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Autore: Ode To Joy    26/01/2018    2 recensioni
ABBANDONATA
[Lotor x Lance]
Post-S3
”I tuoi occhi sono blu…”
Lance avvertì una nota sorpresa nella sua voce. Sorrise.
“Adesso, però, devi dirmi di che colore sono i tuoi.”

Dopo una battaglia finita male, Lance si ritrova solo ed incapace di vedere a causa di un danno irreversibile subito agli occhi.
"Mi permetterai di vedere il tuo viso, prima che tutto questo finisca?"
Viene salvato e fatto prigioniero da un giovane generale Galra senza nome che ha tutte le intenzioni di sfruttare il Paladino a suo vantaggio.
"Hai già visto molto più di quello che avresti dovuto, Paladino Blu."
Ma ogni strategia ha i suoi punti deboli.
[Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!]
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, McClain Lance
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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XIV
Favola





Suo malgrado, Lance dovette ammettere che il cibo sulla Nave Madre era di gran lunga migliore di quello che Coran cercava di far mangiare loro al Castello. Tuttavia, nemmeno quello riusciva a battere la cucina di Hunk.

“Devi proprio mangiare sul letto?” Domandò Lotor dal divano con un sopracciglio sollevato.

Lance si era accomodato tra i cuscini, il piatto appoggiato sulle gambe. Scrollò le spalle. “E perchè tu non mangi?” Indicò il carrello sospeso a venti centimetri da terra al centro della stanza. Due guardie lo avevano lasciato nel corridoio perchè Lotor non aveva concesso loro il permesso di entrare.

Il Paladino Blu si era buttato sulla sua razione di cibo senza pensarci due volte, ma il Principe non si era dimostrato altrettanto affamato.

“Aspetto di vedere se collasserai a terra avvelenato, prima di servirmi,” rispose Lotor con un ghigno beffardo.

Lance si smise di masticare e passò gli occhi dal viso dell’altro a quella specie di zuppa semi-solida nel suo piatto. Ingoiò e storse la bocca in una smorfia. “Quanto sei stronzo…”

“Sappi che è un insulto che non ho ancora compreso del tutto,” disse Lotor. Aveva ancora quell’espressione divertita sulla faccia.

Lance s’imbronciò. “Non mi va di essere volgare. Un giorno, ti farò conoscere Keith e te lo spiegherà lui.”

“Dubito che accadrà mai,” rispose Lotor distrattamente, passandosi una mano tra i capelli.
Li aveva sciolti e a Lance piaceva. “Non assomigli per niente a tuo padre.” Era un commento pericoloso e lo sapeva ma la provocazione era alla base del loro gioco e dopo aver affrontato Zarkon a testa alta, il Paladino Blu si sentiva coraggioso.

Lotor non ebbe nessuna particolare reazione. “La strega ripete che sono identico a lui da quando ho memoria.”

“La strega…” Ripetè Lance. “Era la donna accanto al trono, vero?”

“Si chiama Haggar. È il mostro più pericoloso dell’Impero.”

Lance sgranò gli occhi. “Più di Zarkon?”

“Mio padre è prevedibile,” spiegò Lotor. “Lei no.”

Il Paladino Blu premette la punta del cucchiaio contro le labbra. “Penso che sia la donna che ha fatto del male a Shiro.”

“Ha torturato centinaia di uomini.”

“Anche te?” Nel momento in cui gli occhi del Principe si fissarono nei suoi, Lance si pentì di averlo chiesto. Abbassò lo sguardo sul suo piatto quasi vuoto e scosse la testa. “Scusami, io… Ho parlato troppo. Non avrei dovu-”

“Parlami ancora della Terra,” lo interruppe Lotor. “Del luogo dove sei nato.”

Lance rilassò le spalle e continuò a mangiare. “C’è un modo per rivedere quella specie d’interrogatorio?”

Lotor lo fissò. “Vorresti rivederlo?”

“Potresti vederlo tu,” propose Lance, scendendo giù dal letto, il piatto vuoto tra le mani ed il cucchiaio tra le labbra.

Lotor lo fissò confuso. “Mi lasceresti vedere le tue peggiori paure, i tuoi desideri e… Tutto il resto?”

