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Autore: Riflessi    18/01/2018    5 recensioni
Hermione Granger. Una maledizione, un gioiello... uno spirito che la tormenta senza un apparente motivo, e la grinta che a volte l'abbandona, facendole disperatamente chiedere perché non c'è mai pace, nella sua vita.
Poi, Draco Malfoy. La sofferenza dei suoi anni di espiazione, l'isolamento, il disprezzo del mondo magico. E la scoperta, inammissibile, sconvolgente, inaccettabile, che l'amore è l'emozione più violenta che un essere umano può provare, più forte perfino dell'odio... quell'odio che l'aveva sempre animato in passato, proteggendolo come una corazza.
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 1
(otto anni prima)
 
La cella cupa di Azkaban, con la sua misera fenditura che si affacciava sul mare tempestoso, di certo non poteva essere agevole o abbastanza grande per contenere l'irruenza incontrollabile di un lupo mannaro: Fenrir Greyback, in quel momento, era ipnotizzato dal chiarore lunare e premeva, attratto dall'astro perfettamente tondo, la sua faccia contro le sbarre della finestrella. Gli occhi erano stravolti e dei rivoli di bava cominciavano a bagnargli il mento peloso, i denti gialli e sporchi si erano già allungati a dovere, ed un forte strappo annunciò che gli stracci puzzolenti che normalmente portava addosso erano saltati via. La voglia forsennata che aveva Fenrir di sangue umano non si era mai placata una volta nella sua vita, neanche in prigione; l'ex soldato del Signore Oscuro infatti, non aveva accettato l'aiuto che gli era stato mandato dal Ministero ed aveva cacciato per tre volte di seguito il vecchio Damocles Belby, il pozionista divenuto famoso per aver inventato la pozione antilupo. Greyback rifiutò categoricamente di bere il filtro e l'ultima volta che Belby gli fece visita, urlò furiosamente che preferiva morire, piuttosto che domare con la forza di una pozione la sua natura animalesca.
Azkaban aveva cambiato politica dalla morte di Lord Voldemort: per ordine del Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt, i dissennatori non infestavano più il penitenziario, ed in linea di massima si tentava di mantenere un tenore di vita accettabile per i detenuti. La particolarità del caso di Fenrir Greyback, aveva anche fatto si che la sua camera fosse ampliata di due metri quadrati, rispetto ai claustrofobici quattro di regolamento, per via dei disagi della trasformazione, ma nonostante ciò, il lupo mannaro aveva continuato a dare del filo da torcere.
Un ruggito disumano squarciò la quiete notturna del carcere più sicuro del mondo magico: un enorme lupo raspava il tavolo staccando pezzi di legno vecchio mentre tremava di selvaggia rabbia repressa. Lanciò una sedia che andò ad infrangersi contro le barriere protettive delle pareti ed innavvertitamente si graffiò un braccio per il contraccolpo. La goccia di sangue che ne sgorgò fece impazzire del tutto la bestia che, in astinenza dal giorno in cui era stata arrestata, iniziò ad annusare l'aria come un segugio, cercando ansiosamente l'origine dell'amato odore ferroso: quando lo individuò, prese a leccarsi la ferita come un folle. La sua mente annebbiata smise totalmente di funzionare, morse la sua stessa carne, strappò brandelli di muscoli e nervi, scoprì il biancore dell'osso... Il dolore arrivò con qualche secondo di ritardo e con un ululato atroce colpì ripetutamente la testa contro il muro, senza una reale coscienza di ciò che faceva. 
Fenrir Greyback morì quella notte, in un lago di sangue, vittima della sua stessa natura animale...
 
