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Autore: Ayla    20/01/2018    0 recensioni
La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul forum EFP, ‘Fairy and Spirits - Raccontami una Favola.
"Molti secoli fa, grazie ai portali, la Terra era in contatto con un mondo fantastico, completamente diverso: esso rispondeva al nome di Faeria. Essa era una terra fertile, rigogliosa; ricca di foreste, campi, fiumi e laghi; punteggiata da cittadine e grandi castelli occupati da re, regine, principi e principesse. Ma un giorno la loro esistenza sarà messa in pericolo e solo una persona potrà tentare di salvarli..."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SEI

 

Camminò in quell’ambiente luminoso e disorientante per un tempo che a Dalen sembrò infinito fino a quando essa si dissipò facendolo trovare direttamente davanti al portone titanico del castello che si aprì da sola facendolo entrare in una lunga sala completamente bianca, con solo qualche sfumatura azzurra, un immenso tappeto lo guidò alla parete frontale dove una scalinata conduceva ai sei troni enormi, ognuno occupato da una divinità, eccetto uno: quello di Balchtel.
Al centro sedevano Nimrodel ed Eöl; a fianco della dea della Natura si trovava il trono vuoto di Balcthel e quello vicino ancora era occupato da Heturin; a fianco del dio delle Acque e della Memoria sedevano Thiades e il suo compagno Adasser.
Tutti lo osservavano mentre avanzava verso di loro, Nimrodel lo guardava con un misto di furia e stupore mentre gli altri erano ammirati, Dalen aveva la pancia sottosopra, non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe affrontato le divinità in persona.
-Cosa ci fai qui, mortale! Come hai fatto ad attraversare la Città di Cristallo e convincere la custode a passare! Quella piccola traditrice… Le ho dato una seconda possibilità, mi sono fidata e mi ringrazia così- tuonò la dea della Natura alzandosi dal trono.
Eöl provò a farla sedere nuovamente, invitandola ad ascoltare ciò che il ragazzo aveva da dire, ma non ottenne i risultato sperato. È
L’Hybris stette con la schiena dritta, non facendo trasparire paura o altro finché la dea gli si avvicinava minacciosa: -Non sono stato io a convincere la custode, ma il mio cuore… È stato quello a farmi ritenere degno di varcare quell’uscio. Contrariamente a ciò che pensate Glamis è un’ottima custode ed un’ottima madre- ci fu un vociare alle spalle di Nimrodel che la fece infuriare ancora di più.
-Degno? Degno di cosa? So cosa cerchi… Quello che vogliono tutti, ricchezze e potere… Voi mortali siete così fragili e deboli ed infidi… Ti schiaccerò e ti farò pentire di avermi affrontato- prima che potesse far qualcosa l’alce si frappose tra i due ed Heturin corse a fermarla reclamando il suo diritto di intervenire in quanto il ragazzo fosse orfano e quindi suo protetto, gli la possibilità di parlare, nel mentre che lui riportò a sedere la dea.
-Sono qui per chiedere il vostro aiuto… Brax, un mago potente, è in combutta con Balcthel per conquistare l’intera Faeria e distruggere voi, in modo poi da poter regnare qui e anche sulla Terra da cui arrivo… Vostra sorella ha reso più forte il tiranno strappandogli il cuore, che custodisce lei stessa, e questo l’ha resa più potente perché ha come alleato un mago che non si fa scrupoli nell’usare la magia proibita-.
-Non vedo come posso aiutarti… Mia sorella non è un problema, l’ho battuta una volta e lo farò un’altra volta. Basta solo che arrivi qui e la ributterò nella prigione da dove è evasa- dichiarò Nimrodel.
-E i faeriani che stanno combattendo per la loro terra?- ripensò a tutte quelle città rese al suolo e alle persona conosciute -Stanno morendo per salvarla! Non vi importa di loro? Vi adorano con feste e doni… Loro credono in voi-.
Thiades fece per dire la sua ma venne sormontata dalla voce di Nimrodel: -I faeriani se la sono cercata… È un modo per espiare le loro colpe, finché non toccheranno la Città di Cristallo è di mia competenza. Ti ripeto che a Balcthel ci penso io… Se non vuoi pentirtene sparisci dalla mia reggia-.
Il ragazzo non voleva mollare e recuperò il cuore di pietra rossa mostrandolo alle divinità: -Questo è vostro dea della Natura! Lo avete perso secoli fa e ve lo rendo in cambio del pugnale che mi permetterà di purificare il cuore di Brax- lei lo guardò irrompendo in una fragorosa risata di scherno
dicendogli che un dio non ha un cuore come i meri mortali.
Dalen non sapeva più che inventarsi, non aveva letto nulla del genere sul libro di suo nonno e non aveva più la possibilità di consultarlo, ricordò le parole di Glamis e cercò l’alce per chiedere aiuto. Mentre la dea rideva le altre divinità guardarono con stupore la scena che si stava svolgendo davanti a loro: l’animale opalescente si posizionò davanti al ragazzo e gradualmente scomparve, trasformandosi in un venticello leggero, ma che lentamente si faceva sempre più forte fino a vorticare su se stesso e formare una piccola tromba d’aria bianca di fronte a loro.
Nimrodel non credeva ai suoi occhi, furiosa si alzò: -Mi sfidi? Ebbene sarai accontentato… Ma prima… Svegliati- gli soffiò addosso una polvere strana che fece svenire Dalen.


