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Autore: Axel Knaves    01/02/2018    1 recensioni
Un patto di sangue involontariamente stretto e un'invocazione fatta per scherzo, portano Eva Rossi a condividere il suo appartamento con Helel (a.k.a. Lucifero) e Azrael (a.k.a. Morte).
Ma cosa potrebbe mai andare storto quando condividi la vita e la casa con la Morte, che entra nei bagni senza bussare, e il Diavolo, che ama bruciare padelle?
Eva non potrà fare altro che utilizzare le sue armi migliori per sopravvivere a questa situazione: il sarcasmo e le ciabatte.
~Precedentemente intitolata: Bad Moon Rising e Strange Thing on A Friday Night
~Pubblicata anche su Wattpad
Genere: Comico, Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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[6]» Gelati in faccia e baci inappropriati «[6]

 

Guardai il tavolo e per la prima volta nella mia vita mi chiesi che avessi fatto di male perché mi stesse capitando tutto ciò.
Al tavolo della mia cucina erano, infatti, seduti ben quattro angeli, due che stavano finendo i pancake  che avevo cucinato mentre gli altri due stavano sorseggiando un caffè – a quanto pareva, pur non avendo bisogno di cibo per sopravvivere, Gavriel e Mikael potevano comunque mangiare e bere; il tutto grazie alla madre che un tempo era mortale – mentre io stavo mangiando i miei cereali in piedi, fondo schiena contro il bancone della cucina, intenta a seguire la conversazione.
Solo il pensiero di andare all’università completamente cancellato dalla mente.
«Perciò state dicendo che siete obbligati a seguirla ovunque?» Chiese Mikael, facendo un cenno verso di me con il capo.
«Non proprio», rispose Helel, «possiamo essere in due posti separati, però solo per un certo periodo di tempo, poi abbiamo questa specie di corda che ci tira verso il luogo in cui si trova». Spiegò e la mia mente tornò a un sera di qualche giorno fa.
Ero rimasta a casa di Sonia, dopo una giornata stressante in università, e ci eravamo addormentate davanti alla TV senza neanche accorgercene. Mi aveva svegliato il continuo squillare del mio cellulare: era Azrael che mi avvisava che lui ed Helel erano davanti all’ingresso di Sonia e dovevo sbrigarmi ad uscirmi perché potessero tornare a casa.
Non avrei mai potuto fare una serata tranquilla solo tra donne, perfetto.
«Perciò con il patto di sangue è come se foste diventate sue guardia del corpo». Riassunse in breve Gavriel.
«In pratica», annuì Azrael.
«Ed ha metà dei vostri poteri». Aggiunse l’albino, sistemandosi i fazzoletti di carta che gli avevo dovuto mettere per fermare l’emorragia. A quanto pareva se si usava il potere di un angelo per attaccare un altro angelo, questo poteva rimanere ferito come se si stesse battendo contro uno della sua stessa specie.
Ovviamente con quegli stessi poteri Mikael aveva rimesso a posto la parete con uno schiocco di dita. Maledizione a questi angeli e ai loro poteri!
«Smettila di lamentarti», lo rimproverò, divertita, Mikael, «non ti ha neanche rotto il naso!»
«Mi ha usato come ariete per sfondare un muro!» Esclamò indignato Gavriel. «A me
Misi rumorosamente la tazza ormai vuota nel lavandino e la riempii di acqua.
«Volevo solo ristrutturare la sala e la tua testa sembrava proprio fatta apposta». Risposi tra i denti. Perché mi sembrava di essere davanti a un Helel due, la vendetta?
Azrael, che stava bevendo un sorso di succo di arancia, iniziò a ridere della mia risposta e per poco non sputò il tutto in faccia a Mikael; la quale stava nascondendo il sorrisetto bastardo che le avevo fatto nascere sul volto, dietro una mano.
«Sai di avere una lingua velenosa?» Mi chiese Gavriel, inviperito. Si poteva vedere lontano un miglio quanto non era abituato ad avere intorno persone che gli rispondevano senza troppi indugi.
