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Autore: topazio    01/12/2017    5 recensioni
Beth Greene è sempre stata diversa. Silenziosa, solitaria. Sa cose che non dovrebbe conoscere, perchè possiede un potere che la intrappola in un mondo fatto di immagini, frammenti e ricordi non suoi, non ancora avvenuti. E ha sempre saputo che prima o poi sarebbe finita in quel corridoio di quell'ospedale.
Dal testo:
Tra sette anni a partire da ora, io morirò. Nel 2011 una donna mi sparerà un colpo alla testa al quinto piano di questo ospedale. Ti prego salvami, Daryl.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Rick Grimes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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And Remember

 

 

Primo Atto

 

 

 

 

Dio offre ad ogni mente la scelta tra verità e riposo. Scegli quella che preferisci. Non potrai mai averli entrambi.

– Ralph Waldo Emerson

 




 

 

Luglio, 2010

 

Sapeva che sarebbe successo presto, e quando un uomo corse attraverso il cortile della fattoria con un bambino tra le braccia, Beth sapeva che ora cominciava il primo giorno del resto della sua vita. Osservò in silenzio suo padre controllare le condizioni di quello che avrebbe scoperto essere Carl.

Fu una giornata lunga, Beth fece il thè per tutti mentre Patricia assisteva suo padre. Rick Grimes camminava senza pace, mentre ascoltava le parole di Hershel Greene. Otis sembrava dimagrito all’improvviso, le mani tremavano e l’uomo di nome Shane sembrava sul punto di voler tirare un pugno contro il muro.

Beth si avvicinò a Shawn nella confusione.  

«Devi andare con loro» gli disse soltanto.

Shawn non capì. Un momento dopo però Otis comunicò a Patricia che sarebbe andato insieme a Shane a cercare un respiratore alla vecchia scuola. Il ragazzo scambiò un’occhiata con Beth e chinò il capo annuendo. E uscì lasciando tra le mani della ragazza la propria tazza di thè.

Partirono, e Beth li guardò allontanarsi.

Posò la tazza sul lavabo, oltrepassando Jimmy, e scambiando un’occhiata con Maggie. Sembrava preoccupata quanto Rick.

«Andrà tutto bene» tentò di rassicurarla.

«Ne sei certa?» domandò la sorella di rimando.

Beth si bloccò. No, avrebbe voluto dire. Ma può andare peggio.  

 

***

 

Rick Grimes era chino sul capezzale del piccolo Carl. Sembrava invecchiato di dieci anni. Beth si avvicinò a lui silenziosamente.

«Starà bene» gli disse soltanto, in un sussurro. «Si rimetterà e diventerà forte.» Lui la guardò, senza vederla davvero. Non le credeva, nessuno lo faceva mai la prima volta. «Anche più di te.»

Ma avrebbero avuto tempo, molto tempo per conoscersi. Beth uscì dalla stanza, così come era entrata. Lasciò sul comodino il vassoio con il panino alla marmellata che aveva preparato. Non le serviva alcun dono per capire che Rick non avrebbe toccato cibo.

 

***

 

Shane tornò quando ormai stava albeggiando. Shawn sanguinava, Otis non c’era. Beth abbracciò il fratello, assicurandosi che stesse bene. Non c’era riuscita. Qualcosa era andato storto quella notte e Beth aveva rischiato che suo fratello ne pagasse il conto e che l’unico a tornare fosse Shane.

Non lo dissero a Patricia, non quella notte. Beth rimase a fissare la carta da parati a fiori per quella che parve un’eternità, nella stessa immobilità di Rick. Otis era morto comunque. Credeva di poter cambiare le cose, di poter intervenire e salvare… qualcuno. Qualcuno di loro. Con Shawn c’era riuscita. Sua madre era nel fienile, ma Shawn no. Era ancora lì con lei.

E quella notte capì. Non poteva salvarli tutti.

 

***

 

Shane non rimase a lungo. Uscì di nuovo, immediatamente. Doveva condurre lì il resto del gruppo. Hershel indurì i tratti del volto, i suoi famigliari conoscevano bene quell’espressione carica di disapprovazione. Avrebbe aiutato il ragazzo, ma non voleva che quegli estranei si avvicinassero alla sua proprietà. Era un cristiano, credeva nell’ospitalità. Ma il mondo era cambiato.

«Papà» Beth si avvicinò al padre. «Va tutto bene.» L’uomo la guardò, mentre Rick Grimes assisteva a quello scambio d’occhiate. E Hershel annuì.

