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Autore: Nene_92    26/12/2017    10 recensioni
 INTERATTIVA - (ISCRIZIONI CHIUSE )
(la storia fa parte della serie "Grimm")
 
Inghilterra, 2022
Eleonore Grimm, durante un pomeriggio passato con i nipoti, racconta loro la fiaba di Cappuccetto Rosso. Quello che non si aspetta è di trovare, in mezzo al diario di Jacob, una misteriosa lettera che sembra essere indirizzata proprio a lei.
 
Durmstrang, 1802
Per la prima volta nella storia, Hogwarts viene lasciata fuori dal Torneo Tremaghi.
Quell'anno infatti, a giocarsi la Coppa saranno gli Istituti di Durmstrang, Ilvermony e Murrinh-Patha.
Tra i tanti studenti desiderosi di partecipare, si trovano anche loro: Jacob e Willhelm Grimm, i famosi fratelli delle fiabe "horror" babbane.
Hanno solo 17 anni, non sono ancora famosi. O almeno non lo sono ancora nel mondo babbano, visto che nel mondo magico la loro famiglia è invece nota da secoli come "il terrore dell'Europa".
Eppure, gli eventi che li travolgeranno quell'anno, saranno proprio lo stimolo che li porterà a scriverle.
.
Volete sapere come? Non vi resta che leggere.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Altro contesto, Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Grimm'
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26
Non proprio in tempo per il giorno di Natale (volevo farvi il regalo ma, purtroppo, non sono riuscita a rispettare le tempistiche - ho bisogno di una giratempo accidenti! - ) ecco a voi il nuovo capitolo!

Buon anno nuovo (siamo già nel 2018? O.O) e buona lettura! ;)




- Ritorni -



26 aprile 1803, Castello di Welfenbuttel


"Mia signora"

Con un profondo inchino, l'elfo domestico si materializzò davanti a Sascha, che sussultò sorpresa, risvegliandosi così dai suoi pensieri.
D'altra parte erano soltanto passati dieci giorni da quando Jacob l'aveva portata lì e lei ancora non si capacitava della cosa: gli elfi domestici, appartenenti alla sua famiglia, pendevano toltalmente dalle sue labbra, ma lei non riusciva a non sobbalzare ogni volta che uno di loro le compariva davanti.

"Colly non voleva spaventare, Colly voleva soltanto portare questa." Si scusò l'elfo, porgendole una pesante coperta di lana.

Nonostante il camino acceso e scoppiettante davanti a loro infatti, il Castello era in disuso da anni. Perciò, a parte il salotto e poche altre stanze che Sascha aveva iniziato piano piano ad usare, quella residenza era spoglia e fredda.

"Non è colpa tua Colly." Replicò la ragazza "Non sono semplicemente abituata." Cercò di calmarlo. "Grazie per la coperta." Concluse poi alzandosi in piedi e allungando le braccia per prenderla, avvolgendosela subito dopo attorno al corpo.

Non era minimamente abituata alla cosa. E probabilmente non si sarebbe mai abituata, nonostante Jacob avesse affermato il contrario.

Se ripensava a tutto ciò che le era accaduto in quei dieci giorni, si sentiva la testa scoppiare.
Per quel motivo decise di accoccolarsi nuovamente sul divano e di chiudere gli occhi.




16 aprile 1803


Avanzava lentamente lungo il corridoio buio, illuminato soltanto dalla luce che fuoriusciva dalla sua bacchetta e da quella di Jacob.
Era stato lui ad insistere, a trascinarla all'interno del Castello per esplorarlo.
Fosse stato per lei, ne avrebbe fatto volentieri a meno.

E lo pensò ancora di più quando, dopo essere giunti dentro ad una stanza illuminata dalla luce del giorno che entrava da grandi vetrate, degli esserini minuscoli e verdi comparvero davanti a loro dal nulla, gettandosi ai suoi piedi ed iniziando a emettere strani suoni.
Sascha aveva emesso un grido di puro terrore, sostituito da un'espressione di stupore quando aveva capito che quei suoni altro non erano che singhiozzi.

Perchè diamine quegli esseri strani stavano piangendo?

Al contrario loro invece, Jacob era scoppiato a ridere divertito.
"Scusa Sascha... ma vederti strillare spaventata per dei poveri elfi domestici quando non hai tremato neanche davanti a mio zio... beh, è alquanto esilerante." Si era giustificato alla fine, con le lacrime agli occhi, quando era riuscito a riprendere fiato, aggiungendo anche una breve spiegazione su cosa fossero gli elfi domestici.