Feci spallucce. 
«Sai quanto me ne frega?» 
Gavriel arricciò le labbra, frustato, e si infossò nella sedia.
1-0 per Eva la terrestre! Tiè, arcangelo dei miei stivali!
Ero bambinesca? Probabile.
«Io mi cambio ed esco che devo andare a fare spase, perciò scusatemi», dissi infine, ritirandomi dalla stanza e andando in camera mia a prendermi un cambio di abiti, per scappare, infine, sotto la doccia. 
Quando uscì, un quarto d’ora dopo, dal bagno, Mikael mi stava aspettando appoggiata al muro accanto alla porta. La fissai alzando un sopracciglio, non capendo bene che stesse facendo lì.
Senza cerimonie mi spinse di nuovo nella stanza da cui ero appena uscita, per poi chiuderci dentro.
«Dobbiamo parlare». Disse e la guardai come se fosse un alieno… Che poi pensandoci… Era in effetti un alieno visto che non abitava sulla terra e tutto…
«Ehi, sei ancora con me?» Mi chiese ridacchiando mentre mi sventolava una mano davanti alla mano. Mi ero persa nei pensieri, to’ che strano.
Bloccai la mano che ancora sventolava davanti ai miei occhi.
«Sì, scusa, ci sono». Risposi. «Dimmi tutto».
«Helel».
«Helel… Cosa?» Chiesi precisioni, non capivo che cosa stesse cercando di chiedermi.
«Helel, l’ultima volta che l’ho visto non era così “civile”? “Cordiale”? “Come era da piccolo”?» Cercò di spiegarsi e finalmente capii cosa intendesse.
«Diverso da Gavriel?» Tentai di aiutarla.
Lei annuì scompostamente.
«Anche».
«È stato Azrael». Le rivelai.
«A?» Chiese lei, un’espressione stupefatta sul volto.
Annuii.
«Circa tre settimane fa Hel ed io abbiamo avuto una grossa lite e lui ha superato il limite con certe parole. Qualche ora dopo si sono presentati alla mia università ed Hel si è scusato ed ha pure pianto. Da allora sta cercando di migliorarsi e di vivere in modo più civile. Non so che cosa Azrael abbia fatto o detto; ma è servito allo scopo». Spiegai. «Se ti servono altre informazioni le dovresti chiedere ad A, non a me».
Lei annuii, un attimo persa nei suoi pensieri, poi aprì la porta ed insieme ritornammo nella cucina.
L’aria era certamente cambiata rispetto a una mezz’ora prima: Helel e Gavriel stavano avendo una gara di sguardi maligni, mentre Azrael stava dando testate la tavolo cantilenando: «Perché ho due idioti per fratelli?».
«Ma che…» Iniziò a chiedere Mikael, ma poi si fermò. «Anzi no, non voglio sapere. Helel mettiti un giubbotto, vai con Eva». Ordinò, invece, al fratello maggiore, che al sentire quelle parole la guardò allibito.
«E perché?»
«Perché ho bisogno di avere una discussione seria e se tu rimani qua, te e Gavriel finireste per non ascoltarci e battibeccare come due rincoglioniti, perciò…» Rispose e gli fece segno di seguirmi.
Helel sospirò e si alzò dalla sedia.
Uno schiocchi di dita e fu vestito in un completo grigio, con una camicia scura; il tutto perfettamente stirato.
«Andiamo prima che imprechi ancora contro i vostri dannati poteri». Sbuffai, ovviamente gelosa di quel piccolo trucchetto, prendendo borsa, portafogli e chiavi.
Ma vi immaginate avere un potere così? Con che facilità la mattina ci si vestirebbe? E quando siamo in ritardo?
Aaaaahhhhh!!!! Più ci pensavo e più volevo rubarglielo in un qualche modo!
«Come se non fossi una scaricatrice di porto ventiquattrore su ventiquattro». Ridacchiò Helel mentre aprì la porta di ingresso.
«Taci, oppure non ti compro i dolcetti alla fragola». Lo minacciai uscendo dall’appartamento. «Ciao A, a dopo!»
«Sei proprio senza cuore!» Mi rispose il Diavolo facendo il finto offeso. «Dopo A!»
«Ricordatevi di prendermi un pezzo di torta Susanna! A dopo!» Ci salutò in dietro Azrael e poi chiudemmo la porta alle nostre spalle e ci dirigemmo verso la fermata degli autobus, per andare al centro commerciale.

