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Autore: Fanelia    06/01/2018    4 recensioni
La storia si svolge diversi anni dopo la fine della seconda GM e non tiene conto nè di TCC nè dell'epilogo originale.
È una Dramione, anche se non sarà subito presente la coppia.
Dal testo...
Hermione cancelló con rabbia le lacrime che le rigavano il volto, non appena si accorse che qualcuno stava sopraggiungendo. La paura che si trattasse di Ron, che si accorgesse dei suoi occhi lucidi, la spinse a dipingersi il suo miglior sorriso sulle labbra. Voltandosi, si trovò a faccia a faccia con George e non le servirono parole inutili per capire che aveva visto. D’istinto si passò di nuovo la mano sulle labbra e le sfregó, come a volerle pulire. Quel dannato furetto le aveva rubato il sapore di Ron, l’aveva sporcata.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Un rientro forzato
 

Il taxi si era avvicinato lento all’aeroporto, zigzagando fra le auto, avanzando a scatti tra le strade ricolme di traffico della caotica ed eclettica New York.

Mise piede nel terminal, avvolto da una commistione di sensazioni contrastanti che gli toglievano il respiro.

Stava lasciando la città che gli aveva offerto riparo negli ultimi sette anni, il luogo dove il suo piccolo e prezioso figlio era nato.

Scorpius era irrequieto e in cerca di attenzioni: desiderava che loro -la mamma e il papà- lo facessero volare e per questo aveva ripetuto la stessa parola diverse volte.

«Ancola

Draco lo osservò ridere felice, dopo che aveva espresso la sua richiesta, racchiusa in quella parola pronunciata male.

«Scorpius, fa’ il bravo, tuo padre sta portando la valigia.»

Draco guardò la moglie e scosse la testa. Non gli era mai piaciuto che sgridasse il figlio a quella maniera. Capiva che seguisse l’unico modello di educazione da lei conosciuto, la stessa educazione che le era stata impartita, ma non per questo doveva condividerlo.

«Non essere così severa con lui. Non voglio che cresca come noi.» Il suo fu un tentativo di ricordarle quali fossero i loro accordi. Quante notti avevano discusso, alzando il tono, in uno scontro di vedute acceso?

«Sono stanca. Io mi siedo un momento.»

La osservò sedersi. Lasciò l’unico bagaglio che stavano portando con loro -il resto era stato spedito- e avvertí un moto di stizza irrigidirgli il viso.

«In blaccio.» Prese il figlio in braccio e gli depositò un bacio sulla fronte, pensando che Scorpius rappresentasse l’unico reale motivo per cui una minuscola parte di lui avrebbe sempre voluto bene ad Astoria e gli avrebbe impedito di odiarla davvero.

I sentimenti nei confronti di sua moglie avevano rappresentato una costante confusa nella sua vita, sin dal momento in cui gli era stata promessa in sposa: non erano mai stati chiari, dai contorni ben definiti, ma torbidi, perché sporchi, incapaci di tramutarsi in sentimenti sinceri e puliti.

«Andiamo a fare il check in, così poi potrai riposarti.» Le offrì il braccio, sorridendole. Si era ripromesso di essere gentile, di non mancarle di rispetto, per quanto Astoria cercasse di farlo innervosire.

«Va bene.»

La vide alzarsi, appoggiarsi a lui e sorridergli in maniera tirata.

Draco camminò per il terminal storcendo il naso: per quanto ormai fosse abituato ai babbani -che si erano rivelati redditizi per i suoi affari- era più forte di lui, la sua espressione facciale palesava ancora il disprezzo che a lungo aveva nutrito nei loro confronti. Era come un riflesso automatico, come se il suo sangue nobile si sentisse in dovere di manifestarsi e i suoi lineamenti fossero l’unico mezzo per farlo.

Strinse la mano di Astoria, che in un gesto all’apparenza affettuoso intrecciò le dita alle sue, in una tacita rivendicazione di possesso che lui tollerava poco. La sua signora procedeva impettita, rigida come se fosse di pietra eppure al contempo sinuosa ed elegante.

