Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: WhiteRaven_sSR    23/12/2017    1 recensioni
Collegata a "Another point of view", raccontata dal punto di vista di Ash.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
“Acha, non puoi pretendere di rimanere qui per tutta la vita, non abbiamo abbastanza di che sfamarci.” disse Salem, sospirando.
L'altro in risposta prese un piatto in terracotta e glie lo lanciò, ritrovandosi ben presto ad alzare la voce. Il piatto nello schianto prese Salem solo di striscio, fracassandosi a terra.
“Allora rimboccati le maniche e lavora di più invece di andare in giro a farti la tua stupida vita da solo!”
Genere: Avventura, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nascosti, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Egitto, ?

L’amore fraterno è il più durevole; assomiglia a una pietra preziosa che resiste ai più duri metalli e il cui valore si accresce con gli anni.”
Hector Carbonneau

Gemelli. Due gemelli furono quelli dati alla luce da Tia, ventuno anni di età con un nome semplice, derivante dalla sposa di uno dei precedenti faraoni, Amenofi II, uno dei parenti più stretti di Amenofi IV, poi conosciuto con il nome di Akhenaton, il faraone eretico. Insomma, un collegamento con una serie di nomi, dinastie e reali di nobili origini, con cui la giovane donna non aveva assolutamente nulla a che fare.
Nulla se non un nome. Poichè il significato di un nome, secondo diverse credenze, è quello che non solo ci guiderà per tutta la vita, ma anche quello che in parte determinerà chi siamo, per renderci le persone che siamo.
Non aveva importanza se in quella notte di una giornata non ben definita, in un mese dell'anno altrettanto non ben chiaro, come del resto l'anno stesso, vista la complessità del tempo e delle sue registrazioni, la ragazza si rese conto che i bambini appena avuti erano due gemelli. Due maschietti. Sani e forti, perfettamente paffuti, normali se non fosse stato per piccoli segnali visibili sin da subito.
Dopo essere stata assistita da una ex balia, nella periferia del villaggio, al momento di lavare e fasciare i piccoli, subito erano saltate all'occhio delle piccole scaglie sulla parte bassa del collo e sui fianchi, come limitate a macchie, porzioni di si e no una decina di centimetri di diametro massimo. Per non parlare della cosa che fece quasi fare un infarto all'anziana signora: quegli occhi rossi come il sangue.
In un primo momento, dopo essersi riprese entrambe, le due si guardarono e osservarono quelle strane creature, sebbene fosse chiaro a tutte e due che non potevano essere altro che il frutto del demonio. Non tanto perché avessero un aspetto bizzarro o simili, si trattava pur sempre di bambini e come tali la giovane Tia era intenzionata a trattarli, ma perché la donna prima di rendersi conto di essere incinta, era vergine.
Se le vie del Signore sono infinite, lo sono altrettanto quelle dell'Angelo Caduto e delle sue schiere demoniache e così come il tempo si porta via eventi precisi, nomi e oggetti, allo stesso tempo il modo o il perché uno dei demoni avesse scelto lei come proprio incubatrice personale, ci è tutt'oggi sconosciuto.
Vi prego, non dite nulla. Se si venisse a sapere in città, li condannerebbero a morte e direbbero che sono figli di Apopi! E io non voglio che muoiano...” disse Tia, rivolta all'anziana.
Presi tra le braccia i bambini infatti, non era riuscita a resistere dal coccolarli, stringerli, nutrirli dal proprio corpo appena avessero reclamato, come una qualsiasi madre si sentirebbe in dovere e diritto di fare.
La donna anziana la guardò con una certa apprensione, come fosse potuta essere lei stessa la madre di Tia, benché fosse solamente una balia ormai al limite delle proprie forze, che con l'età aveva deciso di dedicarsi a soccorrere le giovani donne durante il parto. Ormai il suo nome per tutti era diventato “nonna”, per la sua propensione a prendersi cura delle donne, delle neo mamme e dei loro figli, ma anche di malati e bisognosi, un po' come un piccolo angelo custode a girovagare per la città, nonostante l'età avanzata.
Piegata su un bastone piuttosto resistente dalla forma affusolata, ricurva sulla cima, in un primo momento guardò Tia con fare severo, arrendendosi poi alle sue suppliche.