Inizio della storia
 
Un anno prima l'uscita de "Le fiabe di beda il Bardo"
 
I tacchi rimbombavano fragorosamente nel corridoio del secondo piano, Hermione correva come potevano permetterglielo le sue dannate scarpe, mentre imprecava mentalmente contro i suoi dipendenti idioti. Svoltò a destra, poi a sinistra, tenendo premuta una mano sull'addome, in corrispondenza della milza, da cui proveniva una fitta acuta: purtroppo non era mai stata un granchè atletica, e maledì la sua pigrizia...
Una settimana prima il suo ufficio aveva catalogato come "non particolarmente urgente" la lettera che la Sign.ra Belby aveva mandato al Ministero, in cui raccontava di fatti alquanto strani e misteriosi che accadevano in casa sua da un paio di mesi a quella parte. Oberati di lavoro com'erano, il suo collega Dorren aveva messo il caso nella non breve lista d'attesa per i controlli degli Auror. In effetti, pensandoci, era stata un tantino idiota anche lei a non sentire puzza di bruciato in quella storia ma, a loro discolpa, c'era pur sempre il fatto che lettere come quelle ne arrivavano a centinaia al dipartimento per l'applicazione della legge sulla magia e quindi, prendere con carattere d'urgenza ogni singola denuncia di quel genere, equivaleva a togliere tempo a casi palesemente gravi, oltre che a farli diventare tutti pazzi.
La targa dorata sull'ultima porta che recitava "Quartier generale degli Auror" le annunciò di aver raggiunto la meta, così Hermione rallentò la corsa riprendendo fiato ed accorciando bruscamente i passi; rischiò addirittura di cadere in avanti, ma per fortuna riuscì appena in tempo ad appoggiarsi con entrambi i palmi al legno del portone. Spalancò l'uscio e venne improvvisamente accolta da un tremendo caos, un atrio dal quale si dipartivano altri corridoi, altre porte, altri uffici... e gente: tanta gente che si scambiava fogli, informazioni, articoli del Profeta, pozioni indefinibili. Hermione gonfiò i polmoni e sputò a voce forte: "Ho bisogno urgentemente di Harry Potter! Ora! C'è stato un assassinio in casa Belby, ad Hogsmade!"
Un Auror alto e magro le si avvicinò di qualche passo: "Buongiorno Hermione Granger! Mi dispiace, ma devo informarti che il nostro Capo è uscito per con tre dei nostri per una retata a Camden Town, sai... per quella storia di maghi che inscenavano sedute spiritiche con tanto di magia, per impaurire babbani creduloni".
Hermione si irritò: "Cosa?! Il vostro Capo-Auror perde tempo con una banale truffa a danno di poveri babbani idioti? E cosa ci stanno a fare i tirocinanti, se non per casi come questo?!"
La sua voce stridula aveva trapassato le orecchie dei presenti, che si erano inevitabilmente voltati a guardarla. Sbuffò e poi, in tono autoritario, ordinò all'Auror con cui aveva parlato di andare con lei sul luogo del delitto per aiutarla negli eventuali interrogatori.
 
