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Autore: The Custodian ofthe Doors    13/02/2018    1 recensioni
[Spin off di “Una pista che scotta”]
New York si tinge di bianco per Natale, la neve ricama ghirlande tra i fili del telefono e merletti sulle fronde degli alberi.
È un freddo piacevole quello che soffia per le vie, da' quella sensazione di pace che scaturisce solo dall'essere al caldo, in casa propria, con chi si ama ed osservare le strade ghiacciarsi ed i cumuli nevosi crescere ai lati delle scalinate.
E che sia solo per una notte o che sia da tutta la vita, che siano le persone con cui condividiamo gioie e dolori o quegli individui che si sono affacciati alle nostre giornate per caso. Che siano lontani o vicini, che sia qualcosa di nuovo o un tradizione vecchia più di noi, nulla cambierà una delle più grandi verità della vita:
Il Natale, che ci piaccia o no, rimarrà sempre il periodo più magico che ci sai.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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!Attenzione! Presenza di volgarità a non finire, si ringrazia Lily Chang e Magnus Bane e si prega di armarsi di buona volontà.









2- Christmas' Eve, Bane verse.

 

 

 

Era una tradizione vecchia di anni, dai suoi quattordici anni per la precisione.
Suo padre era in Polonia per lavoro e Magnus si era rifiutato di andare con lui perché invece voleva andare in Costa Rica e così avevano litigato, asserendo che a quell'età fosse abbastanza grande per badare a sé stesso e passare un Natale da solo.
Suo padre, dall'alto del suo bellissimo caratteraccio da attore Shakespeariano da tragedie melodrammatiche -ovvero lo stesso carattere da schifo che aveva Magnus, dopotutto da qualcuno doveva aver ripreso- lo aveva guardato con dolore e come se gli avesse provocato la ferita più letale della sua vita aveva messo il broncio, identico al suo, e gli aveva fatto notare che sarebbe stato il primo Natale che avrebbero passato distanti.
Ricordare quel periodo adesso gli faceva solo venire una gran voglia di ridere, lo stesso sentimento che provocava a suo padre ogni volta che ritirava fuori quella storia e la rimetteva in scena come un vero atto teatrale, ma non toglieva il fatto che avesse dato il via alla tradizione che anche quell'anno Magnus avrebbe onorato.
Ora, a logica, poteva benissimo arrivarci, ma al tempo, quando durante una telefonata con Raphael fu interrotto improvvisamente dalla madre del messicano che, non si sa come, aveva sentito che avrebbe passato le feste solo, gli urlò che non era una cosa accettabile e che quindi era invitato da loro, a Magnus non passò neanche per l'anticamera del cervello l'idea che suo padre potesse aver chiamato quella dannata matrona della signora Santiago e le avesse chiesto di tenerlo d'occhio.
Che poi lo avesse chiesto a lei, ai genitori di Ragnor, a quelli di Catarina, di Lily, a Malcom, a Quinni allora appena ventenne e ad ogni singolo scagnozzo, collega, amico o essere vivente su cui avesse un minio di potere o potesse anche solo allungare una minaccia, di tutta New York City, quello era un altro discorso.
Eppure, da quel fatidico giorno di quindici anni prima, Magnus passava sempre la Vigilia a casa Santiago assieme a tutti i suoi amici più cari. E quell'anno alla lista sarebbe mancato Ragnor.
Abbassò la testa e fissò senza vederla la camicia bordoux che teneva in mano. Passò distrattamente il pollice sul tessuto liscio ed espirò pesantemente chiudendo un attimo gli occhi per prendere forza e continuare a cercare l'indumento giusto per la serata. Poggiò delicatamente la maglia sul letto e tornò a fissare l'entrata della sua cabina armadio senza vedere davvero ciò che aveva davanti agli occhi, avrebbe potuto cercare un papillon nero magari, o un cravattino, si magari una cravatta nera sarebbe stata perfetta, con i decori in oro ancora di più.
Quell'idea lo animò per un secondo ma poi tutto scemò via, scivolando fuori dal suo corpo e lasciandolo sprovvisto di forza e voglia di fare.
Non poteva comportarsi così, non a Natale. Lui amava il Natale, lo amava dannazione. Era la sua festa preferita e non poteva deprimersi a quel modo solo perché non aveva Ragnor con sé, solo perché non avrebbe più potuto festeggiare un solo, singolo, dannatissimo Natale con il suo miglior amico. C'era già passato, era già successo che un amico morisse, che fosse arrestato o che se ne fosse andato per un qualunque motivo lontano da lui. Era successo anche con i suoi genitori, se ne era allontanato per un motivo o per l'altro, non passava una Vigilia in famiglia, con la sua famiglia di sangue, da quando aveva quattordici anni, poteva sopportare anche la perdita di Ragnor.
Scivolò lentamente a terra e si prese la testa tra le mani, scompigliò i capelli ancora non acconcianti e poi si passò le mani sul volto. Per fortuna che non si era ancora truccato, se no sarebbe stato un casino. Gli venne quasi da ridere a quel pensiero, riusciva a passare dalla depressione alla rabbia, dalla nostalgia allo sconforto, dalla perdita al trucco. Era proprio un amico del cazzo, ecco cos'era, si preoccupava della sua immagine e non di Rag che… che non ci sarebbe stato in un giorno così importante per lui.
Dio, sperava solo che Guadalupe non facesse dire a lui la preghiera quell'anno, di solito c'era sempre Ragnor a trarlo d'impaccio.
La vecchia Signora Santiago sapeva perfettamente che Magnus era ateo, che non tollerava troppo la religione ma che aveva un profondo rispetto dei miti, degli spiriti e delle credenze popolari. Magnus non era assolutamente un tipo da chiesa, da templio o da moschea, per l'amor del cielo, era bisessuale, spregiudicato, amante dell'alcol e dei piaceri della vita, soprattutto quelli carnali, era praticamente l'antitesi di tutte le più grandi religioni del mondo, se proprio doveva “professare” un credo preferiva quel misto di Induismo e Buddismo in cui era cresciuto il padre, o i miti dei nativi d'America, quelli che sua madre gli raccontava nel buio della sua camera illuminata solo dalla fioca luce delle stelle fosforescenti attaccate al soffitto. Ed era comunque rispetto e fascino, non era credenza ferma ed incrollabile, non era fede.
Magnus, la fede, l'aveva persa da tanto tempo.
Fede nella gente, nelle loro parole, nelle loro azioni, nella loro buona volontà, nella loro benevolenza. Aveva perso fede nel suo governo, nel mondo e soprattutto negli uomini. Aveva perso la fede nella legge e nella giustizia. Come ogni bambino aveva scoperto che gli adulti, i suoi genitori, non erano perfetti e forse aveva perso anche la fede cieca che riponeva in loro, nella famiglia per cui avrebbe fatto di tutto ma che anche se lo amava, faceva sempre qualcosa che lo deludeva.
Quando Ragnor era morto, quando un bastardo gli aveva sparato, aveva perso anche la fede nella vita. E la vita era ciò che Magnus amava di più al mondo, ciò per cui inneggiava ogni giorno. Eppure gli era bastato vedere il corpo freddo del suo miglior amico, di uno dei membri di quella famiglia che mai lo avevano deluso, e tutto era crollato.
Rimase con lo sguardo perso nel vuoto, domandando cosa avrebbe fatto se si fosse trovato in una situazione diversa, se il Capo Blackthorn non avesse assegnato proprio Alec al caso Fell ma un qualunque altro stupido, bigotto e pieno di pregiudizi.
Con tutta probabilità sarebbe arrivato a Valentine da solo, dopo mesi se non anni, lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani e sarebbe rimasto a sua volta coinvolto, morendo magari proprio per mano di quello stesso mostro.
Quell'anno aveva perso un persona fin troppo cara, aveva visto il dolore sul volto di Catarina, l'inespressività di Raphael che si incrinava sotto il peso della notizia. Aveva visto Lily, l'inscalfibile Lily, scoppiare a piangere e aveva sentito la voce lontana e meccanica di Malcom, dall'altra parte del telefono, ripetergli che era tutta colpa sua, che non doveva lasciare New York, che se fosse rimasto Ragnor sarebbe ancora vivo, che era lui il più grande e doveva prendersi cura di tutti loro. Lo aveva sentito colpevolizzarsi, chiedergli scusa per non averlo protetto come aveva giurato di fare anni addietro, di non esserci stato. Magnus non aveva avuto la forza di dirgli che non era vero solo perché sapeva quanto Malcom avesse visto tutti loro e li vedesse ancora come i suoi fratellini, come quei bambini che gli erano stati messi imbraccio poco più che infanti e che aveva giurato di proteggere. Sapeva che al posto suo si sarebbe accusato delle stesse, identiche ed inverosimili colpe. Le parole di Quinn, che si era trattenuta dal mostrargli qualunque forma di dolore stesse provando, erano state dure quanto gli occhi lucidi di Meliorn, che aveva solo tirato su con il naso ed annuito. Non aveva avuto il coraggio di telefonare a suo padre e dargli la notizia, in parte tranquillizzato dalla sicurezza che l'uomo sapesse e al contempo terribilmente arrabbiato con lui perché se effettivamente sapeva non si era mai sprecato di alzare la cornetta e chiedergli come stesse.
Era successo tutto così velocemente, in quei primi giorni di lutto e dolore, che a ripensarci non riusciva a collocare il momento esatto in cui aveva visto Alec, forse perché la prima volta che si erano incontrati non lo aveva davvero visto.
Trovava piuttosto ironico come, tra tutto il caos che aveva sconvolto la sua vita, tra la perdita, tra la paura, quel miscuglio insondabile e incomprensibile di sentimenti ed eventi che lo avevano travolto, Alexander fosse stato il faro che aveva rischiarato la sua visuale.
Magnus aveva perso la fede in così tanti modi e in così tante cose che si sorprese di averla ritrovata proprio nella legge. La sua cattedrale era diventata le braccia aperte del poliziotto che lo aveva sorretto nel dolore e nella lotta, nel ricordo e nella sofferenza. Gli occhi blu come il simbolo perpetuo della sua nuova ed incrollabile fede, una croce dinnanzi a cui si sarebbe inginocchiato e avrebbe pregato, scrutato dall'alto da un angelo protettore, il suo nome come unica preghiera che aveva sentito sulle labbra di tanti altri fedeli, anche di altre credenze, con intonazioni e motivazioni diverse. Alec gli aveva ridato la fiducia nella vita, nelle persone e anche nella giustizia, gliel'aveva restituita nel momento in cui si era presentato alla sua porta e aveva riposto la propria nelle sue mani. Lo vedeva ancora, perfettamente impresso nella sua mente, illuminato dalla luce della gloria di un Dio a cui Magnus non aveva mai creduto e che troppo spesso aveva accusato, chiedendogli dove fosse quando la gente aveva davvero bisogno di lui. E sentiva ancora il peso, la consistenza ed il tiepido calore della sua mano stretta tra le sue, quando era uscito dal suo ufficio pronto a reimmergersi nel marasma della città e del caso a cui stava lavorando in un modo in cui non si sarebbe mai aspettato di veder indagare un detective, un poliziotto per uno come lui: con attenzione e perizia, deciso ad incastrare il colpevole e dare giustizia alla vittima.
Chissà se Guadalupe lo avrebbe spronato a dire la preghiera prima di cominciare a mangiare. Chissà se avrebbe voluto un ringraziamento al Signore o se le sarebbe andato bene anche sentire la personale preghiera del suo di culto, Alexander”, solo quello, solo un nome. Un nome a cui doveva tanto, a cui doveva la vita. Forse sarebbe dovuto davvero entrare in chiesa e pregare Dio di proteggere il giovane. O magari poteva chiedere a Raphael di pregare anche per lui, dato quanto incompetente fosse Magnus in questo campo.
Si sdraiò a terra, alzando lo sguardo verso il soffitto e rivedendo per un attimo quello costellato di adesivi della sua cameretta, era davvero da tanto che non tornava alla sua vecchia casa.
Il pensiero lo fece sollevare di scatto dal pavimento, la testa che si voltava verso la porta, percorreva il corridoio e svoltava dietro al divano, fissandosi sotto il tappeto con cui era coperta la macchia del sangue di Valentine Morgenstern. Non voleva neanche toccare quelle assi sporche, gli faceva ribrezzo anche pensarci, mentre a pensare a quelle su cui era quasi morto Alec gli veniva solo un enorme senso di colpa e si vergognava al solo pensiero di sostituirle.
Non aveva molte remore ad ammetterlo a sé stesso e anche a Cat e Raph, era successo spesso che la notte, quando non riusciva a dormire, si alzasse dal letto e si ritrovasse seduto davanti a quelle macchie, la sua e dell'altro. Le fissava per ore, finché il sonno non lo vinceva e decideva di tornarsene in camera. Si era anche riseduto dove lo avevano trovato i soccorritori, rabbrividendo e avvertendo una fitta fantasma alla gamba ormai perfettamente rimarginata. Aveva provato a sdraiarsi dove avevano rianimato Alexander e lì non aveva resistito: si era ritrovato a versare lacrime silenziose, a chiedersi ancora quale fosse stato l'ultimo pensiero del compagno, se come lui avesse pensato solo a cose futili o se dall'alto del suo dannatissimo spirito da super eroe non avesse pensato invece alla sua salvezza, ai suoi famigliari, a Jonathan che aveva appena visto morire il padre. Glielo avrebbe chiesto, decise alzandosi definitivamente dal pavimento e dirigendosi verso la cassettiera in cui teneva tutte le sue cravatte, appena avrebbe rivisto Alec gli avrebbe chiesto quale fosse stato il suo ultimo pensiero.
Si guardò allo specchio e annuì convinto.
Ora gli serviva solo quella dannatissima cravatta nera e oro e sperava vivamente che non fosse quella a cui Lily aveva dato fuoco due anni prima.