Farò come dici, mia cara, ma tu dovrai restare nascosta per un po'. Se si fosse trattato solo della pelle, per cui cercheremo un rimedio, avresti potuto coprirli con i vestiti, ma quegli occhi non possono essere coperti, a meno che tu non li finga ciechi.” disse poi.
Fingersi ciechi in quel periodo, non era certo semplice come lo sarebbe stato nell'epoca moderna. Niente lenti contatto, nemmeno quando e se fossero stati più grandi. Avrebbero potuto impiegare le terre per coprirne le scaglie, più scure rispetto alla pelle e appena rialzate, facenti spessore, più rigido, come vere e proprie squame, tingere i capelli con del hennè scuro, misto a kajal o sostanze simili, ma per gli occhi non ci sarebbe stato verso. Così come non ci sarebbe stato per la lingua. Nel sentirli mugolare, aprendo la bocca di tanto in tanto per emettere qualche vagito, Tia aveva notato quel color argento vivo e la biforcazione alla punta, ma non aveva detto nulla.
Avrebbe trovato una soluzione, quei bambini erano suoi.
Se entro un mese non sarà cambiato nulla o non avremo trovato una soluzione, dovrai separartene. Trovagli una sistemazione in caso di emergenza, e in fretta, o sai anche tu che saranno condannati. Bambini serpente non potranno mai essere accettati dalla società, già è uno scandalo che tu sia rimasta incinta. Lo dico per te, bambina mia, avrai bisogno di un marito, non puoi stare da sola.” sottolineò la nonna.
Per i tempi che correvano, avere due bambini senza saperne chi fosse il padre, senza essere già sposata e accasata, sempre ammesso che quella baracca in legno si potesse chiamare “casa”, era scandaloso. Per necessità, mica per altro. Non che Tia fosse una brutta ragazza, il tipico stile egizio nei tratti del viso, la pelle color miele e dei lunghi e fluenti capelli neri a incorniciarle il volto, ma se la si dovesse immaginare come uno di quegli affreschi dipinti sulle pareti interne delle camere di sepoltura delle piramidi, nulla sarebbe più sbagliato. Quegli affreschi rappresentavano i nobili, non una popolana come lei. Sprovvista di trucco, fatta eccezione per del kajal nero che riusciva a comprare al mercato di tanto in tanto, perennemente con un cesto o un vaso pieno d'acqua sulle spalle o intenta a comprare oggetti utili alla propria aspirazione professionale. Il suo sogno era diventare un'artista tanto brava da poter decorare le prestigiose case di benestanti e nobili, così come artefatti quali vasi o arazzi in stoffa, purchè di arte si trattasse. E dire che era brava, era poco.
Era difficile, non avendone i materiali e talvolta nemmeno il tempo fisico, impegnata a lavorare nei campi quando possibile, per mantenere una sorta di lavoro stabile quando il Nilo non esondava, allagando le terre per ricoprirle di limo, fertilizzante naturale dal colore scuro. Chiamata “la terra nera” dallo stesso popolo egiziano, l'Egitto era un paese di vita e morte allo stesso tempo, in cui la giovane donna non aveva vita facile con il suo status di popolana semplice.
A volte le capitava di sognare una vita più agiata, dove poter rientrare a casa al caldo tra le comodità, possibilmente a doversi preoccupare meno della sabbia costantemente presente all'interno dell'abitazione. Ma chi lo sa, forse anche i nobili avevano lo stesso problema. A differenza sua però, loro avevano servitori intenti a spazzare e pulire tutto il giorno.
Persa in quei pensieri, Tia passò lo sguardo dapprima sui propri figli, poi sull'anziana signora, le cui nocche della mano posta sul bastone, comunicavano da sole quanti anni potesse avere, così come la pelle raggrinzita e i capelli sale e pepe, nonostante tutto. Annuì semplicemente, ben sapendo cosa comportasse voler tenere con sé due bambini simili e potenzialmente pericolosi, se davvero generati da una forza oscura, ma la cosa sembrava non importarle più di tanto.
Quella notte fece un sogno bellissimo e terribile allo stesso tempo. Un'entità fatta di luce le comunicò i nomi dei figli, che tali sarebbero dovuti essere per la loro natura, sebbene l'entità non specificò quale fosse o quale sarebbe stato il loro destino.
Solo due nomi: Achashverosh per il più piccolo e Abiyshalowm, per il maggiore.