Il cinguettio degli uccelli e la morbidezza sotto di lui lo fece svegliare e guardandosi intorno si accorse di trovarsi nella sua stanza. Scattò in piedi, non poteva essere stato tutto un sogno, si guardò allo specchio, i suoi occhi erano di un blu normale, non aveva nessun graffio… Sentì l’angoscia invadergli il corpo, non voleva che fosse quella la verità.
Scese le scale trovando Gherda e Locuy alla prese coi fornelli, li chiamò per nome e loro si stupirono chiedendogli perché non li chiamasse “mamma” e “papà” nonostante avessero concordato di farlo anche se erano solo dei genitori adottivi.
Dopo un po’ li raggiunse anche Noiro e Dalen gli chiese come faceva ad essere lì e non a Faeria, lui lo guardò confuso non sapendo di cosa stesse parlando.
-Nonno, Faeria, il libro che mi avevi regalato e che avevi scritto tu… Non te lo ricordi? Saltavi da una dimensione all’altra per cercare di porre fine al terrore di Brax… io sono un Hybris- lui scoppiò a ridere e il ragazzo non capiva.
-Stai parlando di quel vecchio romanzo che ho scritto tempo fa? Ho sempre sospettato che tu avessi un punto debole per il genere fantasy ma non credevo che potessi arrivare addirittura a crederci-
-Ma i miei veri genitori… Loro sono…-
-Dalen, loro sono morti ancora tempo fa in un incidente stradale quando eri piccolo, mi dispiace- intervenne la madre.
Non poteva essere vero, afferrò il ciondolo mostrandolo alla famiglia: -E questo? Da dove viene?- il padre lo guardò sorridendo dicendogli che glielo avevano regalato pochi giorni prima al suo compleanno. Il campanello di casa suonò e il ragazzo andò ad aprire: si trovò di fronte Eleswin, ma con aspetto umano e abiti moderni; la ragazza gli si buttò tra le braccia scoccandogli un bacio sulla guancia ed entrò in casa tenendolo per mano.
I genitori l’accolsero a braccia aperte, dicendo che non vedevano l’ora di incontrare la ragazza del loro figlio, Dalen osservava, ma c’era qualcosa che non andava, lo sentiva, gli sembrava tutto così troppo perfetto. Anche se da un lato stava cominciando ad apprezzare quella possibile quotidianità normale e tranquilla.
Udì un sibilo fuori dalla porta di casa e corse fuori, trovò di fronte a sé l’alce opalescente che bramiva verso di lui, stava cercando di comunicargli qualcosa: non era quello il suo posto. Una voce lo fece voltare: la sua “famiglia” lo stava chiamando, indicandogli di tornare da loro, ma più loro cercavano di convincerlo più indietreggiava.
Improvvisamente tutto intorno si fermò, come messo in pausa e apparvero Nimrodel, Thiades ed Adssèr: era opera loro, volevano bloccarlo lì dentro.
-Non vorresti rimanere qui? Avresti una famiglia, una ragazza che ti ama, saresti amato e rispettato da tutti… Dimentica e lascia che Thiades si prenda cura di te, tu chiedi e lei esaudirà tutti i tuoi desideri- disse Nimrodel con falsa comprensione, per un momento Dalen fu tentato a cedere, poteva avere tutto ciò che voleva, non doveva più rischiare di morire, poi però il contatto col pelo candido e morbido del suo animale guida gli fece tornare in mente Eleswin, la “sua” Eleswin e non la copia falsa che aveva davanti.
-No! Io ho già una famiglia ed una ragazza che amo con tutto me stesso! Non le cambierò con nulla al mondo!- urlò e scatenò la furia della dea, stava per colpirlo quando due possenti braccia lo presero e trascinarono nel buio.