Col braccio libero Draco sosteneva e stringeva a sé quell’esserino tanto importante, quella parte di sé senza cui non sapeva immaginarsi.

Scorpius aveva compiuto da poco tre anni e lui non era in grado di rammentare un singolo istante in cui guardare il suo bambino non lo avesse reso felice, ricolmo di una sensazione che non aveva mai davvero provato e che, in fondo, lo stava cambiando lentamente.

Non si poteva negare che il piccolo fosse figlio suo, nonostante a tratti ricordasse molto la madre. Bastava scorgere i suoi vispi occhi grigi e i capelli di quel biondo particolare per indovinare la sua discendenza.

«Per di qui.»

Astoria scrutava con evidente spossatezza lo scorrere frenetico del mondo che la circondava.Solo dopo aver effettuato il check in e, dopo aver presentato i documenti e lasciato la valigia, la donna tornò a sedersi.

«Accomodati pure.» Draco si sforzò di sorriderle. «Ti prendo una tisana e prendo qualcosa da mangiare a Scorpius.» La sua era una offerta gentile, motivo per cui non si aspettava di sentire la moglie sbottare.

 

«Draco Lucius Malfoy, non voglio la tua pietà. Non la sopporto!» Terribilmente infastidita, Astoria ringhiò quasi a denti stretti, come se ciò potesse contenere la sua frustrazione, ma il suo risultò solo un vano tentativo di regolare e controllare il tono della voce. Voleva sfogarsi, ma non era suo desiderio che tutti i presenti facessero da spettatori all’ennesimo e pietoso show in cui la sua debolezza prendeva il sopravvento.

 

Draco la fissò incerto, inspirando, prima di adagiare Scorpius su di una sedia, prendere posto accanto a lei, farle adagiare il capo contro il petto per tranquillizzarla.

«Le tue carinerie forzate mi fanno sentire come una condannata a morte. Non hai mai avuto tanti riguardi nei miei confronti, forse nemmeno per la nascita di Scorpius.» Nella sua voce livore e amore per quel ragazzo, ormai uomo, si mischiavano in maniera confusa, rincorrendosi e strattonandosi.

«Non sono uno da gesti eclatanti. Ho dovuto imparare come si dimostri l’affetto e sai bene che lo trovo ancora innaturale e difficile. Hai sempre saputo com’ero, come sono stato cresciuto. Sai che non mi appartiene per quanto, per Scorpius, mi stia sforzando.»

«É proprio perché ti sforzi! Non sarai mai naturale e io avrei meritato di più.» Si scostò dal petto del marito e prese il figlioletto fra le braccia. Lo strinse a sé e Draco approfittò di quella tregua momentanea per allontanarsi e riprendere fiato.

Mentre camminava pensò di essere arrabbiato con Astoria per il modo in cui gli aveva risposto, ma in fondo al cuore sapeva che lei aveva ragione. Tempo addietro avrebbe reagito come un cane bastonato, come aveva appena fatto, o le avrebbe risposto per le rime? Quante volte l’aveva trattata come se fosse solo una bella donna, un vuoto involucro, priva di sentimenti e di un cervello funzionante?

Allontanatosi da lei, si fermò in un angolo, si adagiò contro la parete e chiuse gli occhi: era stato ingiusto nei suoi confronti? Avrebbe potuto comportarsi meglio? Astoria avrebbe potuto avere di più?

Conosceva le risposte a quelle domande e, se riusciva a essere sincero con se stesso, avrebbe ammesso di non riconoscere più il modo che aveva di relazionarsi a lei.

L’ira malcelata di sua moglie era giustificata, ma lui cosa doveva fare?

