Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: summers001    01/02/2018    2 recensioni
Post-MJ, pre-epilogo | POV Peeta | "Io e Peeta ricominciamo a crescere insieme."
Dal secondo capitolo:
"Aspetta!" la chiamo e sento la mia voce venire fuori con una certa urgenza. "Vuoi restare? Puoi aiutarci a ricostruire la recinsione, tagliare via le erbacce o..." continuo elencando una serie di mansioni che potrebbe coprire senza stancarsi troppo dopo una mattinata di caccia.
Devo essere pazzo, mi ripeto per la milionesima volta in questi ultimi mesi. Hai continuato a provare a parlarle per anni prima della mietitura, per mesi dopo i primi giochi, per settimane dopo i secondi e dopo la guerra. Perché ti aspetti qualcosa di diverso? Perché dovrebbe voler rimanere qui con me questa volta? Tra i detriti, la polvere e i ricordi che tanto la tormentano per di più.
[...] D'altronde la follia non è ripetere gli stessi gesti aspettandosi ogni volta un risultato diverso?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Capitolo 2




Il villaggio dei vincitori non si è ancora svegliato e liberato della sua brina mattutina. Le piante, i mattoni, i cancelli, persino le antenne fuori da tutte le case sono rivestite da una pellicola brillante d'acqua. I colori freddi delle case sembrano abbinarsi perfettamente a questo momento della giornata. L'odore di terra bagnata e di erba strappata è ovunque, acuito dal freddo pungente che pizzica le narici.
Tutto sembra immobile. Ricorda un monumento più che un quartiere. Sembra tutto perfetto, inviolato, eterno, conservato dal ghiaccio. Il terriccio nelle aiuole è ancora rigido, congelato dal freddo notturno, sembra una lastra di vetro scura.
Guardo con soddisfazione le primule che circondano la casa di Katniss. Le radici sono avvolte da una montagnetta di terra che ho dovuto raschiare e colpire con la pala per poterla lavorare. E' così che devo averla svegliata.

E' appena volata via, Katniss. Era corsa qui, mi ha riconosciuto ed è scappata di nuovo, così in uno schiocco di dita. Preso in contropiede le ho recitato a memoria le parole del dottor Aurelius, che altro potevo fare?
Adesso invece le imposte della sua finestra rompono la pace mattutina in cui mi ha lasciato. E' solo un istante ma vedo le sue mani scivolare frettolose lungo le tende ed i capelli aggrovigliati volare via mentre si gira e torna dentro.
Non so cosa mi aspettavo. Forse un lungo silenzio, un momento carico di tensione e forse, ma sapevo già che era sperare troppo, un abbraccio. Dopo tutto siamo amici e gli amici possono abbracciarsi, non è così? Ma che sto facendo, mi chiedo mentre sto ancora impalato qua, sotto alla sua finestra, al freddo, con le mani in tasca pur di ritrovare un po' di calore.

Faccio per andarmene, pensando a casa mia ed alle mura spoglie che mi aspettano, quando mi sento chiamare. "Ragazzo," dice qualcuno dietro di me. Mi giro e la riconosco: lavorava al forno, cucinava la carne che Katniss le portava, offriva una zuppa calda anche ai pacificatori. Non la vedevamo spesso in panetteria, ma la sua fama la precede. "Mellark, giusto?" mi chiede lei fingendo di non ricordare chi io sia, forse per cortesia o per via della superbia che la sua età le ha regalato. Faccio per annuire con la testa ma quella mi anticipa. "Perché non ci porti un po' di pane?" mi chiede coinvolgendomi e se ne va di fretta e furia, pulendosi le mani sul grembiule bianco a fiori gialli che ha addosso. Ma cos'è questo, un vizio? Scappare e non far capire niente?