"Perchè piangono?" Aveva chiesto lei a quel punto, occhieggiando verso di loro incerta.
"Perchè la loro padrona è tornata. Se ti da fastidio puoi ordinargli di smetterla e obbediranno." Aveva risposto il ragazzo scrollando le spalle con noncuranza, come se fosse normale ricevere assoluta obbedienza da qualcuno "Ehy voi!" Aveva poi aggiunto, rivolgendosi direttamente agli elfi "Visto che la vostra padrona è tornata, perchè non organizzate un banchetto di benvenuto?" Domandò loro, strappandogli così un verso deliziato.
In pochi secondi infatti, tutti gli elfi presenti nella stanza scomparvero.

"Questo dovrebbe darci tempo." Proclamò Jacob soddisfatto.
"Per che cosa?" Domandò dopo un po' Sascha, ancora con gli occhi sgranati.
"Dovevo avere la certezza che nel Castello ci fosse ancora qualcuno, prima di lasciarti qua. Ma prima, devo portarti in un altro posto." Rispose il Grimm, porgendole nuovamente il braccio.


Smaterializzazione.
Probabilmente una delle cose inerenti alla magia che lei odiava di più.
Tuttavia, quando il senso di nausea passò e lei riuscì a aprire gli occhi senza che la testa le girasse più, non fu mai così felice di avere assecondato il Grimm ancora una volta.
"Papà!" Aveva strillato, felice ed incredula, prima di correre incontro all'uomo che la fissava a pochi metri di distanza, con gli occhi sbarrati per la sorpresa, e farsi avvolgere dal suo abbraccio.

Jacob aveva mantenuto la parola alla fine: l'aveva davvero riportata a casa.



-*-*-*-


26 aprile 1803, Durmstrang


"Ma me l'ha detto lui, testuali parole!" Protestò Patton, agitando le braccia. "Mi ha detto 'vado a disseminare altri cadaveri in giro, in fondo lo sai anche tu che i vampiri hanno bisogno di sangue' e poi è andato via sul serio! Lui stesso l'ha ammesso!" Ripetè per l'ennesima volta.
"E tu non hai provato a seguirlo?" Domandò Tyler, cercando di trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo.
"Ovviamente... ma deve aver utilizzato i suoi poteri da vampiro per disseminarmi, perchè dopo neanche due corridoi era sparito."
"Ovviamente." Concordò il magicospino, con tono palesemente ironico che però l'altro non colse.
"Quindi mi credi?" Domandò ancora, con tono speranzoso, Patton.

Davanti a quella domanda, Tyler si dovette nuovamente trattenere dal non alzare gli occhi al cielo.

Non dubitava affatto delle parole di Patton: Liam aveva quasi sicuramente potuto dire qualcosa del genere, soprattutto in un momento di noia.
Se chiudeva gli occhi, il Caposcuola poteva quasi riuscire a vederlo perfettamente, William Jackson, uscirsene con una battuta del genere con un ghigno ironico stampato in faccia.
Il problema, ovviamente, era proprio quello: lui riusciva perfettamente a capire, anche senza aver assistito alla scena in prima persona, che quello di Liam non era altro che una presa in giro - anche se pessima, dato ciò che stava accadendo in quella scuola - ai danni del wampus.
Ma, per Patton, una battuta del genere aveva soltanto fornito una prova tangibile - anzi, una confessione - di ciò che andava processando da mesi.

Forse avrebbe dovuto insistere un po' di più e portare anche Liam a casa sua per le vacanze primaverili.

Ma ormai, il danno era fatto.

Con un sospiro - accantonando momentaneamente i ricordi della vacanza appena trascorsa, soprattutto del tempo passato con Reyna - Tyler si massaggiò con il pollice e l'indice la radice del naso, preparandosi ad affrontare quella che si prospettava essere una lunga chiaccherata con l'ex schiavo.
"Pat... non faccio fatica a credere che Liam te lo abbia detto davvero. Ma, anche se pessima, dato il clima che stiamo vivendo qui, credo che la sua fosse una semplice battuta."

Sapeva già che non sarebbe bastata quella frase per calmare e convincere il wampus, ma quando Patton aprì la bocca per protestare Tyler sospirò pesantemente, ripetendosi mentalmente che andare a sbattere la testa contro la parete non sarebbe stata la soluzione: in quel momento, aveva soltanto una gran voglia di tornare indietro nel tempo, a quando era ancora in vacanza.


