Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: TaliaAckerman    24/12/2017    3 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buon Natale a tutti, spero che il capitolo vi piaccia!!!!!

[EDIT: accidenti, quante visualizzazioni!! Quasi 150!! Che ne direste anche di fermarvi un attimo e recensire?:) ]








                                                                      PARTE TERZA

                                                                 LA GUERRA DEL NORD


26








Hareis stracciò il pezzo di carta che reggeva fra le mani e lo gettò nel braciere.
Non si era certo aspettato che Theor serbasse una risposta a tutti i suoi problemi, ma in cuor suo aveva confidato in qualcosa di più rispetto a quelle quattro righe striminzite che aveva ricevuto da Amaria.

Condivido le tue ansie Hareis, ora più che mai. Ma dobbiamo mantenerci saldi nel nostro credo e adoperarci strenuamente per non soccombere. Mi hai chiesto altri uomini; non ce ne sono. Ma ti invio in aiuto qualcosa di infinitamente più prezioso. Tieni la posizione e aspetta.
Nathaniel Theor

Non era lui essere così criptico: il suo maestro non aveva quasi mai avuto segreti per lui. Hareis aveva riletto senza sosta quelle parole, giunte trasportate da un corvo il giorno prima, e alla fine era giunto alla conclusione che Theor avesse preferito tacere il nocciolo della questione nel caso il messaggio finisse nelle mani degli alleati delle Cinque Terre.
Portandosi la sciarpa di lana fin sulla bocca il mago uscì dal padiglione, nella mattinata uggiosa. Era in momenti come quello che la sua vena più intemperante premeva per uscire allo scoperto: nonostante il suo dovere di dirigere le operazioni militari gli imponesse di rimanere per la maggior parte del tempo al sicuro ai margini del campo nordico insieme ai suoi luogotenenti, ora più che mai avvertiva il desiderio di gettarsi a capofitto nell'azione. Non che fosse rimasto inattivo per tutto quel tempo - aveva anche combattuto in un paio di occasioni - ma il suo ruolo gli era diventato notevolmente più stretto da quando Theor gli aveva ordinato di lasciare Hiexil nelle mani di Ferlon per muovere su Qorren. Prima di allora aveva potuto sfogare la tensione accumulata per via di Sephirt combattendo senza risparmiarsi per ampliare i confini del territorio in mano ai Ribelli nel Nord dell'Ariador, ma ora che si trovava in una posizione di comando le sue responsabilità erano aumentate vertiginosamente, come il valore della sua vita. Se lui fosse morto, l'assedio di Qorren si sarebbe ritrovato senza una guida.
Hareis si mosse con passi leggeri verso il margine dell'accampamento; voleva sentirsi emotivamente vicino ai suoi uomini, voleva percepire la presenza di coloro che stavano combattendo per la loro nazione e voleva udirne l'acciaio scontrarsi con quello dei nemici.
Si spinse abbastanza vicino alle mura da intravedere, fra le tende, i suoi uomini che cercavano di issarsi sui camminamenti, presidiati da fanti e arcieri ariadoriani.
C'erano cadaveri ammucchiati sotto le mura, ma Hareis preferì pensare che quelli dei nemici all'interno fossero più numerosi.
Riusciva distintamente a vedere quello che doveva essere il comandante delle guardie cittadine in piedi sulla sommità, intento a impartire ostinatamente ordini ai suoi sottoposti. La famosa tempra ariadoriana, pensò l'uomo del Nord. La tempra ariadoriana che non si arrende neanche a un nemico due volte più numeroso.
Avrebbe voluto come non mai poter essere lì con i suoi uomini a combattere e a morire per la causa.
Quando la vide arrivare il suo cuore si fermò.
Era lì: altera e bellissima, terrificante in quello che Hareis riconobbe come un immenso, rinnovato potere.
Nell'averla finalmente di nuovo davanti agli occhi il mago del Nord fu assalito da emozioni così discordanti da fargli girare la testa.
Non è Sephirt. Fu il primo pensiero che la sua mente riuscì a formulare dopo attimi di totale defiance.
No, quella donna che si stava facendo strada tra le tende non era la donna che amava; eppure, come poteva non esserlo? I lunghi capelli rossi, accesi da riflessi di fuoco, la carnagione nivea, gli zigomi alti e il naso appuntito, quelli erano i suoi tratti.
Quando fu abbastanza vicina, cercò il cremisi dei suoi occhi per ricevere una conferma o un diniego, ma quello che vide lo raggelò: quella vena di vitalità che era sempre stata presente suo sguardo, anche se a volte in modo rabbioso e spietato, quella fiamma che era sempre parsa ardere in lei non esisteva più.
I suoi occhi erano innaturalmente fermi. Non sbatteva neanche le palpebre.
Eppure dietro quelle iridi color del sangue Hareis scorse anche un 'che di spiritato che lo fece rabbrividire.
Non seppe stabilire con certezza se Sephirt lo avesse riconosciuto o no, ma non ebbe il tempo di continuare a provarci perché la strega gli aveva voltato le spalle.
L'uomo la seguì con lo sguardo mentre lei procedeva verso il campo di battaglia, fino a perderla di vista. Per diversi lunghi istanti riuscì a percepire solamente il suono del proprio respiro che si condensava in nuvolette di vapore.
Poi vide un intenso bagliore rosso lampeggiare oltre le mura della città.