 

Atterrò sul pavimento nero e guardandosi intorno non vedeva altro che oscurità, poi si girò e vide Heturin ed Eöl, il secondo si avvicinò a lui indicandogli un punto lontano: -Vuoi sapere cosa ha perso la mia amata Nimrodel? Allora guarda, ti condurrò in un ricordo lontano nel tempo e che ormai ha seppellito- l’oscurità cominciò a prendere colore e forma: una bambina dalla lunga chioma verde stava giocando con dei piccoli fiori, facendoli volteggiare raggruppandoli e dividendoli, la giovane risata argentina riempiva il buio circostante.
Dalen si avvicinò cauto, non sapeva se poteva essere visto oppure no, istintivamente non voleva spaventare la bambina che capì essere Nimrodel ancor prima che diventasse una dea, cercò i due dei ma non li vide più: erano solo loro due.
Finché avanzava sentiva la voce della bambina intonare filastrocche, si chinò a fianco senza farsi notare, osservando come lei cantasse di ogni singola creatura che avrebbe popolato la futura Faeria e Terra, come giocasse con legnetti che assumevano le loro sembianze, poi l’alce bianco fece la sua apparizione e la bambina gli corse incontro accarezzandolo e parlandogli dolcemente: poteva vederlo e sentirlo, guardando il suo spirito capì cosa doveva fare.
-Ti piacciono queste creature?- chiese alla bambina porgendogli quei legnetti con le sembianze dei faeriani, lei annuì -Se ti dicessi che potrai creare questo mondo mi farai una promessa?-.
-Potrò fare quello che voglio?- chiese la piccola, raggiunta poi da altri bambini in cui riconobbe gli altri dei.
-Tu e gli altri potrete creare un mondo pieno di vita e gioia, aiutandovi gli uni con gli altri avrete le capacità di guidarlo. Ma prima, Nimrodel, dovrai promettermi una cosa- recuperò il cuore di pietra rossa e lo donò alla bambina -Dovrai amare tutte le creature in modo uguale, senza alcuna distinzione. Promesso?- la piccola annuì e il suo spirito guida aprì un vortice bianco.
Continuando a guardare quei bambini montò sull’alce ed attraversò il portale.

 