Astoria gli era stata vicina, era rimasta al suo fianco. Lo aveva amato e aiutato come nessuno prima di allora. Gli aveva dato un figlio, l’unica e immensa fonte della sua gioia e per il quale le sarebbe stato grato in eterno. E aveva ragione lei ad asserire che non fosse cambiato poi molto, nonostante Scorpius. Non sino al giorno in cui il suo universo era stato squarciato a metà. Per la prima volta dopo anni si era sentito indifeso, piccolo e impotente. Non l’intero patrimonio dei Malfoy lo avrebbe protetto o salvato da ciò che stava accadendo.

«Signore, si sente bene?» La voce premurosa di una babbana lo costrinse ad aprire gli occhi. La liquidò con freddezza per averlo strappato al limbo oscuro e senza fine nel quale, per un istante, si era concesso di indugiare.

Raggiunse un bar, si mise in fila e mentre attendeva udì il cellulare squillare. Aveva sempre odiato quel mezzo babbano, per quanto si fosse rivelato utile e comodo in diverse occasioni.

«Nott, che succede?»

«Volevo solo dirti che qui procede tutto al meglio. E sapere se hai ottenuto il permesso di partecipare a qualcuno dei concerti.»

«Non credo. Sai che ci sono delle restrizioni, ma proverò a perorare la causa. Non possono certo pretendere che smetta di lavorare.» Non voleva chiedere favori né dover sottostare a stupidi ricatti inespressi, fonte di guai e innescatori di promesse da mantenere.

Draco si accorse che era giunto il suo turno per ordinare, quindi salutò Theo. Quando ebbe ottenuto una tisana per la moglie e preso un pacchetto di biscotti per il suo bambino, tornò da Astoria. L’immagine che vide, mentre si appropinquava loro, gli fece male: la donna stringeva Scorpius a sé con tutte le sue forze, come se volesse imprimergli nella memoria il suo abbraccio, il suo calore. Come se tenendolo così vicino potesse non scivolare via.

«La tua tisana.» Tentò di sorriderle, ma quel compromesso con se stesso gli costava molto.

«Mi ha chiamata Theo. Daphne verrà in aeroporto con i miei genitori.» Il tono era freddo e quasi assente.

«Bene, io andrò a firmare i documenti. Non voglio che Scorpius venga turbato dal nostro rientro, spero che almeno su questo saremo d’accordo.» Non intendeva irritarla, ma dallo sguardo di fuoco che lei gli rivolse, comprese di aver fatto un pessimo lavoro.

«Sei proprio sicuro che tu non possa stare con noi a Greengrass Manor?» Provò a chiederglielo un’altra volta, anche se era certa della sua risposta.

«Lo sai che non dipende da me. Tu e Scorpius starete dai tuoi, se otterremo il permesso, magari riuscirò a venire a dormire con voi. Sai bene quale sarebbe l’alternativa e sei tu a non essere d’accordo.» Tagliò corto perché non voleva litigare. Avevano discusso a lungo della questione, ma lei non voleva soggiornare a Malfoy Manor e mai e poi mai lui avrebbe scelto una dimora che non fosse quella di famiglia. Stava ancora ponderando se dormire dai Greengrass, ma sperava con tutto se stesso di convincere la moglie.

«Potrei stare di giorno dai miei e la sera potremmo venire a dormire al Manor, Vìvisto che tu starai fuori tutto il giorno e durante i weekend potremmo alternarci.»

Ebbe la strana impressione che Astoria fosse ammattita: si erano scontrati a lungo e ora, finalmente, conveniva con lui su quella soluzione e gli offriva un dannato compromesso?

«Sei sicura?» Voleva essere certo di aver capito bene e che quello non fosse l’ennesimo stratagemma per ricattarlo.