Hareis si riebbe disteso nell'ampio letto della sua camera di Amaria.
Non ricordava esattamente quali fossero stati gli ultimi lembi dello stralunato viaggio che lo aveva condotto da Qorren fino alla capitale nordica ma, non appena si ritrovò di nuovo nel mondo dei vivi, comprese che se era sopravvissuto era perché qualcuno doveva avergli prestato soccorso nel vederlo arrivare esausto al confine della città. Come volse il capo sul cuscino, si ritrovò a fissare i penetranti occhi gialli del suo mentore Theor.
L'ex maestro delle Terre del Nord non era un uomo incline al sorriso, eppure, nel momento in cui si rese conto che il suo antico pupillo aveva ripreso conoscenza, Hareis avrebbe giurato di vedere le sue labbra curvarsi leggermente.
- Bentornato nel mondo dei vivi - lo accolse con voce perfettamente misurata. - Ho temuto che non avrei più potuto fare conto sul tuo aiuto.
- Ho ricevuto questa - affermò dopo una breve pausa depositando una sottile striscia di carta sulle lenzuola. - Anche se, visto il tuo ritorno improvviso, non ne avrei avuto bisogno per capire che la città era presa.
Hareis sentì la propria voce, insolitamente rauca, pronunciare: - Non sono riuscito a tenere la città... Ho reclutato i mercenari come mi hai ordinato, ma non è bastato.
- Lo so - lo interruppe l'uomo del Nord posando la mano su una delle sue per fermarlo. - Ma non ho intenzione di redarguirti per questo.
- Che cosa? - soffiò Hareis disorientato. - Abbiamo appena perso Qorren, Theor, la terza città dell'Ariador settentrionale. Questo rappresenta un contraccolpo enorme per la nostra causa!
- So anche questo. Ma ora non abbiamo tempo per chiuderci in una stanza a leccarci le ferite. C'è una faccenda importante di cui dobbiamo occuparci.
Più importante di Qorren?
- Domani riceveremo la visita di due emissari delle Cinque Terre.
A quel punto Hareis non riuscì più a mascherarare la curiosità.
- Emissari delle Cinque Terre qui ad Amaria? Proprio ora?
La risposta di Theor riuscì a sorprenderlo ancora più della precedente.
L'ex maestro delle Terre del Nord gli mise in mano una pergamena stropicciata.
- Il maestro Raenys e il suo attendente colloquieranno con noi per discutere l'attuale situazione. La missiva sostiene che la loro intenzione è di trovare un accordo per far finire la guerra.
Hareis lesse velocemente la decina di righe, scritte con una calligrafia sinuosa ed elegante - probabilmente quella di un attendente - sulla lettera che era arrivata da Grimal. Si soffermò solamente sull'ultimo paragrafo, il quale così recitava:

Chiediamo che due delegati del Gran Consiglio - il maestro dello Stato di Tharia Gerd Raenys e il suo attendente Dane Westerling - siano ricevuti ad Amaria e ascoltati su quanto concerne le nostre condizioni per porre fine al conflitto tra le nostre nazioni e, per quanto possibile, trovare un'intesa con il Vostro nuovo governo.