 

 

 

<< Lo so, me lo hai già ripetuto tipo una decina di volte. Ti pare che me lo sia dimenticato? Io non- è successo solo una volta! Non puoi rinfacciarmelo sempre come se fosse una chissà quanto grave mancanza, sono abbastanza sicuro che- >> venne zittito ancora una volta e alzò gli occhi al cielo, la luce dei faretti del suo specchio rendeva perfettamente chiaro ogni minimo particolare del suo viso.
Cavolo, s'era messo male l'ombretto?
<< Merda.>> sibilò. << No, non tu! Ma ti pare che ti dico che sei una merda? Lo vedi che ti comporti come una cazzo di vittima? No, non rompere tu, non è vero. Certo che ti ci chiamo ma questo non vuol dire che non lo faccia anche tu!>> borbottò in risposta al vociare che gli arrivava dal telefono e cercò il pennello giusto tra quel marasma che era diventato il tavolo. Se non fosse stato per la chiamata non si sarebbe distratto e non avrebbe fatto quel caos. << Tu mi dici anche di peggio. Non provare a negare! Sei un bastardo, accettalo. Cosa?! Non ho detto- La smetti di interrompermi? NO! Non è vero, io non lo faccio mai! Ah si? Allora citami anche solo una persona che di solito interrompo mentre parla!>> concluse con aria di sfida, osservandosi ancora allo specchio e decidendo che quello che vedeva gli andava più che bene.
Peccato che il suo sorriso soddisfatto andò velocemente trasformandosi in una smorfia mentre ascoltava il suo amico ciarlare dall'altra parte del fono.
Si imbronciò. << Avevo detto solo una.>> disse a bassa voce, completamente punto nel vivo. Poi sospirò. << Va bene, senti, hai vinto tu, è Natale non ho voglia di dimostrarti quanto ti stia sbagliando e quanto tu possa essere stupido in un giorno così importante per un buon cristiano.>>
Delle risate soffocate gli fecero cercare Catarina nello specchio e poi lo fecero girare verso di lei, allontanando il cellulare e lasciando che la voce di Raphael si espandesse facilmente nella stanza.
<< Quando abbiamo smesso di parlare di me e cominciato a parlare di te?>>
Catarina rise ancora, senza cercare minimamente di nascondersi, la sua bella testolina azzurra tutta costretta in una cuffia piena di bigodini che la facevano sembrare una donna degli anni cinquanta.
<< Tu non ridere!>> la minacciò con lo stesso minuscolo pennelletto con cui si era truccato.
<< Oh no, Magnus! Qualcuno ride di te, che assurda novità!>> Poteva sentire il ghigno di Raphael anche attraverso la linea telefonica, fissò male il suo cellulare e poi lo mise in vivavoce, lanciandolo a Catarina che lo afferrò al volo.
<< Se l'è presa a male Raph.>> lo informò la donna.
<< Sei un pessimo cristiano, il tuo Salvatore nasce oggi e tu pecchi di cattiveria.>>
<< Gesù bambino non nasce oggi, cabron, nessuno sa con precisione il giorno e l'anno della nascita del Messia, è solo per pura convenzione che lo si fa risalire al 25 Dicembre, unito anche al fatto che quello era il giorno deputato alla festa del Sole dei pagani. Dios, ma almeno informati prima di aprir quella boccaccia e darle fiato.>>
Magnus fece un gesto vago con la mano. << Se, come vuoi tu, va bene. Te lo ripeto, solo perché è Natale ti concederò il beneficio di non sentirti stracciare verbalmente da me.>>
<< Por favor, recuérdame1 chi ha una laurea in economia e diritto e chi a stento è riuscito a prendere il diploma.>>
<< La mia benevolenza natalizia sta scemando hermano.>>
<< Catarina, ficcagli un calzino in bocca.>>
<< Catarina, non azzardarti a ficcarmi nulla in bocca.>>
<< Beh, in effetti penso che sarebbe una cosa che non succede da un po' di tempo.>> fece sovrappensiero la giovane lasciando che un denso silenzio avvolgesse tutti quanti.
Magnus fissava l'amica a bocca aperta, senza sapere che dire. Dal telefono invece arrivavano dei suoi soffocati, come colpi di tosse, o starnuti trattenuti, che ben presto si rivelarono in tutta la loro sonora potenza come la risata di Raphael.
<< Madre de dios me ayudas tú, estás muriendo2>> altre risa incontrollate, Catarina si morse un labbro per trattenere le sue, uno sguardo di scuse rivolte all'amico che ancora la fissava senza dire una parola.
<< Me ahogo3!>> ululò il messicano.
Magnus si riprese a quell'affermazione e digrignò i denti. << E' una promessa?>>
Catarina rise ancora più forte di Raphael e scosse la testa senza speranza.
<< Okay, perché adesso non finiamo di prepararci? Che ne dite? Raphael, scommetto che tua madre ha bisogno di una mano per sistemare la sala e Magnus ed io dobbiamo finire di farci i capelli.>> disse guardando l'asiatico con un sopracciglio alzato, quello si strinse nelle spalle come a dirgli “che c'è, farsi i capelli è sempre l'ultimo step” e poi si voltò verso lo specchio.
<< Si Santiago, vai ad aiutare tua madre e fai il bravo figliolo.>>
<< Catarina, gli lanci la lacca ed il gel fuori dalla finestra da parte mia? Anzi, no, i suoi cazzo di brillantini, buttaglieli nel cesso.>>
<< Va bene, state diventando animosi, okay, pausa, stop. Ci finiamo di preparare e arriviamo, Lily è già lì o è andata a prendere Malcom? >>
<< No, Lily arriva tra un po' con il padre, affari di lavoro.>> aggiunse spiccio prima che qualcuno gli chiedesse informazioni. << A prendere Malcom ci va Quinn e quel deficiente di mio fratello.>>
<< Quale dei cinque?>>
<< Quattro Bane, il quinto sono io.>>
<< Raphael, non è carino ricordare gli errori e le disgrazie di tua madre proprio a Natale.>>
<< Cat, ti chiederei di nuovo di ficcargli qualcosa in bocca, ma capisco che tu non abbia la mercanzia giusta per farlo stare zitto.>> sbuffò il ragazzo e prima che Magnus ribattesse, << Magari puoi cercare un dildo, scommetto che ne ha a centinaia, anche se non lo soddisferebbe come quello di un certo detective e in ogni caso i medici gli hanno detto che non può fare attività sessuali di alcun tipo, vero? Quindi Magnus se il tuo regalo per il policìa era un pompino, scordatelo. Vi aspetto tra trenta minuti, non tardate che Mama ci tiene alla puntualità.>> Poi attaccò senza neanche dargli il tempo rispondere a quella sottospecie di saluto.
Il ritmico tu-tu della linea chiusa rimase come unico rumore per una manciata di secondi.
Magnus digrignò i denti e si voltò di nuovo verso Catarina.
<< Perché deve essere sempre così stronzo?>> chiese retorico.
<< Perché tu devi sempre importunarlo con questa storia che non è un buon cristiano e far leva sulla sua religione ogni volta che ne hai occasione?>> ritorse lei mentre si alzava per avvicinarsi allo specchio, cominciando a togliersi la cuffietta e le prime forcine che tenevano fermi i bigodini.
<< Non difenderlo!>>
<< Mags, non ha detto nulla di falso, andiamo, ho sentito cose molto più pesanti uscire dalle vostre bocche. È il vostro modo di affrontare tutti i discorsi, siete ancora gli stupidi adolescenti che si insultano la mamma solo per aver una scusa per litigare ma che poi ridono di una battuta ben fatta.>> liberò la prima ciocca azzurrina che cadde morbida e arricciata sulla spalla scoperta della giovane.
<< Se ti stai riferendo all'epica bastardata di Lily su quanto Guadalupe fosse in grado di trattenere il respiro e perché lo sapesse fare così bene… >>
<< O a quando Malcom disse a quel tale, come si chiamava? John?>>
<< Un nome banale qualunque si.>>
<< Quando gli disse che conosceva sua madre perché ogni buona prostituta ha una sua foto come un santino e la prega ogni volta che gli capita un cliente...>> Catarina gli sorrise da dentro lo specchio e lui ricambiò divertito.
<< Perché, quella su quante strade conoscesse mia madre?>> fece Magnus afferrando la lacca e scuotendola come fosse uno shaker.
<< Ah ah! Oh, ce ne sono così tante!>>
<< Se qualcuno insulta tua madre e tu invece di incazzarti come una belva scoppi a ridere vuol dire che siete davvero amici.>> sentenziò Magnus.
Catarina annuì sorridendogli felice della sfumatura allegra che stava prendendo la conversazione. Stavano ricordando vecchi aneddoti, antiche dispute e stupidi litigi adolescenziali, prima o poi sarebbero arrivati anche a parlare di Ragnor in modo leggero come facevano con i loro vecchi problemi, ma per il momento, se proprio doveva essere sincera, preferiva parlare d'altro.
<< Ma ti prego Mags, dimmi che il regalo di Alec non è un pompino perché, e sono seria, non può ancora fare troppi sforzi.>> lo fece girare per guardarlo dritto negli occhi e lui alzò i suoi al cielo, posando la lacca e liberando un'altra ciocca da quei piccoli cilindri del demonio che a lui, l'unica volta che aveva provato a metterseli, gli avevano solo fatto danno. Certo, era anche un ragazzino di dodici anni che voleva il ciuffo come John Travolta, ma questi sono dettagli.
<< No mia dolce e malfidata Cat, non ho intenzione di fargli nulla di sessuale. Anche se mi piacerebbe molto- >> ammise sempre sorridendo.
La giovane ridacchio. << Cavalieri, stalloni e cavalcate eh?>>
<< Proprio quelli. La migliore della mia vita.>> sentenziò sicuro come i movimenti delle sue mani.
Catarina alzò un sopracciglio. << Ma davvero? La migliore della tua vita? Di tutta la tua vita?>> sfidò per nulla convinta.
<< Dolcezza, non vuoi che ti dica ora ciò che ho visto, credimi, anche perché ci ritroveremo entrambi con le mutande bagnate e non credo proprio che tu ti sia portata un paio di belle brasiliane di riserva, che si abbinino con quel balconcino. A proposito, su chi devi far colpo?>>
<< Su nessuno e non dirmi così che poi sono ancora più curiosa. Sai che non sono facilmente impressionabile, merita così tanto o parli solo perché è Alexander?>> gli chiese con sincera curiosità, senza però lasciare che le labbra truccate smettessero d'incurvarsi verso l'alto.
<< Beh, ovviamente penso che un po' abbia avuto la sua parte anche la situazione, la mia astinenza ed il fatto che è l'uomo che mi ha salvato il culo più di quanto io non ami ammettere.>> cominciò facendola voltare verso lo specchio per poter raggiungere meglio la sua nuca. << Ma se devo parlare solo dal punto oggettivo della faccenda… beh, cazzo. >>
Catarina rise con quella leggera spontaneità che non riusciva a dimostrare da mesi ormai, scuotendo la testa e facendo ondeggiare l'acconciatura di fortuna che avrebbe dovuto farle venire quei benedetti boccoli.
<< Solo questo Magnus? “Cazzo”? Si, avevo dedotto che ne fosse provvisto. Quindi?>>
<< Ehi! Quella è senza dubbio una delle prime cose che saltano all'occhio!>> si giustificò lui.
<< Più del tuo?>> lo sfidò ridacchiando e pungolandolo con l'indice, le unghie per una volta lunghe e smaltate.
<< Zuccherino, sono lusingato da questa tua domanda, ma ricordati che non lo hai mai visto dritto e che non hai neanche mai visto Alexander nudo, pure a riposo, non importa.>>
<< Che quei pantaloni sono ben riempiti lo vedo.>>
<< Non puoi capire che culo che ha.>>
<< Vedo anche quello tesoro, dimmi qualcosa che non so.>> allontanò le mani dalla sua testa e si poggiò con il fianco contro la toeletta per guardare con occhi vispi l'asiatico che si strinse nelle spalle.
<< Oh, andiamo Mags! Mi hai praticamente detto che ho visto nudo te ma che non reggi il paragone con lui.>>
Magnus sussultò. << Ah no! Questo no! Il mio pene è più che rispettabile, è il re!>>
<< E quello di Alec?>> poi si bloccò. << Oddio, mi sto rendendo conto solo ora che ti sto chiedendo informazioni sul pacco del poliziotto che ti ha salvato la vita.>> fece quasi inorridita dalla sua mancanza di tatto.
Magnus sogghignò. << Mi ha salvato la vita si e mi ha pure salvato da una crisi isterica da astinenza da sesso che neanche ti dico. Quello è stato il suo salvataggio migliore.>> disse con sguardo vacuo, come se stesse ricordando qualcosa.
Lei alzò un sopracciglio. << Più di un laccio emostatico di fortuna fatto con la sua maglia che ti ha salvato dal morire dissanguato?>>
L'uomo annuì. << Dio, quanto era fottutamente sexy? Dopo una sparatoria si è tolto la maglia e me l'ha legata alla gamba. Sul momento ho solo ringraziato il cielo ma ora che mi ci fai ripensare sarebbe stato davvero eccitante in un'altra situazione.>>
<< Oh, certo, perché se non fosse stati sotto fuoco sarebbe stato davvero eccitante vedere un ragazzo spogliarsi per fermarti una cazzo di emorragia.>> lo fissò con gli occhi socchiusi e Magnus dovette darle ragione. Con un cenno affermativo gli fece capire che le andava bene anche quella tacita ammissione e così tornò a sorridere.
<< Quindi? Più tu o lui?>>
Magnus alzò gli occhi al cielo sorridendole a sua volta. << Ovviamente ce l'ho più lungo io.>>
Catarina rise. << Ma non avevi detto che era un bel confronto?>>
<< Ho detto più lungo. Ma cazzo se non mi batte a diametro. E poi Cat, lo sa usare bene, scommetto che sarebbe capacissimo di soddisfare anche una donna, sarebbe capace di farti venire così violentemente che dovrebbero mettere un cartello per segnalare “pericolo pavimento bagnato”.>> continuò tutto animato dal discorso mentre si sistemava i capelli. Catarina lo imitò e ricominciò a togliersi quegli ultimi due bigodini.
<< Ma?>> lo spronò.
<< Ma niente. È un fottutissimo dio del sesso gay.>> si fermò di botto e si voltò con lentezza, un contrasto che fece quasi preoccupare la giovane che si vide in diretta dal riflesso dello specchio un ghigno preoccupante allargarsi sul viso curato dell'amico.
<< Che c'è? No! Anzi, non so se voglio saperlo.>> alzò le mani come a pararsi da qualcosa ma Magnus gliele prese nelle sue e continuò a sorridere in quel modo per nulla rassicurante.
<< Ti ricordi cosa ti avevo detto?>>
<< Mi dici davvero tante cose, Mags… >>
<< Sulla prima volta che ci siamo rivisti, nel mio locale? La battuta sul fatto che è un cecchino e non sbaglia mai un colpo?>>
<< Si..e direi che aveva tutto il diritto di vantarsi visto che ha sparato in mezzo gli occhi al Vice Commissario con la sinistra e mentre aveva appena preso un colpo al torace.>>
Magnus scosse la testa. << Oh, non era riferito a quello...>>
Un flash attraversò la mente di Catarina che impallidì. Poi riprese colore con velocità sorprendente, lo stesso identico ghigno che faceva bella mostra di sé sul volto dell'amico ora si apriva anche sul suo.
<< Oh… non dirmi che è andato in centro al primo colpo… >> sussurrò con voce maliziosa.
<< Certo che no. Voglio dirti che c'è andato ad ogni colpo!>>