Lance appoggiò il piatto sul carrello sospeso a mezz’aria ma continuò a giocare con il cucchiaio. “Ti ricordo che ti ho visto la prima volta solo dopo quell’interrogatorio. Non avevo molto materiale su cui fantasticare.”

Lotor inarcò un sopracciglio. “Il tuo sogno erotico era al buio?”

Lance rise. “Ti prego, ripeti sogno erotico con quell’espressione da Generale consumato ancora una volta!”

“Mi hai detto di aver mostrato alla strega che siamo amanti.”

Il Paladino Blu picchiettò il retro del cucchiaio contro le labbra. “Gliel’ho… Fatto sentire?”

Lotor sbuffò. “Lance…”

“Era la tua voce!” Esclamò il Terrestre. “Sentivo il tuo odore addosso a me. Eri tu, non ho dubbi!”

“Il mio odore?”

“Togliti quell’espressione beffarda dalla faccia!” Lance gli puntò il cucchiaio contro. “Non ti vedevo, Lotor! Potevo solo sentirti e, sì, ho memorizzato il tuo odore! Siamo stati molto vicini in diverse occasioni!”

Il Principe cambiò argomento. “Perchè vuoi che veda il tuo interrogatorio?”

Lance scrollò le spalle. “Ci sono i luoghi della mia infanzia, il posto in cui ho conosciuto i miei amici… C’è tutto quello che ti ho descritto a parole decine e decine di volte.”

“Anche le tue paure.”

“Le conosci già le mie paure, Lotor,” replicò Lance. “Per sapere che sono terrorizzato al pensiero di perdere i miei compagni, non ti serve vedermi piangere sul cadavere di Keith. Farmi credere che sarebbero morti tutti a causa mia è stato il tuo primo modo per torturarmi.”

Lotor si fece serio ed il Paladino Blu con lui. Quest’ultimo non fece durare il silenzio a lungo. “Com’era Daibazaal?”

Per un momento, gli occhi di Lotor si fecero grandi, smarriti. “Come?”

Lance sorrise gentilmente. “Ma sì!” Saltellò fino al divano e si lasciò cadere a meno di un metro di distanza dal Principe. “Ho visto qualcosa di Altea. Nessuno, però, mi ha mai descritto Daibazaal.”

“Perchè tanto entusiasmo?” Domandò Lotor.

Lance gonfiò un poco le guance. “Io ti ho raccontato dei luoghi in cui sono cresciuto,” disse. “Ti ho parlato della sabbia, del mare e del deserto in cui si trova la Garrison. E tu? Com’era il luogo in cui sei cresciuto? Da bambino, che cosa vedevi dalla tua finestra?” Si voltò verso la grande vetrata che dava sul resto della Nave Madre e la indicò. “Non dirmi che è questo.”

“Non sono mai stato su Daibazaal,” disse Lotor con voce incolore.

Lance sbatté le palpebre un paio di volte, poi i suoi occhi si fecero grandi. “Oh, certo… Scusami, tu non…” Ci riflettè e la confusione gli fece aggrottare la fronte. “Come sarebbe a dire che non ha mai visto Daibazaal?”

“Perchè lo dici con quel tono offeso?” Domandò Lotor annoiato.

“Perchè mi tratti come un idiota!”

“Ed io ti ripeto che non ho mai visto il pianeta dei Galra.”

Lance tentò di mettere insieme i pezzi a sua disposizione ma non riuscì a creare un quadro chiaro della situazione. Coran ed Allura non avevano mai detto una singola parola su Lotor. Sì, non erano sempre stati completamente sinceri riguardo ai primi Paladini, ma Coran aveva raccontato loro tutta la storia di Alfor, Zarkon e Honerva nei dettagli. Perchè omettere Lotor? A quel punto, la sua esistenza non era più un segreto per nessuno.

Ripensò ad Allura, al modo in cui aveva definito l’esistenza del Principe dei Galra disturbante.

Lance non riusciva a capire. “Quando sei nato, Lotor?”