Atterrò nuovamente nel castello e sia lui che Nimrodel si ripresero con una profonda boccata d’aria, sembrava che entrambi fossero rimasti senza fiato troppo a lungo.
Lei guardò intensamente lui e l’alce, lo sguardo era di chi aveva riscoperto una cosa incredibile e sollevò la mano osservando il cuore in pietra rosso.
-Nimrodel… Tu non hai perso il tuo cuore fisico, ma l’amore che avevi promesso di provare per ogni singola creatura, non diventare come Balcthel- disse Dalen con lo stesso tono che aveva usato con la lei bambina.
La dea si alzò, lo sguardo duro e furioso di prima venne sostituito da uno dolce e sereno, il cuore si librò in aria e si tramutò un un pugnale dorato, lo diede all’Hybris: -Vai, compi il tuo dovere e quando Balcthel tornerà farò in modo che riceva la punizione che le spetta. Invece che una prigione l’attenderà una dimensione dove sarà sola fino a quando non si pentirà. Ma ti avverto, tuo zio è troppo consumato dalla magia proibita e purificare il suo cuore vorrà dire ucciderlo- il ragazzo afferrò l’oggetto annuendo, da una parte era intimorito, non aveva mai ucciso nessuno.
Sorridendo Nimrodel battè le mani catapultandolo nel pieno della battaglia che aveva come palcoscenico le terre di Faerith, la Città di Cristallo era lontana e intorno a lui c’erano solo i rumori delle spade che si incrociavano l’una con l’altra.
Schivò i fendenti, non sapeva combattere quindi optò per la fuga e cercare i suoi compagni, istintivamente parò un colpo dall’alto e vide che dall’altra parte della spada si trovava il re di Zerkatt, l’espressione sofferente di chi stava combattendo contro se stesso.
-Hybris!- urlò non appena lo riconobbe -Vattene! Brax è diventato ancora più forte, ha costretto anche chi non voleva stare dalla sua parte a combattere per lui- lanciò un altro fendente che venne prontamente parato.
-Non me ne vado, so come salvarvi e lo farò. Ho trovato vostra figlia e vostra moglie, vi assicuro che finita la guerra ve le riporterò- Dalen girò su se stesso liberandosi del re e corse alla ricerca di Eleswin e Glamis, poco più il là trovò Seamsoors in groppa a Roth mentre combatteva a suon di incantesimi il suo avversario.
-Dalen!- urlò -Temevano di non vederti mai più, sono due settimane che non ti facevi più vivo. Abbiamo temuto il peggio- lanciò un altro incantesimo col quale si liberò del nemico, lo fece salire in groppa del lecerguro, schivando e colpendo chiunque gli si parasse davanti.
-Due settimane? Ma se…- poi si ricordò delle parole di Glamis, il tempo nel mondo degli dei scorreva diversamente rispetto a lì.
Vennero colpiti da una palla luminosa, i due caddero dal dorso di Roth che si parò davanti, due braccia esili afferrarono Dalen che tentò di liberarsi, venne trascinato lontano da Seamsoors e il lecerguro, dietro ad un cumulo di macerie, mollò un pugno che venne bloccato dall’aggressore che riconobbe poco dopo: era Eleswin, preoccupata e sollevata allo stesso tempo.
-Accidenti come ti dimenavi, mi saluti così dopo due interminabili settimane?- chiese lei, lui l’abbracciò più forte che poteva, la strinse fino a farla protestare che non respirava più, ridendo sciolse l’abbraccio e si avvicinò per baciarla quando lo bloccò -Non ora, Hibrys… Prima finiamo questa guerra e poi potrai rimediare alla tua assenza… Ora dobbiamo farti avvicinare a Balcthel e Brax- raggiunsero la madre della Úmarth che stava mettendo a terra l’avversario.
Orgogliosa di Dalen per aver recuperato il pugnale, disse che bisognava cercare Brax per indebolirlo, fatto quello anche Balcthel sarebbe diventata più debole, dopodichè aiutò la figlia a fare strada in mezzo alla battaglia, non ci fu bisogno di cercare molto perché fu il tiranno a trovare loro.
Con un colpo spazzò lontano le due donne e gli lanciò contro lampi e palle infuocate, Dalen chiamò in aiuto l’alce ed una raffica di vento accompagnato da polvere bianca arrivò in suo soccorso allontanando gli incantesimi dell’uomo.
Continuarono a colpire e rispondere per un pezzo, fino a quando Dalen, deciso a concludere l’incontro plasmò col vento arco e freccia, mirò e colpì lo zio dritto al petto, nel punto in cui una volta batteva il cuore, con un grido di dolore si inginocchiò e repentinamente il ragazzo creò una cupola d’aria sotto il quale lo imprigionò; nel frattempo atterrò il corvo che prese le sembianze di Balcthel con lo sguardo sfigurato in una smorfia di dolore e furia.
-Come osi!- urlò brandendo la sua spada enorme e larga, lo caricò preparandosi ad abbassare l’arma su di lui, dal nulla comparve Eleswin che con la sua spada parò il colpo salvando l’Hybris.
-Veditela con qualcuno del tuo livello- le urlò la mezz’elfo.
-Brutta Úmarth arrogante, tu uno sporco miscuglio maledetto, non sei n’è una maga n’è un elfo… Ma non ti preoccupare porrò fine alla tua miserabile vita- si preparò a dare un altro colpo.
Eleswin spinse indietro Dalen: -Ora stammi lontano, solo quando avrò ottenuto la completa attenzione di Balcthel potrai colpirla- il ragazzo gli chiese cosa intendesse, ma non gli rispose lo salutò imitando i militari, afferrò il suo amuleto e lo strappò via, gettandolo lontano.
Un’onda d’urto colpì l’intero campo di battaglia mettendo in ginocchio tutti i combattenti, gli occhi puntati sulla ragazza che sollevò la spada, gli occhi completamente dorati, senza più iride, i segni sulle guance si illuminarono; la dea della Guerra si rialzò leccandosi il labbro superiore.
Si scontrarono, spada contro spada, nessuna si risparmiava, Eleswin materializzò dei rampicanti che crebbero rapidamente lungo le gambe della divinità, la colpì approfittando della situazione riuscendo a farle solo un graffio. Continuarono a battersi fino a quando la Úmarth portò Balcthel nelle vicinanze di Dalen, la divinità gli stava dando le spalle e lui lo interpretò come il segnale; affondò con rabbia il pugnale nella carne della dea, lì dove c’era il cuore di suo zio.
Un urlo squarciò l’aria, la dea si dimenò liberandosi dal pugnale, la ragazza riportò la sua attenzione su di lei, l’Hybris affondò una seconda volta il pugnale, ripensando ai suoi genitori. 
Il tempo sembrò fermarsi, tutti erano immobili col fiato sospeso.
Balcthel si inginocchiò e Dalen si voltò verso lo zio, ancora intrappolato, lo vide contorcersi dal dolore, un rivolo di sangue scese da un angolo della bocca, i loro occhi si trovarono, la malformazione dovuta alla magia proibita sparì, egli gli sorrise mentre gradualmente spariva, l’alce si avvicinò a lui e lo guardò abbassando il muso, Brax mimò un “grazie” con le labbra e sparì con un espressione felice e finalmente libera.
L’incantesimo di controllo sparì e tutti si guardarono per un breve periodo, poi si abbracciarono, nemici ed amici, capendo che la guerra era finita; i seguaci di Brax sparirono inseme a lui.
-Ce l’abbiamo fatta! Eleswin, è tutto finito!- Dalen non ottenne risposta, si voltò verso Balcthel che, stremata, si lasciò cadere sul fianco rivelando l’orrenda scoperta che il ragazzo non avrebbe mai voluto fare: la Úmarth giaceva riversa a terra, un terribile squarcio a livello dell’addome che perdeva copiosamente sangue.
Disperato l’Hybris si gettò su di lei, prese tra le braccia il corpo di lei, scosso da tremiti: -Nonono, non ti azzardare a lasciarmi Eleswin, non farlo… Non puoi, io ti amo- sentì le lacrime pizzicargli gli occhi e scendere copiose.
Lentamente la ragazza aprì le palpebre che sentiva sempre più pesanti: -Ehi Dalen, non piangere… Ce l’hai fatta, no?- si sforzò di sorridere, ma tossì sputando sangue.
-No… Ce l’abbiamo fatta… Anche tu hai salvato Faeira e la Terra-.
-Bene… Ti amo, Dalen- a queste parole spirò tra le sue braccia.