«Scorpius sentirebbe la tua mancanza e anche io. E poi deve vedere anche i nonni paterni.» Aveva deciso già da qualche giorno di scendere a più miti consigli e se aveva atteso quel preciso momento per informare il marito, era solo per ripicca. Le loro urla e i litigi erano stati inutili, Astoria sapeva che non l’avrebbe spuntata e si maledì per la debolezza a cui si era inchinata ancora una volta. Avrebbe sentito la mancanza di Draco, nonostante tutto. Lo amava così disperatamente e con la stessa intensità lo detestava. E odiava se stessa perché non era in grado di lasciarlo andare, nemmeno ora che le cose le stavano sfuggendo di mano. Stavano rientrando a Londra e, lo sapeva, prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con il suo fantasma personale: sapeva che l’avrebbe rivista, ne aveva la certezza matematica, così come era sicura che lui non l’avesse mai dimenticata, che lei non sarebbe mai riuscita a cancellarla dal suo cuore. Non era stata in grado di farlo in quei lunghi anni in cui Draco non aveva potuto vederla, come poteva sperare di liberarsi della sua rivale ora che avrebbero trascorso del tempo insieme?

«Andiamo, è giunta l’ora dell'imbarco.» Draco le porse la mano e lei la guardò per qualche istante. Inspirò e poi adagiò le dita sul palmo del marito, appoggiandosi a lui. Si alzò, prese Scorpius per mano e con la sua piccola e finta famigliola felice si avviò verso l'imbarco. Il livore per quel rientro, per se stessa, per tutto ciò che stava arrivando l’avrebbe consumata, ne era certa. Ma non era pronta né disposta a cedere, per nulla al mondo. Voleva vincere e non si sarebbe arresa, mai.

 

***

 

Il viaggio in aereo si rivelò un supplizio e Draco tirò un sospiro di sollievo quando il velivolo toccò terra: sebbene fosse nervoso per l’imminente incontro che lo aspettava e per quel ritorno brusco a una realtà che gli avevano sottratto, l’umore altalenante di Astoria lo aveva quasi esasperato. Con in braccio Scorpius discese lungo il tunnel, senza curarsi della moglie e degli sguardi che i curiosi rivolgevano loro. Avrebbe volentieri cruciato tutte quelle persone che li scrutavano con una punta di morbosa invidia.

Una volta presentati i documenti e ritirato il bagaglio, Astoria gli rivolse la parola. «Ci vediamo non appena hai finito. Cerca di non metterci troppo, già sarà stressante per Scorpius, vorrei che ci fossi.»

Per quanto la sua signora avesse ragione, sapeva bene che lui aveva da fare e non certo per sua scelta. «Farò in fretta, ma se non ti sta bene credo che potrai presentare le tue rimostranze al colpevole di persona.» esclamò non appena le porte a vetro si aprirono e i suoi occhi incontrarono quelli della persona che lo stava aspettando.

«Pensavo che potessi cavartela da solo, non credo tu voglia l’aiuto di una donna.» Era più forte di lei, mascherare il livore nei confronti del marito era difficile, anche se era cosciente di riuscire solo ad allontanarlo così.

Draco non le badó, troppo intento a studiare il suo nemico di sempre.

«Malfoy.»

Detestava il modo in cui aveva pronunciato il suo nome, non sopportava la pietà che trapelava dal suo tono.«Potter.»

Harry Potter lo osservava dai suoi occhiali rotondi, nascosto dietro a quella montatura che Draco aveva sempre ritenuto inadatta e dozzinale.

«Se vuoi salutare tuo figlio o i tuoi suoceri, posso attendere.»

In realtà, per qualche bizzarro motivo, il Bambino sopravvissuto gli sembrava impaziente di andarsene e, quando realizzó che fosse domenica, capì. Con ogni probabilità la Weasley lo stava aspettando e magari avevano anche litigato per quell’impegno che di certo aveva scombussolato la loro stupida e povera routine.

«Preferisco andare, non ho bisogno della tua compassione. Però mi sbellicherei dalle risate se ti facessi perdere un po’ di tempo, giusto perché tu giunga tardi al pranzo e la tua mogliettina lentigginosa ti possa sgridare.» Lo studió per un istante, prima di procedere con un ghigno dipinto in volto. «In quella topaia dei Weasley?» Stentava a credere che abitassero ancora in quel porcile.