Le venne promesso che se l'avesse fatto, gli dèi avrebbero protetto i due bambini nei primi anni dell'infanzia e in un primo momento la donna non comprese le parole della creatura, così come i nomi talmente strani da risultarle perfino ridicoli, ma nel sentire quel calore nel cuore, quella vicinanza all'entità che al solo pensarla nel sogno le trasmetteva un senso di pace, decise di obbedirvi. C'era qualcosa di rassicurante e inspiegabile in quell'entità non ben definita, qualcosa che andava oltre alle divinità del politeismo, oltre alle moderne religioni, oltre alle credenze stesse.
Non fu ben chiaro perché o cosa spinse Tia a fare quella scelta alla fine, poiché pur sempre di un sogno si era trattato, ma per le credenze dell'epoca sogni, visioni e quant'altro avevano enorme rilevanza e sebbene la questione sarebbe suonata controversa anche nel corso dei secoli, questo è ciò che accadde.
Il giorno dopo infatti, i bambini sembravano come protetti da qualcosa che ne celava la vera natura, quello che al giorno d'oggi chiameremmo “velo” o “glamour”, una specie di patina sottile dettata dalle leggi della magia, per far sì che i comuni mortali, i Mondani, non vedano ciò che invece all'occhio di altri, era così comune quanto scontato.
Bambini, egiziani, stregoni. Che coperti dall'incantesimo apparivano come due semplici neonati dai capelli scuri, neri come la pece, i due occhioni castani anch'essi piuttosto scuri, ma dolci come poche altre cose e nessun segno visibile sulla pelle. La loro lingua sembrava essere tornata normale e la giovane donna ringraziò gli dèi per averli resi tanto normali, non scoprendo mai cosa si celasse realmente dietro a tutta quella storia.

16 anni dopo

Tia non si fece troppi problemi a trattare i propri figli come bambini normali, almeno finchè non si rese conto di ciò che erano in grado di fare. In un primo momento si spaventò molto, ma col passare delle settimane e dei mesi, pensò che quei bambini dovevano essere speciali e non solo perché erano i propri. Troppi fattori strani avevano influenzato la loro nascita, il loro crescere in casa come semplici bambini egiziani, successivamente come bambini magici, egiziani. Vietò loro la magia nei luoghi pubblici, compresi i templi in cui regolarmente prestavano servizio come aiutanti, ricevendo in cambio l'unica educazione che la madre fosse in grado di fornirgli, non potendosi permettere scuole di grande prestigio, ma i due si rivelarono ben presto poco interessati agli insegnamenti di scribi e sacerdoti, molto più propensi alla magia autodidatta. Non conoscevano nessuno come loro, quindi il più delle volte passavano il tempo al fiume o nei campi a farsi scherzi tra loro.
Dispettosi sin da piccoli, Achashverosh, che successivamente nel corso dei secoli mutò per comodità in “Ash”, era il più testardo, restio all'idea di farsi insegnare da “quei vecchi balordi che non capiscono nulla!”, più dedito alla conoscenza per conto proprio dell'astronomia, della medicina e di tutto ciò che riguarda la sfera emotiva delle persone. Sarebbe voluto diventare un medico, ma come capita spesso, il destino sembrava avere altri piani per lui.
A differenza del fratello, Abiyshalowm, anch'esso poi modificato in “Salem”, sembrava il più aperto all'idea di vivere nuove avventure, scoprire il mondo e uscire dagli schemi, nonché dal paese, alla scoperta di chissà quale meraviglia assoluta. Dopo aver scoperto di poter aprire degli squarci nello spazio, quelli che oggi sono comunemente chiamati “portali”, li utilizzava assieme al fratello per spostarsi sulle lunghe distanze. Una volta pensò pure a un luogo molto distante, ma capì che gli sarebbe stato impossibile raggiungerlo per mezzo di un portale, se prima non ci fosse già stato fisicamente. A differenza del fratello, più coscienzioso, sebbene vivace allo stesso modo, lui si poteva definire quasi un “irresponsabile”.
Ti farai ammazzare.” esordì Ash, scuotendo la testa nell'osservare il fratello, intento a fare i bagagli.
Un panno di lino grezzo riempito con alcuni oggetti di base, giusto per la sopravvivenza, nulla di più, per ciò che concerneva il bagaglio di Salem.