 

 

<< Catarina ha le guance rosse. Ha le guance rosse solo quando parlate di porcate. Chi si è scopato o è stato scopato da chi?>>
La serafica schiettezza di quella domanda fu emessa dalle labbra carnose e rosse di una ragazza che poteva avere ventiquattro anni come poteva averne appena diciotto. La sua figura minuta era sinuosa come quella di una modella d'intimo, le curve su cui scendeva un vestito color prugna piuttosto elegante la facevano automaticamente classificare come donna, ma la sua pelle liscia e priva di imperfezioni, il volto tondeggiante e le spalle piccole la relegavano di più alla posizione di una ragazzina appena sbocciata in tutta la sua prorompente femminilità.
Il naso piccolo e a punta era una delicata collinetta che divideva gli zigomi alti e le guance di quella pienezza così tipica degli adolescenti che la facevano parer dolce come in realtà non era.
I capelli neri come la notte erano striati da ciocche sfumate di blu, lunghe sfumature che si concentravano sulle punte ma parevano naturali come i capelli schiariti dal sole, pareva quasi che ci fosse nata, che fosse venuta al mondo solo per aver quel sorriso da bambina cattiva, gli occhi freddi e taglienti come un vetro scheggiato, la lingua biforcuta ed i capelli blu.
Lily Chang era una giovane, in barba a tutti, proprio di ventiquattro anni, nata da mamma americana e papà cinese di Louyang, non una delle città più famose dello Stato, ma che certo aveva il suo fascino. Non che il signor Chang la potesse ricordare così bene visto che era andato via dalla sua città natia ad appena otto anni. Lily aveva sempre preso in giro Ragnor per questo, gli diceva che era arrivato in America alla stessa età di suo padre e ben o male con le stesse assurde ambizioni, quindi avrebbe finito per sposare anche lui una bella americana ed avere una ancor più bella figlia “mista”, esattamente come si definiva lei.
Lily era un tipo fin troppo particolare di persona, non la si poteva capir bene a meno che non la si conoscesse e a pochi era permesso farlo. A prima vista invece pareva solo quella classica ragazzina bella e viziata, che era abituata ad avere tutto e tutto otteneva. Se solo la gente avesse saputo cosa era in grado di fare con un coltello in mano, probabilmente gli avrebbe girato a largo. Davvero molto a largo.
Si poteva intuire quanto pericolosa fosse in realtà quella piccola bambolina di porcellana se ci si soffermava a fissare quegli occhi neri come la pece che si ritrovava. Il taglio asiatico dell'occhio sembra esser stato ingigantito dalla controparte americana del suo DNA, un gentile regalo della genetica che la faceva rassomigliare ad un manga, o forse ad un grosso felino pronto a balzarti contro. Le ciglia scure aiutavano solo a gettare ombra su quei dischi di pietra levigata che brillavano intimidatori tra le palpebre pallide, le sopracciglia fine davano la perenne impressione che si stesse prendendo gioco di te. Ed era vero, spesso Lily squadrava il mondo dall'alto al basso, conscia del suo livello, delle sue capacità e del suo nome. Era più forte di lei, era come l'avevano cresciuta, sapendo perfettamente chi era.
Non le si sarebbero mai messe in bocca le parole che aveva appena pronunciato ma non erano certo le peggiori che aveva detto nel corso della sua vita. Era una vipera, la piccola Lily Chang, capace di sputare battute al vetriolo e poi non capirne una vera, con un senso dell'umorismo così particolare che rendeva difficile farla ridere, per quello c'erano le battute di cattivo gusto e quelle volgari. Oh, quanto sogghignava soddisfatta nel sentirle, come se si fosse appena fatta una sana risata di cuore. Lily era cresciuta in un ambiente tanto maschile quanto maschilista: unica figlia femmina, i suo i genitori avevano solo fratelli maschi e quei pochi che avevano avuto a loro volta figli ne avevano avuti, ancora, solo maschi. Ma come li rimetteva tutti in riga la bambolina di casa, crescere correndo dietro ai propri cugini con scarpette di vernice e gonna in crinolina non le aveva impedito di imparare a dare pugni, minacciare, imprecare come uno scaricatore di porto, apprezzare tutte quelle battute e riferimenti a sfondo sessuale tipici dei ragazzini con troppi ormoni in circolo e nonostante tutto diventare la femme fatale che nessuno si aspettava diventasse.
Se ne stava con le mani sui fianchi, il cappotto di pelliccia sbottonato mostrava la lucentezza del tessuto del suo bel vestito, rigorosamente al ginocchio perché se no la Signora Santiago sarebbe stata capace di farle mettere una gonna delle sue pur di coprirle le cosce e -- lo aveva già fatto.
Li scrutava con un sopracciglio inarcato, prendendosi ancora una volta gioco delle loro chiacchierate e di tutto ciò che ne poteva derivare, tutto ciò che a breve avrebbe obbligato loro a raccontarle, e scosse piano la testa allungando una mano verso Magnus per tirarselo vicino e abbracciarlo.
<< Spero che sia un bel racconto Magnus, è Natale, fammi divertire.>> disse stringendolo con cura per non rovinargli gli abiti. Loro due condividevano quella particolare passione per lo stile ed i bei vestiti che gli altri non riuscivano proprio a comprendere. Forse solo Raphael quando si parlava di completi.
<< Oh, lo è bambolina, stavo giusto dicendo a Cat prima, che ci servirà un cartello per il pavimento bagnato.>> ammiccò con malizia facendo scuotere la testa all'infermiera questa volta.
<< Smettila di ripropinare quella battuta e togliti di mezzo, devo abbracciare anche io la povera ragazza che verrà costretta a portare lo scialle per tutta la cena per coprirsi la scollatura.>> sorrise divertita e ridacchiò al piagnucolio della ragazza che asseriva quanto la sua scollatura fosse ben morigerata.
<< Lo sarebbe se portassi una seconda, massimo una terza, ma la tua è una quarta abbondate Lily, esce che è una meraviglia, non trovi? Su chi devi fare colpo?>>
<< Se il racconto di Magnus mi soddisferà a dovere e mi ridurrà nelle condizioni che lui auspica, sarà quel tipo.>> sentenziò girandosi verso l'uomo. << Dimmi che ne varrà la pena, sarà l'ultima volta che sentirò parlare di sesso e cose divertenti per questa sera.>> fece subito rabbuiandosi.
<< T'ho mai detto che passi troppo tempo con i tuoi cugini?>> le domandò Magnus salendo le scale che portavano alla palazzina in cui si sarebbe svolta la cena.
Quella era la casa dove Raphael era nato e cresciuto, una struttura di cinque piani, in un modo o nell'altro tutti comunicanti tra loro. Ci viveva praticamente tutta la famiglia del messicano, o per lo meno tutti quelli che erano in America e che ancora non si erano trasferiti. Un tempo quelle mura avevano ospitato il vociare concitato e le urla di una quindicina di bambini, una cosa aberrante secondo Magnus, che invece era cresciuto da solo, nel silenzio piacevole della sua villetta, allietato dalle visite degli amici, non come casa Santiago, che dava dimora a sette tra fratelli e sorelle, alle rispettive famiglie e ad eventuali cugini, zii e parenti acquisiti. Una volta anche la vera Signora Santiago aveva abitato quei piani, la matrona, la nonna di Raphael che malgrado l'età ricordava tutti i nomi e le parentele di ogni singola persona presente in quella casa o che vi aveva messo piede anche solo una volta.
Ma la nonna di Raphael era morta ormai quasi cinque anni prima, in tempo per vedere il suo nipote più piccolo prendere in mano la sua vita e comprare finalmente il suo hotel e anche per vedere qualche piccolo pronipote barcollare su quei pavimenti su cui avevano barcollato anche i loro genitori.
Ora, a capo della famiglia, c'era proprio la madre di Raphael che in modo o nell'altro era risultata la più forte e risoluta della famiglia nell'ereditare il posto di comando di quel microcosmo che era Palacio Santiago.
Dopo aver messo a posto il Du Mort- “Agradece Dios que tu abuela no haya vivido bastante para saber como has llamado aquel sitio. Francés...estará volviendo en la tumba4.”-, Raphael aveva proposto più di una volta alle donne di casa di festeggiare Natale lì, asserendo che in un hotel sarebbero state servite e riverite, soprattutto nel suo, e che si sarebbero potute rilassare per quella sera.
Probabilmente se non lo avesse detto in quel modo, se non avesse dato ad intendere che voleva soltanto coccolarle come loro facevano sempre con tutto il resto della famiglia, se non avesse fatto capire che voleva far loro la gentilezza di tornar bambine ed doversi di nuovo solo preoccupare di godersi il Natale, a quest'ora Raphael Santiago non sarebbe più esistito.
Per sua grandissima fortuna il messicano aveva un grandissimo senso di sopravvivenza e sapeva come comportarsi con i suoi e così si era beccato solo una serie infinita da abbracci, baci, sorrisi, parole commosse ed affermazioni amorevoli per il suo gentilissimo gesto.
Ma no, era Natale e Natale lo si passava in famiglia, si cucinava in famiglia e si faceva tutto in famiglia.
Magnus, Catarina, i Chang, Quinn e Malcom erano inclusi nella “famiglia” da tempo immemore seppur diverso.
<< Lascia stare i miei uomini e parlami del tuo.>> fece spiccia, fremendo quasi dall'aspettativa.
Magnus le sorrise e prese un bel respiro, posizionando le mani davanti a sé pronto ad indicargli quanto-
<< Serà mejor que5 quelle mani stiano indicando la forma del regalo che mi hai fatto, niño, e non altro.>>
Sulla soglia del palazzo, con le mani sui fianchi, un vecchio grembiule sicuramente dell'anteguerra ma pulitissimo, i capelli legati in una crocchia velata e lo sguardo fermo e minaccioso, se ne stava proprio Guadalupe Santiago, in tutto il suo magnifico metro e sessantacinque di caparbia e forte donna messicana, pronta ad accogliere i suoi ospiti tanto quanto a far loro una bella lavata di capo. Al suo fianco, in un impeccabile completo gessato scuro, con una bella cravatta rossa a tema natalizio, Raphael li osservava soddisfatto di quell'interruzione, il ghigno divertito di chi è così conteto di essere arrivato proprio nel momento più bello di una conversazione, e di averla inrimediabilmente bloccata, che pareva quasi aver già ricevuto il suo regalo di Natale.