«Ho un'auto parcheggiata questo fuori. Possiamo firmare lì, ti darò i vostri documenti di riammissione al mondo magico e la carta d'identità magica per Scorpius.» Stava tentando di mantenere la calma. Aveva scommesso tutto su Malfoy, sebbene lo odiasse e non pensasse che fosse in grado di cambiare, ma proprio lui che li aveva difesi e aveva collaborato per scagionarli, non aveva potuto rimanere impassibile quando era giunta quella richiesta nel suo ufficio

«Va bene, andiamo.» Lo seguì sino alla vettura e nessuno dei due aggiunse una sola parola.

Fra loro scorrevano troppi anni di odio, di invidia e di cattiverie perché la questione venisse appianata così, su due piedi e Draco, nonostante tutto, non aveva assolutamente intenzione di ringraziarlo o di piegarsi, anche se senza Potter, con ogni probabilità, non avrebbe mai più rivisto l'Inghilterra.

 

***

 

«Ti aspetto domani, ore otto e trenta, devi spaccare il secondo.» Potter lo guardava con un’espressione talmente risoluta da sembrargli ridicola.

«Come se avessi scelta.» La sua risposta fu breve. Non aveva intenzione di discutere né voleva ringraziarlo per avere interceduto.

«Ho messo a rischio la carriera e il mio matrimonio, non farmene pentire e non ti lagnare come una ragazzina.» Harry voleva sbrigarsi e tornare a casa. Aveva promesso a Ginny che si sarebbe presentato puntuale per pranzo e immaginava già le urla con cui lo avrebbe accolto e ricoperto qualora fosse stato in ritardo.

«E perché l’hai fatto, di grazia? Sappiamo entrambi che quando la menzogna scoppierà, tu ne uscirai pulito e come il San Potter che sei sempre stato. Intonso e pio, da vero ipocrita.» berció Draco infastidito

Per lui l’azione di Potter non era disinteressata e trasudava per l’appunto ipocrisia da tutti i pori. «Se fosse venuto fuori e ti fossi rifiutato…» Lasció la frase in sospeso, con quella insinuazione che penzolava con prepotenza fra loro, ma Potty decise di non raccogliere.

«Il pomeriggio terrai lezioni di Pozioni avanzate, Occlumanzia e Legilimanzia. La mattina sei affidato a un tutor, seguirai un corso speciale per Auror.» Gli rinfrescó la memoria con gli accordi, sottoponendogli i fogli sui quali doveva apporre la firma.

«Che fortunato che sono!» Draco sfoggiò il suo scetticismo per quella situazione e quanto poco gli andasse a genio. Scarabocchió un autografo e sbuffando gli restituì i fogli.

«Malfoy, io…» Harry Potter era a corto di parole. Non era mai stato un abile affabulatore, nemmeno quando le occasioni lo avevano richiesto e non sembrava in grado di smentirsi.

«Non mi interessa e non osare fissarmi così.» Lo trucidó con lo sguardo e poi si congedò. «Se abbiamo finito, me ne andrei. Salutami la femmina con le lentiggini.» Al cenno del capo di Potty, Draco Lucius Malfoy si smaterializzó.

Quando rimise i piedi per terra, inspirò per calmare la sensazione di nausea: da quanto tempo non poteva smaterializzarsi? Possibile che il suo sangue puro, intriso di magia, si fosse disabituato senza tante cerimonie a qualcosa che per lui doveva essere naturale?

Si guardò attorno, adagiò gli occhi sul maestoso cancello di ferro battuto e mettere a fuoco Malfoy Manor gli fece brillare gli occhi di lacrime inespresse , a cui mai avrebbe permesso di solcargli le candide e delicate gote.

Avvolto nella sua giacca nera dalla fattura pregiata, mise mano alla bacchetta che teneva in tasca e compì il primo passo. Col cuore immobile, cristallizzato nel ghiaccio, si avvicinò all’ingresso. Si sarebbe potuto materializzare nella villa, non aveva certo bisogno del permesso di nessuno, ma d’improvviso decise di andarsene. Pensò a un luogo che nonostante tutto gli era molto caro e lì si ritrovò.