In calce erano presenti le firme di tutti i sovrani delle Cinque Terre, eccetto Re Robyn naturalmente.
Hareis abbassò lo sguardo e studiò il proprio petto cosparso di lividi violacei, tracce dei pochi mesi che aveva trascorso al fronte. La testa gli doleva ancora leggermente e pulsava in prossimità del punto in cui il ragazzo di Qorren l'aveva colpito.
- Che cosa pensi di fare? - domandò alla fine restituendo la lettera al suo mentore. Theor sospirò pesantemente. Quando fissò gli occhi nei suoi, un lampo pericoloso attraversò il suo sguardo.
- Prenditi ancora un paio d'ore per riposare, poi raggiungimi nel mio studio. Dobbiamo preparare il terreno di gioco.


                                                                       ***


Il maestro Gerd Raenys camminava affondando nella neve fino alle caviglie protette da alti stivali di camoscio.
La piazza centrale di Amaria doveva essere stata pulita l'ultima volta diversi giorni prima del loro arrivo visto lo spesso strato bianco di cui era ricoperta. Non che la cosa lo avesse stupito più di tanto: l'ultima cosa che si sarebbe aspettato era che Theor srotolasse un tappeto di velluto nel momento del loro arrivo.
Avevano incontrato un primo sbarramento ai confini della città, presso il quale uno squadrone di Ribelli si era semplicemente accertato della sua identità. Lui e la sua scorta, guidati da un delegato mandato da Theor ad accoglierli, avevano attraversato le vie deserte della capitale nordica fino a giungere in vista del palazzo reale. Lì un'altra guarnigione di Ribelli armati aveva dato l'ordine che i dieci uomini posti a sua protezione non procedessero oltre, dopodiché Raenys e il suo attendente personale Dane Westerling erano stati costretti ad avanzare a piedi. Sempre mantenendosi dietro la loro guida, raggiunsero infine la scalinata che li avrebbe condotti all'interno, sulla cui sommità attendeva con le braccia dietro la schiena Theor in persona.
Nel vederlo la mente di Raenys fu attraversata dal ricordo dell'ultima volta in cui i due maestri si erano visti, quasi sette anni prima. Era stato a Grimal, durante l'ultima accesa seduta del Gran Consiglio cui l'Uomo del Nord avesse partecipato.
All'epoca ancora si disquisiva sulla legittimità o meno del pesante incremento nei dazi doganali imposti dalle Cinque Terre - su grande richiesta dei governanti delle Terre del Nord - sulle merci importate dall'Ariador: un maldestro tentativo di favorire la produzione interna in modo da rilanciarne l'economia, da decenni ormai dipendente da quella ariadoriana. Tuttavia la politica mercantilistica tanto auspicata dal governo di Amaria non aveva ottenuto risultati concreti. La pessima amministrazione delle miniere del regno da parte della famiglia regnante aveva da tempo tarpato le ali alla principale produzione nordica: armi e utensili ricavati dal ferro estratto nell'estremo nord-ovest e gioielli forgiati in oro, delle cui venature i monti attorno a Gax erano ricchi.
Dopo la morte di Re Robyn I e l'inevitabile successione dell'infante Robyn II, Theor in persona si era offerto di prendere in mano la gestione dell'attività mineraria della nazione, ma il Gran Consiglio glielo aveva negato, affidandone la reggenza a Lord Arnolf Leed, signore di Gax e cugino del defunto re.
Alla fine i forti interessi economici dell'Ariador avevano fatto la voce grossa; in quella fatidica riunione che aveva segnato il definitivo distacco dell'allora maestro del Nord Nathaniel Theor, si era tenuta una votazione in proposito e la maggioranza aveva decretato che i dazi venissero non solo riportati al prezzo regolare, ma abbattuti. Si era trattato solamente dell'ultimo "affronto" mosso dalle Cinque Terre verso le Terre del Nord, ed evidentemente Theor aveva ritenuto fosse sufficientemente rappresentativo per dare una dura risposta. Dopo aver messo in discussione l'autorità politica del Nord appena un anno prima, riducendone il numero di rappresentati nel Gran Consiglio della metà, il governo centrale di Fheriea voltava le spalle alla possibilità di rilanciarne l'economia. Raenys rammentava molto bene le parole che con tutta probabilità avevano sollecitato più di ogni altra l'ira di Theor.
