi occhiali da vista. Era una delle poche persone che Charlie considerasse amiche in quella scuola. Jackie si sedette accanto a lei con un sorriso, aggrottando solo per un secondo le sopracciglia di fronte alle profonde occhiaie di Charlie. Era quello che le piaceva di lei. Se ne stava al suo posto e non faceva troppe domande. Non sapeva nulla di chi fosse in realtà Charlie; ma forse era meglio così.

Il professore cominciò a parlare e Charlie si perse nella sua testa, come ogni volta. Dopo dieci minuti, il suo quaderno degli appunti era pieno di disegnini orribili e lei quasi non sentiva più la voce dell'uomo calvo e pasciuto che stava cercando di insegnar loro qualcosa sul clima statunitense. Come se me ne fregasse qualcosa.

L'avvertì molto prima di vederla.

All'inizio fu un semplice solletichio alla nuca, una scia di brividi che le scese lungo la schiena facendola stringere nella sua maglia. Le arrivò fin sulla punta delle dita, lasciandole cariche, pronte a scattare. Poi la raggiunse l'aura di potere che proveniva dalla fine del corridoio, ma che per qualche terrificante motivo Charlie riusciva comunque a percepire. Il suo istinto da Necromante agì al suo posto e si preparò mentalmente a combattere: schiena più dritta, mani libere lungo i fianchi, gambe pronte a correre.

Elementale.

Il suo nemico naturale.

Linn.

Il Marchio tra le sue scapole cominciò a bruciare.

Trattenendo il respiro, Charlie si costrinse a calmarsi.

Aveva sentito quel genere di energia soltanto altre quattro volte in tutta la sua vita. La prima risaliva alla notte in cui i suoi genitori e suo fratello erano morti. Fu quella la forza che diede fuoco ai loro corpi perché mai ritornassero sulla terra.

Non avrebbe potuto confonderla con nessun altro.

Un paio di colpi alla porta, ed Aleister Monroe entrò nella sua vita.

Charlie era fottuta.

                                        

                                           

Non era l'atteggiamento a fregarla.

Avrebbe potuto passare tranquillamente per una diciottenne normale. Giacca verde militare, eyeliner nero, stivaletti con qualche centimetro di tacco. Un sorriso arrogante sulle labbra dipinte di un colore naturale pareva gridare che no, nonostante il viso d'angelo non aveva alcun rispetto per l'autorità. Trasudava confidenza e sarcasmo, e osservava l'aula sorprendentemente piombata nel silenzio con l'ironia che le illuminava gli occhi. Sembrava si celasse un esilarante segreto tra quelle mura, un segreto di cui nessun altro poteva essere messo a parte. Charlie dubitava qualcuno avrebbe potuto reggerne il peso.

Non appena la ragazza era entrata nella classe, la temperatura era diminuita di svariati gradi. Ma quello non era il freddo pungente dell'Evocazione. Quello era un freddo che si poteva provare soltanto di fronte a un fuoco che bruciava così intenso da far sparire tutto il resto.

Oltre la sua spalla destra faceva capolino l'elsa decorata di una spada.

L'insegnante la osservava perplesso, alternando lo sguardo tra il suo sorriso e le articolate volute che ricordavano la testa di un drago, cercando di capire. Non che ci sarebbe mai potuto riuscire.

«Alice Monroe,» si presentò lei, la voce che tintinnò nell'aria come una melodia armoniosa, scivolando sulla lingua, sulla pelle, accarezzando la mente, lavando via ogni qualsiasi possibilità di resistenza.

La puzza di Compulsione era così forte che Charlie aveva la nausea.

«La nuova studentessa?» provò di nuovo, addolcendo lo sguardo e rendendo ancora più forte l'incantesimo «La segretaria mi ha dato dei fogli da farle firmare.»

Il professore annuì, confuso, e prese i fogli che la ragazza gli porgeva, senza staccare gli occhi dall'elsa della spada.

«È di scena,» disse lei, poi portò un braccio dietro la schiena e sguainò la spada in un movimento fluido ed esperto. Nessuno sussultò al sibilo che riecheggiò nell'aria o al luccichio metallico della lama sotto al sole. Nessuno avvertì l'energia che irradiava e che chiamava la sua proprietaria, invitandola a lanciarsi in duello.

Quella spada era stata forgiata secoli e secoli prima soltanto per lei.