-*-*-*-


"Dimmi, sono tutta orecchie." Proclamò Camille, sedendosi a gambe incrociate sul letto e fissando Livvy, che per la prima volta in vita sua era davvero in difficoltà.

Lei e la Serpecorno erano diventate amiche praticamente da subito, appena si erano conosciute ad Ilvermony, in fila per lo Smistamento.
Era stato praticamente impossibile all'epoca, per Livvy, impedire a quel piccolo uragano allegro e pieno di vita di travolgerla di chiacchere. E così, anche se leggermente titubante, aveva praticamente da subito accettato la sua amicizia. Amicizia che non si era affatto affievolita nonostante fossero state smistate in due Case differenti. E neanche successivamente, con il passare degli anni.
In quei sette anni si era sempre e soltanto rafforzata, nonostante i loro caratteri completamente opposti.

Proprio quei caratteri completamente opposti le stavano per la prima volta allontanando, quando Deliverance aveva più bisogno.

Davanti all'espressione limpida e in attesa di Camille, la tuonoalato indugiò, sentendosi in difficoltà.

Avrebbe voluto parlare all'amica di ciò che le stava succedendo, come aveva sempre fatto.
Avrebbe tanto voluto sfogarsi, raccontandole dei sentimenti confusi e contrastanti che ancora provava per Will, dell'amicizia che pensava di avere completamente rovinato con Jacob, della gelosia mista ad affetto fraterno che provava per Bianca.
E anche dei sentimenti, prepotenti ma anche ancora alquanto confusi, che provava quando passava il tempo in compagnia di Liam. Non sapeva neanche bene lei, esattamente, cosa provava per quel ragazzo.

Quindi come avrebbe potuto spiegarlo a Camille?

Senza contare di tutto ciò che le stava succedendo ultimamente.

Le voci.

Voci. Perchè quella di sua zia era stata soltanto l'inizio, la punta dell'iceberg. Dopo di lei infatti, aveva iniziato a sentirne anche altre. Tutte appartenenti a membri della sua famiglia materna - conosciuti e non - che la condannavano in maniera uguale, cercando di convincerla ad accettare la chiamata delle tenebre.

Ma come avrebbe reagito Camille sapendolo?
Era sempre stata una ragazza così solare, così buona, così allegra e piena di vita.
Come avrebbe reagito sapendo che lei era così corteggiata dalle tenebre?
Sarebbe arretrata spaventata? Oppure avrebbe cercato di aiutarla?

Livvy non sapeva se Camille avrebbe potuto capire, perciò non sapeva se fosse giusto parlargliene.
Eppure, almeno una cosa poteva dirgliela. E sperare che anche quello potesse rilevarsi un piccolo passo per tenerla nella luce, anzichè spingerla nelle tenebre.

"Volevo soltanto dirti che mi dispiace Cami." Sospirò alla fine "Lo so che in questo periodo sono stata odiosa... e che ti ho trattato malissimo senza che tu avessi alcuna colpa." Continuò "E' solo che stanno succedendo così tante cose... e io... sono così confusa..." Concluse, incapace di dire altro.
Neanche se n'era accorta, di avere iniziato a singhiozzare.

"Livvy" Replicò semplicemente Camille, alzandosi dal letto per andare ad abbracciarla "Io e te siamo amiche da una vita, non basta un litigio per spezzare tutto questo. Io sono qui, quindi se hai bisogno - per qualsiasi cosa - non esitare a chiedere. E penso di avere sbagliato anche io: ho capito che c'era qualcosa che ti turbava, ma ho pensato che fosse meglio lasciarti i tuoi spazi. Non commetterò più questo errore." Promise solennemente, portandosi una mano all'altezza del petto."E poi..."

Camille continuò a parlare, ma la tuonoalato non riuscì a sentire altro.

Dietro alla Serpecorno, visibile solo a lei, era appena comparso il fantasma di sua zia.
Era la prima volta che, oltre alle voci, accadeva un fenomeno simile.
"Chiedere perdono alla tua amica è stato un tentativo inutile, oltre che patetico. Entro l'estate sarai comunque nostra."


-*-*-*-


"Disturbo?"
Sentendo quella voce, seguita da un bussare delicato alla porta, Trystifer alzò lo sguardo, trovandosi così ad incrociare quello di Mike.
"Certo che no. Entra pure." Lo invitò con un leggero sorriso.