"Cosa?" le chiedo confuso. Ci? "A chi?" urlo prima che quella possa girare l'angolo. La donna non mi sente e la seguo allora a grandi passi. Non sembra, ma è davvero veloce per la sua età. Gira attorno casa di Katniss ed entra poi dalla porta sul retro.
Ci. Ma certo, a Katniss e lei! E' lei allora a prendersi cura di Katniss, a cucinarle e tenerla viva, non Haymitch, non per davvero lui. Haymitch! Non sono ancora passato a salutarlo. Sbuffo e mi metto le mani nei capelli chiedendomi dove ho la testa.

Corro allora di volata a casa mia. Le chiavi girano a stento nella toppa arruginita, cigolando e costringendomi a più movimenti di polso per sbloccarla. Quando entro dentro è tutto buio, ma ricordo bene l'ambiente. C'è odore di chiuso e di polvere, fa freddo e non si vede niente, ma so con estrema certezza che due passi a destra del divano c'è il piede del tavolino e che devo fare attenzione a non urtarlo.
Il dottor Aurelius mi aveva espresso più volte la sua preoccupazione per questo momento e quando lui è preoccupato io sono preoccupato. Ero stato però io a rassicurarlo, pur di lasciarmi tornare: quella non è mai stata casa mia. Ora che ci sono non posso fare altro che confermare: non sapevo neanche come si apriva la porta! Devo aver passato qui solo poche notti. Non c'è niente di mio in giro, niente che appartenga alla mia famiglia, nemmeno un guanto o un calzino, nemmeno le mie matite e pennelli. Forse ci sono solo alcuni vestiti che mi sono portato dietro dal tour della memoria e neanche quelli sono davvero i miei.
Dove sono le cose del vecchio Peeta? Perché non ci ho mai pensato? Perché non mi sono tenuto neanche una felpa o una camicia? Perché sei cresciuto, stupido, risponde il Peeta depistato. Ok, questa te la concedo Peeta depistato, hai ragione.

Ma che ci sono venuto a fare io qua? Ah sì, il pane!

Mi ci vuole un'oretta ma alla fine ci riesco: metto insieme gli ingredienti, lavoro la pasta come vedevo sempre fare a mio padre e forse indugio un po' troppo pensando a lui. La cottura è veloce, il pane croccante, anche se non era come quello perfetto che faceva lui, ma è sufficiente e mi congratulo da solo: bel lavoro vecchio Peeta!
Sono venute fuori solo due pagnotte con la poca farina che avevo. L'odore del pane caldo mi riporta indietro di anni, ma cerco di ignorare, ho già pianto abbastanza. Le avvolgo entrambe in un telo bianco, quello che mi sembra più pulito e volo da Katniss, passando per la porta di servizio come aveva fatto quella donna. Sae! Sae, si chiama Sae.

Mi ritrovo in cucina, dove c'è un gran baccano. Sae sta trafficando vicino al lavello, lava i piatti forse dalla sera prima, un gran pentolone che difficilmente potrebbe essere servito per solo uno o due persone. Mi faccio prendere dalla curiosità di sapere chi altro mangia qui con loro, ma la ignoro perché non è affar mio saperlo: siamo amici, confini, paletti. Me lo dirà lei se o quando vorrà.
Sul tavolo dall'altro lato della stanza c'è una tazza di tè mezza vuota con la bustina ancora appesa, un piatto untuoso d'olio giallo ed il gatto che mangia la pancetta in un angolo.
"Katniss?" chiedo ansioso.

"A caccia." risponde Sae. "Finalmente!" aggiunge e mi guarda studiandomi confusa e scettica insieme, poi scrolla le spalle.

"Il pane." gli allungo una pagnotta un po' deluso. Anzi, forse dovevo aspettarmelo. Katniss è sempre stata inarrivabile per me, che cos'è cambiato ora che non abbiamo più niente in comune? Ora che non c'è più il destino di una morte imminente a legarci? Volevi vederla, l'hai vista; volevi parlarci, ci hai parlato, adesso che cosa ti aspetti? Va a caccia, sta bene, mi dico sciogliendomi su una sedia attorno al tavolo.