Il Principe lo guardò come se quella domanda non lo toccasse in alcun modo, eppure non gli rispose. Nel tempo che avevano passato insieme, il Paladino Blu aveva imparato a dare valore ai silenzi ai suoi silenzi. Le parole erano la prima arma del Principe dei Galra e di fronte a quell’assenza di emozioni, Lance sentì una morsa stringergli il petto. “Non lo sai…” Concluse.

Il viso di Lotor era una maschera impenetrabile. Si alzò in piedi e, di riflesso, Lance fece aderire le spalle allo schienale del divano.

“Dovresti riposare,” disse il Principe, guardandolo dall’alto in basso. “Sei al sicuro in queste stanze e non puoi permetterti di non essere in forze su questa nave.”

Lance inarcò le sopracciglia. “Ma tu dove vai?” Domandò.

Lotor non rispose e si diresse verso la porta.

“Non mangi nulla?” Domandò il Paladino Blu con una nota di rimprovero. “Anche tu devi restare in forze! Stiamo combattendo insieme, no? Abbiamo bisogno l’uno dell’altro.”

Lotor gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. “Infatti, sto andando ad assicurarmi che la vittoria sia nostra,” disse. “Vai a dormire, Lance.”





C’era odore di pioggia nell’aria. Fu la prima cosa che Lotor percepì.

I capelli tra le sue dita erano umidi, corti e di un intenso colore castano. Gli ricordava la corteccia degli alberi nelle giornate di sole o la terra scura, bagnata dopo un temporale estivo. Si ricordò che a Lance piaceva la pioggia.

Anche la sua pelle era umida, morbida, bronzea. Assaggiò le sue labbra ed affondò le dita dove la carne era più morbida. Avrebbe voluto divorarlo.

Chissà se gli avrebbe dato il permesso di morderlo? Per gioco, senza fargli male.

Affondò il naso nell’incavo del suo collo. Era lungo, sensuale ma anche estremamente fragile. Sarebbe bastata una pressione minima per spezzarlo.

Quel pensiero sadico scivolò via dalla sua mente come la lingua di Lance disegnò il contorno della sue labbra. Le sue piccole dita s’infilarono tra i suoi capelli. Gli piacevano e Lotor lo sapeva, anche se non ne avevano mai parlato.

Era seduto su di lui, piccolo e vivace. Voleva fare a modo suo ma Lotor era troppo orgoglioso, troppo affamato per lasciarlo fare.

Gli diede una spinta per gioco e cadde tra le lenzuola.

Udì il rombo di un tuono in lontananza ma venne presto sostituito dal suono cristallino della risata di Lance.



“Stiamo bagnando tutte le lenzuola.”

A Lotor non poteva importare di meno. Sapeva che non era reale ma questo non lo rendeva meno eccitante. Il Paladino Blu aveva parlato solo di voci, di sensazioni. Lotor, invece, poteva vedere ogni cosa.

Non conosceva quel luogo, sapeva solo che c’era un mare in tempesta fuori dalle finestre di quella camera. Era un ambiente semplice, dalle pareti bianche. Le lenzuola erano pulite ed in disordine, sebbene non avessero ancora fatto niente.

Lance si sedette di nuovo sulle sue gambe, la fronte appoggiata alla sua e le sue piccole mani tra i capelli. Sorrideva. Era felice ed i suoi occhi sembravano ancora con più blu a quella distanza.

Erano stati sorpresi da un temporale?

Lotor non poteva saperlo: quella era la fantasia di Lance, non la sua.

Tuttavia, non poteva dire che gli dispiacesse. Il Paladino Blu gli circondò il collo con le braccia ed i loro petti aderirono completamente.

Lance spalancò i grandi occhi blu e dischiuse le labbra in un’espressione di finta sorpresa. Lotor rispose a quell’espressione con un ghigno compiaciuto. Sì, era eccittato ma era un sogno e nessuno lo avrebbe rimproverato per aver approfittato della situazione.

Lotor spinse Lance contro le lenzuola ed il Paladino Blu non oppose resistenza. Al contrario, divaricò le gambe in modo da permettergli di stendersi su di lui.

Non c’era più un singolo centimetro della loro pelle umida che non si toccasse. Lance liberò le dita dai suoi capelli e le intrecciò alle sue.