Non si sorprese più di tanto della presenza dell'australiano.
Entrambi erano rimasti a Durmstrang, durante le vacanze di primavera. E senza Christopher, l'Alastyn si era ritrovato a passare diverso tempo in compagnia sua e di Ash, riuscendo così ad instaurare le basi per una buona amicizia.

D'altra parte, in compagnia di chi altro avrebbe potuto passare quel periodo?
Non di sicuro con i ragazzi di Durmstrang, che l'avevano guardato sempre con aria di superiorità, essendo lui un mezzosangue.
E, sinceramente, neanche con i due ragazzi rimasti di Ilverlmony: Patton era troppo... strano. E Liam... beh, lui lo considerava più o meno alla stregua dei ragazzi di Durmstrang. Un arrogante purosangue con la puzza sotto al naso.
Così erano rimasti soltanto i ragazzi australiani.

E sorprendendo se stesso per primo, si era reso conto di quanto la loro presenza e compagnia lo avesse aiutato a non crollare.
Sì, aveva lui stesso insistito con Clementine per farla tornare a casa, quando la ragazza aveva provato in tutti i modi a rimanere al Castello per stargli accanto. Ed era ancora convinto che l'australiana avesse fatto la cosa giusta, tornando a casa. Tuttavia, quando si era ritrovato da solo nel grande castello semi vuoto, aveva capito quando la solitudine potesse rivelarsi pesante, soprattutto se associata alla situazione che stavano vivendo in quel periodo.


"Come hai fatto ad accedere alla nostra Sala Comune?" Si interessò a quel punto Trys, tornando alla realtà e notando solo davvero in quel momento della presenza di Mike nella sua stanza.

In fondo sì, aveva passato parecchio tempo con lui durante le vacanze, ma si erano sempre trovati fuori, nei corridoi, in cortile o in biblioteca. Mai nelle loro stanze personali.

"Ho trovato un prefetto che stava per entrare e gli ho detto che volevo parlare con te, così mi ha fatto passare." Replicò Mike, con una scrollata di spalle. "Volevo approfittare del bel tempo - e del fatto che le lezioni non sono ancora riprese - per fare una partita a Quidditch. Sei dei nostri?"

Una partita di Quidditch. Ne avevano già fatte diverse, in quel periodo.
Sembrava che Mike avesse assunto come compito personale quello di distrarlo dalla scomparsa di Chris.

E, alla fine dei conti, Trys gli era grato per quello.
"D'accordo, ci sto." Rispose alla fine "Il tempo di cambiarmi e prendere la scopa e vi raggiungo."


-*-*-*-


Reyna stava valutando la consistenza del polpettone presente sul tavolo quando Kathleen le si affiancò, buttando con noncuranza la borsa contentente dei libri per terra.

"Sappi che ce l'ho enormemente con te." Proclamò la Campionessa, sistemandosi sulla panca e lanciandole al contempo un'occhiata in tralice.
"E per quale motivo, di grazia?" Replicò la Black con noncuranza, continuando a studiare con interesse il polpettone, anche se una vaga idea del perchè la cugina ce l'avesse con lei l'aveva eccome.
"Perchè, a differenza mia, hai passato le vacanze primaverili in America anzichè con la tua famiglia." Rispose l'australiana, continuando a guardarla male "Era una delle poche cose belle della presenza di entrambe a quelle noiose feste, la tua presenza, e tu me l'hai negata."
"Scusa tanto se sono riuscita ad evitare di recarmi lì, una volta tanto." Replicò l'inglese con voce ironica "Ma credo che avresti fatto la stessa cosa anche tu, se ne avessi avuto l'occasione."
"Ci puoi scommettere che l'avrei fatto!" Rispose infatti immediatamente Kathleen "Ma questo non toglie che mi hai lasciato nei guai e che ti ho dovuta coprire con tuo padre." Continuò imperterrita, intenzionata ad avere ragione "Perciò sei in debito con me." Concluse trionfante.

"Mio padre?" Domandò a quel punto Reyna con un filo di voce, innarcando un sopracciglio "Cosa c'entra mio padre? Era presente anche lui alla festa? Mi vuoi dire che dopo tutto questo tempo ha ricominciato a partecipare agli eventi mondani?"
"Già." Annuì l'australiana "E appena mi ha visto è venuto a chiedermi tue notizie." La informò.