A quel punto Dalen non si trattenne e dopo un urlo liberatorio iniziò a piangere; a breve venne raggiunto anche da Roth che si accucciò a fianco della sua compagna d’avventura, dandole brevi leccate al volto; singhiozzando si avvicinò anche Seamsoors ammettendo che si pentiva di aver trattato male lei e la sua specie; il ragazzo sentì una mano sulla spalla e vide Glamis piangere lacrime argentee, ella si abbassò accarezzando quella figlia che aveva perso, ritrovato e perso di nuovo definitivamente.
Una voce maschile chiamò la donna ed alzando lo sguardo videro l’espressione confusa di re Leithan, l’elfo si alzò e si buttò tra le sue braccia piangendo e sfogandosi; non ci fu bisogno di parole, il re di Zerkatt capì al volo che quella ragazzina con cui si era affrontato più e più volte altri non era che sua figlia e che lo scherzo del destino aveva messo sulla sua strada, l’aveva avuta sempre davanti e lui non se ne era mai accorto; strinse più forte a sé la moglie lasciando che il dolore prendesse il sopravvento, lo stesso che colpiva tutti non solo gli umili, ma anche i regnanti.
I presenti, uno ad uno, si unirono al lutto, vergognandosi di come avevano trattato quella gente, tra essi emersero anche le varie tribù Úmarth, che nell’ombra stavano aiutando durante la battaglia, si inchinarono davanti al corpo senza vita, ancora stretto tra le braccia di Dalen.
Dal nulla si palesò Nimrodel, seguita a ruota dalle altre divinità, impaurita Balcthel osservò la sorella che la osservava con sguardo accusatorio ed ordinò ad Heturin ed Adasser di legarla e non farla scappare, poi si avvicinò ad Eleswin: -Questa Úmarth ha mostrato più valore di altri messi insieme, l’aldilà ti accoglierà con grandi feste e la tua impresa verrà narrata in eterno- si alzò -A nome mio e di tutti gli dei ti ringrazio per aver posto fine alla guerra e verrai ricompensato con le ricchezze più rare di Faeria-.
-Non voglio alcun ringraziamento od oggetti preziosi- disse Dalen con voce roca.
-E allora cosa vuoi come premio?- chiese stupita Nimrodel.
-Voglio solo avere indietro Eleswin e che tu tolga la maledizione sui mezzi elfi… Questa è la mia unica richiesta-.
La dea si inginocchiò a fianco a lui: -Mi dispiace, ma persino per noi divinità la morte è invincibile, non possiamo riportare in vita qualcuno che ha varcato i cancelli dell’aldilà- Eöl schiarì la voce facendo venire in mente una cosa alla moglie -A meno che non ci sia qualcuno disposto a morire al posto suo… Una vita per un’altra vita, è l’equilibrio che va mantenuto-.
-Prendete me- disse Glamis -Se questo servirà a riportare mia figlia sarò ben felice di fare cambio con lei- ma venne ripresa dal marito offrendosi lui al suo posto, Nimrodel li guardò stupefatta commentando quanto fosse forte l’amore di un genitore.
A ruota uno ad uno si offrirono di prendere il posto della ragazza, colpendo gli dei come una semplice persona possa suscitare tanta unione.
-Nessuno di voi morirà- parlò il folletto -Sarò io a prendere il suo posto-.
Dalen lo bloccò: -No! Ti rendi conto cosa implicherebbe questo?- Seamsoors lo guardò ed annuì, determinato come non mai.
-Sono sempre stato un codardo nella mia vita, non posso permettere che per lei si sacrifichi il padre o la madre o il suo lecerguro o il ragazzo che ama… Sarò io… E quando si riprenderà dille una cosa “Ti ho dimostrato che non sono un codardo”- con un sorriso si rivolse a Nimrodel che capì.
La dea giunse le mani con quelle del marito creando un cerchio luminoso, Seamsoors ci camminò dentro e svanendo lentamente salutò coloro che sono stati suoi compagni di avventura.
Eleswin boccheggiò e tossì prima di aprire gli occhi e sentirsi stringere da braccia forti, le stesse che aveva imparato ad amare: -Piano… Non vorrai uccidermi di nuovo- ridendo i due si separarono, venne raggiunta dai suoi genitori che la presero tra le braccia, coccolandola e baciandola.
Nimrodel osservava soddisfatta la scena: -Io dichiaro che da ora ognuno è libero di amare chi vuole e che i mezzi elfi non siano più maledetti- pronunciata questa frase i simboli sparirono dalle gote degli Úmarth che festeggiarono felici -Con questo ritengo che siamo pari Hybris- i due si scambiarono un sorriso e le divinità sparirono.
La mezzo elfo si guardò intorno non trovando il folletto, Dalen, allora, le riportò l’accaduto e le sue ultime parole; lei scoppiò a ridere, ma era una risata amara alla quale si mescolarono lacrime di tristezza.