"Rimuovere i dazi doganali dal vostro confine è solo un primo passo. È mio auspicio che un giorno essi vengano aboliti lungo ogni confine delle Cinque Terre" aveva chiosato Lady Brances, Consigliera dello Stato dei Re.
La controbattuta di Theor era stata lapidaria.
"Ma certo, mia signora, dedicatevi a quelli allora. Ma fate attenzione: potreste un giorno trovarvi non senza dazi, ma senza più confini."
Congedandosi con freddezza dagli altri Consiglieri, l'uomo era partito per il Nord il giorno stesso. Ma allora nessuno avrebbe potuto immaginare che non avrebbe mai più fatto ritorno a Grimal. In effetti, riconsiderando le parole che Theor aveva rivolto al Gran Consiglio allo stato attuale delle cose - con la linea di confine ariadoriana spostatasi notevolmente più a sud - Raenys percepì un lieve brivido percorrergli la spina dorsale.
Contemporaneamente all'insorgere di tali controversie politiche, le Terre del Nord erano state percorse dall'infiammarsi di moti rivoluzionari più o meno convinti, ma il primo vero campanello d'allarme era stato l'assassinio di Arnolf Leed da parte di un gruppo di radicali; che al tempo Theor già fosse implicato nella faccenda era una possibilità più che probabile. L'amministrazione dell'attività mineraria - in particolare nell'estrazione di ferro - era dunque passata nelle mani dell'ex maestro di Amaria il quale negli anni successivi aveva provveduto a dare un spinta vertiginosa alla produzione bellica della nazione.
Era evidente che vi fossero tutti i fattori propizi perché la situazione si gonfiasse sempre di più fino ad esplodere. E così era stato.
- Maestro Raenys, è passato tanto tempo - lo accolse glaciale il sovrintendente del regno del Nord; non c'era traccia di falsa cortesia nel suo tono di voce, nessuna nota melliflua. Le sue parole successive suonarono fredde, seppur dosate. - Permettetemi di accompagnarvi in un luogo idoneo per discutere.
- Sono qui per questo - acconsentì il maestro di Tharia mantenendo lo stesso tono distaccato.
Si stava addentrando nella tana del lupo e lo sapeva, ma per quanto l'idea fosse sgradevole doveva adempiere al proprio dovere sfruttando le capacità che avevano portato il Consiglio a designare lui per quella delicata missione. E non doveva dimenticare che, di certo, Theor non era tanto sciocco da far uccidere un alto funzionario delle Cinque Terre in missione diplomatica. Se Raenys fosse morto, l'intera Fheriea si sarebbe accanita contro le Terre del Nord come un nugolo di api infuriate.
Il Consigliere thariano seguì Theor lungo l'ampia scalinata che conduceva al primo piano, per poi imboccare un breve corridoio sulla sinistra. Avendo sempre di più l'impressione di starsi addentrando in un labirinto da cui non sarebbe mai più uscito, Raenys non mosse obiezioni nemmeno quando Theor lo invitò a varcare la porta davanti a loro: la stanza in cui il confronto sarebbe avvenuto era si dipanava da entrambi i lati di almeno cinque metri, ma era profonda la metà. Un tavolo in legno di mogano levigato la occupava in quasi tutta la sua lunghezza.
Agli occhi di Raenys balzò immediatamente il fatto che tutte le sedie fossero posizionate sullo stesso lato.
Tutte, tranne una.
E il maestro capì, con un brivido: non era un incontro diplomatico. Era un interrogatorio.