L’immagine del castello, in quella giornata di un pallido sole, era contornata da una lieve aura dorata.

Socchiuse le palpebre, inspirò a fondo il profumo di erba bagnata e quell'aroma di aghi e resina che veniva dalla foresta, sull’orlo della quale ascoltava in silenzio religioso il chiacchiericcio e il ritmo della vita che giungeva dalla scuola di magia più famosa.

Hogwarts aveva rappresentato un palcoscenico per lui, il luogo dove aveva sfoggiato la sua boria, la sua ricchezza, una codardia mascherata di coraggio e il razzismo che il suo status di sangue puro consacrava. Aveva trascorso anni a farsi burla di tutti, a odiare Potter, il Trio delle meraviglie+1, tutto ciò che li circondasse e i Grifondioti, dai colori rosso coraggio e oro prezioso.

Draco Malfoy cercò con lo sguardo e col cuore il salice, in riva al Lago Nero, dove spesso l’aveva vista studiare, mentre si mordeva il labbro, concentrata a sottolineare o ad appuntare qualcosa. L’aveva disprezzata con tutto se stesso quando aveva capito di non poterla avere e su di lei aveva incentrato odio e cattiverie, come se potessero bastare a cancellargliela dal cuore.

Un rumore di passi, uno scricchiolio di foglie lo costrinse a voltarsi. Un centauro lo fissava con attenzione. Draco Malfoy strinse le dita attorno alla bacchetta, incerto. I centauri non erano soliti mostrarsi, poteva esservi un motivo dietro quella apparizione?

«Un nome di stelle, grandioso nel firmamento potrebbe brillare. Ma c'è sempre una tempesta prima del sorgere del sole.» La voce era profonda, sicura e stranamente tranquillizzante. Draco sgranò gli occhi e si chiese se potesse osare rivolgergli un quesito: i centauri erano enigmatici e molto noti per la loro conoscenza che andava oltre i limiti terreni dello scorrere del tempo.

«Segui una strada che sia la tua, trova la forza che è nel tuo nome.» Il centauro sparì, com’era arrivato, senza permettergli di indagare.

Incredulo e confuso, rivolse di nuovo gli occhi verso il salice e per un istante pensò di essere impazzito. Sbatté le palpebre e quando le rialzò era sicuro di non trovarla: invece lei era lì, seduta sull’erba, con un libro in grembo. L'aveva rivista, dopo tanto di quel tempo, proprio là dove tutto era cominciato. Avrebbe voluto sapere perché si trovasse lì, ma mise a tacere la curiosità. La guardò ancora per qualche istante, si riempì della sua immagine e nel silenzio più assoluto sparì, andando incontro a uno dei propri fantasmi del passato.

 

Quando fu di nuovo stabile sulle gambe, realizzò che un elfo domestico lo scrutava intimorito. «Draco Lucius Malfoy.» Non che avesse bisogno di presentazioni in casa sua.

La creatura sbatté la testa al muro diverse volte, consapevole di aver sbagliato e lui lo lasciò fare: non li avrebbe mai capiti e non gli interessavano. Erano delle bestiole inferiori, nate per servirli e di sicuro lui non si sarebbe arruolato nel C.R.E.P.A., per quanto avesse imparato a fare a meno di quei piccoli esseri bizzarri.

« Draco!» La voce di sua madre per un istante tradì l'emozione che rivederlo sveglió in lei.

La vide accennare dei passi veloci, lungo l’ampia scalinata di marmo italiano che imponente spadroneggiava nell’atrio. La guardò camminare con celerità e rallentare nell'istante in cui forse si rese conto di aver perso il suo regale e rigido contegno.

 

La donna lo strinse a sé con delicatezza, inspirando il profumo del figlio che le era mancato molto.