"Non lo mangerà." mi risponde Sae raccogliendo il piatto sporco e cominciando a lavarlo. "Uova?" mi chiede subito dopo. Non faccio in tempo a rispondere che mi lascia davanti un piatto di uova strapazzate. Strappa un pezzo del mio stesso pane e ce lo mette affianco e mi guarda fino a che non inizio a mangiare, quindi se ne torna alle sue mansioni soddisfatta.
"Non te la prendere," cerca di consolarmi lei dopo un po' "lo sai com'è fatta, no?"
E no, in realtà no, non lo so. So che quando andavamo a scuola si sedeva sempre da sola o che aveva solo un'amica; so che le uniche persone che riuscivano a capirla sono uno parzialmente responsabile della morte della sorella, l'altro perennemente ubriaco dall'altro lato dell'isolato; so che farebbe di tutto pur di sopravvivere, che sia baciarmi o uccidere qualcuno; so che quando tira una freccia centra sempre il bersaglio, che le piace lo stufato di agnello e che il suo colore preferito è il verde.

"Mangia!" mi incita Sae, come una anziana nonna farebbe mentre io mi ero perso a giocare col cibo.
Che mi aspettavo quando sono tornato? Che lei stesse immobile, triste, depressa ad attendere me? Di arrivare in groppa ad un cavallo bianco per tirarla fuori dalla spirale di disperazione nella quale s'era cacciata? Ma chi, Katniss? La verità è che non ha bisogno di me, anche se vorrei proteggerla come io e lei dovremmo sempre fare.

Quanodo finisce e si siede anche lei a mangiare, Sae mi racconta che ha una nipote e che viene qui con lei qualche volta. Mi fa ripromettere di tornare la mattina successiva, di portarle di nuovo una pagnotta ed un dolcino per la piccolina. Mi suggerisce di fare un giro in città perché servono braccia forti. Mi spiega come devo fare per ordinare della farina, il lievito e le uova e mi dice che posso averle già stasera se mi sbrigo. Tutte le nuove informazioni mi mandano in confusione e così mi dice che per oggi ci penserà lei, ma solo oggi. La ringrazio, prendo l'altra pagnotta e vado da Haymitch.

L'aria si è già riscaldata ed il sole è più alto in cielo. Il vialetto ed il terriccio sono già asciutti ed il cinguettio degli uccelli sembra aver risvegliato l'intero villaggio. Busso davanti casa sua ed aspetto, ma non mi apre nessuno. Mi sporgo a spiare da una finestra, ma deve averle coperte tutte con delle lenzuola. Sembra quasi un bunker di rifugiati, come quelli che stavano smontando a Capitol City.
Alla fine entro e basta e lo trovo afflosciato su una poltrona, con le mani attorno al collo di una bottiglia ed i piedi sul tavolino. E' circondato da piatti sporchi, cibo tutto mangiucchiato e bicchieri di carta, tanto che mi chiedo se ci abbia banchettato da solo o con una famiglia di ratti.
"Haymitch!" lo chiamo, ma non risponde "Haymitch!" continuo scuotendolo con una mano sulla spalla. Allora lui si sveglia di scatto, si alza subito in piedi e tira fuori un coltello. Io arretro ed alzo le mani in segno di arresa.

"Ragazzo." mi dice confuso alla fine dopo avermi riconosciuto.

"Sembra che tu abbia visto un fantasma." gli faccio, sapendo che in effetti potrebbe essere così. Mi credeva a Capitol City e questa è la prima volta che mi vede da mesi. Lui intanto barcolla e poi cade di nuovo a sedere. "Colazione?"
Haymitch sbuffa, si alza e si stiracchia. Le sue ginocchia schioccano come fossero rimaste bloccate per giorni e con la schiena curva sembra invecchiato di dieci anni in dieci settimane. Fa finta che lo stia importunando, che la nostra presenza, mia e di Katniss, gli dia fastidio ma in realtà so che ci vuole bene. Mi rendo conto di pensare ancora al plurale per me e per lei, così mi ripeto ancora una volta: confini, siete solo amici.

"Non dovresti essere di là ad aiutare la pazza dall'altro lato del vialetto?" mi chiede il mio mentore mettendosi a tavola.