Lotor si perse nei dettagli di quella fantasia. Era straordinariamente dolce per essere un sogno erotico. Lance era sereno, a suo agio e, sì, la sua pelle era calda e vogliosa di baci, di attenzioni più audaci ma non aveva fretta.

In quel momento, con il rumore della pioggia in sottofondo, Lotor aveva l’idea che Lance potesse essere felice anche così, con lui tra le sue braccia in una camera da letto che non si addiceva nè ad un Principe nè ad un Paladino. Sorrideva, era sereno e Lotor pensò che fosse davvero bello, come lo aveva pensato quel giorno, alla fine del temporale, quando Lance era rimasto in attesa di un bacio che non aveva avuto il coraggio di dargli.

Aveva negato, Lotor. Aveva mentito come un bambino spaventato dalle conseguenze.

In quell’occasione, Lance non aveva potuto guardarlo negli occhi ma aveva percepito il suo desiderio, come una forza invisibile che li aveva spinti l’uno verso l’altro.

La voce dei suoi Generali aveva riportato Lotor alla realtà, gli aveva ricordato cosa era Lance e cosa era lui, che si erano spinti entrambi troppo oltre perchè sfiorarsi potesse essere catalogato come giocare.

Era per quel motivo che Lotor era andato in quel bordello, per liberarsi dal prurito che gli occhi ciechi di Lance e le sue labbra intoccate gli avevano provocato. Per dare al sesso la dimensione in cui lo aveva sempre relegato per regola: sfogo, un semplice sfogo.

Con Lance sarebbe stato qualcos’altro e Lotor non aveva avuto il coraggio di scoprire cosa.
Quella, però, era solo una fantasia. Nessuno l’avrebbe mai saputo.

“Sei così caldo…” Commentò Lance dolcemente aggiustandogli una lunga ciocca di capelli candidi dietro l’orecchio.

Lotor si chinò su di lui e, alla fine, fece sue quelle labbra piene come nella realtà non avrebbe mai potuto fare. Erano morbide e deliziose.

Lotor morse con gentilezza il labbro inferiore e Lance sorrise. “Facciamo l’amore?” Glielo domandò contro la sua bocca, guardandolo dritto negli occhi.

Il Principe lo lesse nel suo sguardo, nella sua espressione, nel modo in cui giaceva tra le sue braccia: Lance si sentiva al sicuro con lui, tra le quelle lenzuole, con le sue mani sulla sua pelle.

Al tempo di quella fantasia, Lance non conosceva nemmeno il suo aspetto. Sapeva di lui solo quello che le sue mani gli avevano mostrato, eppure non c’era insicurezza in quegli occhi blu.

Ora, Lotor ne aveva la certezza: se lo avesse baciato quando ne aveva avuto l’occasione, il Paladino Blu sarebbe stato suo.

La sua risposta fu un altro bacio. Lance premette le cosce contro i suoi fianchi e le lenzuola scivolarono via. Erano solo loro, pelle contro pelle.

Un altro sguardo di quegli occhi blu e Lotor seppe di non avere scampo. La baciò a fior di labbra e Lance si spinse verso di lui.

Lo invitò ed il Principe se lo prese.

Lance reclinò la testa all’indietro con un sospiro. Fu impossibile non baciare quella pelle ambrata e prenderla tra i denti, senza fargli del male.

“Che cosa sono per te?”
Lotor non seppe mai se era stato lui a parlare o il se stesso del sogno.




La scena cambiò.

Quando Lotor riaprì gli occhi, Lance non era più tra le sue braccia, aveva smesso di piovere ed il mare fuori dalle finestre si era quietato. Era nello stesso letto della fantasia precedente ma il sole era tramontato ed un bel cielo trapunto di stelle rispose al suo sguardo smarrito.

Era nella stessa stanza e nello stesso letto su cui, fino a pochi istanti prima, stava facendo l’amore con Lance.

Al posto del rumore della pioggia, fu una canzone a spezzare il silenzio.

“I know you, I walked with you once upon a dream,” cantava una voce che aveva l’impressione di conoscere. “I know you, the look in your eyes is so familiar a gleam.”

Lotor si alzò dal letto. Aveva addosso un paio di pantaloni che non aveva mai indossato. Non erano scomodi, erano solo strani.