 

Una luce intensa fece percepire a Dalen un mondo luminoso dietro le palpebre serrate, quando sentì che cominciava a dargli fastidio si ridestò aprendo pigramente gli occhi.
Erano passate alcune settimane da tutti gli avvenimenti precedenti e si sentiva ancora frastornato dal sonno, lentamente il ronzio di sottofondo si tramutò in un insieme di suoni ovattati e gli ci volle un bel po’ per riprendersi definitivamente.
I suoni ovattati presero sempre più forma e il ragazzo vi riconobbe i rumori inconfondibili e festosi del mercato, pigramente si alzò dal letto ed uscì sul terrazzino, per essere investito da un tripudio di colori, odori ed urla dei mercanti che richiamavano i clienti alle loro bancarelle.
Si ricordò del libro di Noiro e con nostalgia si chiedeva se Rikt si stesse prendendo cura di esso al posto suo, si stropicciò gli occhi guardando ciò che si trovava sotto al suo terrazzino: il più grande Mercato di Faeria, ospitato dalla città di Zerkatt. A quel punto Dalen si vestì in fretta e furia, corse fuori dal castello e si immerse in esso, lasciandosi guidare dagli odori pungenti e delicati dei prodotti veduti, dai colori vivaci e dai suoni frastornanti.
Sollevò lo sguardo e vide che il cielo era di un azzurro limpidissimo, senza l’ombra di una nuvola. Era talmente perso da ciò che lo circondava che non si accorse di una figura incappucciata che, correndo, si scontrò contro di lui per poi cadere a terra rovinosamente sotto gli occhi di tutti.
Dalen alzò lo sguardo e con sua sorpresa, sotto al cappuccio si trovò a fissare due iridi rosse verso la pupilla e che tramutavano in giallo verso il contorno di esse, le labbra carnose piegate in un dolce sorriso.
-Stai ancora scappando dai tuoi?- chiese divertito Dalen aiutando la ragazza ad alzarsi.
-Non ho voglia di restare chiusa nel castello ad apprendere come si balla a corte se fuori c’è il mercato più grandioso che ci sia. Ora che non devo più rubare per vivere posso godermelo a pieno- rispose Eleswin prendendolo sottobraccio.