Apro il suo frigo, recupero una bottiglia di latte che dall'odore sembra fresco e glielo verso in una tazza. "E' andata a caccia." gli rispondo solo, cercando di nascondere il mio disappunto, ma se ne accorge.

"Ma davvero?" mi domanda divertito e se la ride tra sé e sé, come se avesse colto qualcosa che a me invece sfugge. "Chapeau!" mi dice poi alzando la tazza e dedicandomi un brindisi.

"No, io non centro niente." gli dico infastidito, perché dovrebbe saperlo che lei non prova niente per me, dovrebbero saperlo tutti ormai. Ed anche io per lei, aggiungo subito.

"Se lo dici tu." risponde scrollando le spalle e mettendosi finalmente a mangiare. Lo vedo inzuppare il pane nel latte e non credo di riuscire a nascondere la mia espressione perplessa. "E perché sei qui?" mi chiede dopo averla notata.
Scrollo le spalle cercando di nascondergli la verità, che volevo vederlo, che non voglio tornare in quella casa vuota e che non so dove andare. Haymitch sbuffa di nuovo, ma alla fine rimaniamo a parlare di come se la sta passando lui, di quello che sta succedendo al Dodici ed in tutti i distretti, della mia terapia, di Plutarch e del suo nuovo programma musicale di cui guardiamo addirittura un'anteprima. Nel pomeriggio in nome dei vecchi tempi tiriamo fuori una scacchiera e ci facciamo una partita.

"L'uccellino torna al nido." mi annuncia ad una certa ora ed io capisco immediatamente di chi stia parlando. Corro alla finestra, sollevo le lenzuola sistemate a mo di tenda e vedo la sua figura. Questa mattina, avvolta dal pigiama e strati di tessuto, non l'avevo guardata bene. La giacca da caccia di suo padre le sta appesa addosso come se fosse su una stampella e sembra due volte più pesante di lei. Le gambe la sorreggono appena, quasi si spezzassero. E' magra, esageratamente magra. Ha sistemato finalmente i capelli, messo dei pantaloni scuri e cammina piegata dal peso dell'arco. Non è la stessa ragazza che ricordavo e mi sento persino egoista a pensare che questo per lo meno potrebbe allontanare i miei flash, mentre il Peeta depistato sta gioendo da qualche parte.
Oltre il cancello del villaggio dei vincitori un ragazzo dalla pelle olivastra del Giacimento si allontana guidando un carretto. "Chi è?" domando ad Haymitch.

Il mio mentore si avvicina, strappa via il lenzuolo e guarda. "Thom." mi risponde lui "Quello che vuole ricostruire il distretto." mi spiega, alludendo alla storia che mi ha raccontato prima.
Quando mi rigiro a cercare lei, Katniss non c'è più.
Sospiro e quando torno a sedermi qualcosa è cambiato. Dal depistaggio e durante la terapia, ho capito che sia il troppo ordine che l'eccessiva confusione mi davano l'ansia e l'ansia era direttamente collegata all'arrivo di un attacco. Ero riuscito a sopportare quella baraonda per mezza giornata, ma vedere Katniss e la preoccupazione che ne è seguita ha cambiato qualcosa. Mi alzo allora in tutta fretta e mi armo di sacchi neri e guanti. Comincio col togliere tutta la spazzatura dal pavimento ed a liberare le finestre. Haymitch non commenta, mi osserva solo affaccendarmi qua e là. E' snervante. Vorrei urlargli di smetterla, di lasciarmi in pace ed andarsene fuori e sono io quello che vorrebbe urlare, non l'altro Peeta.
Mi prendo la testa e comincio a tirare i capelli per farmi male, spaventato senza riconoscermi. Quando la mano di Haymitch mi stringe una spalla mi rendo conto di essere a terra a dondolarmi sui piedi. Stringo gli occhi e rimango così per almeno cinque minuti, poi il telefono squilla e mi riporta alla realtà.