“Yet I know it’s true that visions are seldom all they seem.”

La porta della stanza dal lato opposto del corridoio era socchiusa ed i suoi contorni erano illuminati da una soffice luce dorata. Lotor percorse il corridoio senza fretta e premette il palmo aperto sulla superficie di legno per avere una visione più chiara della stanza.

“But if I know you, I know what you’ll do.”

Lance cantava con un sorriso innamorato sulle labbra. Si muoveva da un angolo all’altro della piccola camera lentamente, con una grazia che Lotor non si sarebbe mai aspettato da lui. Tra le braccia, stringeva un fagottino bianco e rosa.

Rendendosi conto di cosa stava guardando, Lotor appoggiò la spalla all’architrave bianco della porta e rimase dov’era.

“You’ll love me at once, the way you did once upon a dream.” Lance si chinò sulla piccola culla al centro della stanza e vi depositò il suo prezioso tesoro. Quel sorriso innamorato era ancora sulla sue labbra ed era così diverso da quello che aveva rivolto a lui nella fantasia precedente.

Era amore puro quello che illuminava gli occhi del Paladino, il genere di amore che non aveva mai riscaldato la pelle di Lotor e a cui non era mai riuscito a credere completamente.

Era il tipo di amore che solo un genitore poteva provare nei confronti della propria creatura, una desiderata e messa al mondo con amore.

Un amore che per Lotor esisteva solo nelle favole.

Quando gli occhi blu di Lance si sollevarono su quelli indaco di Lotor, entrambi si fecero rigidi. Fu il Paladino a spezzare il silenzio per primo. “Vuoi vederla?” Domandò dolcemente.

Lotor sapeva che quello non era davvero Lance, che era dentro ad una sua fantasia e che stava reagendo alla sua presenza seguendo regole che al Principe erano sconosciute.

Accettò l’invito per pura curiosità.

La creaturina addormentata assomigliava a Lance nel modo in cui un neonato può assomigliare al proprio genitore. Aveva la stessa pelle ambrata e le belle labbra piene, mentre la testolina era ricoperta di riccioli castani.

Non poteva vedere il colore degli occhi. “Sono come i tuoi?” Domandò il Principe.

Il Lance dell’illusione lo guardò confuso. “Come?”

“Ha i tuoi occhi?” Domandò di nuovo Lotor. “Ha gli occhi blu?”

L’illusione sorrise teneramente. “Sì.”

“Di chi è?”

“È mia,” rispose Lance.

“E di chi altro?”

Lance scosse la testa confuso. “È solo mia.”

Lotor annuì e non chiese altro: provare ad usare la logica con le fantasie della mente di qualcun altro era un grosso azzardo. Il sogno erotico di poco prima non aveva bisogno di particolari interpretazioni, ma Lotor non sapeva come era arrivato fino a lì. “Le stavi cantando una ninna nanna?” Domandò.

“È la canzone di un film per bambini,” rispose Lance. “Racconta di una principessa che viene cresciuta da tre fate per essere tenuta al sicuro dalla regina cattiva. Tutti i tentativi di proteggerla, però, si rivelano vani e la principessa finisce vittima di un sortilegio che può essere spezzato solo dal bacio del vero amore.”

Lotor si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo: sì, poteva aspettarsi una cosa simile dalla mente di Lance.

“E come finisce?” Domandò, più per coprire il silenzio che per reale curiosità.

La risposta di Lance fu imprevedibile. “Lo vedremo,” disse con un sorriso furbetto. “La favola non è ancora finita.”

Il Principe lo guardò e gli chiese in silenzio a che cosa si stesse riferendo. Il Lance dell’illusione, però, cambiò argomento. “La principessa della favola si chiama Aurora,” disse. “È il secondo nome sulla mia lista per quando nascerà lei,” tornò a sorridere con amore alla bambina addormentata.

Lotor inarcò le sopracciglia. “Non è ancora nata?”

“No,” Lance rise. “È solo mia pe ora, ma non può essere solo mia per venire al mondo, capisci?”

Lotor capiva ma non completamente. “Se il suo nome non è Aurora, qual è?”

Lance passò una mano tra i riccioli della bambina addormentata. “Guinevere,” rispose. “Come la regina amata, seppur nel peccato, dal cavaliere Lancelot.”