Raphael non era molto alto, arrivava al mentro e settanta -lui continuava a dire settanquattro ma Magnus si divertiva troppo a ricordargli che li dividevano quasi quindici centimetri- dalla carnagione olivastra e abbronzata, i folti ricci marroni pettinati con cura come ogni giorno. Il volto, proprio come quello di Lily, pareva molto più giovane della sua età e lascaiva sempre gli altri interdetti, specie quando se lo trovavano davanti per una riunione o per un affare. Troppa gente aveva fatto il grave errore di sottovalutarlo, di credere di star parlando con un moccioso, come lo chiamavano fratelli e cugini perché era il più piccolo della nidiata, e quindi, inevitambilmete rimanere con un palmo di naso quando il piccolo Raphael sfodarava i bei dentiniti e si mostrava per la belva che era.
Non a caso lui e la Chang venivano spesso presi in giro sul loro aspetto, Miguel, il terzo fratello di Raphael, aveva avuto anche la pessima idea di dire che i due avessero venduto l'anima al diavolo per rimanere per sempre giovani e quel cretino del suo gemello aveva rincarato la dose asserendo che il demonio li aveva trasformati in vampirti, succhiasangue non-morti. Era successo all'incirca quattro o cinque anni prima e i due sfortunati fratelli si erano beccati tante di quelle mestolate in testa che se le sarebbero ricordate per una vita. Così come i vicini avrebbero ricordato le urla, le preghiere, le invocazioni e le bestemmie colorite di Lily quando la zia Rosalinda le aveva lanciato l'acqua santa contro macchiandole il suo Dior preferito.
Probabilmente se a suo tempo avesse già conosciuto Sigmund Magnus avrebbe potuto controbattere dicendo che semplicemente possedevano l'Anello Unico. Ma non si erano neanche incrociati da lontato e quindi Magnus si era semplicemente goduto la scena assieme ad una più che divertita Catarina e ad un preoccupatissimo Ragnor che cercava invano di fermare quel delirio.
Guadalupe ora lo attendeva illuminata dalle luci calde dell'ingresso, o almeno di quello che sarebbe dovuto essere l'atrio ma che invece era l'ingresso della gigantesca casa. Il suo sguardo minaccioso si era addolcito di colpo e aveva allargato le braccia per stringerselo contro e fargli i suoi auguri, dirgli quanto fosse bello quella sera, quanto fosse felice di vederli tutti lì e come gli avrebbe pulito la bocca con il sapone se avesse detto certe cose davanti ai bambini. Raphael non aveva mai perso il suo ghigno e anzi, era aumentato, mostrando al meglio la fila bianca e appuntita di denti, quando aveva posato gli occhi su Lily e sulla scollatura del suo vestito.
<< ¿Mamá tienes una estola morada6?>> chiese con voce bassa e gentile.
La donna lo guardò un attimo, lasciando libero Magnus che cercava disperatamente di ritrovare il respiro, e annuì mentre catturava Catarina e le riservava lo stesso trattamento, salvo la parte del sapone.
<<
Sí, sayas dónde las tengo. ¿Por qué? Espera.7>> Lasciò anche Catarina e si voltò verso Lily, che nel mentre si era affrettata a richiudersi il cappotto. << Lily Chang, fammi un po' vedere il tuo vestito!>> disse mettendosi di nuovo le mani sui fianchi e scrutandola con occhio attento.
Lily fulminò con lo sguardo Raphael.
<< Traditore.>> gli sibilò contro, poi si arrese e aprì i lembi della pelliccia.
Guadalupe la scanzionò con un solo colpo d'occhio e poi annuì.
<< ¿Raphael? Tómame de los broches, aquéllos bastarán8.>>
<< Subito Mamà.>> fece un cenno con il capo e, servizievole come lo era solo con lei, si avviò con tranuillità verso la scalinata che portava ai piani superiori.
Lily aggrottò le sopracciglia. << E' da quando sono piccola che sento parlare spagnolo, ma questa non l'ho capita. Che deve prendere?>> chiese perplessa.
Raphael si bloccò sui gradini e si voltò sorridendogli sadico:
<< Graffette. Ti spilliamo il vestito ed il gioco è fatto.>> poi tornò al suo obbiettivo.
La ragazza sarebbe anche sbiancata se non fosse stata già pallida di suo, fissò la schiena di Raphael finché non scomparve e poi imprecò a mezza bocca.
<< Porco cazzo! E no! Non di nuovo! È un fottutissimo Chanel questo! Nessun figlio di puttana si azzarderà a spillarmi il vestito! Sono stata chiara? Raphael! Bastardo senz'anima! Torna qui o giuro che ti apro il culo come una scatola di tonno!>> e con questo sfrecciò in casa superando Guadalupe che la guardava come se ormai c'avesse rinunciato e cominciò a salire di corsa le scale, con la pelliccia che rimbalzava ad ogni gradino ed i tacchi che sembravano voler perforare la pietra consunta di cui la scalinata era fatta. Continuò ad urlare improperi contro il messicano, lasciando che rimbombassero per tutto il palazzo e facessero sapere ai suoi occupanti che Lily Chang era arrivata. Poi si sentì un urlo acuto, una bella bestemmia ed un paio di risa a singhiozzo, probabilmente quelle di Raphael che ora rincorreva la ragazza per tutta casa brandendo una spillatrice.
<< Non credo cresceranno mai.>>
I tre rimasti si voltarono verso la fonte della voce per ritrovarsi davanti un uomo sulla quarantina, con un sofisticato ed elegante taglio di capelli, il volto curato e sbarbato, la pelle liscia e perfetta come quella di un attore colorita dal sole naturale e non da qualche stupida lampada. Portava un completo un po' retrò ma perfettamente indossato, che lo faceva sembrare appena uscito da un film d'altri tempi. Il volto mascolino mostrava un'espressione sconsolata ma divertita, le labbra fini piegate di una smorfia di dispiacere, il naso lungo e dritto leggermente arricciato e le sopracciglia perfette crucciate davano agli occhi celesti un'ombra di sconforto.
Al suo braccio, in un impeccabile vestito lungo color rame, stava una donna a dir poco bellissima, una Jessica Rabbit in cane ed ossa, ma senza l'eccessiva prorompenza di forme. Pareva una fata scesa sulla terra, con la lunga chioma rosso mogano pettinata in un'acconciatura tanto perfetta quanto semplice. Il volto delicato e gentile, le labbra carnose colorate di un tenue rosa cupo e le finissime sopracciglia rosse che parevano quasi bionde e quasi invisibili. Il naso alla francese era forse l'unica cosa che la faceva sembrare più umana, quel tratto che da bambina le era valso il nome di “faccia da maiale” e che, più tardi, avrebbe fatto pentire amaramente chiunque l'avesse pronunciato. Gli occhi grandi e dal taglio allungato, truccati con la perfezione di un professionista, erano di un verde così brillante da sembrare finto.
Per un attimo Magnus pensò che quella fosse la versione donna, sexy ed irraggiungibile della piccola Clary Fray, ma la verità era che per quanto graziosa potesse essere la giovane non sarebbe mai stata bella come quella magnifica visione che rispondeva al nome di Quinn Seelie. Non avrebbe mai avuto dei capelli ben disciplinati come i suoi, dei movimenti così regali e aggraziati ed un corpo così perfetto. Così come non avrebbe mai avuto i suoi modi da regina o i suoi occhi di quel colore così particolare.
Ma per quanto sentisse il bisogno di abbracciare quella fata, dirle che era magnifica come ogni giorno della sua vita, chiederle dove avesse comprato quel vestito così dannatamente sexy ed elegante al contempo e perdersi a parlare delle solite cavolate di cui discutevano da quando lui aveva circa sei anni e lei a mala pena dodici, ciò che attirò la sua completa attenzione fu il suo accompagnatore.
Magnus si sentì come un bambino che rivede il genitore dopo un lungo viaggio di lavoro ed in effetti lo era: non vedeva quell'uomo da quasi due anni, se non si contava quel giorno, e poterlo finalmente riabbracciare senza pensare ad altro se non a festeggiare e godersi la sua presenza, ricordando quegli anni felici in cui nessuna preoccupazione ancora lo sfiorava era tutto ciò che voleva.
Lo aveva cresciuto, non era sempre stato al suo fianco, era spesso occupato con il lavoro o con qualche commissione, si era trasferito anni prima e si vedevano davvero poco, ma come poteva Magnus impedirsi di essere così felice nel rivederlo?
Non poteva e ad essere sinceri neanche voleva, non ce n'era bisogno.
Un membro delle sua famiglia, uno dei “più grandi” era tornato da loro. Tutto ciò bastava.
Come Lily si era fiondata su per le scale rincorrendo Raphael così Magnus si buttò letteralmente tra le braccia dell'uomo, spalancate e pronte a prenderlo come avrebbe fatto ogni padre con il proprio figlio, malgrado Magnus si fosse lanciato dai cinque gradini che lo separavano dal marciapiede.
Gli strinse le braccia al collo e lasciò che l'altro sostenesse tutto il suo peso, un sorriso gigantesco che andava da un orecchio all'altro.
<< MALCOM!>>
Urlò senza preoccuparsi di dar spettacolo.
Lui lo strinse ancora più forte, proprio come quando era bambino e lo andava a prendere a scuola.
<< Ciao bambino, felice di rivedermi?>> gli chiese gentile carezzandogli la nuca.
Magnus annuì. << Non sai quanto.>> e nel dirlo la gola gli si chiuse. C'erano troppi significati e parole non dette i quella manciata di sillabe e Malcom lo capì perfettamente.
<< Lo so Mags, mi dispiace così tanto… se solo fossi stato qui...avrei potuto far qualcosa.>> serrò ancor di più la presa sulle sue spalle e lasciò che l'asiatico poggiasse il volto contro il suo collo.
No, non avrebbe potuto far nulla, esattamente come non avrebbe potuto far nulla Magnus stesso, ormai lo aveva capito, lo aveva accettato, non sarebbe cambiato nulla se non-