3 POV

Gavriel e Mikael aspettarono che Azrael si fosse rimesso comodo al tavolo della cucina prima di parlare.
«Perciò…»
«Ditemi che cosa volete sapere così facciamo prima». Tagliò corto il moro. Aveva già un mal di testa da far paura e sapeva di certo che la discussione con i due fratelli non sarebbe andata tanto meglio. «Anzi», si corresse, «prima di tutto: perché hai fatto andare Hel con Eva, Mik?» 
Mikael sospirò mentre Gavriel si fece ancora più serio di quanto già non fosse.
«Da quando voi avete iniziato a vivere qua, ci sono stati dei casini». Rispose l’albino per la donna.
Azrael si rizzò comprendendo che la discussione era drasticamente seria.
«Che genere di “casini”?»
«All’inizio non era nulla di che», prese la parola Mikael, «i mietitori visto che tu non c’eri hanno iniziato a lavorare meno, creando un flusso sempre in diminuzione di anime e questo ha portato ad angeli e demoni che iniziavano ad addormentarsi a lavoro o non si presentavano proprio. La situazione è peggiorata un paio di giorni fa: i demoni hanno iniziato ad avvicinarsi al Purgatorio e al Paradiso accusandoci di aver rapito il loro capo e che stavamo tenendo le anime umane destinate all’inferno come schiavi per i nostri bisogni».
Azrael stava ascoltando attentamente la sorella, le mani incrociate davanti al volto, le labbra arricciate per la serietà del discorso.
«Stanno cercando un capro espiatorio». Parlò Gavriel. «Vogliono puntare il dito contro qualcuno e poter iniziare a essere violenti».
«E se mai scoprissero di Eva, ovviamente l’attaccherebbero». Concluse Mikael.
«Non è un se, Mik, è un quando». La corresse subito Gavriel.
«Quando?» Chiese Azrael velocemente e Mikael poté vedere la preoccupazione che era dipinta nei tratti del fratello: non era la preoccupazione che si aveva per un’amica o una semplice coinquilina… Era la preoccupazione di quando qualcosa succede a un tuo famigliare… O alla persona che ami…
Oh! Pensò la donna.
«Come io e Mik siamo riusciti a trovarvi, seppur stiamo cercando di nascondere le informazioni di Eva, è solo questione di tempo prima che i demoni scoprano di lei». Rispose il fratello maggiore.
Azrael strinse i denti, se fosse successo qualcosa a Eva… Se fosse successo…
No. Non voleva neanche pensarci. In quelle tre settimane che avevano vissuto con la donna, l’angelo, doveva ammettere di essersi affezionato a lei.
Subito non se n’era accorto, era successo per caso; ma dopo un po’ era diventato ovvio anche a lui che aveva iniziato ad interessarsi alla ragazza… Ma aveva deciso di rimanere zitto: quale umana avrebbe mai potuto amare l’Angelo della Morte?
Eppure ora voleva proteggerla con tutte le forze che aveva. Forse lei non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, ma non per questo avrebbe lasciato che qualcosa di male le accadesse.
«Siamo venuti qua perché pensavamo di portarvi a casa», disse Mikael dopo qualche minuto di silenzio, facendo concentrare Azrael nuovamente su di lei e non sull’umana appena uscita. «Non avremmo mai pensato a tutto questo».
«Dovrete proteggerla con tutti voi stessi», aggiunse Gavriel e la frase sorprese i due fratelli più piccoli. «Se lei muore voi siete bloccati qua… Ma credo anche che Eva non meriti di morire per una faida in cui non c’entra nulla».
Azrael studiò un attimo il fratello e si stupì di non vedere nessuna traccia di emozioni negative quando parlava di Eva.
«Oh, A, non guardarmi così!» Esclamò Gavriel, in imbarazzo sotto lo sguardo quasi geloso del fratello. «Non sono orbo! Ho visto come la guardi: è lo stesso modo in cui madre guarda padre!» Aggiunse facendo diventare rosso in viso l’Angelo della Morte.
«N-n-non è vero!» Balbettò il moro, distogliendo lo sguardo dal fratello.
Mikael ridacchiò.
«Sia tu che Hel vi siete affezionati a quell’umana, lo abbiamo visto bene». Disse la donna. «Ovviamente, e fortunatamente, in due modi completamente differenti. E ne vediamo anche perché: è un’umana preziosa, molto simile a madre, ma totalmente diversa… Ricordatevi solo che lei è umana e voi siete angeli: avete un posto dove dovete tornare e un dovere da compiere. Non distruggetele il cuore… E non distruggetevi il vostro…»