Fratello mio, ti preoccupi troppo. Pensa che potremmo fare con i nostri poteri! Potremmo creare vie di comunicazione, spostarci dove vogliamo, fare quello che vogliamo! Mamma ci ha raccontato spesso ciò che ha sognato su di noi e il faraone ha rivoluzionato l'intero pantheon delle divinità! Lo sanno tutti che l'arte di Cnosso sta decadendo, ormai è sempre più evidente e i Micenei dilagano per il Mediterraneo. In più sembra che i caldei si stiano stabilendo a Uruk, la città più grande del mondo! Non sei curioso?”
Salem lo guardò con due occhi enormi, come fosse un gatto in cerca di un nuovo giocattolo, mentre Ash sembrò spazientirsi, sospirando nel tirar giù dal tavolino i piedi, finora comodamente poggiati, le gambe una sopra all'altra. Entrambi con solo un telo di stoffa in lino grezzo a coprire la parte inferiore del corpo, indossavano sandali alla schiava del materiale più economico. Salem a differenza del fratello indossava una cintura diagonale che collegava l'indumento da parte a parte, attraversando schiena e petto diagonalmente, come avesse una moderna borsa a tracolla, con l'unico scopo di tenere su meglio il vestito e rimanere il solito “diverso”. Perché dei due quello eccentrico era decisamente lui.
Non era cambiato poi molto da quando erano nati, certo con il loro aiuto a lavorare nei campi o per i nobili, erano riusciti ad ampliare la casa di qualche metro e a comprare qualche oggetto in più, ma il tenore di vita rientrava comunque in quello del popolo comune, nulla di eclatante.
No, non sono curioso.” in risposta a Salem “Babilonia e Uruk distano diverse settimane di viaggio e tu non sei mai uscito dal villaggio se non per raggiungere qualche città vicina e i loro templi. E francamente non m'interessa quello che dice il faraone o nostra madre. Siamo nati per lavorare nei campi, dovresti aiutarla come faccio io, invece di pensare a girare il mondo alla ricerca di chissà quale avventura.”
Tu non capisci, non è solo l'avventura, potremmo diventare ricchi e aiutare la mamma.”
In che modo, facendoti ammazzare? Siamo popolani, Shal, pensi che potremmo davvero capitare in una città così grande e metterci in piazza come se niente fosse?”
E' questo il punto! Andrò dal faraone e gli mostrerò cosa sappiamo fare. Lui ci ascolterà. E quando avremo abbastanza soldi per partire, partiremo.”
La sua idea fece fare una smorfia ad Ash, che scosse la testa, preoccupato. Entrambi non ci capivano nulla di politica, relazioni tra i cortigiani così come tra parenti ed eredi al trono, o simili. Due semplici contadini che lavorano per lo stato, per l'Astro dell'Egitto, per costruire qualcosa di più grande, che il mondo non aveva mai visto prima e mai avrebbe dimenticato. Non solo le piramidi, che oggi pare non siano mai state costruite da schiavi, bensì da lavoratori impossibilitati ad arare i campi durante le piene del fiume e ripagati dallo Stato, ma una serie di cose atte a mantenere l'ordine della scala sociale, al cui picco sorgeva il faraone, in tutta la sua maestosa possenza.
Non posso obbligarti a vederla come me, ma se vorrai fare questa pazzia, la farai da solo. Non siamo persone normali, ma questo non giustifica le tue azioni e non ti rende nemmeno un Dio. Nostra madre è preoccupata, ci ha sempre detto di stare al sicuro e di non dare nell'occhio...e tu vuoi andare a dire tutto al faraone! Primo, non ti riceverà mai, e secondo, anche se riuscissi a entrare al palazzo reale di soppiatto o con la forza, s'inventeranno qualcosa e finirai incastrato! Ora va di moda questo Aton, questa divinità solare che lui ha...scoperto, inventato, non so bene a cosa credere e tu glie la servi su un piatto d'argento. Ti userà per il suo culto, non abbiamo bisogno che tu perda tempo, ma che porti a casa qualcosa di cui sfamarci. Se non lo fai per me, fallo per nostra madre.” concluse Ash, seccato, alzandosi per andare a prendere dell'acqua all'esterno dell'abitazione.