"Che fai, non rispondi?" chiedo e riconosco io stesso la paura nella mia voce. Lui mi fa una smorfia che non significa niente ed allora vado io al posto suo per sottrarmi dai miei incubi. "Casa di Haymitch." mi esce quasi con disgusto, nauseato.

Dall'altra parte qualcuno farfuglia, poi sembra pensare in un lungo "mmh" fino a che mi riconosce anche se un po' scettico. "Peeta?" mi domanda e dal tono di voce piatto con cui pronuncia il mio nome lo riconosco.

"Dottore!" rispondo e cambio immediatamente atteggiamento. Bravo, così non ti riporta in quel manicomio, si complimenta con me il Peeta deviato. Stringo la cornetta e colpisco il muro più volte fino a farmi male, ma riesco a celare tutto. Dopo tutto sono un attore nato! E le interviste di Caesar Flickerman ne sono la prova.

"Haymitch?" mi chiede subito dopo, sbrigativo e pratico. Allungo una mano e lo chiamo così che possa finalmente fuggire dal giudizio del mio dottore, ma prima che possa passare la cornetta quello mi ferma. "Peeta, aspetta." mi ripongo il ricevitore di nuovo vicino all'orecchio mentre un filo d'ansia mi fischia nell'orecchio.

"Grazie. Per Katniss" borbottà lui.

Credo che non mi abbia mai ringraziato prima di adesso. E per cosa poi? Tutta l'ansia che stavo provando prima scompare. "Cosa?" chiedo scettico ma sincero "L'ho vista solo per pochi secondi."

"Beh, oggi ha alzato la cornetta. Ha per lo più annuito, ma direi che è già qualcosa." e me lo riesco ad immaginare con la penna in mano che riempie gli spazi vuoti delle lettere sulle sue cartelle cliniche.

"Oh." non faccio in tempo a replicare che Haymitch mi toglie via il telefono di mano. Se ne va nell'altra stanza e parla a voce bassa e so che stanno parlando prima di lei e poi di me, ma non mi importa. Mi affloscio sul bracciolo della poltrona che puzza di alcol, ma non fa niente. Non provo più quel fastidio ed anzi, mi sento abbastanza coraggioso da poter anche tornare a casa mia più tardi.

"Mi ha ascoltato!" gli dico estesiato quando lui ritorna. Devo avere un sorriso da ebete stampato sulla faccia, perché Haymitch fa una smorfia. Sembra quasi un déjà vu e per pochi secondi mi sento il vecchio Peeta che farebbe di tutto pur di salvare lei.

"Beh prova a farle da mentore e ne riparliamo." replica Haymitch che intanto sta recuperando una giacca di velluto rossa e se la sta infilando. Mi guarda come se stesse aspettando che lo segua e quando capisce che sono ancora preso nel mio autocompiacimento, le sue spalle si abbassano in segno d'arresa. "Ne dubitavi, ragazzo?"
Annuisco solo ancora sbalordito, perché non me lo sta dicendo per farmi contento, ma ne ho avute le prove.
Haymitch scuote il capo, mi viene dietro e con una mano sulla schiena mi porta fino al giardino. "Avanti, è ora di cena." dice solo e si avvia a grandi passi verso casa di Katniss.
Quando capisco le sue intenzioni mi blocco terrorizzato: ho quasi avuto un episodio oggi, per poco non lasciavo che quel Peeta prendesse il sopravvento e vuole portarmi da lei? Indietreggio e tutto quello che so è che tornerei più volentieri al disordine di quella casa. E se capisse?
"Avanti!" mi fa di nuovo quasi urlando e questo di certo non mi fa stare più tranquillo. Mi raggiunge con uno sguardo torvo che quasi mi ricorda lei e credo che mi porterà di peso se non lo seguo. Alzo le mani, mi arrendo e vado con lui.