EVA’S POV

Il viaggio fino al centro commerciale non era stato malvagio o imbarazzante.
Io ed Helel avevamo scherzato e chiacchierato di cavolate per tutto il tempo; fino al punto in cui avevo iniziato a paragonare la mia nuova relazione con lui a quella che avevo con mio fratello fratello maggiore.
Ah! Davide! Quanto mi mancavano sia lui che mia sorella minore, Serena! Erano mesi che ormai non li vedevo e anche se ci messaggiavo ogni giorno mi mancavano sempre più.
Era strano da ammettere ma mi mancavano anche i miei genitori in una certa maniera.
Quando si decide di vivere da soli si pensa sempre che sarà una passeggiata, un’avventura ancora inesplorata e che non ci mancherà la nostra vecchia casa o tutti i battibecchi con i genitori; la verità è che la famiglia ti inizia a mancare come se non avessi più un braccio.
«Ehi Eva», mi riscosse dai miei pensieri Helel, «qual è esattamente la nostra fermata?» Chiese.
Guardai fuori dal finestrino e mi sorpresi di vedere che mi ero persa nei miei pensieri per cinque minuti buoni.
«La prossima». Gli risposi e premetti il campanello per prenotare la fermata. «Dai alzati».
Helel si alzò con me e mi seguì fino all’uscita.
Intorno a noi notai come la gente ci stesse fissando, soprattutto le donne. Alzai un sopracciglio. 
Non mi ero di certa vestito in modo strano: un semplice paio di jeans con maglietta e felpa; perciò non riuscivo a capire quegli sguardi fin quando non notai una ragazza sbattere convulsamente le ciglia in direzione di Helel.
Oh!
Mi ero quasi dimenticata di come il Diavolo, che avevo accanto, fosse di una bellezza sovrannaturale; il vederlo tutti i giorni mi aveva fatto totalmente cancellare della testa che la sua bellezza esteriore non era comune.
Ma non quella di Azrael, quella la vedi ancora. Disse una vocina nella mia mente e volevo sbattere la testa contro qualcosa di molto duro. Cosa avevo appena pensato? Per l’amor di Ra!
Finalmente l’autobus si fermò e scendemmo dal mezzo. Esattamente come sull’autobus tutte le donne nel raggio di cinque metri si voltarono a guardare Helel.
Certi sguardi fecero avvampare persino me.
«Ehi, tutto okay? Sei diventata tutta rossa». Mi chiese preoccupato il bruno dagli occhi albini mentre camminavamo uno accanto all’altro verso l’entrata.
«Proprio non le vedi, vero?» Gli bisbigliai cercando di farmi sentire solo da lui. Speravo tanto che uno dei loro poteri fosse anche il super udito.
«Chi?» Mi domandò in dietro, ovviamente spaesato. Rimasi allibita: non le vedeva davvero!
«Tutte le donne nel raggio di cinque metri si girano per spogliarti con gli occhi! Sono solo fortunata che non notano me!» Gli risposi cercando di tenere il tono di voce più basso che potevo avere.
E proprio in quel momento una ragazza superò le proprie paure.
Una ragazza, vestita in modo provocante e con una tavoletta di trucco spalmata ad arte in volto, bloccò la strada ad Helel; il quale mi prese per un polso appena feci un passo per allontanarmi da loro: il moro non mi avrebbe lasciato scappare da nessuna parte.
«Ciao, bellezza». Disse la biondina con un tono da: “So già che se caduto ai miei piedi, devi solo dirmelo”, senza neanche notare la mia presenza. 
A sento trattenni l’istinto di fare finta di rimettere. Per Zeus se mi stavano antipatiche certi tipi di ragazza.
«Ciao, chiunque tu sia», rispose Helel e cercò si sorpassarla; ovviamente lei non voleva farlo andare da nessuna parte e lo fermò ancora.
Punti a mio favore: mi stavo godendo uno spettacolo epico e la ragazza non mi aveva ancora notato, o notato la mano di Helel stretta attorno al mio polso.
Il Diavolo mi lanciò uno sguardo disperato di aiuto.
«Mi chiamo Irene», cercò di presentarsi lei ed allungo una mano per Helel da stringere. Sotto al sorriso caloroso che aveva dipinto sul viso come una maschera – e una piccola parte di me si chiese quanti rappresentanti del genere maschile era caduti in cotale trappola – intravedi il fastidio che il Diavolo le stava dando, nel cercare di andarsene.