***
 
La sua dimora, dopo i terribili fatti del 1998, poteva definirsi una dimora molto tranquilla, dove non si urlava, né si rideva troppo e probabilmente neanche ci si divertiva... ma andava bene così per Draco Malfoy, convinto che era pur sempre meglio la quiete, che la paura fottuta di aprire la bocca o fare un passo falso dentro la propria casa come ai tempi bui di Lord Voldemort.
Villa Malfoy era solitaria e silenziosa esattamente come il suo padrone, eppure, c'era una stanza nell'ala più lontana dal corpo centrale che era, se possibile, ancora più silenziosa del resto della casa; un locale semibuio, pieno di oggetti all'apparenza assurdi e senza un filo conduttore ad unirli: c'erano libri, gioielli, teste di animali impagliate, ritratti, addirittura abiti; per certi versi, ricordava vagamente la stanza delle cose nascoste ad Hogwarts solo che, nella sua, Draco Malfoy vi collezionava i suoi preziosi manufatti oscuri... Il ragazzo se ne stava spesso lì a leggere volumi antichi scritti in latino, a recitare formule incomprensibili che spesso provocavano sugli oggetti reazioni curiose se non proprio agghiaccianti: essi si libravano in aria senza alcun Wingardium Leviosa, facevano tremare le teche in cui erano custoditi, emanavano energie negative palpabili, gli procuravano malessere... sembravano vivi.
Draco tolse gli occhiali da vista poggiandoli sul tavolo, si passò una mano fra i capelli e chiuse nell'armadietto di vetro un mazzo di carte all'apparenza innocuo, ma su cui aveva dovuto lavorare dieci giorni per riuscire ad eliminarvi una maledizione molto potente che faceva impazzire chi lo usava. Sospirò.
Il suo pensierò volò altrove, riportandolo con la mente alla Gringott, dove il giorno prima aveva incontrato per caso Hermione Granger. Gli angoli delle labbra involontariamente si incurvarono all'insù. Lei era... non sapeva come definirla esattamente, una donna inarrestabile forse era il termine esatto. Decisa e forte. Tutto quello che non era lui. Lo aveva salutato, rivolgendogli così la parola per la prima volta dai tempi della scuola, spiazzandolo totalmente; camminava verso l'uscita della banca quando aveva alzato il bel faccino da alcuni fogli che i Goblin le avevano rilasciato e, trovandoselo proprio davanti, gli aveva incredibilmente fatto un sorriso: "Ciao!"
Draco era rimasto per un momento imbambolato a guardarla, con un'espressione stupefatta in volto, anche se, ad essere onesti, stava tentando più che altro di nascondere l'imbarazzo e di prendere tempo per capire cosa fare. Non se l'era aspettato che proprio Hermione Granger lo salutasse cordialmente. Beh... in verità, parecchie volte nelle vie trafficate di Diagon Alley l'aveva scorta, ma quando lei tentava un minimo cenno, prima che questo si realizzasse concretamente, lui voltava la sguardo o si fingeva impegnato a rovistare nelle sue tasche.
Lo faceva con tutti, da anni ormai, era il senso di colpa ad agire per lui, lo sapeva perfettamente: un soffocante ed angosciante senso di colpa, unito probabilmente ad una buona dose di vergogna mai superata. Draco Malfoy era forse l'unico a non essere ancora guarito a quasi dieci anni di distanza dalle ferite della guerra, perchè nessuno lo aveva mai sinceramente perdonato rassicurandolo, dicendogli che aveva fatto quegli errori perchè all'epoca era stato soltanto un ragazzino viziato ed egocentrico, pieno di idee errate trasmesse da persone adulte di cui lui si fidava ciecamente. Nessuno gli aveva teso concretamente la mano e lui, che tra l'altro non aveva mai avuto un carattere determinato (bisognava ammetterlo), era caduto nell'oblio ed era stato costretto a rimanerci senza avere nemmeno la soddisfazione di sfogarsi, perchè lui stesso aveva capito di non poter biasimare coloro che avevano deciso di ignorarlo e di condannarlo senza possibilità di assoluzione.
Draco sentiva il peso dei morti sulla sua coscienza, i peccati degli altri come fossero suoi, tutto l'odio del mondo sulle sue fragili spalle. Col tempo era diventato paranoico, vedeva sguardi sprezzanti dove nemmeno c'erano, un po' scorbutico, schivo e taciturno, mentre, ironia della sorte, al contrario di quel suo carattere sempre più cupo e disgustoso, la sua bellezza esteriore era aumentata sfiorando la perfezione.
Ad ogni modo, aveva deciso di rispondere al saluto di Hermione Granger, ma solo perchè la sua educazione aristocratica glielo imponeva... Mmmm, a dire il vero, più tardi aveva realizzato di aver ricambiato il saluto perchè si era stupidamente scoperto felice che qualcuno gli avesse sorriso in modo così spontaneo e dolce!
Però in quel momento fu freddo, distaccato: "Ciao." E basta così.
Ricordò di averla vista perdere immediatamente la luce cordiale e il brio con cui l'aveva onorato; Draco se ne era rammaricato stranamente perciò, senza che il suo dannato cervello lo approvasse, aveva agito d'impulso, e prima che lei riprendesse il suo cammino dandogli le spalle, aveva borbottato un: "Ti...ti trovo bene." Tutto ciò mentre si infilava un dito nel colletto della camicia blu, nel gesto di allentare nervosamente la cravatta.
L'aveva vista riprendere l'espressione affabile, rispondendo: "Grazie! Anche te. Sei... cambiato molto! E... mi ha fatto piacere che tu abbia risposto al mio saluto, Malfoy. Ci tenevo. Davvero! Beh... devo scappare, ci vediamo!" Ed era fuggita via verso l'uscita principale della Gringott.
Draco, riemerso da quello strano ricordo, si ritrovò seduto su una sedia, i gomiti poggiati alle ginocchia e un sorriso ebete stampato in faccia.
Quando odi una persona con tutto te stesso e quella persona, invece di schiaffeggiarti, porge l'altra guancia... fa sempre un certo effetto! Senza contare che erano anni ormai, che aveva ammesso a se stesso che tutto l'odio che provava nei suoi confronti, nascondeva buona parte di una folle invidia: per l'intelligenza, l'estremo coraggio, la forza spirituale, l'indomabilità, il sentimento autentico di amicizia con quegli altri due idioti, e infine per la bravura con cui si faceva scivolare di dosso i pesanti insulti che le rivolgeva. Hermione Granger e il suo smisurato orgoglio lo avevano sempre messo al tappeto, provocandogli un risentimento che credeva eterno ma che si era invece trasformato, da qualche tempo a quella parte, solo in una cocente vergogna per tutto il male che le aveva procurato, volontariamente e involontariamente.
E poi era anche bella... dannazione! Si era fatta donna! Scoppiò a ridere al pensiero fatto, ma dell'iniziale ironia, rimase via via solo una sorta di amarezza inspiegabile, come di cose impossibili, di cose che non puoi avere o anche solo contemplare: per la tua inettitudine, i tuoi errori da scontare fino alla morte e in generale per il tuo essere sbagliato in tutti i modi possibili e immaginabili.
Si alzò dalla sedia, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle ed andò a cena.
 