Nell'uscire vide sua madre in procinto di entrare e le cedette il passo senza troppe remore, nervoso per le solite idee dell'ultimo minuto del fratello. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di farsi tirare dentro in quel modo da lui, in una delle sue ennesime stupidate, no, questa volta se la sarebbe sbrigata da solo! Un conto era prendere in giro il sacerdote del tempio, spaventare i popolani con ombre inquietanti e racconti dell'orrore o simili, un altro fare coming out magico davanti al faraone! Non avrebbe voluto lasciarlo solo, lui e il fratello avevano un rapporto speciale, come ogni coppia di gemelli, ma forse Salem avrebbe dovuto prendere un'altra strada da solo, questa volta.
Recuperata l'acqua al pozzo più vicino, rientrò a casa, i sandali pieni di sabbia che con il calar del sole iniziava a raffreddarsi sempre di più, trasportata dalla sottile brezza serale proveniente da ovest.
Rientrato a casa, li trovò a discutere sull'eventuale partenza imminente del fratello, mentre lui da bravo figlio, sarebbe rimasto lì senza muovere nemmeno un muscolo, limitandosi ad ascoltarli parlare con apparente noncuranza. Rimarrebbe fermo sul posto un secondo nell'udire la voce della madre rivolgersi proprio a lui, cercando un suo parere.
Achashverosh, tu vuoi andare assieme a lui?” chiese Tia, mostrando un dolce sorriso a entrambi i figli, dapprima rivolta ad Ash, solo poi spostando lo sguardo su Salem.
No, io resterò qui, madre.” tagliando corto. Avrebbe voluto aggiungere qualche frecciatina, ma l'arroganza non rientrava nei suoi difetti e tutt'oggi è ancora così.
Ne sei sicuro? Non vuoi andare a vedere la grande Uruk di cui tutti parlano? Forse potreste trovarci qualcosa di interessante, farvi una vita migliore...” non fece in tempo a finire la frase.
Ma che avete tutti quanti?!” sbottò Ash. “Il nostro posto è qui, accanto a voi! Se non ci aveste cresciuti voi, madre, saremmo morti! E Shal vuole andarsene via a cercare chissà cosa lì fuori. Non è giusto!”
Agitato, non poteva sapere che parte di quel sentimento gli arrivava automaticamente senza che se ne rendesse conto. Oltre a essere un adolescente in piena crisi ormonale, non aveva il controllo totale della propria magia, non ancora almeno, e quel senso di angoscia, preoccupazione e tristezza non poteva sapere venissero proprio da Tia stessa.
Negli ultimi giorni era parsa più preoccupata del solito, come se fosse stanca, spossata. Ma d'altra parte nelle condizioni lavorative in cui vertevano all'epoca, non ci si poteva aspettare di meglio. Per qualche tempo era anche riuscita a lavorare come artista in proprio, ma a lungo andare le spese erano dure da affrontare senza un mecenate che le garantisse almeno uno studio fisso in cui potersi dedicare alle proprie opere, oltre a poterle vendere. E con due bambini piccoli a cui badare, figli del demonio, per quel che ne sapeva la gente, se solo li avessero scoperti, sarebbe stato pressochè impossibile. Quindi era tornata ai campi, alla manovalanza non troppo pesante poiché pur sempre donna o a cose come il carico e scarico delle merci per una paga misera.
Eppure eccoli lì tutti e tre, a discutere sul da farsi.
Acha, non puoi pretendere di rimanere qui per tutta la vita, non abbiamo abbastanza di che sfamarci.” disse Salem, sospirando.
L'altro in risposta prese un piatto in terracotta e glie lo lanciò, ritrovandosi ben presto ad alzare la voce. Il piatto nello schianto prese Salem solo di striscio, fracassandosi a terra.
Allora rimboccati le maniche e lavora di più invece di andare in giro a farti la tua stupida vita da solo!”
Emotivo, Ash rimase a fissare il gemello per trenta secondi buoni, nessuno dei due senza professar parola, gli occhi scuri a fissarsi come se non fossero uno l'esatto riflesso dell'altro in quanto a fisionomia, colore di occhi e capelli, solo il taglio era differente. Il caschetto al mento ordinato di Ash infatti, cozzava pesantemente con il corto sbarazzino del gemello, più corto e sempre selvaggio.