La Prescelta.

Colei che all'età di diciannove anni avrebbe posto fine all'eterna lotta tra Bene e Male, tra Elementali e Necromanti. Infinità di ballate e poemi erano stati scritti in suo nome, una Profezia marchiata a fuoco nel suo destino che aveva segnato la sua esistenza ancora prima che nascesse. Charlie ogni tanto si chiedeva come ci si dovesse sentire, a portare da soli il peso delle sorti del mondo sulle proprie spalle. Ma in fondo tutti hanno i loro scheletri nell'armadio, no? E quelli di Charlie non erano soltanto metaforici.

Aleister mise l'altra mano sul filo della spada e tagliò.

Finse di tagliare.

Tagliò.

Charlie dovette sforzarsi per non vedere una lama di plastica rientrare nell'elsa invece del sottile rivolo rosso che colorò il palmo della mano della ragazza. Dopo pochi istanti, anche quello sparì.

Qualcuno esclamò un «Figo!» e uno persino fischiò in ammirazione. Aleister continuò a sorridere e rinfoderò la spada. Il professore sorrise a sua volta, e le indicò un banco vuoto dove sedersi.

Solo in quel momento, Aleister si voltò verso di lei.

Le fece l'occhiolino.

E andò a sedersi al suo posto.

                                           

                                                     

Charlie non fece nemmeno in tempo a svoltare l'angolo alla fine della lezione che Aleister la prese a braccetto, trascinandola quasi di peso esattamente nell'altra direzione.

«Chimica sarebbe da quella parte,» provò debolmente Charlie, sapendo già dal principio che non sarebbe servito a niente.

«Niente chimica per te quest'oggi,» Aleister lasciò andare il suo braccio ma mantenne il passo spedito «Sei stata convocata dal Consiglio.»

Merda. Il Consiglio. Se il governo di tutto il loro mondo voleva davvero parlare con lei... sì, era proprio nei pasticci. E il Consiglio non ci andava leggero. Charlie ricordava alla perfezione il giorno di ormai quattro anni prima in cui aveva dovuto subire l'inflizione del Marchio che adesso riposava sulla sua schiena. Era stata una tortura. Ma era quello il prezzo che aveva dovuto pagare per aver salva la vita.

Rinunciare a se stessa.

«E per quale motivo?»

Aleister non rispose, la guardò e basta, un sopracciglio inarcato e labbra strette in una rigida e sottile linea di disapprovazione.

Uscirono dalla scuola, e davanti all'entrata Charlie vide la cosa più bella su cui avesse mai avuto l'onore di posare gli occhi. Si fermò a guardare, incantata.

«Ti prego, dimmi che è tua.»

Aleister fece un sorrisetto con un angolo della bocca e mostrò a Charlie il casco che teneva nell'altra mano. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni le chiavi dell'Harley Davidson nera fiammante che stava parcheggiata accanto ad una macchina anonima. Era lucida e senza neanche l'idea di un graffio. Sembrava praticamente nuova; ma Charlie ricordava perfettamente il telo che nel garage di villa Monroe l'aveva tenuta coperta fin da quando lei era arrivata.

Qualcosa diceva a Charlie che avrebbe fatto bene a temere anche solo a toccarla.

«Rovinala soltanto con il pensiero, e qualunque cosa ti farà il Consiglio ti sembrerà una passeggiata.»

Ecco. Charlie alzò gli occhi al cielo, e si lasciò scappare uno sbuffo.

Non aveva la più pallida idea di come facesse ad essere ancora così tranquilla.

Forse devo ancora realizzare.

«Vedi di realizzare in fretta, perché tra mezz'ora ci aspettano» disse Aleister, mettendosi il casco. Charlie aggrottò le sopracciglia. Come diavolo ha fatto a- «Sì, ti leggo nella mente. Adesso muoviti.»

Charlie salì sulla moto dietro di lei, l'elsa della spada che quasi le si piantò in fronte.

«Tieniti forte,» fu l'unico avviso che Aleister le diede, prima di mettere mano all'acceleratore e partire alla velocità della luce.