Per un attimo, il silenzio piombò tra le due, mentre la Black stringeva il tovagliolo bianco così forte da rischiare di strapparlo.
"E cosa voleva sapere, su di me, di preciso?" Domandò alla fine.
"Non esattamente su di te." La corresse però Kath "Ma su Tyler. E' per questo che sei in debito con me: ovviamente non gli ho detto che lui non è purosangue. L'ho omesso, concentrandomi sul fatto che viene da un'ottima famiglia, senza però entrare nel dettaglio, facendogli intuire delle cose senza però dire davvero nulla di particolare. E, ovviamente, specificando che non eri da sola a casa sua... anche se su questa parte ho ancora qualche dubbio se ho fatto bene a riferirglielo oppure no, conoscendo il tuo lato ribelle." Spiegò nel dettaglio, inidirizzandole un'occhiata incerta.

L'ultima affermazione, nonostante la portata della conversazione, ebbe il potere di strappare una risata a Reyna.
"Quindi sono in debito con te." Proclamò alla fine "E cosa dovrei fare per sdebitarmi?"
"Semplice" Replicò Kath, allargando il sorriso e poggiandole un braccio sulle spalle "Adesso racconterai alla tua cuginetta preferita, che in tua assenza si è tanto annoiata, tutti - e con tutti intendo davvero tutti - i dettagli della tua vacanza."



-*-*-*-


16 aprile 1803, Impero Austro-Ungarico


Dimostrando un tatto fino a poco tempo prima impensabile, Jacob aveva abbandonato la tenda dove Sascha e suo padre si erano rifugiati, preferendo aspettare la ragazza fuori e lasciando così la giusta riservatezza a lei e all'uomo.

Non che la lupa avesse pensato anche soltanto per un secondo di approfittare della cosa per provare a scappare: l'aveva fatto solo una volta, all'inizio della prigionia, e lui l'aveva ritrovata in meno di mezza giornata.

Ma poi, poteva lei considerarsi ancora una prigioniera?
Era da mesi che le cose non stavano più in quel modo. Da quando Jacob l'aveva portata da sua madre per proteggerla da Elijah. E forse, a ben pensarci, da ancora prima. Da quando l'aveva portata nella sua stanza, permettendole di girare in libertà per il castello di Durmstrang. Una libertà che di sicuro uno come Elijah non le avrebbe minimamente concesso.

Ma, soprattutto, l'aveva appena riportata da suo padre.
Una azione tangibile, come tangibile era l'abbraccio dell'uomo che continuava ad avvolgerla, incredulo quanto lei di poterla riabbracciare dopo così tanto tempo.

"Ti sei fatta crescere i capelli." Commentò Dominik, prendendo una ciocca tra le mani e arricciandola leggermente.

Con tutto quello che è successo in questi mesi, l'ultimo mio pensiero è stato tagliarmeli. Si ritrovò a pensare Sascha, senza però esternare la cosa ad alta voce.
Non voleva far preoccupare suo padre. Non voleva metterlo al corrente di tutto ciò che lei aveva subito, tutto a causa di ingenuità.
Perchè Dominik l'aveva affidata al Preside pensando solo di fare il suo bene. Ma se suo padre si fosse rifiutato di cederla ad Elijah, sette mesi prima, probabilmente il Grimm sarebbe arrivato ad impossessarsi di lei con la forza.
Forse era stato un bene consegnarsi spontaneamente. Almeno suo padre aveva vissuto quei mesi tranquillo, pensandola al sicuro alla scuola di magia.

"Già." Si limitò a commentare alla fine, con una scrollata di spalle. "Ti piacciono?"
"Naturalmente. Ma parliamo di cose più importanti: stai davvero imparando ad usare la magia? Com'è? Difficile? Ma soprattutto: chi è quel giovinotto che ti ha accompagnato? Un compagno di scuola?" Iniziò a domandare a raffica suo padre, mettendola così in difficoltà.

Avrebbe davvero voluto dirgli tutto, ma non poteva.
Se avesse saputo la verità su quei mesi, suo padre avrebbe dato di matto. Probabilmente avrebbe anche cercato di attaccare Jacob, dimenticandosi della sua netta inferiorità, non avendo nè l'addestramento di un Grimm nè la sua magia a disposizione.
Suo padre neanche sapeva chi erano i Grimm. Si accorse con un sussulto.

Di tutto quello che per lei era diventato di vitale importanza negli ultimi mesi, suo padre non sapeva assolutamente nulla.
E lei non poteva assolutamente metterlo al corrente. Non poteva e basta.