Fu Tia a interrompere quel silenzio imbarazzante, alzandosi in piedi in tutta la sua grazia, il vestito in lino bianco a fasciarle i fianchi, coprendo il seno per fissarsi sul retro del collo in un nodo, lungo fino alle caviglie, ai piedi un paio di sandali uguali a quelli dei figli. Tranquilla nel modo di porsi, un sorriso dolce stampato in volto come a volerli rassicurare, nonché sistemare le cose.
Su ragazzi, datevi una calmata e vediamo di gestire questo pasticcio. Abiyshalowm, non puoi andare dal faraone a parlargli di ciò che sei e lo sai. Ti ucciderebbe probabilmente e metteresti in pericolo tuo fratello, oltre che l'intera famiglia.” Categorica in merito. “Ma puoi partire, se lo desideri.” disse poi, senza smettere di sorridere.
Un sorriso caldo il suo, sebbene qualcosa della solita giovane, donna, sembrava non essere al proprio posto. La pelle abbronzata presentava un colore a tratti spento, gli occhi segnati da qualche occhiaia di troppo per l'età che aveva, a entrambi i figli fece pensare che doveva essere molto stanca. Ciò spingeva Ash a impegnarsi di più, dando il proprio meglio sul posto, mentre Salem sembrava sempre più deciso a partire, volendo trovare quel qualcosa che a loro mancava, qualcosa in grado di rivoluzionare le loro vite a tal punto da potersi permettere di far smettere di lavorare la madre per concederle il tanto meritato riposo. Oggi la si chiamerebbe “migrazione lavorativa” o qualcosa di simile, molto comune e sempre più frequente, ma al tempo sarebbe bastata una ferita seria per far sorgere delle complicanze durante il tragitto. A piedi o in groppa a qualche animale, è chiaro che con la mancanza dei mezzi moderni, la cosa fosse molto più faticosa.
Il fatto che la madre avesse consentito al fratello di partire, lasciò male Ash, che così su due piedi si sentiva troppo arrabbiato per continuare il discorso, mettendosi in disparte per far sì che il gemello e lei potessero concordare i termini della cosa. Non era felice che l'altro partisse, glie lo si poteva tranquillamente leggere in faccia con quell'espressione corrucciata ai limiti della decenza, come fosse un bambino. Non che sedici anni facessero di lui un adulto, ma per l'epoca di fatto lo era già.
In compenso Salem finì di preparare le quattro cose che si sarebbe dovuto portare dietro, una sorta di kit di sopravvivenza del tempo, con tanto di otre e simili per non morire di fame o di sete nel bel mezzo del deserto. Vestiti pesanti per la notte, viste le temperature ad abbassarsi quando il sole tramontava e una tenda montabile in caso di tempeste di sabbia. Per non parlare della magia.
Quella faceva testo a parte, gli permetteva di cavarsela anche nelle situazioni meno ottimali, sfruttando le proprie caratteristiche simili a quelle di un serpente per facilitarsi gran parte dei compiti, sebbene tante di esse le avrebbe scoperte solo più avanti.
Ultimati i preparativi, decise che sarebbe partito la mattina del giorno seguente, un po' per la sicurezza di non incappare in minacce di sorta alcuna, un po' per la luce e la giornata che in quel modo sarebbe durata di più, in un certo senso.

Ash non fu contento per la partenza del fratello in mattinata, ma in fondo non avrebbe certo potuto fermarlo o limitarlo più di tanto. Avrebbe voluto, ma dopo aver capito che non ci sarebbe stato verso di fargli cambiare idea, aveva accettato la cosa senza troppe remore, limitandosi ad augurargli buon viaggio, assicurandosi che sarebbero rimasti in contatto con la magia in un qualche modo. I messaggi di fuoco ancora non erano usati dai due, ennesima comodità che avrebbero dovuto scoprire, di conseguenza avevano trovato un sistema tramite l'empatia di Ash stesso, in modo che quando lui fosse stato in pericolo o talmente scosso da provare una forte emozione, il gemello lo avrebbe saputo all'istante.
Quindi una volta rientrato a casa dopo il lavoro, lo stregone andò a sedersi, esausto, la testa tirata indietro come potesse prendere più aria in quel modo, in attesa del rientro della madre, che sarebbe rincasata di lì a poco. In effetti Tia non impiegò molto a comparire sulla soglia, stanca per la giornata di lavoro, sorridente per poter essere rientrata anche quella sera ritrovandosi in compagnia del figlio.