***
 
 
La giornata era stata tremendamente pesante ed Hermione si tuffò sul divano di casa con una tazza di latte in mano decisa a rilassarsi; guardò alcuni fogli sparsi sul tavolinetto di fronte e vi buttò un'occhiata: era rimasta a metà della traduzione de "Lo stregone dal cuore peloso", una delle Fiabe di Beda il Bardo, e tanti scarabocchi si sovrapponevano nel tentativo di migliorare il senso di qualche frase. Non era semplice a volte interpretare una parola dal runico, perchè capitava che essa non avesse una traduzione esatta per l'inglese. Aveva intenzione di pubblicare la sua traduzione delle Fiabe aggiungendo al libro i preziosissimi commenti del suo adorato Preside, Albus Silente; commenti che la professoressa di trasfigurazione Minerva McGonagall le aveva fatto leggere con commozione qualche mese prima, quando era andata a trovarla ad Hogwarts. Prese al volo una penna babbana, cancellò una riga e sopra vi scrisse:
Lo stregone era certo di essere oggetto di immensa invidia da parte di chiunque lo osservasse nella sua emarginazione volontaria...
No! Hermione sbuffò contrariata, poi riprese a scrivere.
Contemplasse la sua splendida solitudine!
Si... così andava meglio, quindi:
Lo stregone era certo di essere oggetto di immensa invidia da parte di chiunque osservasse la sua splendida solitudine perciò, un giorno che sentì per caso due dei suoi lacchè parlare di lui, fu colto da rabbia e da dolore...
Mentre scriveva furiosamente, Pepper le svolazzò una volta davanti al foglio.
Il primo lacchè stava esprimendo pietà per il padrone che, con tutta la sua ricchezza...
Pepper le ripassò un'altra volta davanti. Hermione chiuse un secondo le palpebre per scacciare l'irritazione e premendo più forte la penna sul foglio proseguì la traduzione:
 ...e tutto il suo potere, non era comunque amato da nessuno.
Alla terza volta, Hermione sbattè la penna sui fogli e rimproverò Pepper che le ciondolava davanti, evidentemente affaticata da qualcosa che teneva in mano: "Si può sapere che hai stasera?"
Pepper era un Cornish Pixie di venti centimentri, blu elettrico e con piccole ali trasparenti sulla schiena. Hermione l'aveva raccolta tre anni prima quando ancora lavorava per l'ufficio regolazione e controllo delle creature magiche: era piccolissima all'epoca e l'aveva trovata quasi morta di fame in una gabbia dello scantinato del Serraglio stregato. Ricordava di essere andata lì quel giorno perchè doveva controllare che le forniture di animali fossero legali, che ogni creatura venduta fosse in salute, certificata e ben trattata; purtroppo succedeva spesso che specie magiche come puffole pigmee, gufi postini e kneazle fossero allevati in scarse condizioni igieniche e senza rispettare le leggi a tutela della loro dignità di esseri viventi.
Hermione si domandava ancora oggi per quale motivo le avesse fatto così tenerezza Pepper, lei stessa in più di un'occasione aveva sopraffatto i Pixies per liberarsene: come a scuola, quando il Professor Lockhart li aveva portati in classe per la sua prima lezione di difesa. Quei maledetti folletti oltre ad essere infestanti, erano anche antipatici, dispettosi, invadenti, dai visetti appuntiti e per niente gradevoli, con vocette penetranti e incomprensibili. Il problema era che, beh... non ne aveva mai visto uno cucciolo e indifeso. Era stato quello a fregarla! Ed ora si ritrovava un Pixie domestico, anzi una Pixie domestica che le gironzolava per casa e che non ne voleva sapere di andarsene. Per fortuna Pepper era abbastanza docile per gli standard e le si era affezionata. Certo... a volte era irritante ed invasiva, le scappava qualche dispettuccio quando proprio non riusciva a domare la sua natura, ma poi puntualmente cercava di farsi perdonare attaccandosi ad un braccio o a una gamba di Hermione in segno di premura.
La piccola Pepper sbatteva le ali rapidamente per cercare di rimanere a mezz'aria, appesantita dal carico che reggeva tra le mani: un bel bracciale d'oro con tre pietre rosso sangue incastonate. Fece il gesto di offrirlo alla strega, mentre sorrideva soddisfatta. Hermione sgranò gli occhi: "E dove diavolo lo hai preso questo?" Disse, con tono sospettoso.
Il bracciale sembrava di buona fattura e, dopo che la ragazza le chiese dove lo avesse trovato o piuttosto rubato, Pepper cominciò a mimare la scenetta di un omicidio, di qualcuno che prendeva appunti ad arrestava un uomo.