"Sì, sto imparando ad utilizzare la magia." Rispose alla fine, optando per una mezza verità. In fondo, Jacob aveva iniziato a farlo e Ghita aveva continuato l'opera. "Non è facile, soprattutto all'inizio, ma è piuttosto utile: sto imparando a controllare anche le trasformazioni sotto la luna piena. E Jacob - il ragazzo fuori - mi sta aiutando. E' il nipote dell'uomo... che è venuto a prendermi a settembre." Di nuovo, una mezza verità.

Forse mentire a suo padre non era così difficile. O forse si era semplicemente indurita lei, in quei mesi.

"E mi sta aiutando" Continuò, non sapendo bene come affrontare anche quel discorso, ma sentendosi incapace di fermarsi "Mi sta aiutando anche a cercare notizie sulla... sulla mia famiglia d'origine." Confessò alla fine, tutto d'un fiato, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
"E l'hai trovata?" Rispose lui, non sembrando affatto arrabbiato, ma soltanto curioso.
"Sì... a quanto pare, sono l'ultima della mia linea di sangue." Gli comunicò piatta, non capendo neanche lei cosa provava esattamente al riguardo. Era stata una scoperta troppo recente, che non era ancora riuscita ad assimilare. "Ma questo non è importante, no? Io ho te: sei tu mio padre." Concluse tuffandosi di nuovo nel suo caldo abbraccio.







26 aprile 1803, Castello di Welfenbuttel


Non era l'abbraccio di suo padre ad avvolgerla in quel momento.
Era la coperta di lana, la stessa che le aveva portato l'elfo. E che stava contribuendo a scaldarla insieme alle fiamme del camino.
Con un sospiro, Sascha tirò su la schiena, ravvivandosi i capelli con una mano.

Si era addormentata pensando a ciò che le era successo. E lo aveva fatto così intensamente da rivivere i ricordi nei suoi sogni.
Quelli più belli per lo meno.



"Papà, ho scoperto di essere una sorta di... principessa. Ho un castello e diverse proprietà. E tu sei la mia unica famiglia. Vieni con me: non dovrai mai più lavorare in vita tua." Aveva provato a convincerlo.
"No." Aveva però risposto lui, dopo un attimo di esitazione.
"Perchè no?"
"Perchè questa è la tua nuova vita, tesoro. Non la mia. Il mondo magico non mi appartiene. E' giusto che questa nuova fase della tua vita tu la viva per conto tuo, com'è stato fino ad ora. Io non riuscirei a capire. E neanche ad adattarmi. Il mio mondo è il circo ormai."


Sascha aveva provato nuovamente a convincerlo, ma l'uomo era stato irremovibile. Finchè non si era trovata a cedere, sconfitta. Tornando da Jacob e comunicandogli che potevano andare.


"Meglio così." Le aveva comunicato il ragazzo, quando erano tornati al Castello "Lui non è un mago."
"E allora?" Aveva sbottato lei, incredula, staccandosi con uno strattone dal suo braccio, non accorgendosi neanche che per la prima volta non aveva percepito la solita nausea dovuta alla smaterializzazione. "E' pur sempre mio padre!"
"Questo lo so. Ma lui non vede le cose come le vediamo noi." Replicò Jacob, mantenendo un tono di voce calmo. "La magia protegge sempre se stessa e se tu lo portassi qui, in questo castello, lui non lo vedrebbe per quello che è davvero ma soltanto come un cumulo di macerie pericolanti. E lo stesso principio varrebbe per qualsiasi posto magico. Non sarebbe stato semplicemente possibile, per lui, seguirti." Cercò di spiegarle.
"E allora perchè mi hai portato da lui se poi non posso restargli accanto?" Aveva domandato a quel punto, con voce quasi isterica.

Le sembrava assurdo scoppiare in quel modo per una sciocchezza simile. Non dopo tutto quello che aveva affrontato. Ma a quanto pareva anche lei aveva un limite.

"Perchè ne avevi bisogno. E poi - per inciso - ti ho portato da tuo padre, ma non ti ho mai detto che dovevi tornare qui con me. Saresti potuta restare tu con lui, anzichè cercare di convincerlo a venire con te. Hai fatto tutto da sola." Le fece notare Jacob, lasciandola completamente senza parole.
"Vuoi forse dirmi che mi avresti lasciato lì e che non mi avresti riportato qui, anche a costo di usare la forza?" Domandò sarcastica Sascha, quando riuscì a riprendersi.
"Chi lo sa." Rispose Jacob, lanciandole uno sguardo indecifrabile. "Ma resta il fatto che non ci hai neanche provato. Forse, dopotutto, non ti dispiace così tanto la mia compagnia." Aveva affermato, prima di attirarla con uno scatto a sè.