Com'è andata la giornata?” chiese Ash, curioso.
Tia gli sorrise, avviandosi verso la cucina, decisa a iniziare a preparare la cena.
Bene, sono un po' stanca, ma credo sia normale.”
Lo stregone si alzò a sua volta per andare ad aiutarla, seguendola nella cucinetta con lo stretto indispensabile, premurandosi di accendere il fuoco per poter cuocere alcune cose. Come da usanza, spesso potevano cuocere le pietanze sotto alla sabbia, tecnica impiegata tutt'oggi in alcune zone desertiche, ma con il calar del sole, la sabbia si sarebbe raffreddata man mano e si sa quanto le zone desertiche possano diventare fredde di notte.
Armatosi di pazienza e di un pizzico di magia, sempre dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei paraggi, Ash lasciò le fiammelle crepitare nel forno, se così si poteva chiamare quell'incavo adibito a tale.
Nel frattempo Tia si avviò verso la dispensa per recuperare il necessario per la cena e fu poco dopo che si udì un tonfo secco, seguito da un rumore di cocci in frantumi.
Madre, state bene?” chiese Ash, preoccupato.
Nessuna risposta. Non un accenno, né un rumore.
Quindi l'egiziano si precipitò in dispensa, preoccupato per le condizioni della madre, che trovò a terra, priva di sensi.
Inutile dire quanto lui si preoccupò, provando un senso di vuoto allo stomaco, un tuffo al cuore nel pensare al peggio, non sapendo di preciso cosa avrebbe potuto portarla a svenire in quel modo. Sebbene fosse preso dal panico, non rimase con le mani in mano, dandosi da fare per prenderla in braccio e portarla nell'unica altra stanza, dove di solito erano sistemati i loro giacigli su cui dormivano. Oltre a non pesare troppo di suo lei, non avrebbe fatto fatica a spostare la madre anche con l'uso della magia, ma al momento la priorità andava alla ricerca di acqua in cui impregnare della stoffa da porle sulla fronte, cosa che fece pochi istanti dopo.
Ash non era un guaritore e le conoscenze dell'epoca circa il funzionamento del corpo umano forse non sarebbero state sufficienti a diagnosticare certi tipi di malattie. Di conseguenza cercò una causa a modo proprio, schermando il suo corpo con la magia, come a ricercare qualcosa che gli lasciasse intendere quale fosse il problema. In quel modo avrebbe potuto trovare ferite aperte, per i termini quali “batteri” o “virus” si sarebbe dovuto aspettare ancora molto.
Per ora di conseguenza si limitò a osservare il suo viso e il suo corpo per cercare di capirne le condizioni. Che fosse stanca e avesse febbre alta era evidente dopo un contatto stretto, ma lei non si era mai lamentata finora, rimanendo sorridente e all'apparenza spensierata per infondere forza in tutta la famiglia.
Rimase in attesa che lei si svegliasse, vedendola pian piano aprire gli occhi, boccheggiando appena per la febbre alta, come se volesse far fuoriuscire dal proprio corpo tutto quel calore. Sembrava volesse dirgli qualcosa con quel boccheggiare.
Non...chiamare tuo fratello” disse a un certo punto, provando a sorridere.
Ash serrò i denti, rabbioso. Un tipo di rabbia struggente e dolce allo stesso tempo, poiché si trattava pur sempre della propria famiglia e non sarebbe mai riuscito a essere davvero arrabbiato con loro.
Lui va in giro mentre voi state male e non dovrei riportarlo a casa all'istante? Con tutto il rispetto, madre mia, ma a volte davvero non vi capisco.”
Tia sorrise, rimanendo a guardarlo con una certa dolcezza, annuendo, senza smettere di spegnere il proprio modo di fare luminoso e gentile. Sapeva bene quanto i figli la ritenessero un punto fermo nella loro vita, glie lo si leggeva in viso, ma nonostante ciò, Ash non riusciva a capacitarsi di come riuscisse a essere sempre così calma e determinata, positiva nonostante le complicanze che avrebbe scoperto ben presto essere presenti.




Questi personaggi appartengono alla sottoscritta, gradirei che non infrangeste il copyright e non li riutilizzaste nelle vostre storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi, fatti e persone è puramente casuale, mi scuso in caso di omonimia.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: WhiteRaven_sSR