”Lotor.”




Il sogno svanì.





Il Principe aprì gli occhi immediatamente. Non perchè la voce che lo aveva chiamato fosse stata brusca, ma perchè ne aveva riconosciuto la proprietaria.

Haggar lo fissava da davanti la porta della stanza e le basse luci viola che illuminavano l’ambiente contribuivano enormemente a peggiorare il suo aspetto inquietante.

Lotor si tolse dalla testa l’interfaccia neurale ed interruppe il collegamente con l’ampolla piena di liquido dorato: i frammenti della coscienza di Lance sottratti dalla strega durante l’interrogatorio.

Non appena Lotor si alzò in piedi, il braccio meccanico dell’archivio recuperò l’ampolla per riportarla al suo posto. “Che cosa vuoi?” Domandò con voce gelida.

“Il Paladino Rosso non è con te,” notò Haggar, come se non fosse ovvio. “Nonostante i tuoi inutili tentativi di farlo passare come il tuo cagnolino personale, sembra che non sia così entusiasta di scodinzolare ai tuoi piedi.”

“Blu,” la corresse Lotor distrattamente. “Lance era il Paladino Blu. Pilotava il Red Lion ma era comunque il Paladino Blu. Non mi sono mai interessato alla logica dietro questa assurda dinamica.”

“Lance è un Paladino,” disse Haggar con convinzione. “Quello che mi sfugge è se stiate entrambi cercando d’ingannare me e tuo padre o se è riuscito a manipolare anche te.”

“Io non mi faccio manipolare da nessuno,” sibilò Lotor. “Tu e mio padre mi avete addestrato bene in questo,” aggiunse rancoroso. Detestava il modo in cui la strega riusciva a colpirlo nei punti giusti per fargli perdere il controllo.

Tutto ciò che quella donna voleva era fargli fare un passo falso. Se era venuto a cercarlo, doveva considerarlo più debole di Lance e questo Lotor non riusciva a farselo andare giù.

“Devo andare,” disse, superandola con ampi passi veloci. “Il cucciolo ha bisogno di essere nutrito.” Cercò di suonare beffardo, anche malizioso.

“Attento a quel giovane, Lotor,” lo avvertì Haggar, prima che il Principe uscisse dalla porta. “Se lo stai usando, è un’arma troppo grande per te. Se ti sta ingannando, tuo padre non avrà pietà di te quanto di lui.”

Lotor ghignò. “Sbaglio o tu e mio padre temete un ragazzino Terrestre che, senza i suoi compagni, non ha alcun potere.”

“A me ha ricordato qualcuno,” disse Haggar.

Lotor smise di sorridere.

La strega gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo. “Ed anche a tuo padre.”




Quando Lotor tornò nelle sue stanze, Lance stava cantando.

Per uno strano gioco del destino, stava intonando proprio la canzone che aveva udito nel suo sogno.

“I know you, I walked with you once upon a dream.”

Le stanze avevano un odore diverso: profumavano di vivo.

“I know you, the look in your eyes is so familiar a gleam.”

Lotor attraversò il salotto e superò l’arco che portava alla camera da letto. Il materasso era spoglio, le lenzuola sporche erano state appallottolate in in un angolo e altre erano ripiegato in un angolo, pronte per essere usate.

“Yet I know it’s true that visions are seldom all they seem. But if I know you, I know what you’ll do. You’ll love me at once, the way you did once upon a dream.”

La voce di Lance proveniva dall’interno della stanza adiacente. Lotor si fece avanti lentamente, attento a non farsi sentire e si affacciò sul bagno. Non aveva idea di dove Lance avesse trovato tutto il necessario per pulire, ma non se ne preoccupò, non in quel momento.

Lance aveva legato all’indietro i capelli troppo lunghi ed i riccioli castani rimbalzavano su e giù, mentre il loro proprietario improvvisava qualche passo di danza. Aveva  le maniche della maglietta tirate fino ai gomiti ed uno straccio stretto tra le dita.

Lotor incrociò le braccia contro il petto e sorrise, un poco divertito ed un poco incuriosito da quella creatura tanto strana da diversi a lucidare lo specchio a figura intera del bagno.