                                                 

                                             

La prima volta in cui aveva incontrato i membri dell'Alto Consiglio degli Otto -il massimo organo di governo del mondo elementale- Charlie aveva quattordici anni ed era appena stata l'artefice della morte di sette persone. Quell'Evocazione le era quasi costata la vita, ma lei era riuscita comunque a farcela. I demoni che aveva portato da questa parte del Velo non erano stati difficili da distruggere; suo fratello Adam se ne era occupato con una semplice Beretta e un paio di proiettili incantati ciascuno. Disfarsi dei corpi, invece, era stato un altro paio di maniche. Normalmente li avrebbero fatti sparire nella magione dei Black, in attesa di usarli come involucri per le prossime Evocazioni: gli incantesimi risultavano nettamente superiori se ad abitare un corpo fosse stata una sola coscienza. Quella volta, però, era stato diverso.

«Quest'oggi vogliamo insegnarti che non sempre esiste una soluzione semplice,» le aveva detto sua madre, mentre la aiutava a caricare i cadaveri su un furgone bianco «A volte potresti trovarti in situazioni complicate e nell'immediato bisogno di disfarti di un alto numero di corpi.» Aveva chiuso il portellone con un colpo secco che Charlie si era sentita rimbombare nella testa nelle ore successive. «Quindi, oggi sarai tu a doverti disfare dei cadaveri, da sola. Hai due giorni di tempo.»

«E che nessuno li trovi,» aveva aggiunto suo padre in un tono che le aveva fatto venire i brividi.

E fu così che un Elementale l'aveva trovata in un angolo del Mercato delle Due, a piangere sul cadavere di una donna che doveva aver avuto al massimo trent'anni. Paradossalmente, era stato proprio il tatuaggio sul suo polso sinistro a salvarle la vita. Lo stemma della casa dei Black. Un letterale asso nella manica che aveva portato il Consiglio a distruggere forse la più potente famiglia di Necromanti al mondo.

Tutto grazie a lei.

Questa volta, però, non l'avrebbe aiutata. Charlie ne era certa.

Da come Elizabeth Monroe stava urlando a sua figlia dall'altra parte della porta, sarebbe stata la sua rovina.

Lei ed Aleister erano sedute per terra in corridoio, zaini lasciati accanto al muro, in attesa. Aleister si stava controllando le unghie con fare annoiato mentre con l'altra mano giocava con le chiavi della sua moto. Il ginocchio destro di Charlie continuava a tremare, mentre lei cercava invano di calmarsi. Sarebbe andata male. Molto male. Ma cosa aveva fatto di così terribile da richiedere l'intervento di un membro del Consiglio? Aveva soltanto cercato di salvare i suoi compagni e quante più persone possibili.

Linn è morta.

Il pensiero la attraversò paralizzandola da capo a piedi. Linn è morta. Il respiro cominciò a mancarle, mentre il cuore batteva all'impazzata. Linn è morta Linn è morta Linn è morta morta mortamortamortamorta-

«Gesù, Black, datti una calmata,» sbottò Aleister «Eveline sta bene. Non si è ancora svegliata, ma sta bene» Lanciò in aria le chiavi e le riprese con l'altra mano, senza guardarla in faccia. Charlie chiuse gli occhi, appoggiando la testa contro il muro «Stanno discutendo se rendere permanente il tuo Marchio o meno»

«Che cosa?!»

«Oh avanti, lo sanno tutti che hai aiutato quel Necromante domenica sera. Un Marchio permanente è anche un trattamento preferenz-»

«CHE COSA?!» Charlie scattò in piedi e cominciò a camminare avanti e indietro per il corridoio «Io. Non. Ho. Fatto. Niente.»

Aleister alzò le sopracciglia.

«Cosa avrei potuto guadagnarci? Nulla. Assolutamente niente. Non c'ero nemmeno, a quella festa! Ci sono andata solo perché Aaron era scappato»

«Chi?»

Charlie sbuffò e si passò una mano tra i capelli, nervosa fino all'estremo. Stava tremando. Un Marchio permanente non era un incantesimo leggero: l'avrebbe completamente privata dei suoi poteri, per sempre. Già quello temporaneo che aveva tra le scapole era impossibile da sopportare. Non sarebbe sopravvissuta. Nessuno era mai sopravvissuto. Sarebbe stato come privare un uccello delle proprie ali; prima o poi avrebbe perso la ragione. Tutti impazzivano, alla fine.

«Te lo giuro, Aleister, io sono innocente»

La ragazza non si smosse di un centimetro «Non è me che devi convincere, Charlotte»

Charlie si irrigidì.