<< … Ora starei indagando su un duplice omicidio.>>

La voce di Alexander gli sfiorò piano il timpano come stava facendo il respiro di Malcom.
Con una grande sorpresa -e forse non sarebbe dovuta essere neanche così grande- Magnus si disse che avrebbe volentieri fatto parlare il suo vecchio babysitter con il suo attuale babysitter.
<< Non avremmo potuto fare niente.>> borbottò allora.
<< Sarei potuto starvi vicino.>> sentenziò l'uomo e Magnus sapeva che quella era la sua ultima posizione, non c'era nulla che lui potesse fare per farlo sentir meglio.
<< A te e a quella testolina azzurra là giù.>> gli diede una pacca sulla schiena e lo fece scostare quel tanto che bastava per poter accogliere tra le sue braccia anche Catarina, che sorridendo con gli occhi lucidi lo stritolò come aveva appena fatto lui.
<< Ciao Mal, non sai quanto mi sei mancato.>> disse scoccandogli un bacio sulla guancia.
Lui rise. << Ti fanno impazzire così tanto, tesoro? Beh, da come mi hanno accolto il niño e la bambolina, forse non dovrei stupirmi più di tanto. Non hai ancora trovato nessuno che possa aiutarti a sopportarli?>>
I due giovani sorrisero e Catarina avrebbe voluto dirgli che una volta c'era qualcuno che la aiutava, qualcuno che riusciva ad essere la voce della ragione di Magnus e che, in un modo che nessuno di loro aveva mai capito e mai avrebbe fatto, riusciva ad affascinare Raphael, a farlo fermare dalla sua continua folle corsa per affermarsi e dimostrare a tutti quanto fosse in grado di fare, quanto valesse, l'unica persona che riusciva chiedergli un favore qualunque e vederselo realizzato immediatamente.
L'unica persona che guardava Lily, le prendeva le mani e le diceva di fare un respiro profondo, di calmarsi e di non lasciare che gli altri, con i loro stupidi pensieri e sguardi, la facessero sentire inadatta a qualcosa, che anche se era una donna valeva tanto quanto i suoi cugini se non di più.
Ma Ragnor era morto e lei ora non aveva più nessuno che le desse manforte di quella perenne lotta contro la follia dei loro amici e del mondo che li circondava.
Non aveva più nessuno che le dicesse di andare a dormire, che aveva avuto un turno estenuante e che avrebbe pensato lui a quei deficienti dei loro amici.
<< No Mal, lo sia che ho gusti difficili.>> disse con voce tremante.
L'uomo annuì e le diede un bacio in fronte.
<< Lo so tesoro, lo so.>> e Catarina poteva essere sicurissima del fatto che lui lo sapesse veramente.

 

 

 

Malcom Fade era stato, durante la sua adolescenza, uno dei galoppini di Asmodeus ed era proprio così che Magnus lo aveva incontrato. Anche se “incontrato” non era proprio la parola esatta.
Dopo i suoi genitori e senza contare i medici, era stato un tredicenne Malcom a prenderlo in braccio per primo. Suo padre lo aveva “preso con sé” perché figlio di una delle cameriere che lavoravano in uno dei suoi locali, una donna tanto gentile e delicata che nessuno riusciva a capire come fosse finita a volteggiare attaccata ad un palo in un locale gremito di gente di ogni tipo che cercava solo di allungare le mani sul suo fondo schiena. Nathalie Fade era una giovane di appena venticinque anni che era entrata a far parte della lunga lista di ragazze madre che l'America vantava. Chi fu ad assumerla al nightclub nessuno se lo ricordava, ma chi la tolse dal palco e la mise, prima tra i tavoli, poi dietro al bancone ed in fine in una delle spa del Principe dei Demoni, era stata la madre di Magnus.
Nathalie l'aveva trovata per caso nel bagno del vecchio night una sera, in lacrime per colpa di un giovane che l'aveva trattata come una poco di buono e aveva cercato di metterle le mani addosso. L'allora ballerina, contro tutte le regole e a rischio di essere licenziata da un lavoro che le serviva tantissimo visto che aveva un figlio di appena nove anni, l'aveva portata con sé dietro ai camerini e aveva fatto di tutto per tranquillizzarla e farla riprendere dallo spavento, dandole consigli su come allontanare gli uomini troppo invadenti o con le mani troppo lunghe, raccomandandole di avvicinarsi sempre al bancone o alle altre ballerine come lei che erano pagate per sopportare quelle attenzioni. La ragazza rimase così colpita dalla gentilezza di quella sconosciuta da tornare a farle visita negli orari più tranquilli solo per parlare e vedere come se la cavava Nathalie con tre lavori ed un figlio.
Era successo circa un mese dopo, Asmodeus aveva deciso di vedere con i suoi occhi come se la cavavano al locale ed aveva incontrato quella ragazza, che pareva non aver proprio nulla a che fare con la sua impresa, che attendeva la pausa del turno di una sua amica, una ballerina, che l'aveva aiutata in un momento difficile. Dire che Asmodeus rimase folgorato dalla giovane è un eufemismo, Annika Soon aveva letteralmente conquistato Adam al primo colpo.
L'uomo non aveva osato dire chi fosse davvero e si era ripresentato al proprio locale, sotto mentite spoglie solo per incontrare la simpatica e dolce ragazza che voleva assicurarsi che nessuno toccasse la sua amica. Le era bastato lasciarsi sfuggire la cosa una volta e quella dopo Nathalie era stata assegnata al servizio al tavolo.
Ogni qual volta Ann si lamentasse o esprimesse la sua preoccupazione per la sua amica questa veniva spostata ad un altro impiego, finché Adam non ebbe il coraggio di dire alla ragazza chi era davvero, e chi lei sospettava già da tempo essere, e Annika non chiedesse espressamente a quello che era diventato il suo uomo di dare a Nathalie Fade un lavoro dignitoso che le permettesse di lasciare il Night e occuparsi meglio di suo figlio. Quando ciò accadde Malcom aveva appena fatto undici anni e Asmodeus pensò che gli facesse comodo avere un porta lettere che si occupasse di portargli il giornale e ritirargli la posta, facendo così un regalo inaspettato ad entrambe le donne che seppero che il ragazzino era sotto la sua protezione.
Malcom non aveva mai avuto problemi con bulli o gang, mai con nessuno, almeno finché Annika non era rimasta incinta ed era nato Magnus Bane. Allora si che ne aveva avuti di problemi.
Malcom era stato il primo compagno di giochi di Magnus, il suo primo “fratello acquisito”, il primo estraneo a preoccuparsi di lui così intensamente ed disinteressatamente da farlo sentire amato ed in famiglia come solo sua madre era stata capace di fare.
Poi era arrivata Lily, vincendo su tutti perché i suoi genitori erano in affari assieme e le loro madri erano diventate amiche, tra una riunione e l'altra. A Lily si era aggiunta presto Catarina, dopo di lei Ragnor, il figlio dell'infermiera che si occupò di sua madre quando stette male e poi Raphael. Quinn l'aveva sempre vista nei paraggi, per gli uffici di suo padre e Meliorn, il bambino che la dolce rossa aveva preso con sé perché orfano e maltrattato dai ragazzini dell'orfanotrofio in cui si trovava, era stata una gradita conseguenza.
Ad oggi, quello strano assembramento di persone era diventata la sua famiglia e malgrado tutti i problemi e tutto il caos, Magnus non poteva chiedere di meglio.
Spostò lo sguardo sull'enorme tavolata che li ospitava, su tutta la famiglia Santiago, con tutti quei mocciosi festanti rilegati al tavolo dei bambini, in fondo alla sala, su Raphael che punzecchiava Lily come facevano da quando si erano conosciuti; il signor Chang e Malcom che chiacchieravano tranquillamente del lavoro del più giovane a Los Angeles, su Catarina e Quinn che discutevano di fiori assieme ad un più che presente Meliorn che le correggeva ogni qual volta ce ne fosse bisogno.
I piatti erano ancora vuoti e le pietanze tutte incastrate al centro, tra bottiglie di bevande varie, pane, tovaglioli e bicchieri. Se si fosse girato, Magnus lo sapeva, avrebbe trovato altri tavoli piedi di cibo, dolci tipici natalizi e decorazioni di ogni genere.
Un sonoro battito di mani attirò l'attenzione generale, Guadalupe si era alzata in piedi e dal suo posto a capo tavola, con indosso ancora il suo bel grembiule, così come le sue sorelle, le cognate e le altre madri della famiglia, sorrise a tutti loro e chiese un attimo di silenzio.
Allungò le mani verso le persone a lei più vicine e ben presto tutti si strinsero gli uni altri altri.
<< Prima di cominciare a mangiare e festeggiare finalmente il santo Natale, quest'anno più di ogni altro, prendiamoci per mano e diciamo una preghiera, ringraziando il Signore di ciò che ci ha dato e chiedendogli di porgere una mano a chi ci ha lasciato.>>
Molti abbassarono la testa e chiusero gli occhi, Magnus vide Malcom strizzare i suoi dietro alle lente degli occhiali eleganti, Catarina imitarlo così come molti altri. Si ritrovò solo a tenere i suoi ben aperti e fissi sul riflesso di una brocca d'acqua, finché non si sentì osservato e si ritrovò a fissare le iridi calde e scure di Raphael, lo sguardo improvvisamente lontano anche se continuava a guardare lui.
Lo capiva, in un certo senso lo capiva. Non ci sarebbe mai riuscito fino in fondo, non aveva mai davvero compreso cosa legasse Raphael a Ragnor e voleva sperare con tutto il suo cuore che non fosse stato amore.