Guardò rassegnato il proprio sospetto venire confermato quando Theor gli indicò di accomodarsi proprio lì. Conscio di quanto fosse importante il mostrarsi padrone della situazione, l'uomo fece come gli veniva ordinato e fece cenno a Dane di sistemarsi in piedi, lievemente a destra appena dietro di lui.
Di fronte a lui c'erano cinque persone. Conosceva già due di loro: uno era Nemion Wesh, l'anziano e nervoso Uomo del Nord che era stato maestro prima di Theor. L'altro era qualcuno con cui Raenys aveva lavorato fino a pochi mesi prima.
Seduto mollemente all'estremità sinistra del tavolo, le gambe accavallate e una smorfia di superiorità disegnata sulle labbra sottili, c'era Astapor Raek. Nel trovarselo davanti anche il glaciale, compassato maestro della nazione di Tharia non poté evitare di essere attraversato da una scarica di rabbia.
Si era fatto crescere il pizzetto rispetto all'ultima volta in cui si erano visti, ed era avvolto in un'elegante giacca color ocra ornata da bottoni dorati - il fatto che continuasse a vestire i colori dello Stato dei Re accese ancora di più l'ostilità di Raenys.
Gli altri due uomini e l'unica donna erano invece degli sconosciuti.
Theor si accomodò sulla sedia centrale, proprio di fronte a lui, e intrecciò le dita sotto la punta del naso.
- Bene. Possiamo cominciare - asserì. - Se non sbaglio siete qui per esporre alcune... condizioni dettate dal Gran Consiglio - Raenys non poté impedirsi si notare la sottile vena sprezzante con cui Theor aveva sillabato la parola "condizioni" - per cercare un accomodamento fra le nostre nazioni.
- Se permettete - precisò il Consigliere schiarendosi la gola. - Quello che ho intenzione di proporvi in questa sede è un accordo, un accordo volto a sospendere il prima possibile le ostilità.
- La riuscita di questo colloquio dipenderà solo da quanto le Cinque Terre saranno disposte a contrattare.
Colui che aveva parlato era un giovane uomo dall'aspetto insolitamente gentile per essere un Nordico e, in più, uno dei gerarchi della Ribellione. Ma nonostante questo, il suo sguardo di un tenue color ambrato era fermo e ostile nei suoi confronti.
In ogni caso, Raenys capì che l'intenzione dei "consiglieri" lì presenti era di fargli capire fin da subito che, nonostante la notizia della presa di Qorren - fatto di cui egli stesso era venuto a conoscenza poco prima di raggiungere Amaria - la loro volontà era rimasta ferrea.
Il maestro di Tharia si rivolse a Theor. - Credevo che il colloquio si sarebbe tenuto fra noi due soli, in modo da agire indisturbati - commentò tagliente.
- Sì, lo immaginavo - rispose il suo diretto avversario, e Raenys non si sarebbe stupito se nel pronunciare quelle parole avesse scrollato le spalle. - Ma vi ricordo che qui siamo in casa mia. Se vorrete giocare, dovrete farlo secondo le mie regole.
- L'unico motivo per cui sono qui - affermò il Consigliere imperturbabile. - È porre fine alla guerra che sta stremando la vostra nazione e dilaniando quelle che io rappresento.
Era quello uno dei motivi per cui era stato scelto proprio lui, fra tanti Consiglieri, per portare a termine quel delicato compito. La quasi unanimità del Consiglio aveva riconosciuto che, eticamente parlando, sarebbe spettato al maestro Ellanor.
Tuttavia, il suo diretto coinvolgimento nella faccenda ariadoriana - dopotutto era la sua nazione ad essere sotto attacco - avrebbe solo rischiato di ottundere la sua lucidità nel condurre il confronto con Theor.
Davanti a lui, il fautore della Ribellione aveva disteso i palmi delle mani sul tavolo in segno quasi accomodante.
- Siamo qui per ascoltarvi, maestro Raenys. Dunque parlate.
Il Consigliere si accinse ad esporre le condizioni del Re delle Cinque Terre; era di fondamentale importanza che riuscisse a farle apparire come parte di un patto bilaterale.