 

***

 

Beth osservò il loro arrivo dalla finestra della sua camera. Il cuore batteva talmente forte che sapeva che se fosse scesa, se si fosse avvicinata, le sue gambe non avrebbero retto. Guardò il vecchio camper parcheggiare sotto gli alberi davanti a casa. Il vecchio alla guida, l’asiatico e la donna bionda. Shane, e un’altra donna che correva verso casa. La motocicletta scura e il suo guidatore. Sentì il cuora balzarle alla gola.

Scese al piano inferiore solo dopo un tempo lunghissimo. Lo osservò dalla finestra, passo dopo passo, con la balestra stretta in mano, mentre si guardava attorno e scrutava. Per un momento desiderò che Daryl ricambiasse il suo sguardo.

Non lo fece, non guardò su, verso quella ragazzina bionda che aveva aspettato quel giorno per tanti anni. Non si sarebbe avvicinata. Non era ancora il momento.  

 

***

 

Carl stava migliorando. Beth e Maggie aiutavano Patricia ed Hershel gestire l’improvviso aumento di popolazione all’interno della proprietà Greene. Fu solo dopo mille ripensamenti e titubanze che si avvicinò all’uomo che stava sellando il cavallo di Shawn.

Il vento soffiava rendendo piacevole il calore dell’estate morente. La balestra era tenuta di trasverso sulla schiena. Fu solo a un paio di metri da lui che Beth pensò che mancasse qualcosa proprio lì in quel punto. Come se guardando il tessuto di quella camicia marrone senza maniche, avesse la sensazione che non doveva essere così.

«Non dovresti andare» disse.

Daryl si voltò lentamente verso di lei. Ma non si prese nemmeno la briga di rispondere. Tornò a guardare il cavallo, per sellarlo.

«Non dovresti andare» ripeté Beth. «E non lo stai sellando nel modo giusto.»

Fece un passo avanti, affiancandosi a lui per poter posizionare correttamente la sella. Sentì gli occhi di Daryl su di sé, mentre compiva i movimento che aveva fatto mille volte.

«Shawn non sarà contento se prendi il suo cavallo.»

«Se ne farà una ragione» mormorò, allontanandosi da lei e montando in sella, con una precisione che Beth stessa non credeva di avere.

«Stai andando a cercare lei?» domandò, quasi gridando, mentre Daryl faceva voltare il cavallo. «Non la troverai là fuori.»

Beth trattenne il fiato. Perché quella frase era uscita dalla sua bocca? Voleva dire che quella bambina che cercavano era… morta? Guardò gli occhi di Daryl fulminarla, quasi volesse incenerirla.

«Invece è là fuori» disse con durezza. «E la riporterò a sua madre.» Non attese alcuna risposta. Il cavallo di Shawn partì al galoppo verso il recinto della fattoria. E Beth rimase lì a guardarlo, a guardare quell’uomo che aveva atteso per tutto quel tempo andare alla ricerca di una ragazzina morta.

Non la troverai là fuori. Lo aveva detto senza pensarlo, così come aveva detto mille altre cose senza logica o cognizione di causa. Ma aveva sempre avuto ragione. E Beth ora ne era certa. Era morta, e ora sapeva anche che non era in quei boschi. Mentre la figura di Daryl spariva tra gli alberi oltre la radura, la ragazza gettò solo una breve occhiata al fienile silenzioso. Sellò un secondo cavallo e si apprestò a seguirlo.

Non avvertì suo padre, nemmeno i suoi fratelli.  Vide soltanto Jimmy gridare qualcosa al suo passaggio, ma Beth non se ne curò.

 

***

 

Non aveva detto nulla. Era rimasto in silenzio per tutto il viaggio di ritorno. La camicetta di Beth era macchiata di sangue, schizzi provenienti dal cranio del vagante che stava attaccando un Daryl non completamente lucido. Era caduto da cavallo, ferendosi, perdendo i sensi.

Non l’aveva ringraziata, non le aveva chiesto cosa ci facesse lì. Tra le mani stringeva una bambola di pezza. Beth non gli fece domande, sapeva già che si era ferito per prenderla. Del cavallo di Shawn non c’era alcuna traccia.

Solo quando i contorni della fattoria avevano iniziato a mostrarsi davanti ai loro occhi, Beth aveva compreso di dover agire in fretta.

«Devi vedere una cosa» aveva detto soltanto, voltandosi appena per incontrare il suo sguardo. La feriva il modo in cui la guardava, la feriva vedere quanto freddo e distante poteva essere. Beth sapeva quanto quegli occhi sarebbero diventati importanti per lei, in quelle iridi aveva trovato conforto e calore, ma era accaduto soltanto nei suoi sogni, in ricordi che si mescolavano con avvenimenti non ancora accaduti. Era doloroso specchiarsi in quegli occhi e avere davanti una persona che ancora non la conosceva.