Per favore, per favore. Non amore. Dimmi che non ha perso la persona che amava, non di nuovo.

Ma Raphael continuava a fissarlo senza guardarlo, mentre sua madre e tutta la sua famiglia recitava un semplice, quanto sentito, Ave Maria.
Le labbra del suo amico non si muovevano, stette in due linee fredde e piatte che cercavano di nascondere quanto stesse soffrendo, quanto gli facesse male tutto quello. Da una parte sapeva che lo apprezzava, ma dall'altro doveva essere un supplizio tanto quanto lo era per lui.
<< Accogli l'anima dei nostri defunti e anche quella del caro Ragnor, che purtroppo si unisce a te prima di quanto fosse stato programmato.>> continuò Guadalupe seria come solo il momento poteva richiedere. << E ti rendiamo grazie, >> Magnus si accigliò, per cosa dovevano ringraziare? Per la morte di Ragnor? Perché finalmente raggiungeva il creatore dopo anni di sofferenze e sforzi? Strinse di più la mano di Catarina ma furono di nuovo gli occhi di Raphael a fermarlo.
Perché lui non protestava?
<< Ti ringraziamo per averci mandato qualcuno di buono e giusto per dargli giustizia e pace qui sulla terra come tu gliene darai nei tuoi regni.>>
Cosa? Stavano ringraziando…
Alexander?
Raphael annuì alla sua aria stupita e accennò un minuscolo sorriso.
Glielo aveva detto, era stato lui: Raphael l'aveva raccontato a sua madre, quindi sicuramente a tutta la famiglia, che ad occuparsi della morte di Ragnor era stato un detective buono e giusto, che aveva fatto giustizia nonostante tutto solo perché era, beh, giusto.
Gli sorrise grato di quel suo inaspettato gesto.
<< Ti ringraziamo anche per averlo posto a protezione del nostro Magnus e per averlo protetto da tutti i pericoli che ha dovuto affrontare.>>
Magnus si voltò verso la donna e la trovò a guardarlo con gli occhi amorevoli di una mamma grata di vedere vivo suo figlio, malgrado potesse leggere in quello sguardo, così simile a quello di Raphael, il dolore ed il rammarico per la perdita di un altro figlio.
<< Grazie per averci protetto tutti e per averci permesso di riunirci qui questa sera. Amen.>>
<< Amen. >> fu il pronto coro di tutto il tavolo.
E Magnus si sorprese più di chiunque altro nel sentire quella stessa parola uscire dalle proprie labbra.
Amen. Si, quella storia era finita e che ora tutti coloro che ne erano stati coinvolti ricevessero un po' di pace.

 

 

 