Dove erano i pop-corn quando servivano?
«Il mio nome è non-sono-fatti-tuoi», le rispose, invece, Helel, ignorando bellamente la mano a mezz’aria. «Ora mi lasci andare o vuoi essere messa in imbarazzo ancora un altro po’?» Le chiese, ovviamente impaziente, e solo allora mi resi conto che non ero l’unica ferma a godermi lo spettacolo sogghignando.
Infatti, un piccolo gruppo di persone si era fermato a qualche passi di distanza a guardare Helel dare il due di picche a questa “Irene”.
Anche la bionda notò solo in quel momento la gente che era in torno a noi e ridacchiava di lei. Per un istante mi fece compassione; poi gli occhi chiari di lei si posarono sulla mano di Helel che mi teneva per il polso e mi guardò dall’alto in basso, arricciando le labbra, come se fossi spazzatura.
Come non detto: niente compassione per questa qua.
«Scusa, non avevo notato che avessi compagnia». Disse velenosa. «Se mai ti stancherai di questo – e indicò tutta me,  con una smorfia disgustata, la stronza – puoi venirmi a cercare». Aggiunse e finalmente superò Helel.
«Scusa, ma preferisco questo! Non aspettarmi; mi raccomando!» Le esclamò dietro il Diavolo, così che tutti lo sentissero. 
Quasi vidi il fumo venir fuori dalla testa di Irene mentre fuggiva sbattendo i piedi. Appena ebbe svoltato un angolo, mi lasciai scappare una fragorosa risata, riprendendomi il polso.
«Quello, Hel, è stato fantastico!» Esclamai tra le risate e dopo un primo momento di pacatezza anche il bruno si unì alla mia risata.
D’improvviso l’Helel di tre settimana prima mi sembrava un’altra persona, mi sembrava lontano anni luci. Questo Helel era tutt’altro: era pazzo, divertente e premuroso.
Era come avere tutt’ad un tratto un secondo fratello maggiore.
Quando ci fummo finalmente ripresi dalla risata che ci stavamo facendo, decisi che era il momento migliore per ripartire.
«Ti va un gelato?» Chiesi al bruno, lui mi guardò come se fossi un’aliena da qualche strano pianeta.
«Un gelato? A quest’ora?» 
«Sì», risposi, «un simbolo che sancisce che abbiamo iniziato da capo e tutto l’impegno che ci abbiamo messo».
Il Diavolo mi sorrise dolcemente, ovviamente comprendendo appieno ciò che intendevo.
«Che gelato sia, allora!»
Ridacchiando come una bambina, gli presi il polso e quasi lo trascinai dall’altra parte del centro commerciale di corsa, finché non fummo in fila per il gelato, nella mia gelateria preferita.
Ma sapete la cosa brutta dei momenti perfetti: che sono quelli che la vita adora rovinare di più.
«Salve vorrei du–»
«Eva?!» Chiese, incredula, una voce che non avrei mai dimenticato ma che non avrei mai voluto più risentire: Thomas, il mio ex, era in piedi dall’altra parte del bancone. La tuta nera della mia gelateria preferita lo identificava come un commesso. «Oh Mio Dio! Sei proprio tu, quasi non ti riconoscevo!»
La voce era gioviale, come se fosse una cosa positiva rincontrarci dopo tutto questo tempo. Come se non ci fossimo mollati perché lui mi tardiva.
La mano mi si strinse convulsamente a pugno, mentre la mandibola si irrigidì. Sentivo il corpo che mi tremava dalla rabbia.
«Cosa ci fai qua?» Gli chiesi velenosa. 
Le lacrime mi premevano contro gli occhi: dopo due anni la ferita era ancora aperta. Questo ragazzo dai capelli neri, il mento pronunciato e un sorriso affettato perenne, non aveva solo distrutto la mia fiducia; aveva distrutto il mio mondo, aveva distrutto la mia reputazione, aveva distrutto ciò che ero. E solo perché non era riuscito a tenere il gingillo nei pantaloni con la mia migliore amica.
«Ci lavoro», disse sorridendomi, «magari ci possiamo vedere un giorno di questi dopo che finisco il turno!» Propose, sorridendo ancora di più.
Come osava chiedermelo, questo escremento ambulante?!
Stavo per lanciarmi dall’altra parte del bancone per aggredirlo fisicamente – cosa che due anni prima non ero riuscita a fare, per mio sommo dispiacere – quando un braccio mi cinse la vita e mi fece scontrare con un petto tonico e muscoloso coperto da una giacca grigia e una camicia scura.