Quando apre la porta l'odore di verdure calde e brodo ci accoglie. Sembra già un'atmosfera più familiare che fa a cazzotti col freddo immutabile che stamattina circondava questa casa. Il cibo caldo mi tranquillizza, prendo un respiro e ce la posso fare.
Loro sono in cucina, Katniss e Sae. Cerco di non guardarla troppo, di non metterla a disagio, di non farle capire quanto sia preoccupato per lei e di fingere che sia un giorno come tanti, una cena come tante altre. Katniss non alza gli occhi dal piatto vuoto, le sue mani sono nascoste sotto le maniche lunghe di una felpa blu, le dita ne sporgono piccole e sottili lasciando vedere solo le unghie rovinate. Non si accorge di niente, non parla, non ascolta, sembra persa in un mondo che esiste solo nella sua testa ed in quel piatto bianco.

Haymitch mi sorpassa e saluta la vecchia cuoca, ignorando completamente Katniss proprio come lei sta facendo col resto del mondo. Due cocciuti che giocano allo stesso gioco."Buona sera, Sae!"

"Abernathy!" gli risponde quella con la migliore voce più entusiasta che riesce a trovare "Chi non muore si rivede!" e ci si avvicina con un mestolo vuoto e fumante che si tiene sul palmo e mi chiedo come faccia a non bruciarsi.

"E siamo entrambi bravissimi in questo, vero?" si dicono come se fossero amici di lunga data. Mi domando se non fosse lei a procurargli l'alcol al mercato nero.

"Peeta," e arriva finalmente da me, chiamandomi animatamente per nome e sventolando quel mestolo quasi fosse una bandiera. Indietreggio ma alla fine arriva a darmi una pacca sulla spalla e sorrido per tenermela buona. "Mia nipote ha gradito moltissimo il pane che le hai portato."

"Oh, non è niente." rispondo cortesemente come mi hanno insegnato ed attraverso la sua nuvola di capelli bianchi spio verso il tavolo. Trovo lo sguardo di Katniss già su di me. Quando i nostri occhi si incrociano, si mette le mani tra le gambe e si nasconde dietro i capelli sciolti che le coprono entrambe le guance, pesanti come se fossero delle tende sulla sua faccia, un po' come quelle a casa di Haymitch.

"Ciao Katniss." le dico sollevandoci entrambi da un silenzio imbarazzante. Sento gli sguardi di Sae ed Haymitch su di noi, come se aspettassero questo momento da tutto il giorno.
Katniss storce il naso, si guarda attorno, vede gli altri e mi risponde per farli contenti "Ciao." risponde sbrigativa. La sua voce è diversa da quella di questa mattina. Allora era poco più un sospiro tanto che non ero sicuro di non essermela sognata. Ora pare rianimata dall'orgoglio ed ho il sospetto che centrino questi due o forse è a me che non vuole darla vinta.

"E neanche un saluto per il tuo vecchio mentore!" la rimprovera Haymitch con fare deluso e si mette a sedere proprio vicino a lei. Vorrei dirgli di lasciarla stare, di non forzarla, di lasciarle i suoi tempi, ma Katniss alza gli occhi e lo fulmina con lo sguardo e mi ritorna in mente quel rapporto di amore e odio che corre tra di loro. Come ho fatto a dimenticare una cosa del genere? E' lui che sa come prenderla, era lui a dovergli dire di alzare quella cazzo di cornetta, era lui che...

Una mano sulla spalla mi riporta alla realtà. Sae mi accompagna al tavolo, ma io devo appendermi ad una sedia per non cadere. Katniss alza gli occhi e mi guarda. No, non adesso Katniss, non adesso.
Tutto sembra rallentare e devo essermi perso qualche passaggio, perché mi trovo seduto, davanti ad un piatto pieno con Haymitch che mi allunga un bicchiere d'acqua. In un modo o nell'altro alla fine riesco a mandare giù bocconi di non so neanche cosa. E' carne, mi dico. "E' delizioso, Sae, complimenti." le dico tanto per sembrare normale ed il dottor Aurelius solo sa quanto ci tenga a sembrare normale adesso.
Come questa mattina Sae parla e parla. Racconta di nuovo le stesse storie sul distretto, sul tanto famoso Thom, su sua nipote e sull'idea di riaprire il forno più in là. Parla, parla e parla con questa voce veloce e fastidiosa, quasi dovesse vomitare tutto quello che dice. Ma non si stanca mai? Perché non chiude quel... Sento la mia lingua muoversi, come se quel Peeta dovesse dire qualcosa. Devo combatterlo, devo combatterlo, so che posso farlo. Non davanti a lei, non davanti a lei.