La ragazza si alzò di scatto dal divano, le strappò il bracciale dalle minuscole mani ed alzò la voce furibonda: "Pepper! Lo hai preso in casa Belby non è verooo? Quante volte ti ho detto di non seguirmi di nascosto al lavoro? Lo hai rubato sulla scena del delitto, maledizioneee!"
Quella giornata era iniziata male e sarebbe finita peggio, si convinse Hermione...
Quando quello stesso pomeriggio si era smaterializzata ad Hogsmade insieme all'Auror raccattato al quartier generale, aveva trovato in casa Belby una situazione a dir poco surreale: la signora Anne, colei che aveva mandato la lettera al Ministero la settimana prima, le era corsa incontro con sguardo allucinato farfugliando di spiriti malvagi, mentre suo figlio Marcus Belby, lo stesso ragazzo che un tempo aveva frequentato Hogwarts con lei e partecipato alle cene esclusive di Lumacorno, versava in stato confusionale, in piedi accanto al corpo senza vita del nonno Damocles Belby, il famoso pozionista. Il ragazzo non aveva fatto altro che tenersi la testa fra le mani, dondolare con il corpo e dire che non era stato realmente lui ad uccidere suo nonno, che non avrebbe voluto e che non ricordava nulla.
Il Legilimens di Hermione aveva confermato il disordine mentale e l'amnesia, mentre l'Auror si accertava della precisa causa di morte del vecchio: strangolamento, niente bacchetta, niente maledizioni. La mamma di Marcus venne interrogata sui fatti misteriosi di cui aveva accennato precedentemente, ed affermò che da circa due mesi suo figlio si comportava in modo bizzarro, che la casa sembrava posseduta e che la notte si udivano strani versi e ringhi provenire dal nulla. Venne fuori che il vecchio Damocles non parlava da anni con la nuora e il nipote ma si trovava in casa loro solo perchè il suo Alzheimer (malattia tipicamente babbana) era arrivava a livelli per cui era impossibile lasciarlo solo; perciò non si poteva escludere del tutto l'ipotesi di dissapori familiari, come movente del delitto! Tolsero il cadavere, portarono un disperato Marcus Belby ad Azkaban e pregarono la signora Anne di rimanere a disposizione per le indagini.
Mentre riconsiderava gli avvenimenti del pomeriggio, Hermione era rimasta per tutto il tempo a guardare quello strano ed intrigante bracciale e poi, spinta da una forza ignota, lo indossò. Era stato un gesto inspiegabile, come se qualcuno l'avesse guidata, qualcosa di arcano, e provò per un attimo una leggera sensazione di nausea al contatto con esso, sostituita subito dopo da un bizzarro moto di soddisfazione, una soddisfazione non realmente sua però, ma quasi proveniente dal bracciale stesso...
Si riprese dal turbamento e lasciando il gioiello al polso afferrò al volo Pepper per un'ala, rimproverandola di nuovo: "La prossima volta che ti infili nella mia borsa e mi segui al lavoro di nascosto, almeno non rubare nulla, soprattutto sulle scene del delitto, stupida Pixie della Cornovaglia!" Il folletto si dimenò. "E non azzardarti a mordermi per farmi dispetto, ti ricordo che sei velenosa, mi manderesti al San Mungo in un quarto d'ora! Poi vai a spiegarglielo ai guaritori per quale cazzo di motivo ti tengo in casa come un gattino, invece di infilarti in una bella gabbietta e rispedirti al Serraglio Stregato una volta per tutte!"
Pepper se ne volò via indispettita ed Hermione, sospirando drammatica, riprese la traduzione de "Lo stregone dal cuore peloso"...
...Ma il suo compagno ridacchiava, chiedendo come mai un uomo che possedeva tanto oro e un castello così principesco non fosse stato capace di innamorarsi attirare una moglie.