Il brusio generale che riempiva la sala, ad onor del vero, non riempiva solo la sala.
Forse perché quella non era una semplice sala.
Nel progetto originale quell'enorme spazio era un salotto, due camere da letto, un bagno ed una cucina. Era un appartamento ad essere pratici.
Quando però i Santiago aveva comprato il Palacio e avevano deciso che ci sarebbe entrata tutta la famiglia, avevano anche trovato opportuno rendere il piano terra “comune”.
Ora, in quello che doveva essere il primo appartamento dell'immobile, regnava il più bel caos natalizio di sempre.
Magnus non si era reso conto di quanto avesse bisogno di staccare da tutto e tutti e godersi semplicemente la sua famiglia finché non ne aveva avuto l'opportunità.
Si lasciò cadere con le spalle contro lo schienale della sedia e sospirò pesantemente, allargando il nodo alla cravatta e sbottonando i primi due bottoni del colletto, non aveva la più pallida idea di come facesse Raphael a tenersi ancora la giacca, persino l'impeccabile Malcom alla fine aveva ceduto e se l'era tolta.
<< Mi fai caldo solo a guardarti, com'è possibile che tu riesca a tenerti quella cosa addosso quando in questa sala c'è la stessa temperatura da soffocamento che abbiamo avuto questa estate?>> chiese rivolto all'amico che alzò gli occhi al cielo.
<< Hai mai pensato di farti un controllo alla tiroide, Bane? Non sono la prima persona che assilli con questa storia, credo che un altro povero cristo si sia beccato le stesse lamentele per tutto luglio e pure per buona parte d'agosto.>> replicò l'altro.
<< Esatto, quindi siete voi due che dovreste andare a farvi visitare la tiroide, deficiente, perché qui tutti stiamo morendo di caldo tranne te.>>
<< E' il cibo, la digestione sprigiona calore. Vuol dire che hai mangiato come una pattumiera.>>
Catarina sospirò già stanca di quel discorso e Malcom ridacchiò.
<< Chi è l'altra persona che riesce a tenersi la giacca con una “temperatura da soffocamento”?>>
<< Il toyboy di Mags, quello che gli ha salvato il culo. In tutti i sensi poi… >> fece Lily inserendosi nel discorso malgrado stesse parlando con Meliorn, che ridacchiò anche lui della precisazione.
<< Signorinella, te escucho9!>>tuonò Guadalupe nonostante la confusione che rendeva incomprensibili la maggior parte dei discorsi.
<< Ma non ho detto niente di male sta volta!>> si giustificò subito Lily, imbronciandosi come una bambina.
<< No importa, atenta a ti10!>> La rimbeccò prima di tornare a discutere animatamente di lei solo sapeva cosa con sua sorella.
I ragazzi risero sia alla frecciata della signora Santiago sia alla faccia di Lily, che scioccata fissava male la matrona. Almeno prima che Malcom le infilasse una fetta di torta nel piatto.
<< Mangia la torta Bambolina e non ci pensare, okay? Lo sai che Guadalupe lo fa solo perché vuole che parli come una signorina e non come ti hanno insegnato i tuoi cugini.>>
Lily sbuffò ma prese comunque una forchettata di dolce. << Io parlo come una signorina.>> borbottò.
<< E Magnus è biondo.>>
<< Che cazzo centro?!>> Si voltò dando un calcio a Raphael. Il ragazzo schivò con facilità e sorrise in modo fin troppo compiaciuto quando la voce di sua madre arrivò a riprendere anche lui.
<< Si Magnus, anche tu devi stare attento.>> gongolò schivando l'ennesimo colpo e abbassando la testa anche in tempo per evitare la scia dello scappellotto che Guadalupe assestò sulla nuca ben pettinata dell'asiatico quando questo gli rispose con un bel “figlio di puttana”.
<< Non cominciate, lo sapete che a Natale non voglio che usiate le mani.>> e per calcare ancora di più le cose afferrò uno dei tanti nipotini che correvano per la sala brandendo armi giocattolo e diede uno scappellotto anche a lui per aver colpito un altro cugino e avergli fatto male. Lo lasciò andare come se nulla fosse e nello stesso esatto modo, dopo aver scosso la testa ed essersi ripreso, il bambino aveva ricominciato a correre.
<< Andiamo a fare il caffè, lo prendete tutti, si?>> chiese poi alzando la voce per farsi sentire da ogni commensale.
Un coro di assenso si librò nell'aria satura di profumi, voci e suoni, Guadalupe e le altre donne della famiglia, le più grandi per intenderci, quelle meritevoli del titolo di matrona, che potevano vantare almeno tre figli e qualche nipote, annuirono alla risposa, come se non si aspettassero altro e fossero soddisfatte di quanto ricevuto e sparirono oltre la porta che conduceva all'enorme cucina.
Raphael si allungò verso l'esterno e agguantò al volo l'angolo della gonna di una delle sue tante zie.
<< ¿Tía, puede llevar también la leche?11>> le chiese gentilmente.
La zia in questione, Zia Carmen, una donnona di circa sessant'anni con le guance piene e rosee ed il volto sempre gioviale, sorride al nipotino e gli diede una delicata carezza sul capo ben pettinato.
<< Seguro niño.>> e si ricongiunse alle altre cognate.
Quando la porta si fu chiusa Lily sfoderò un ghignetto preoccupante e guardò Magnus fisso negli occhi.
<< Allora? Dov'eravamo rimasti?>>
<< Al poliziotto che gli salva il culo?>> domandò con non-chalance Meliorn, sapendo perfettamente a cosa puntava invece l'amica, specie dopo l'aggiornamento del suo arrivo a casa e di come Guadalupe avesse interrotto il racconto di Magnus.
L'asiatico sorrise e rimise le mani nella stessa posizione di prima.
<< Così.>> disse semplicemente, restituendo alla ragazza lo stesso ghigno. << E direi proprio che ha salvato il mio culo. Si, decisamente.>>
I ragazzi risero, Malcom fece una smorfia voltandosi verso Quinn come a chiedergli perché dovesse assistere a certe conversazioni. Li aveva visti crescere, per l'amor di Dio, chi aveva detto che dovesse per forza interessarsi anche dei dettagli della loro vita sessuale? E pensare che era stato lui a comprare a Magnus il suo primo pacchetto di preservativi, perché ormai lo vedeva un po' troppo spesso troppo appiccicato alla sua ragazza.
Sospirò. << Non credo di voler sapere altro.>>
<< Allora ti conviene alzarti ed andartene, perché Magnus mi ha promesso che dopo il suo racconto dovremmo asciugare il pavimento.>> disse lapidaria Lily. Malcom controllò alla sua destra per vedere se c'era ancora suo padre, ma l'uomo era seduto assieme agli altri padri della famiglia lontano dalla figlia.
Almeno lui se la poteva risparmiare questa.
<< Non lo voglio sapere. Adesso ne ho la certezza.>>
<< Andiamo Mal! È davvero una storia degna di essere raccontata. Pensa che mi ha tenuto sollevato per- >>
<< Ohi, Raph? Tìa dice che è finito il latte.>>
La voce di Cris -Cristiano, mamà non poteva dare a me il nome di un angelo guerriero e a te questo, non riesce a pronunciarlo nessuno- interruppe per l'ennesima volta il discorso di Magnus, che alzò gli occhi al cielo imprecando a mezza bocca.
<< Ma che avete voi Santiago? Siete fatti per interrompermi ogni volta che apro bocca?>>
<< Io me le farei un paio di domande se il Signore ti tappa quella cazzo di bocca ogni volta che provi a dire qualche cosa delle tue, Mags.>> sorrise il ragazzo poggiando una mano sulla spalla del fratellino e una su quella del suo vecchi amico.
<< Taci Cris, siete solo voi che godete nel rompermi le palle, altro che Signore, non penso che Dio, con tutto quello che ha da fare, si diverte a programmare la vostra venuta ogni volta che devo dire qualcosa di interessante.>> borbottò infastidito ma abituato al tono canzonatorio del secondo figlio di Guadalupe.
<< E poi il vostro Dio non mi priverebbe mai di una gioia così grande, è potente e misericordioso no?>> s'intromise Lily muovendo una mano come a sottolineare l'ovvio.
Cris alzò un sopracciglio. << Niño perché sei ancora assieme a questi poveri miscredenti?>>
<< Perché la Bibbia dice di aiutare i più bisognosi.>> disse con tono annoiato ed ovvio il giovane.
<< Allora, che stavi dicendo?>> gli chiese poi.
Quello si riscosse dai suoi pensieri, e dalla faccia annoiata e consapevole identica a quella del fratellino che gli si era dipinta in faccia, e annuì.
<< Tìa Carmen mi ha detto di dirti che il latte è finito, ci vuoi lo zucchero nel caffè?>>
Raphael non prendeva mai il caffè con lo zucchero, era una di quelle abitudini che gli aveva lascito suo padre, il “vizio” di non “contraffare” il caffè con lo zucchero, che ne alterava il sapore, ma di metterci comunque dentro il latte per mitigarne l'amarezza.
Era una stupidaggine, una cosa che poteva essere cambiata per una volta ma Raphael Santiago era un essere così profondamente organizzato ed abitudinario che anche una piccolezza come quella lo irritava.
<< Che cazzo vuol dire “abbiamo finito il latte”?>> sibilò minaccioso al fratello.
<< Esattamente quello che ho detto mocoso12, abbiamo finito il latte.>>
<< Non può essere finito a Natale, Madre de Dios!>>
<< Raphael no jurar13!>>
gli urlò la madre dalla cucina.
<< No blasfemé, mamà14! Chi è l'incompetente che ha fatto la spesa?>>domandò poi assottigliando lo sguardo.
Il fratello si strinse nelle spalle. << Esteban, penso.>>
<< Perfecto.>> Quell'ultima parola gli sfuggì dalle labbra come il verso di un serpente e con altrettanti moti sinuosi si alzò da tavola, chiuse i due bottoni della giacca che aveva aperto quando si era seduto ad inizio serata e con un cenno del capo si congedò dai presenti e si incamminò verso l'ingresso e le scale dirette ai piani superiori.
I ragazzi si guardarono con fare interrogativo, Cris si strinse nelle spalle e poi si mise le mani in tasca.
<< Lasciatelo stare, è un moccioso viziato, gli manca il latte e come un poppante si dispera. Tsk.>> scosse la testa e tornò verso la cucina da dove sarebbe potuto uscire per tornare a fumare, come stava facendo prima che la zia lo prendesse per un braccio e lo spedisse ad avvertire il suo fratellino.
<< Quindi? Questa pozzanghera?>> insistette Lily facendo tornare tutti al discorso principale.
<< Potete aspettare che mi alzi di qui e non vi senta?>> domandò Malcom alzandosi e rimettendosi la giacca. << Vieni con me o rimani a sentire i piccoli sporchi segreti dei nostri bambini?>> chiese gentilmente a Quinn e ci pensò su seriamente prima di sorridergli e fargli cenno di no.
<< Rimango a sentire i piccoli sporchi segreti, così se c'è qualcuno da far fuori te lo dico.>> Le belle labbra si tesero in modo furbesco e Malcom annuì, spostandosi un ciuffo di capelli argentei oltre la fronte.
<< Basta che poi non mi dici i dettagli.>> fece in fine allontanandosi.
Lo seguirono tutti con lo sguardo, poi l'attenzione fu tutta per Magnus.
<< Allora?>>
<< Mi ha tirato su con una facilità incredibile.>> cominciò lui.
<< E' più altro di te?>> domandò la rossa. << Stiamo parlando del bel poliziotto, no?>>
<< Non lo hai visto? Poco male, neanche io, rimedierò domani.>> disse Lily tutta attenta.
<< Si, è più alto di me, ma non di molto. Però ha il fisicaccio di un poliziotto. È un detective ad onor del vero. A Febbraio lo fanno Tenente.>> disse come se fosse un uno vanto personale.
Meliorn corrugò le sopracciglia. << Allora non è un detective semplice.>>
<< Perché?>>
<< Hai detto che lo promuovono Tenente, no?>>
<< Lo hai sentito.>> annuì Magnus.
<< Allora adesso non è un Detective normale, è un Sergente.>> spiegò lui. << Questa è la graduatoria: Agente, detective, detective di primo, secondo, terzo grado, Sergente, Tenente e Capo.>>
<< E tu perché lo sai?>> chiese Lily guardandolo con un sopracciglio alzato.
<< Perché a differenza tua mi interesso di chi mi sta attorno. E di chi mi mette i bastoni tra le ruote.>>
Magnus lo guardò senza capire. << Ma insomma, me lo avrebbe detto, giusto? Che senso ha presentarsi come Detective della Omicidi quando sei un Sergente? Nessuno sano di mente non userebbe il suo vero titolo ma uno inferiore, no?>>
Catarina annuì debolmente ma poi sorrise. << Alexander però è un tipo timido, magari è per questo che non ha mai detto nulla.>>
<< Ma anche il suo Capo lo chiama solo “agente” o “detective”, pure quella vecchia strega della Signora.>>
<< Allora non so che dirti, forse doveva prendere la promozione da Sergente ma visto che c'è stato tutto il casino della talpa al dipartimento non gliel'hanno consegnata e fanno tutto in un colpo solo. Non lo so Mags, sono un'infermiera, non una poliziotta.>>
<< E poi non ce ne frega un cazzo.>> s'intromise Lily. << Io voglio sapere solo se ti ha dato una ripassata degna di questo nome.>> continuò abbassando un poco la voce, quasi timorosa che la Signora Santiago la sentisse.
Il sorriso compiaciuto di Magnus valse molto più delle sue parole. << Oh, tesoro, eccome se me l'ha data. Ti stavo dicendo: mi ha sollevato come fossi una piuma- >>
<< In effetti dovresti mangiare un po' di più.>>
<< Anche no, Quinn. E Mi ha sbattuto al muro. Poi, quando ho ribaltato le posizioni si è impuntato con le spalle contro il muro e mi ha praticamente tenuto seduto sui suo cazzo di addominali da paura.>>
<< Cioè? Com'è possibile?>> Lily si sporse sulla tavola per farsi più vicina e sentire meglio la storia. Una storia che Catarina aveva già ascoltato e che le faceva venir da sorridere. Non tanto per quello che era successo: per carità divina, se Magnus non aveva pompato tutto il racconto ed era effettivamente successo quello che diceva anche lei c'avrebbe messo la firma per una nottata del genere. Eppure non riusciva a togliersi quel vago senso di vergogna se pensava a chi era l'altro.
Alexander Lightwood era stato una vera manna dal cielo per loro e per il caso di Ragnor, si sentiva un po' in colpa nel conoscere dettagli del genere su di lui, su un giovane così serio e diligente che si era fatto fregare da quel serpente ammaliatore che era il suo miglior amico.

Non che Lightwood non abbia fatto la sua parte, se quello che Mags ha detto è vero se l'è proprio giocata contro un degno avversario, quella partita.

Ridacchiò divertita dai suoi stessi pensieri, malgrado il leggero rossore che le imporporava le guance e voltò la testa nell'attimo esatto che le servì per vedere una scena che avrebbe volentieri evitato di vedere.
Perse il sorriso e divenne subito seria, allungando una mano verso Magnus per richiamare la sua attenzione ed interrompendolo proprio nella descrizione delle possenti spalle del detective.
<< Mags?>>
<< Mh?>> disse senza davvero ascoltarla, seguendo le esclamazioni delle ragazze e le risate divertite di Meliorn che lo prendeva in giro per essersi fatto metter sotto da un poliziotto.
<< Dimmi che quello che ho appena visto scendere le scale non è Raphael armato di mazza da baseball pronto ad uccidere il poveraccio che si è scordato di comprare il latte.>> fece Catarina con gli occhi chiusi, massaggiandosi le tempie.
Magnus si risvegliò di colpo dallo stato di puro compiacimento che lo avvolgeva ogni volta che doveva raccontare le sue prestazioni e girò di scatto la testa nella sua stessa direzione, scorgendo però solo un'ombra che si trascinava dietro una mazza di legno.
<< Eh… non lo è?>> provò lui, il tono troppo titubante per essere sicuro.
<< Raphael! Por el amor de Dios, no me ensucies el suelo de sangre, has hecho lustrar el mármol acecha por nativo. ¿Qué figura nos hacemos si dejas huellas por toda casa15?>> urlò ancora la signora Santiago da lontano.
I due amici si guardarono per un lungo istante.
<< Non voglio neanche sapere come ha fatto a sentirci.>> disse Magnus.
<< Non voglio neanche sapere perché la cosa che la preoccupa di più sia il marmo.>>
<< Io vorrei sapere perché non posso sapere tutta sta cazzo di storia in una volta sola, ma se il problema ora è Raphael che cerca di uccidere a mazzate il coglione che non ha preso il latte, va bene.>> poggiò le mani sul tavolo e si spinse indietro, le spille da balia che reggevano lo scollo del suo vestito, rendendolo più “decente” come aveva detto Guadalupe, si tesero come braccia che cercando disperatamente di tenere unite due metà.
Stupidamente, Magnus pensò che potevano essere una versione oggettistica di Spiderman e del pezzo del treno.