Si voltò, incapace di prolungare ancora quella tortura psicologica, che solo lei poteva comprendere del tutto. Si incamminò passo dopo passo verso la meta finale, sapendo che Daryl la seguiva a breve distanza. In mano stringeva ancora quella bambola.    

 

***

 

Imprecò, incapace di trattenersi. Beth guardò il profilo dell’uomo, la tensione dei muscoli, il modo in cui stringeva la bambola di Sophia. Attese che si voltasse verso di lei, e Beth contava i secondi, come attendesse lo scatenarsi di una tempesta.

«Che cos’è questa storia?» sibilò, furente di rabbia, incredulo. «Perché cazzo tenete dei vaganti in un fienile?»

Beth abbassò le palpebre. «Mio padre crede che siano malati, che possano guarire. Quando uno di loro viene trovato nei dintorni Otis lo porta qui. Mia madre è quella accanto alla porta. Credo sia per lei che mio padre non riesce a comprendere. Non riesce a lasciarla andare.» Nessuno di noi può. Fece un passo in avanti. «Sophia è quella vicino alla colonna» sussurrò, piena di dispiacere.

Guardò Daryl di sottecchi, incapace di voltarsi verso di lui, quasi volesse lasciargli un mimino di riservatezza in quell’istante di intenso dolore. Lo vide trattenere il fiato, un istante di tensione di ogni muscolo che sembrò protrarsi in eterno.

«Mi dispiace, Daryl» trovò il coraggio di sussurrare, ma non quello di allungare una mano verso di lui per sfiorargli la mano.

«Da quanto lo sai?» domandò infine, senza distogliere lo sguardo da quella creatura che pochi giorni prima era soltanto una bambina.

«Da quando ti ho detto che non era là fuori» sussurrò voltandosi verso di lui. Solo in quel momento di voltò verso di lei, e in quello sguardo Beth lesse tutta la sua confusione.

«Che vuol dire?»

«Non capiresti» Beth distolse lo sguardo, incapace di prolungare oltre quel contatto.

«Non importa» sbottò l’uomo, dopo qualche istante di silenzio. E si voltò, deciso a non guardare oltre quell’orrore dentro al fienile. Si avvicinò alla scaletta usata per salire lassù.

«Aspetta!» disse Beth all’improvviso, avvicinandosi a lui. «Non puoi dirlo agli altri.»

«Perché?» si rivolse a lei con rabbia. «Carol deve saperlo.»

«Non puoi, non ora» supplicò.

«E quando allora?» Daryl si domandò perché stesse continuando ad ascoltarla, invece di voltarsi e andare via, lontano da quel maledetto fienile.

«Non puoi dirglielo comunque. Non è pronta.»

«È sua figlia!» gridò quasi, ma poi abbassò la voce, ricordando quanto vicini fossero quei vaganti. «Non lo sarà mai! Non sarà mai pronta nel sentirsi dire che Sophia è morta.»

Beth fece un respiro profondo, e si avvicinò a lui. «È troppo presto, Daryl.» sussurrò. «Ci sono altre cose che devono succedere prima.»

Daryl la scrutò per un momento, domandandosi nuovamente perché la stesse ascoltando, perché in effetti tutti quanti sembravano non poter fare a meno di ascoltarla.

«Di che parli?» domandò assottigliando lo sguardo. E per la prima volta, Beth Greene sembrò davvero in difficoltà. Parlò lentamente, come soppesando il significato di ogni sillaba che usciva dalle sue labbra.

«Nessuno di loro è pronto. Questo evento… l’apertura del fienile, cambierà tutto.» Faticava a mantenere il contatto visivo, mentre Daryl non riusciva a distoglierlo. Solo in quel momento si rese conto di quanto quella ragazzina fosse effettivamente vicina a lui. «Shane si mostrerà per quello che è in realtà… Carol cambierà radicalmente… mio padre capirà che non sono malati, che non possono guarire… Rick deve comprendere la verità su ciò che a volte è necessario fare e Carl perderà la sua amica. Glenn e Maggie devono…» si interruppe, mordendosi il labbro inferiore in un gesto di nervosismo. «Questo… cambierà tutto.»

Quando quel monologo si esaurì, Beth scrutò gli occhi di Daryl e in essi vide soltanto confusione e… sospetto. Si sentì annegare. Non avrebbe capito.

«Ma di cosa stai parlando?» chiese, con maggiore frustrazione.