«Dove sono Scorpius e tua moglie?» Narcissa era riconoscente a quella ragazza che aveva accolto il suo Draco nel cuore, nonostante tutto. Non glielo avrebbe mai detto, nemmeno in quel momento, ma le era grata e lo era ancora di più per Scorpius.

«Volevo invitare i Greengrass per il tè.» Il suo tono non tradì il fastidio che nutriva. Non provava interesse alcuno per i suoceri e di certo non era entusiasta all’idea dell’atmosfera pesante che avrebbe respirato.

«Avverto gli elfi. Ho preparato la tua vecchia camera, ma se ne preferisci un’altra…»

Draco scosse la testa. «Fate preparare una camera matrimoniale e avrei bisogno di un lettino per Scorpius.» Si accorse che la madre lo scrutava con stupore. «Mi pare normale che la mia famiglia dorma dove pernotto io. Di giorno staranno dai suoi, ma la sera, al mio rientro, pretendo di trovarli qui.» Non era tutta la verità, ma non voleva tediare la madre con il racconto delle infinite discussioni fra lui e la sua sposa.

«Ti faccio portare il pranzo in camera?» Narcissa si chiese perché il marito non facesse il suo ingresso, non poteva non essersi avveduto che il figlio fosse arrivato. Possibile che non volesse vederlo?

«Va bene, a dopo.» Draco si congedò e poi si incamminò, tenendo la giacca adagiata al braccio. Avrebbe potuto lasciarla agli elfi, ma avendo vissuto nella New York non magica, in qualche modo si era quasi disabituato ai loro servigi, per quanto fosse certo che avrebbe impiegato poco a riabituarsi.

Proseguì lento lungo la scala, indugiando non appena giunse fuori dallo studio del padre. Non gli era passato inosservato che non si fosse affacciato per salutarlo e, sebbene non si aspettasse diversamente, si sentì irritato dal poco rispetto che il genitore gli mostrava. Si era fatto carico di tutte le ingiurie, di tutte le colpe dei Malfoy solo per proteggere Narcissa. Si era addossato anche i crimini del padre, perché non finisse ad Azkaban, quindi avrebbe dovuto almeno essergli riconoscente.

Adagiò la mano sul pomello dorato e lucido, ma non trovò il coraggio di aprire la porta di mogano.

Proseguì, ammettendo, almeno a se stesso la verità: in fondo, se ne era andato anche per preservare la propria sanità mentale. Da codardo, non era pronto né si sentiva in grado di affrontare sguardi accusatori e carichi di disprezzo, nei confronti di chi, poi? Di un ragazzo che aveva sì avuto una scelta, ma una scelta obbligata. Una strada già tracciata, un percorso che non avrebbe potuto portare da nessun'altra parte sin dalla culla.

Aprì la porta della sua stanza e una strana sensazione si impadronì di lui non appena notò la sua divisa di Quidditch, in una teca di vetro, insieme alla sua fidata scopa. Si tolse le scarpe, il maglione e si gettò sul letto. Chiuse gli occhi e sbuffò: era solo l’inizio della sua nuova vita ed era già esasperato. Ce l’avrebbe fatta a mantenere intatta la maschera di algida noncuranza dietro alla quale si era spesso difeso?


Note stonate d'autore: Buon 2018!
Un grazie a chi è passato, a chi ha recensito, a chi ha inserito la storia fra seguite, ricordate, preferite.
Sì, che barba, c'è Astoria... ma abbiate fede... lo sapete che io sono una lentona e i miei personaggi impiegano secoli a scoprire i propri sentimenti... pazientate con me e intanto mi auguro che la storia vi piaccia. Come lo trovate il mio Draco, cresciuto un po'? È lievemente cambiato e a questo punto non se ne posso ancora capire appieno i motivi, ma vi prometto che verranno fuori.
Spero di non essere andata troppo OOC e, ora che me ne accorgo, vado a segnarlo fra gli avvertimenti che non si sa mai.
Nel prossimo capitolo troveremo Hermione, che abbiamo lasciato sotto al salice. Che ci farà ad Hogwarts?

 
   
 
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