E baciarla.



-*-*-*-


26 aprile 1803, Durmstrang


Anche se era alquanto strano da pensare, Madison doveva proprio ammetterlo: era contenta di essere tornata a Durmstrang.
Almeno lì, nonostante tutto quello che stava accadendo - e gli studenti che continuavano a sparire come niente fosse - si trovava a miglia e miglia di distanza da sua madre.
E, fortunatamente, avrebbe continuato ad esserlo per altri due mesi abbondanti: quell'anno infatti, anche a causa dei MAGO, l'anno scolastico sarebbe terminato soltanto a metà luglio.

Beh, di sicuro lei non aveva fretta di tornare a casa.
Quei giorni le erano abbondantemente bastati.
E non aveva affatto voglia di tornare, per magari scoprire che sua madre aveva approfittato della sua assenza per programmarle la vita da lì a cinquant'anni.

Con un sospiro, le venne quasi da chiedersi se non fosse il caso di cercare di indagare un po' su chi potesse essere dietro a quegli attentati ai danni degli studenti. Non tanto per mascherare l'assalitore quanto per essere a sua volta rapita.
Almeno finchè non tornò alla realtà, realizzando quanto sciocca e pericolosa fosse quell'idea.

Era ancora immersa in quei pensieri, quando la porta dietro di lei si aprì con un cigolio, facendole emettere un urlo spaventato.
"Caspita! Non pensavo che in dieci giorni tu arrivassi a scordarti il mio aspetto! Mi trovi davvero così terrificante?" Le domandò Clementine, guardandola perplessa, con la testa inclinata di lato.
"No io... ero sovrappensiero... e... per un attimo ho pensato fossi l'attentatore..." Farfugliò Madison a mezza voce, rendendosi conto di quanto dovesse apparire ridicola all'amica in quel momento.
"Non so se ridere o ritenermi offesa da questa tua affermazione." Replicò a quel punto la serpente arcobaleno, continuando a fissarla perplessa.

Per qualche secondo il silenzio totale calò nella camera.

Poi, di punto in bianco, entrambe scoppiarono a ridere.

"Posso rifugiarmi a casa tua quando l'anno scolastico sarà finito?" Domandò Madison in un sussurro, quasi vergognandosi, quando l'attacco di risate ebbe termine. "Non voglio tornare a casa mia."
"Ma certo!" Replicò Clementine con un sorriso "Per tua fortuna la mia famiglia è purosangue, quindi tua madre non troverà nulla da ridire... e con un po' di fortuna magari penserà che vuoi accalappiare mio fratello." Disse facendole un occhiolino "Che poi non ho capito perchè non sei venuta già per queste vacanze."
"Lo sai il perchè: non volevo lasciare da solo mio padre."


-*-*-*-


Ashton era in biblioteca, intento a rimettere al suo posto un libro che aveva preso in prestito qualche giorno prima, quando un suono attirò la sua attenzione.
Inarcando un sopracciglio, si guardò intorno, cercando di capire la fonte di provenienza del rumore e impugnò più frte la bacchetta, cercando di capire se fosse il caso di scappare o meno.

In fondo, lì a Durmstrang non correvano esattamente tempi felici.

Nella biblioteca però, a parte lui, non c'era nessuno. Nemmeno la bibliotecaria.

Forse perchè
, visto l'orario, si trovavano tutti quanti a pranzo.

Dal momento che pochissimi passi lo distanziavano dalla porta, Ashton pensò che fosse il caso di percorrerli il più velocemente possibile e di raggiungere così gli altri, che di sicuro lo stavano aspettando a tavola.

Aveva quasi raggiunto la porta, quando riuscì finalmente a capire a cosa fosse dovuto quel suono.
Era un singhiozzo.

Qualcuno stava piangendo.

Spinto da una forza più grande di lui - e anche da una curiosità che non pensava gli potesse appartenere - Ashton fece dietro front, sperando con tutto il cuore che non si trattasse dell'ennesima trappola dell'attentatore per attirare le sue vittime.
Ma solo quando si trovò davanti alla persona che stava singhiozzando capì che no, non si trattava affatto di una trappola.

"Heidi?" Domandò con voce incerta, riconoscendo subito la ragazza e sentendosi immediatamente le guance andare a fuoco.
Maledizione al suo continuo imbarazzo!
"Stai male?" Domandò, avvicinandosi a lei lentamente, in modo cauto.