«Devi aspettare!» parlò con urgenza. «O questo potrebbe spingervi ad andarvene. E Glenn e Maggie non staranno mai insieme, mio padre non cambierà mai, vi manderà via. Ci sono degli eventi stabiliti che non accadranno!»

Solo in quel momento Daryl compì un passo indietro, sentendosi soffocare dalla vicinanza di quella ragazzina. Non comprendeva le sue parole, non aveva senso quello che stava dicendo e senza il minimo tatto disse ad alta voce quello che aveva pensato dal primo incontro ravvicinato avuto con lei, solo un paio di ore prima.

«Stai parlando come una pazza.»

Questo, sorprendentemente, non sembrò scalfire la determinazione di Beth, al contrario, la animò. E con orrore, Daryl capì che era qualcosa che si era già sentita dire. E riconobbe in quelle limpide iridi azzurre la stessa rabbia che aveva provato lui fin da piccolo, la stessa reazione scaturita da parole che ferivano, ma che si portava dietro da tutta la vita.

«Io le ho viste, le cose che devono ancora succedere» disse Beth con lentezza. « Le conosco, forse non tutte, forse non chiaramente. Ma devi aspettare o moriremo tutti, se ve ne andrete. Posso provarti che dico la verità, Daryl. Posso provare che vedo cose che non sono ancora successe, che conosco cose che non dovrei sapere.»

Daryl compì un altro passo indietro. Deglutì, senza distogliere lo sguardo. Per quanto potesse provare una qualche sorta di empatia per quella strana ragazza, non poteva andare contro il suo buonsenso.

«Sei pazza» sibilò, ma non riuscì a dirlo con cattiveria, non questa volta. Incredibilmente, Beth Greene sorrise, un bel sorriso il suo.

«Il tuo nome è Daryl Dixon, tuo fratello si chiama Merle. Rick lo ha legato in cima a un tetto ad Atlanta. Chiedi agli altri, nessuno mi ha dato queste informazioni.»

«Puoi averlo ascoltato» disse sospettoso, nascondendo lo stupore. Ma Beth scosse il capo, e con un’incredibile tranquillità disse ciò che aveva tenuto dentro per anni interi.

«Ci siamo già incontrati. In un ospedale, nel 2004. Merle era ricoverato per un incidente in moto. Hai visto una bambina entrare nella sua stanza… Quella bambina ero io» lo guardò, come forse non aveva mai guardato nessuno. «Lo ricordi? Ti ho… ti ho detto delle cose, le ricordi Daryl?» sussurrò, come se la sua intera vita dipendesse da quella risposta.

Ed era così.

«No» nonostante avesse pronunciato immediatamente quella risposta secca, questa arrivò con un certo ritardo a Beth, come se il suo cervello non fosse in grado di registrarla, come se non riuscisse a capacitarsene. Deglutì a vuoto, mentre il sorriso sulle sue labbra si spegneva lentamente davanti gli occhi di Daryl.

«Oh» disse soltanto, dopo qualche secondo di silenzio mortifero. «Non… non importa. Ma ti ho detto la verità. Devi aspettare.»

«Non puoi chiedermelo» non lo disse con rabbia, Daryl aveva colto quell’improvviso cambiamento nella ragazza davanti a lui, e questo lo aveva turbato e confuso più di quanto riuscisse ad ammettere. «Non puoi. Cosa dovrei fare? Fingere di andare a cercare Sophia nei boschi? O smettere di farlo e basta?»

Beth aprì la bocca per parlare, ma la richiuse. A questo non aveva pensato. Non trovò nemmeno la forza per ribattere. Sembrava che ogni suo sforzo, ogni sua speranza di fosse consumata come neve al sole, sciolta, dissolta, da quel calore gelido se suonava simile a un secco No.

«Merle è vivo» disse soltanto, lasciando andare quella confessione.

Daryl la guardò un ultimo istante, Beth non ricambiò il suo sguardo. Sapeva che non le credeva. L’uomo si girò e scese dalla scala a pioli con la quale erano saliti. Non si era reso conto di aver stretto ancora tra le mani la bambola di pezza di Sophia.

 

***

 

Con un peso sulle spalle che aveva solo poche volte percepito sulle spalle, Daryl si avviò verso il camper senza guardarsi indietro. Sentiva su di sé lo sguardo di Beth Greene, e questo bruciava contro la sua schiena. Aveva un passo pensante, mentre si domandava come avrebbe potuto rivelare a Carol quella verità che mai avrebbe voluto sentirsi dire, mentre si chiedeva come poteva quella ragazza bionda essere la stessa bambina che così tanti anni prima si era presentata in quella camera d’ospedale. Non aveva idea del perché le avesse mentito, perché non se la fosse sentita di dirle che ricordava quello strano incontro.