Dopo la battaglia, Nimrodel riaprì i portali ma impose una condizione su essi: siccome gli umani non erano pronti ad accogliere il mondo di Faeria nel loro, fu permesso solo ai faeriani di passare tra i due mondi rimanendo discreti, mentre solo gli umani più temerari e meritevoli avrebbero potuto oltrepassare quei varchi.
Inoltre le divinità, persino Balcthel sotto la stretta sorveglianza di Heturin, aiutarono i faeriani a ricostruire le città, ridandogli la stessa grandiosità che avevano prima, se non di più; i monti Úroth vennero distrutti, cancellando la divisione tra Eosel e Faerith; la Città di Cristallo rimase ma non fu esclusivamente per gli elfi ed era il luogo che ospitava la biblioteca più grande e fornita di tutta Faeria. Infine gli dei ripresero a camminare e dialogare con i mortali, i quali li coinvolsero nella loro vita quotidiana maggiormente a prima.
Dalen ed Eleswin passeggiarono tra le bancarelle e i mercanti, felici per il ritorno della regina e della principessa di Zerkatt offrivano a tutti piccoli assaggi dei loro prodotti. Stanchi di camminare nella folla, arrivarono a palazzo dove vennero accolti da Gherda, Locuy e Noiro, tornati per rimanere a Faeria e aiutare nella ricostruzione.

Il gruppetto si incamminò verso il grande giardino retrostante il castello, lì trovarono i due regnanti guardare Roth e l’alce che non l’aveva più abbandonato nonostante avesse ormai imparato ad usare i suoi poteri, tanto è che li utilizzava per aiutare a ricostruire le città.
Il re e la regina accolsero a braccia aperte il ragazzo e condussero i presenti nello stanzone del trono, dove enormi finestre davano sul mercato di Zerkatt.
-Grazie a te Faeria è tornata a vivere… Come padre voglio ringraziarti per aver fatto tornare a battere il mio cuore, fermatosi anni fa- diede un lieve bacio alla moglie e accarezzò la guancia della figlia -Qualsiasi sia la ricompensa che chiedi, sarò ben felice di dartela… Non baderò a spese-.
-Non voglio niente di prezioso- rispose Dalen guardando dolcemente Eleswin -Solo una risposta da parte di una persona- il re e Locuy lo guardarono confuso, mentre Glamis, Gherda e Noiro sorrisero.
Il ragazzo si avvicinò alla ragazza prendendole le mani tra le sue: -Eleswin, vorresti farmi l’onore di restare al mio fianco e viaggiare con me scoprendo tutto quello che Faeria ha da offrirci?- lei lo guardò con un sorriso ampio e lo abbracciò continuando a ripetere “sì”, lui l’allontanò e pose le sue labbra su quelle della ragazza dandole un bacio pieno di amore.
-Suppongo che dovrò accettare la cosa- si arrese re Leithan, la moglie rise stringendosi al suo braccio.
-Tranquillo papà- disse la figlia separandosi da Dalen -Torneremo quando sarà il nostro turno di regnare- i presenti cominciarono a ridere, felici.

Eleswin e Dalen si affacciarono dal finestrone, guardando la grande statua dedicata al primo folletto che ebbe il coraggio di sacrificarsi per la loro felicità: Seamsoors, poi con lo sguardo di chi era pronto ad affrontare le nuove avventure che si sarebbero presentate, volsero gli occhi all’orizzonte di quella terra magica conosciuta come Faeria.

 

  
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