La tedesca o non lo sentì o lo ignorò volutamente, perchè non diede il minimo segno di essersi accorta di lui. Continuò semplicemente a piangere, stropicciando la lettera che teneva tra le mani.

"Heidi?" Provò a chiamarla nuovamente, continuando ad avvicinarsi a lei fino ad appoggiarle una mano sulla spalla, sfiorandola appena.
Se da una parte non vedeva l'ora che qualcuno entrasse in biblioteca - in modo da prendere la situazione in mano al suo posto, visto quanto situazioni del genere lo mettevano in imbarazzo - dall'altra sperava che nessuno arrivasse.

Magari quel qualcuno avrebbe potuto fraintendere tutto, scambiando lui per l'aggressore!


Con un sussulto, la ragazza alzò finalmente gli occhi su di lui, ritraendosi appena.
"Scusa... pensavo che la biblioteca fosse vuota." Farfugliò a voce bassissima, tanto che Ashton pensò quasi di esserselo sognato.

Poi, prima che il ragazzo potesse fare qualsiasi cosa per cercare di trattenerla, scappò via.


-*-*-*-


Luglio 2022, Londra


"Elly! Che cosa ci fai qui?"

Quando Fabian Martin aprì la porta di casa, in un primo momento sorrise alla vista della sua vecchia compagna di scuola. Non la vedeva da qualche mese, perciò di primo acchito fu felice di rivederla.
Ma, subito dopo, ricordò anche cosa avevano passato l'anno prima. E cosa Anastasia, proprio a causa della madre di Eleonore, era diventata.
Una hexenbiest.
Perciò il suo sorriso scomparve come neve al sole, sostituito immediatamente da un'espressione corrucciata.

"Togliti quell'espressione dal viso Martin, non è successo niente di grave." Lo rimbeccò immediatamente la Grimm, intuendo i suoi pensieri. "Vorrei soltanto vedere Anastasia un attimo. E' in casa?"
"Sì certo, è di là in cucina. Accomodati." Replicò lui, mettendosi di lato per farla entrare dentro casa. "TESORO! GUARDA CHI C'E'!" Urlò poi per farsi sentire. "Daniel come sta?" Domandò poi, giusto per non dimostrarsi un pessimo padrone di casa.
"Sta bene: è rimasto per qualche giorno a casa, ma poi è dovuto tornare in Turchia." Replicò lei con una scrollata di spalle "Voi come state invece?"
Fabian aprì la bocca per rispondere ma non fece in tempo: una minuta ragazza dai capelli rossi comparve infatti in salotto, indirizzando un enorme sorriso alla Grimm e andando immediatamente ad abbracciarla.



"Se il Dipartimento Auror ti ha mandata qui per il caso Jumier mi dispiace, ma non ho avuto alcuna visio..." Disse Anastasia qualche minuto dopo, quando ormai tutte le cordialità tipiche del benvenuto erano state compiute.

Subito dopo il diploma infatti, la ragazza aveva deciso - per mantenersi da sola e pagarsi gli studi di medimagia - di fornire consulenza al Dipartimento Auror. Consulenza che, con il passare del tempo, stava diventando sempre più cruciale.

"Non mi ha mandata il Dipartimento." La interruppe però Eleonore "Sono venuta a portarti una cosa che potrebbe aiutarti a sviluppare meglio i tuoi poteri di hexenbiest." Spiegò senza perdere tempo, appoggiando sul tavolo un diario dall'aria antica.
"Qualcos'altro alla Grimm?" Domandò a quel punto Fabian, gettando un'occhiata in tralice all'oggetto.
"Posso?" Domandò invece Anatasia, allungando una mano per prenderlo.
"E' il diario di una mia antenata." Spiegò ancora l'ex caposcuola, facendo contemporaneamente un cenno con la testa ad Anastasia. "Ghita Grimm. Era una hexenbiest anche lei, anche se l'abbiamo scoperto soltanto di recente."

"CHE COSA?"


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Ed eccoci arrivati al momento tanto temuto: la fatidica domanda

Duunque... in realtà è piuttosto semplice: le prossime due fiabe saranno Cenerentola e Tremotino. Quale volete vedere per prima? E secondo voi chi saranno gli OC coinvolti e perchè? (chissà se qualcuno ci è già arrivato! Risposta per MP entro il 02/01/2018)


  
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