«Poiché ti pagano per lavorare e non flirtare, direi che é ora di prepararci due coni: uno alla menta e uno al cioccolato». Disse la calma voce di Helel e mi rilassai istintivamente nel suo abbraccio.
Gli occhi chiari di Thomas incontrarono quelli bianchi di Helel, quest’ultimo stava guardando il giovane con un’occhiata di sfida.
«Ah… Non avevo notato che avessi compagnia». Disse Thomas rivolto a me, senza però staccare gli occhi da Helel. «Menta e cioccolato, ha detto?» Chiese in un sibilo.
«Esattamente». Rispose Helel con tono vittorioso.
Il braccio di Helel si smosse dalla mia vita solo quando i coni furono pronti. Non osai più aprire bocca, sapendo che sarei finita sono con l’urlare addosso a Thomas.
Quello che mi aveva fatto quel ragazzo non glielo sarei mai riuscito a perdonare.
Dopo che Helel ebbe pagato, si voltò e mi porse il gelato alla menta; il bastardo aveva imparato che era il mio preferito.
«Eccoti, principessa», disse con un espressione che non poteva dire altro che guai.
Sgranai gli occhi e non osai staccare gli occhi dal suo viso, prendendo il cono quasi alla ceca: avevo paura di ciò che stava frullando nel cervello del Diavolo.
«Graz–».
Non ebbi il tempo di finire la semplice parola che Helel si era piegato su di me e aveva appoggiato molto leggermente le sue labbra sul lato della mia bocca.
Ebbi un bug mentale e ci misi qualche secondo a realizzare che il Diavolo mi stava baciando; questo diede tutto il tempo al bruno di staccarsi da me e trascinarmi fuori dalla gelateria, prendendomi per il polso, e lontano dagli occhi di Thomas.
Helel mi lasciò andare solo dopo che non fummo più a portata di vista della gelateria e si mise a camminare davanti a me, lasciando andare le risate che aveva trattenuto fino a quel momento.
«La sua faccia!» Esclamò balbettando un poco, per colpa dell’attacco di ridarella che gli era preso. «La sua faccia quando ti h–»
Presi con forza la spalla di Helel, lo feci girare verso di me e gli premetti il gelato in faccia.
Mi fermai un attimo a guardare il mio lavoro, soddisfatta al vedere il gelato che gocciolava sulla giacca grigia, e sorrisi.
Helel si passò la mano libera sul volto pulendosi. Ovviamente era irritato dalla situazione, ma sapendo benissimo di essersela meritata, non si arrabbiò.
«Per quanto ti sia grata di quello che hai fatto nella gelateria  e per quanto ti consideri ora mio amico: questo è per il bacio…» Dissi, poi mi ricordai che dovevo aggiungere una cosa: «E per la padella». Detto ciò lo superai e camminai via, diretta al supermercato.
«Seriamente, per la padella?» Mi chiese Helel alle mie spalle e lo sentì ridacchiare prima di sentire i suoi che mi seguivano.
Un sorriso beffardo mi nacque in volte.
Da qui in poi non poteva che andare che meglio la convivenza con i due strani angeli che si erano intrufolati nella mia vita. 
Poco sapevo che un demone aveva assistito a tutta la scena ed era spirito con uno schiocco di dita; dritto dal suo nuovo padrone a fargli rapporto.
 

» Angolo Autrice «

Ritardo, ritardo, tremendo ritardo, lo so; ma purtroppo le date degli appelli universitari non possono essere spostate a piacere T^T
A parte quello... Eccomi tornata con ben due capitoli! E quattro personaggi nuovi! Credo che questo si un record personale!
Ohohoh! Ne sono successe tante in due capitoli, non trovate anche voi? Ma non vi preoccupatevi: questo è solo l'inizio!
Infatti dal prossimo capitolo i problemi da meri mortali si inizieranno a mischiare a quelli divine e avreme esperienze con il botto!
Come avrete notato ho cambiato il titolo e la trama della storia, essendo che quelli precedenti erano solo temporanei, e finalmente rappresentano meglio la storia! Per questo devo ringraziare A.S. che mi ha aiutata un mondo, rifacendomi anche la copertina per la versione wattpad... Ormai non saprei che fare senza questa donna!
E per oggi è tutti!
Spero che anche questi capitoli vi siano piaciuti, a domenica! Spero


axel_queen97

   
 
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