Non importava, in quel momento. Strinse più forte quella bambola, come per ricordarsi ciò che stava per fare. Il camper era vuoto, c’era arrivato più in fretta di quanto avrebbe voluto, senza nemmeno il tempo di riflettere o pensare a cosa dire. Quando chiese di Carol a Dale, l’uomo gli indicò la casa.

«In cucina con Lori, credo» disse.

Solo quando fu a pochi metri dalla veranda, Daryl udì la voce di Maggie Greene, seduta su una delle ampie sedie bianche. Stava ridendo. Fece per passare oltre, sarebbe entrato dalla porta secondaria, per non passarle davanti. Non aveva voglia di parlare con qualcuno, non dopo quello che era successo. Avrebbe dovuto rispondere a delle domande, e l’unica a meritare delle risposte era Carol.

«Beth invece?» era stato Glenn a parlare, l’interlocutore di Maggie che Daryl, dalla sua posizione, non riusciva a scorgere. Al sentir pronunciare quel nome, si bloccò, la bambola ancora stretta tra le dita.

«Quasi diciassette» la risata di Maggie si era spenta, aveva pronunciato quelle parole quasi a fatica. Probabilmente Glenn doveva averle lanciato un’occhiata interrogativa, perché la ragazza proseguì. «Ma non chiederglielo mai.»

«Perché?» domandò Glenn.

Seguì un silenzio che si prolungò più del necessario, quasi Maggie si stesse chiedendo se rispondere  o meno. «Beth è sempre stata… diversa» spiegò in un sussurro, quasi vergognandosi.

«Che intendi?» trovò la forza di chiedere Glenn.

«Fin da piccola» spiegò Maggie, abbassando la voce. « Non piangeva mai, non faceva mai capricci, è sempre stata una bambina silenziosa. Perfetta, nella sua anormalità. Pensa che la sua storia preferita era quella dell’uomo di Damasco…»

«Gusti bizzarri per una bambina» commentò Glenn. Daryl non aveva idea di che storia fosse quella di cui parlavano.

«Già… Era come se… come se fosse già adulta. Già vecchia. Faceva domande che i bambini non dovrebbero fare» si interruppe, quasi soppesando le conseguenze di quello che stava per aggiungere. «Conosceva cose che non avrebbe dovuto conoscere.» Daryl, senza riuscire a trattenersi, fece un passo indietro. Nascondendosi come un ladro tra i cespugli di avvicinò alla veranda, per ascoltare meglio.

«Non l’ho mai vista spaventata, o rabbiosa, o agitata. Ai miei occhi è sempre sembrata perfetta, imperturbabile. Con una sensibilità e una gentilezza che oscuravano tutto quanto il resto.» Glenn ascoltava rapito, più incantato da Maggie che da quello che diceva. Mentre Daryl non si perdeva una parola. «Ma ho sempre intravisto la sua fragilità, anche se è bravissima a nasconderla. E ogni volta che qualcuno le domandava quanti anni avessi, Beth ha risposto allo stesso modo, per tutta la vita. Diciotto, ho diciotto anni.»

Probabilmente sia Glenn che Daryl avevano la medesima espressione confusa. Ma quest’ultimo non poteva attendere ancora a lungo, nascosto all’ombra di quel cespuglio. Si mosse, un passo dopo l’altro, diretto verso la porta della cucina, senza però dimenticare la parole che aveva ascoltato.

La bambola che stringeva, non gli era mai sembrata così pesante.

 
 

҉

 

 

Ecco il secondo capitolo. Vi ringrazio tantissimo per l’accoglienza che ho avuto, mi avete incoraggiata tanto. Un ringraziamento speciale a chi mi ha lasciato una recensione e spero che questo nuovo capitolo non vi deluda. Fatemi sapere se vi va.

Note:

·         Il riferimento alla schiena di Daryl, di qualcosa che secondo Beth mancava, ovviamente riguarda il fatto che ancora non possiede l’iconico giubbotto con le ali disegnate.  

·         Ho dimenticato di scrivere nel capitolo precedente che i resti di un incendio che Beth nota nella casa di Daryl, sono un riferimento al racconto che fa lui a Carl ai tempi della prigione. Credo di ricordare che gli avesse raccontato che la madre era morta in quel modo.

Per quanto riguarda la storia nominata da Maggie 'L'uomo di Damasco', avrete un spiegazione più avanti, e in quell'occasione chiarirò anche da cosa ho preso spunto.
A presto,

 

Topazio♥

  
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