Lo stregone dal cuore peloso era un uomo votato alla solitudine, all'emarginazione volontaria, e che si beava della sua superiorità vivendo grazie alle sue immense ricchezze. Non aveva amici, non aveva parenti oltre ai suoi genitori, non amava una donna. Hermione, mentre mangiucchiava il tappo della Bic pensò, per associazione d'idee, a Draco Malfoy; lui era esattamente il prototipo di stregone dal cuore peloso: isolato nel suo castello, scontroso con il mondo intero, ricco e privo della compagnia di una moglie. Per lo meno era questo che era venuta a sapere di lui in quei nove anni, anche se sospettava ci fosse dietro qualcosa di più, come probabilmente un certo scoraggiamento dovuto agli sbagli che egli stesso sapeva di aver fatto, ed un volersi escludere il più possibile dalla società per non dover incappare costantemente in persone che gli riversavano stupidamente addosso il rancore di cose passate. Hermione disprezzava l'odio, e il sapere che c'era ancora qualcuno in giro che provava avversità, nonostante questa fosse rivolta solo ai colpevoli della guerra, la faceva irritare oltre ogni dire. Lei per prima non era mai riuscita ad odiare davvero, nel più profondo del cuore, Draco Malfoy: si... forse nei primi anni di scuola, poco più che bambina, la ripugnanza era stata un tantino più intensa come reazione spontanea al comportamento deplorevole di lui, ma poi la sua innata intelligenza l'aveva portata molto presto a ragionare e, infine, a perdonare.
Ovviamente non poteva sapere fin dove si era spinta davvero la prostrazione di Draco Malfoy che, sommerso dai sensi di colpa, aveva perso ogni ideale, ogni certezza, ogni banalissimo punto di riferimento, addirittura la fiducia in se stesso, entrando nel tunnel buio della depressione all'età di diciotto anni, quando invece un ragazzo dovrebbe pensare alle aspirazioni per il futuro, al divertimento e al sesso. Non poteva essere a conoscenza Hermione, del fatto che lui aveva passato mesi interi a rigirarsi la bacchetta fra le mani, a guardare il marchio nero sul suo braccio e pensare, dopo tutto ciò che era successo, se meritasse davvero di vivere ancora... e non poteva avere idea che, a distanza di nove anni, non era ancora del tutto certo di esser guarito definitivamente.
Fu naturale per Hermione rievocare l'incontro avuto con lui alla Gringott il giorno prima quando, miracolosamente, dopo innumerevoli tentativi di approccio educato, finalmente lui aveva ricambiato il suo saluto. Hermione finì di bere il latte e sorrise, asciugandosi come una bambina le gocce rimaste sulle labbra, passandoci il dorso della mano. Aveva deciso di smetterla di ignorare Draco Malfoy, perchè non era costruttivo, perchè voleva che anche lui la smettesse di odiarla, perchè voleva fargli capire che oramai avevano quasi trent'anni e gli screzi di ragazzini non potevano più essere portati avanti solo per pura ripicca, e infine perchè, doveva ammettere, un po' gli faceva pena. Sì. Hermione non era una stupida, e lo aveva capito da un bel pezzo che Draco Malfoy evitava la gente, ma in particolare lei ed Harry, perchè si vergognava di sé stesso, e beh... non lo trovava giusto! Albus Silente diceva sempre che tutti meritano una seconda possibilità e se il vecchio preside non fosse morto, gliel'avrebbe data anche lui un'altra opportunità a quel ragazzo, nonostante tutto.
Ripensò a come l'aveva guardata, alla sua sorpresa, al disagio evidente nel risponderle. E diamine... lei voleva un mondo dove tutti fossero trattati alla stessa maniera, quindi era impensabile che un uomo, palesemente pentito dei suoi errori nel più profondo dell'anima, dovesse ancora lottare contro i fantasmi del passato e contro il disprezzo di gente che si vantava di essere stata fra i giusti.
Ad Hermione, di quell'incontro inaspettato, rimase indelebile nella mente lo stupore di quegli occhi grigio-azzurri spalancati: occhi che non aveva mai visto sul viso di nessun altro! E se li ricordava pure da ragazzina così insoliti e penetranti quegli occhi, ma certamente molto meno spettacolari, colpa forse dell'altezzosità di cui una volta si nutrivano.
Alla Gringott aveva trattenuto il respiro un momento per via di quello sguardo intenso, talmente chiaro da non poter quasi essere umano. Lo avrebbe ricordato per un bel pezzo sicuramente...
A mezzanotte e venti Hermione capì che non ci sarebbe stavo verso di impegnarsi seriamente nella traduzione de "Lo stregone dal cuore peloso", così rimirò un'ultima volta il bracciale che aveva indossato, gentile regalo (rubato) di Pepper, e per un attimo considerò che fosse giusto riconsegnarlo alla mamma di Marcus Belby; nonostante ciò, quando provò ad avvicinare le dita al fermaglio, una strana sensazione glielo impedì. Aggrottò le sopracciglia stranita, allontanò la mano dal bracciale e finalmente si decise a spegnere la lampada del salotto per andare a dormire.
 