Qualcosa, un piede, mi colpisce sotto al tavolo e ce l'ho fatta. Tiro un sospiro di sollievo e mi guardo intorno. Haymitch si gira confuso verso di me, Katniss si sistema meglio sulla sedia, Sae continua a raccontarci di Thom, il suo nuovo eroe a quanto pare. E' stata lei, è stata Katniss. Mi spia con occhiate fugaci, batte le palpebre ed abbassa la testa quando nota che anch'io la sto guardando.

Non è un ibrido, non è malvagia, pianificatrice o crudele. E' tenera, dolce, forte e premurosa, una forza della natura. Katniss protegge sempre la sua famiglia e chi le sta accanto. Ed anche me. Forse è questo che siamo: una famiglia, noi tre e di recente anche Sae. Mi perdo come uno stupido di nuovo nei miei pensieri e non ascolto più niente, un po' come fa lei, ma questa volta sto sorridendo.

Katniss alza di nuovo gli occhi e si accorge che la sto guardando, ma non voglio smettere, non stavolta. Mi sento forte ed al sicuro. Mi sento coraggioso abbastanza da poter allungare la mano e richiamare la sua attenzione sul mio viso per ringraziarla, ma devo averci pensato troppo perché lei spinge via la sedia e si alza. "Vado a dormire." dice solo e se ne va senza guardarsi indietro.

Il suo piatto è ancora pieno, deve aver mandato giù solo pochi bocconi. La preoccupazione prende il posto della gratitudine. E' magra, troppo magra. Si vuole lasciar morire? No, non mi puoi lasciare.
La porta della sua camera da letto sbatte e tutti guardiamo in alto. Penso di ricambiare il suo aiuto e correrle dietro, ma la voce di Sae mi blocca. "Beh, è già qualcosa." dice. Poi prende il piatto di Katniss, impacchetta gli avanzi e se li sistema in una sacca. Forse vorrà portarli a sua nipote.

"Se non altro non puzza più." commenta Haymitch continuando a mangiare.

"Non profumi di rose neanche tu." gli ribatto io quasi offeso.

"Un giorno per volta." ci interrompe Sae riportando di nuovo il silenzio.



 






Angolo dell'autrice
​Quando ho pubblicato il primo capitolo mi aspettavo al massimo qualcuno che mi seguisse, figuratevi i commenti. Invece ci siete!!! Incredibile! *saltella, fangirlizza come una cretina* Grazie veramente! 
​Passando alla storia, volevo prima rassicurarvi del fatto che nonho intenzione di scrivere una storia lenta ma nemmeno troppo veloce. Le scarse interazioni tra Katniss e Peeta in questo capitolo sono legate ai personaggi ed alla storia della Collins. La Katniss che mi immagino io (diversissima dai film) ha perso la sorella (immaginiamo Anna senza Elsa, per dire), è depressa ed ha bisogno di ricominciare la vita giorno per giorno, ma soprattutto che qualcuno gliela insegni. E' come dover ricominciare tutto daccapo, ma da dove? Peeta è invece più adulto ormai, confuso e sa che tutto quello che è successo ha riconfigurato il suo rapporto con Katniss, senza contare che si trova nella sua stessa condizione. Che fare? E adesso? In più la sua testa gli dice di proteggere Katniss, il lavaggio del cervello che la odia, tutti attorno a lui che la ama. Ricorda poi un pezzo alla volta di lei e la mia intenzione è di fargliela conoscere e farlo innamorare di lei e viceversa. 
Insomma ci aspettano belle cose xD 
​Beh grazie ancora a tutti di cuore, ma davvero. Commentate per perplessità e suggerimenti (lunghezza capitoli, velocità storia, tutto ok?). Al prossimo capito ;)

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: summers001