Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Rohchan    19/12/2017    0 recensioni
L'anno scorso, l'ultimo giorno dell'anno ero su un treno. Ho fatto una scommessa con me stessa: lasciare che il mio lettore mp3 scegliesse le canzoni per accompagnarmi nell'ultimo viaggio dell'anno, per poi scriverci su delle piccole storie.
Le regole che mi sono imposta sono semplici. Tutte le storie si svolgono l'ultimo giorno dell'anno, su un treno o in stazione, e il tempo atmosferico va dal pallido sole alla neve alla pioggia (cioè il clima durante il mio viaggio dell'ultimo giorno dell'anno scorso). Devono essere rispettate almeno due condizioni su tre.
Ne sono venute fuori 16 piccole storie, alcune tristi, altre melense, alcune allegre, altre arrabbiate. Sono quasi tutte romantiche, come me, e ve ne regalerò una al giorno fino all'ultimo giorno dell'anno.
Buona lettura. :)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

3- Quando canterai la tua canzone e te ne fregherai di quanto piove, la urlerai in faccia a chi non vuole e non sa sentire (Ligabue)

 

C'era un angolo, alla stazione.

Un angolo particolare, con un'acustica incredibile, e abbastanza luce anche nelle giornate cupe.

 

Lei l'aveva scelto per cantare.

Studiava al conservatorio, e non aveva paura del pubblico. Le piaceva spingere la sua voce in alto, sempre più forte, fino a fermare i passanti.

Cantava quello che le passava per il cuore, a volte arie d'opera, a volte pezzi pop, altre ancora saliva e scendeva scale di note che inventava al momento, per il solo piacere di farle sentire a tutti.

Qualche volta altri studenti del conservatorio la seguivano, suonando uno strumento o cantando insieme a lei, ma quel giorno non c'era nessuno. Era l'ultimo giorno dell'anno, e i suoi compagni erano tutti in viaggio per trascorrere la festa con amici e parenti sparsi per il resto dell'Italia.

 

Si era messa nel suo angolo, il cappotto blu scuro aperto per permetterle di respirare nella maniera migliore ed una sciarpa arancio attorno al collo per proteggere la gola dall'aria fredda che si insinuava in stazione dalle porte lasciate aperte.

Fuori nevicava, grossi fiocchi candidi ed asciutti che in breve tempo avrebbero ammantato tutta la piazza, rendendola irriconoscibile.

 

Quando aveva iniziato a cantare nessuno le aveva prestato attenzione, ma non se n'era avuta a male. Era sempre così: il suo canto aveva bisogno di un po' di tempo per crescere e diventare udibile sopra i rumori della stazione, e quella mattina sarebbe stato ancora un po' più complicato perchè l'andirivieni era maggiore del solito.

 

Piano piano la sua voce s'era fatta piena e ricca, e lei aveva smesso di vedere quello che la circondava e aveva seguito le immagini che le si creavano nella mente con le note.

Schizzi di colore, uccelli in volo, il fragore delle onde del mare, risate di bambini, e poi giù, verso abissi di oceani inesplorati e tristezze da strappare il cuore e solitudini indicibili.

La sua voce tagliava l'aria come una spada, e la gente si fermava ad ascoltare.

 

Si domandava sempre se qualcuno vedeva ciò che lei creava con la voce, ma la maggior parte delle volte gli sguardi che rispondevano al suo erano vacui, imbambolati. Si accontentavano di sentire la bellezza dei suoni, e non pensavano minimamente che potessero avere un significato.

 

Stava vedendo il sole sorgere su un mare di lapislazzulo e diamante quando l'aveva scorto nella piccola folla.

Lo vedeva spesso, ma mai da vicino; si metteva in disparte, poco lontano dalla gente che la circondava, a circa sette, otto passi da lei, leggermente spostato sulla sinistra.

Aveva i capelli castani lunghi fino alle spalle e il pizzetto da Jhonny Depp, la fronte corrugata sopra gli occhi scuri, il viso concentrato nell'ascolto.

Non la guardava mai direttamente. Ascoltava.

Lei non ci aveva fatto caso all'inizio, ma poi un giorno, per caso, si era accorta che quel viso era spesso in mezzo alla gente che ascoltava, e aveva iniziato a vederlo.

Forse era un impiegato della stazione, o uno dei tanti lavoratori dei negozi che si trovavano al suo interno; dubitava fosse un pendolare, perchè lei non aveva giorni ed orari fissi in cui veniva in stazione, ma era difficile che lui non venisse ad ascoltarla.

 

Lentamente, aveva modulato la voce fino al suo punto più alto, e poi l'aveva fatta scendere saltellando come l'acqua sui sassi di un fiume in discesa verso il mare. L'aveva visto stendere la labbra in un sorriso lieve e si era chiesta che cosa vedesse lui.

Fuori la neve continuava a scendere, e lei continuava a cantare. La gente andava e veniva, ma lui era sempre lì fermo ad ascoltare. Non sapeva quando fosse arrivato, ma sapeva che non se ne sarebbe andato finchè lei non avesse smesso di cantare.

Quando la sua voce si era spenta rimbalzando in echi sui soffitti della stazione, lui aveva sollevato leggermente il viso e l'aveva guardata serio.

L'aveva salutata con un cenno e si era allontanato.

 

Chissà se ne avrebbe mai saputo di più.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Rohchan