Continua...

 
 
 
Precisazioni:
-Per correttezza, devo precisare che J. K. Rowling, per quanto riguarda il futuro di Draco, non parla di una vera e propria stanza a Malfoy Manor, ma menziona soltanto una "collezione di manufatti oscuri", nulla di più. L'idea della stanza è nata da me, prendendo spunto un po' dalla stanza delle necessità ad Hogwarts, e un po' dalla storia vera dei coniugi Warren, due importantissimi ricercatori del paranormale divenuti famosi per la saga cinematografica "The Conjuring". La Rowling inoltre, chiarisce che Draco colleziona questi oggetti, ma non ne fa più uso! Io ho lavorato di fantasia, volendo aggiungere che, oltre a non utilizzarli più, cerca addirittura di combatterli, distruggendo le maledizioni.
 
-Inizialmente Pepper era una fatina! Ma poi ho scoperto che la fata, nel mondo di Harry Potter, è una creatura stupidissima e vanitosa... Ed affiancarla ad Hermione non sarebbe stato il massimo! Così ho scelto un Pixie della Cornovaglia. Potevo scegliere tra decine di animali fantastici lo so, ma cercavo una creatura particolare, di quelle che normalmente non si addomesticano.
-Non ho letto da nessuna parte che il morso di un Pixie della Cornovaglia sia velenoso, è stato un mio errore: questo perchè ho avuto seri problemi a distinguere Pixie e Doxy, (sono questi ultimi ad essere velenosi!), e pensavo stupidamente che fossero la stessa creatura. Quando l'ho capito, quello che avevo scritto ormai mi piaceva troppo per cancellarlo, e così ho lasciato tutto com'era...

   
 
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