«Non chiamarmi Charlotte.»

«E tu non chiamarmi Aleister. Quel tizio era uno psicopatico e ci aveva quasi fatti scoprire.»

In quel momento la porta dello studio della Direttrice Monroe si aprì, e ne uscì una donna dallo sguardo fiero e penetrante -e vagamente deluso- e i capelli che tradivano l'età avanzata. Elizabeth Monroe.

«Signora Consigliere,» si lanciò subito Charlie «Mi lasci spiegare, io quella sera non ero-»

«Non c'è bisogno che tu mi dica niente, signorina Black,» la interruppe lei, avviandosi verso le scale «Mia figlia Rebekah ha già parlato in tua difesa» poi si voltò verso Aleister con un inspiegabile sorriso magicamente apparso sul suo volto «Mi dispiace che questa mia visita duri così poco, Aleister, ma è un piacere rivederti» Le prese le mani tra le sue e le diede un bacio affettuoso sulla guancia «Sei cresciuta molto. E le tue imprese sono già leggenda. Siamo tutti molto fieri di te.»

Per qualche motivo, Charlie capì che quel tutti non indicava la sua famiglia, bensì gli altri membri del Consiglio. Avere una Prescelta come cagnolino deve essere una gran fortuna.

Anche Aleister sorrise, visibilmente in imbarazzo. Lasciò andare sua nonna senza abbracciarla o ricambiare il bacio.

La Consigliera Monroe se ne andò, lasciando Charlie, Alice e la Direttrice ferme in corridoio. Il cuore di Charlie stava battendo a mille. Cosa significava per lei? Era salva? Cosa aveva deciso il Consiglio?

La Direttrice Monroe sospirò e batté le mani, richiamando l'attenzione di Charlie ed Alice.

«Su, entrate, ragazze, non perdiamo altro tempo.» Charlie seguì Alice dentro lo studio della Direttrice. Non era molto grande, ma comunque lo spazio era ben sfruttato e accogliente. Charlie si sedette su una delle familiari poltroncine rosse di fronte alla scrivania della Direttrice. Nel primo periodo in cui aveva cominciato a vivere a casa Monroe erano stati infiniti i colloqui in quello studio; non credeva sarebbe mai riuscita a dimenticarlo.

La Direttrice chiuse la porta e andò a sedersi dall'altra parte della scrivania. Anche Alice si sedette e accavallò le gambe, braccia incrociate al petto in totale chiusura.

Non va bene.

«Allora, Charlie,» disse la Direttrice guardandola negli occhi. Charlie si stava torturando le mani in grembo «Ho parlato con mia madre e sono riuscita a convincerla a non toccare il tuo Marchio finché le indagini non saranno finite e non sarà dimostratala tua colpevolezza – sempre ammesso che venga dimostrata.»

A Charlie sembrò che un peso immenso le fosse appena stato tolto dal petto. Sospirò pesantemente e ignorò del tutto Alice che la guardava con un sopracciglio alzato.

«Grazie infinite,» disse, sorridendo riconoscente alla Direttrice.

«Non ringraziarmi, piuttosto-»

«Posso partecipare alle indagini, dato che sono qui?» chiese Alice interrompendo sua madre. La Direttrice la guardò e scosse la testa.

«No, non puoi.»

«Ma-»

«È qui che entri in gioco tu» la bloccò prima che potesse parlare «Dovrai controllare Charlie e riferire al Consiglio qualsiasi attività insolita.»

«Cosa?!» esclamò Alice, alzandosi in piedi.

«È uno scherzo, vero?» Charlie era allibita. Non può essere.

«No, Charlie» disse la Direttrice Monroe «È l'unico modo per cui hanno acconsentito a non rendere permanente il tuo Marchio: Alice non ti dovrà mai perdere di vista, e se-»

«Mi stai dicendo che mi avete fatto venire qui di corsa dalla Grecia per fare da babysitter a una ragazzina Necromante – Alice pronunciò la parola con disgusto – di cui non si sa neanche se è innocente o meno?!»

«Esatto»

«Tutto questo è ridicolo»

«Resta al tuo posto, Alice» Il tono della Direttrice Monroe non ammetteva repliche; Charlie ne fu intimorita anche se non era diretto a lei «Sarai anche la Prescelta ma resti sempre mia figlia. Farai come ti ho detto. La discussione è chiusa.»

   
 
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