Era bella, la voce di Lance.

Per un attimo, Lotor rivede in quel fanciullo la stessa serenità che aveva percepito nel Lance che aveva stretto tra le braccia in quel quel sogno. Lo stesso Lance che amava la pioggia e credeva nella bellezza delle favole.

“But if I know you, I know what you do. You love me at once. The way you did once upon a dream.” Lance concluse la canzone con una piroetta ed i suoi occhi blu incontrarono quelli color indaco del Principe dei Galra. “Aaaah!” Indietreggiò, andò a finire contro lo specchio. Ci mancò poco che cadessero a terra.

A quel suono stridulo, Lotor strinse gli occhi e storse la bocca in una smorfia. Possibile che la stessa voce riuscisse ad emettere suoni tanto piacevoli e, un istante più tardi, così terribili.

“Non farlo mai più,” sibilò il Principe, massaggiandosi l’orecchio destro. Temeva di aver perso parte della sua capacità uditiva.

“Non farlo mai più?” Urlò Lance indignato. “Mi hai fatto prendere un infarto! Da quanto te stavi lì a fissarmi, eh?” Ci pensò ed arrossì fino alla punta delle orecchie. “Mi stavi ascoltando cantare? Mi hai visto ballare? Quando sei arrivato? Parla!”

“Non ho visto niente che giustifichi la tua reazione,” disse Lotor irritato, poi si guardò intorno. “Cosa stai facendo?” Domandò, come se non fosse abbastanza ovvio.

Lance sbuffò. “Mi annoiavo e questa stanza era un trionfo di polvere. Ho dato un ripulita.”

“Dove hai trovato tutto il necessario?”

“Mi sono affacciato dalla porta… Non guardarmi in quel modo, Lotor! Non sono uscito, mi sono solo affacciato! Una guardia era lì, gli ho detto di cosa avevo bisogno ed è stata tanto gentile con me,” una pausa, “a differenza di come sei tu per la maggior parte del tempo.”

Lotor inarcò le sopracciglia. “Hai chiesto ad una guardia di portarti dei prodotti per pulire e la biancheria pulita per il letto del bagno?”

“In realtà, le guardie erano due. La prima a cui ho chiesto non era molto informata e ha dovuto chiedere ad un collega. Sono stati gentili!”

Lotor prese in considerazione l’avvertimento di Haggar. A quel punto della storia, non si sarebbe sorpreso se Lance si fosse conquistato tutta la Nave Madre brandendo allegria e gentilezza.

“Ho visto il tuo interrogatorio,” disse il Principe.

Lance lo guardò. “Lo hai sentito, intendi.”

Lotor scosse la testa. “L’ho visto, Lance,” disse. “E ho visto anche qualcos’altro.”

Il Paladino Blu arrossì ma non si arrabbiò. “Oh… Beh, ti avevo dato il permesso io, quindi... Nessun problema.”
Lotor ebbe la sensazione che quelle parole non fossero del tutto sincere ma decise di non indagare direttamente. “Vorrei farti delle…”

“Mi aiuti a rifare il letto?” Domandò Lance, arrivandogli davanti.

Il Principe lo guardò come se avesse parlato una lingua sconosciuta. “Eh?”

“Prima, mentre lo disfavo, sono quasi morto a causa delle lenzuola,” raccontò Lance, indicando il letto matrimoniale alle spalle del Galra. “Se mi aiuti a farlo, magari non rischio la vita un’altra volta.”

Lotor non rispose subito.

“Parleremo dopo,” disse Lance. “Almeno avremo la stanza in ordine. Le due guardie mi hanno anche detto dove sono le lavatrici!”

Sorrideva, il Paladino Blu e sembrava così soddisfatto di quel che aveva affatto. Lotor annuì e si spostò per farlo tornare in camera da letto.

Mentre dispiegavano le lenzuola blu scuro –Lotor da una parte e Lance dall’altra–, il Paladino, forse inconsciamente, riprese a canticchiare la stessa canzone.

Per paura che smettesse, Lotor non glielo fece notare: gli piaceva la sua voce.

“But if I know you, I know what you do. You love me at once. The way you did once upon a dream.”


 
   
 
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