- Sarò quanto più possibile diretto e sincero, miei signori - dichiarò mantenendo il tono della voce freddo e misurato. - Da pochi mesi a questa parte il Gran consiglio è entrato in possesso di tutte e sei le Pietre Magiche.
- Già, questo lo sappiamo - intervenne Astapor Raek con un sorrisetto, tamburellando pigramente quattro dita sul piano del tavolo.
- Astapor - lo redarguì Theor scoccandogli un'occhiata irritata, poi fece silenziosamente cenno a Raenys di continuare.
- Immagino dunque - il maestro cercò con lo sguardo quello del traditore - che sappiate anche che esse non sono semplici talismani da associare a ogni nazione delle Cinque Terre. - Aveva marcato particolarmente l'accento sul termine anche. - Esse sono state create con un scopo ben più controverso: la difesa delle istituzioni di Fheriea, dopo che la Guerra dei Cinque Anni aveva stravolto il mondo conosciuto fino a quel momento.
- Non mi sembrate nelle condizioni di poterci prendere in giro - nitrì Theor con la mascella serrata. - Il modo per attivare la magia delle Sei Pietre è sconosciuto, lo sanno anche i bambini. Non esistono libri che serbino il segreto per usufruirne.
- No? - ripetè Raenys divertito. Aveva acquistato maggiore tranquillità; era lui ora a muovere i fili della discussione. - A me risulta che l'ultimo volume a riguardo sia proprio nelle vostre mani, trafugato dalla biblioteca di Città dei Re dal vostro infiltrato, Astapor Raek. Volume che immagino voi abbiate studiato meticolosamente.
Il Consigliere ebbe l'impressione che ognuno degli uomini seduti davanti a lui si fosse irrigidito.
- Molto bene - Theor aveva il volto contratto nel sorriso di chi ha appena inghiottito qualcosa di molto amaro. - Non vedo come questa informazione possa mettervi in una posizione di maggior vantaggio.
- Legittima domanda, mio signore, ma si dà il caso che il volume che il vostro infiltrato ha diligentemente prelevato dalla capitale non fosse l'unica fonte da cui attingere informazioni sulla procedura da seguire per attivare la magia delle Pietre. A proposito, mancano alcune pagine non è vero?
Uno dei consiglieri di Theor si agitò sulla sedia.
- Andiamo - proruppe in tono concitato, volgendosi verso Theor. - Questo fantoccio delle Cinque Terre ci sta prendendo in giro. Posso credere che stiamo perdendo il nostro tempo in questa conversazione.
- Calma, Nax - il supremo Lord del Nord non aveva ancora staccato gli occhi dal volto di Raenys. - Sono sicuro che il maestro qui presente sarà in grado di chiarire la situazione del Gran Consiglio.
- La nostra situazione non è un problema, ma posso dirvi qualcosa di più sulla vostra situazione - Raenys sapeva di starsi spingendo un po' troppo in là, ma non riuscì a trattenersi. Dopotutto, aveva un copione da seguire. Non aveva importanza come avesse esposto il nodo fondamentale, l'importante era che lo facesse risultando abbastanza credibile da farsi prendere sul serio dai suoi interlocutori.
- Questa guerra vi sta devastando. Avete perso Qorren, e siete asserragliati nelle ultime città ariadoriane che vi restano. Una volta che l'esercito delle Cinque Terre avrà ripreso Hiexil sarete costretti a ripiegare entro i confini delle Terre del Nord. Non credo che sia nel vostro interesse vedere Amaria cinta d'assedio dalle forze dell'intero continente. E non è a questo che vogliamo arrivare. Ed è per questo motivo che sono qui: per chiedervi di arrendervi.
- Forse dimenticate che potremmo non essere d'accordo con questa visione per voi idilliaca - lo schernì Theor con la massima tranquillità.
- No, certo - sospirò Raenys. Percepiva la tensione tornare a salire. - Ma se non lo farete saremo costretti ad usare le Pietre Magiche contro di voi.








  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: TaliaAckerman