 

E perché cazzo deve sempre esserci quel fottutissimo pezzo?”
“ Perché è un pezzo fighissimo in cui ti rendi conto che lui è un supereroe si, ma è anche umano. Andiamo, Magnus! Alec! La battuta più importante di quella scena? Quella più sentita e assolutamente intensa?”
“ Ma è solo un ragazzo” aveva risposto Alec con voce monocorde dalla cucina del loft di Magnus.
Simon aveva annuito soddisfatto.
“ Me è solo un ragazzo. Questo Magnus! Questo è Spiderman! Ecco perché è l'eroe preferito di tutti.”
“Io preferisco Ironman” aveva borbottato lui.
“ A me piace Captan America.” era stato invece il bisbiglio di Alec.
Magnus e Simon si erano guardati per un istante, comprendendo al volo i pensieri dell'altro.
“ PATRIOTTISTA!” Gli avevano urlato in coro, so
gghignando soddisfatti dello sbuffo che sentirono.
“Fottetevi, è il migliore e basta.”


Si ritrovò a sorridere come un deficiente, fissando il punto in cui Lily non c'era più e maledicendosi per i suoi stupidi pensieri. Aveva passato troppo tempo con quei due, quell'estate, e ora non ce ne passava abbastanza. Era una cosa snervante e anche fastidiosa.
<< Sarà andata a picchiarlo?>> domandò Catarina.
<< Mi sorprendo che non siano ancora da qualche parte a limonare.>> disse invece Meliorn guadagnandosi un'occhiata scettica da tutti loro.
<< Che c'è? È l'unica che riesca a farlo comportare come il ragazzino troppo cresciuto che è. Chi di noi può dire di aver spinto Raphael Santiago a correre per i corridoi di casa sua, brandendo una spillatrice come se fosse un moccioso che cerca di tirare le trecce alla bambina con cui ha litigato?>> fece con ovvietà.
Ci pensarono su per un attimo, poi Quinn scosse la testa. << No, non penso, insomma, si conoscono da troppo tempo. Si comportano come due bambini ma io li vedo molto di più come due fratellini. Lei è la sorella minore che non ha mai avuto.>> Avrebbe continuato la frase, lo sapevano tutti, ci sarebbe stato da dire che Lily non era proprio quella perfetta per Raphael, che gli serviva un carattere molto più pacato che reggesse il suo carattere di merda e che portasse equilibrio in una persona che tendeva sempre all'estremo pur di dimostrare di essere degno del posto che occupava. Avrebbero tutti detto che gli serviva qualcuno come Ragnor. Ragnor che era stato sulla bocca di tutti per tutta la sera, che proprio quando veniva a mancare pareva essere collegabile ad ogni discorso e ad ogni parola.
Ma stettero tutti zitti, ascoltando solo le urla soffocate dalla porta della cucina di Lily e di Raphael che litigavano per l'ennesima volta per qualche stupidaggine, che avrebbero fatto pace senza neanche bisogno di dirselo.
Magnus sorrise con fare triste ai suoi amici e cercarono di concentrarsi su altro, attendendo che le dodici macchinette del caffè -da dieci caffè l'uno- si facessero e che venisse servito.
Il tremolio del telefono che gli vibrò in tasca ai pantaloni lo risvegliò da quell'attimo di cupezza calato sul quella parte di tavolo. Con un cenno di commiato Magnus estrasse l'apparecchio e si allontanò dalla confusione della festa per nascondersi nel salotto dove giocavano i bambini e poi dentro allo studio dove venivano fatti accomodare gli ospiti “importanti”.
Chiuse la porta alle sue spalle e tirò un sospiro di sollievo, guardando il display e sperando quasi che fossero Alexander o Simon a chiamarlo per fargli gli auguri, era quasi mezzanotte dopotutto.
Il numero che lesse però era privato e di certo non poteva essere dei due poliziotti.
Aggrottò la fronte e fece scorrere il dito sullo schermo per accettare la chiamata.
<< Pronto?>> domandò con voce curiosa.
<< Buon Natale mostriciattolo!>> tuonò una voce fin troppo conosciuta dall'altro capo del telefono. E per quanto Magnus potesse aver mille cose da ridire, come il fatto che non fosse un “buon” Natale perché il suo miglior amico era morto, perché gli avevano sparato e tante altre cose, non riuscì ad impedirsi di sorridere e rispondere con voce allegra.
<< Papà! Buon Natale anche a te! Dove sei? Tutto bene?>> domandò con le labbra incurvate verso l'altro.
Un rumore gli segnalò un movimento, forse aveva annuito o preso un sorso di qualcosa.
<< Bene come sempre, ragazzino. Quest'anno si festeggia a Tel Aviv, lo sai che adoro questo paese.>>
<< Credo che tu sia uno dei pochi, non c'è molta gente che adora Israele.>>
<< Perché la gente è stupida Magnus. Se solo la smettessero di spararsi e si godessero il clima e il panorama...>> disse con voce vaga. << C'è un cielo magnifico oggi, è stata una notte tersa e luminosa, ti sarebbero piaciute le stelle che si vedevano, completamente diverse da quelle di New York. >>
<< Non ci sono stelle a New York, papà, c'è troppa illuminazione artificiale.>> sussurrò di rimando.
<< Lo so. Mi sarebbe solo piaciuto che tu le vedessi, invece di stare lì.>>
Magnus sapeva leggere tra le righe e scorgere il vero significato delle parole di suo padre, gli stava dicendo che avrebbe preferito averlo al suo fianco quell'anno, lì con lui ad Israele piuttosto che a New York ad affrontare il caos in cui era stato coinvolto.
La morte di Ragnor.
Sia lui, che Catarina, Malcom, Lily, Raphael e Quinn, la famiglia Santiago e pure la Chang, nessuno di loro era riuscito a pagare neanche il più piccolo dettaglio del funerale di Rangor e tutti quanti avevano capito perché.
Si era presentato uno dei dirigenti della più famosa pompe funebre dello Stato, la stessa che si era occupata dei funerali dei presidenti, e aveva semplicemente comunicato loro di dirgli cosa preferivano per il loro amico. Qualunque cosa, gli avevano detto, persino una bara tutta in cristallo se lo desiderate.
Non era stato difficile per nessuno capire chi stesse pagando il tutto.
Forse suo padre non c'era stato fisicamente, ma c'era stato come aveva sempre fatto: silenziosamente e da lontano.
E l'interno della bara, completamente dipinto come la notte stellata di Van Gogh era stato il suo ultimo regalo a Rangor Fell, il giovane uomo che aveva portato la bellezza e la finezza dell'arte nella sua vita sin da quando aveva appena quindici anni.
Asmodeus poteva avere tanti di quei difetti che non avrebbe potuto neanche elencarli, ma se c'era una cosa di cui nessuno dubitava era che se entravi nelle sue grazie, se venivi fatto riparare sotto la sua ala, non ti avrebbe mai lasciato. Nel bene e nel male.
<< Si, sarebbe piaciuto anche a me.>> si ritrovò a sussurrare.
<< Come stai? Come ti senti? La gamba è guarita del tutto, ma tu senti ancora dolore?>>
Certo, ovviamente sapeva anche tutto delle sue condizioni mediche.
<< E' più che altro un dolore fantasma, ma mi è andata bene, lo sai.>>
<< Si, si, lo so. Ti ha salvato quel giovane.>>
<< Alexander.>> fece rotolare piano quel nome sulla lingua. Suo padre sapeva sicuramente come si chiamasse il poliziotto che lo aveva protetto, ma il fatto che lasciasse a lui le “presentazioni” era solo un segno di gentilezza che Magnus colse volentieri.
Si passò stancamente una mano sul viso. << Alexander mi ha davvero parato il culo. Cat dice che sarebbe stato molto peggio se non mi avesse medicato.>>
<< E' un poliziotto, deve conoscere le tecniche di primo soccorso.>>
<< Avevano sparato anche a lui, alla spalla, però ha pensato a me.>>
<< Ha fatto il suo dovere. Sono poche le persone che ne sono in grado, specie della sua razza.>>
Magnus annuì. << Lui è… diverso. Non saprei come spiegartelo.>>
<< Allora lo è davvero.>> gli sembrò quasi di sentirlo sorridere. << Spero che sia un buon amico.>> gli disse in fine.
Ci fu un secondo si silenzio, poi il padre riprese.
<< Ma da te dovrebbe essere quasi mezzanotte no? Guadalupe mi verrà a cercare e mi ucciderà con le sue stesse mani se ti rapisco proprio allo scoccare del Natale.>> ridacchiarono entrambi divertiti da quella prospettiva, sapendo perfettamente che la donna non lo avrebbe certo ucciso, ma sarebbe volentieri volata in Medio Oriente solo per fargli una bella lavata di capo.
<< La conosci.>>
<< Certo, ma mi perdonerà se ti intrattengo per altri due minuti e ti farò prendere il caffè freddo.>>
Non voleva sapere come facesse suo padre a sapere che stavano per prendere il caffè, davvero non lo voleva sapere.
Prese un respiro profondo. << Me lo terrà in caldo, spero. Cosa devi dirmi?>>
<< Oh, dirti io nulla. Voglio solo passarti una persona.>>
Il rumore del telefono che si muoveva assorbì la sua attenzione. Poteva quasi immaginare l'aria fredda di quella mattinata ancora scura. Il sole non doveva ancora esser sorto da quella parte del mondo, probabilmente suo padre di era alzato solo per fargli gli auguri, o forse non era mai andato a dormire.
Chiuse gli occhi e vide davanti a sé il mare plumbeo del bacino Mediterraneo, una visione quasi fiabesca del panorama che si poteva ammirare dal terrazzo della villa sulla costa in cui suo padre dimorava sempre quando era in quella città. Lo vide con la vestaglia pesante che amava tanto stretta attorno al corpo massiccio avanzare oltre la porta-finestra della grande vetrata e rientrare in casa, cercando chi doveva passargli e porgendogli l'oggetto.
Nei pochi istanti che gli servirono per immaginare la scena una voce che non sentiva da un bel po' gli sfiorò la conchiglia dell'orecchio e lo riempì di brividi. Aprì gli occhi, le pupille dilatate erano un piatto scuro nell'iride lucida, verde come i muschi e dorata come le filigrane dei gioielli più preziosi. Ma era il suo sorriso a fare da padrone del suo volto, le labbra si erano tirate su costrette da un moto involontario delle guance, degli zigomi e della mascella stessa. I denti sigillati gli uni contro gli altri in una fila bianca adornata dal rosa vivo delle sue gengive.
<< Magnus!>>

Una sola parola e quel Natale era diventato improvvisamente magnifico.














 

Salve lettori, come sempre, frase di rito, questa storia è uno spin-off della long “Una pista che scotta”, se state leggendo questi capitoli, non ci capite niente, non vi va di leggere la storia principale ma volete capire almeno un minimo, chiedete che vi sarà detto.
Questo secondo capitolo getta un occhio sul Natale della "criminalità" di NYC. Le parti in spagnolo sono state tirate fuori da quel poco che so e da un buon traduttore, ma se c'è qualcuno che invece lo parla seriamente e nota errori è più che libero di farmelo sapere.
A fine capitolo trovate la traduzione.
Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto, ci sono state molte più descrizioni rispetto al precedente ma vi ho presentato un paio di personaggi di cui avevo solo accennato nella long, ma spero ne sia valsa la pena.

 

Traduzioni, ovvero ciò che dovrebbero significare quelle frasi:

1- Por favor, recuérdame = per favore, ricordami…
2- Madre de dios me ayudas tú, estás muriendo = Madre di dio aiutami tu, sto morendo.
3- Me ahogo = Soffoco.
4-“Agradece Dios que tu abuela no haya vivido bastante para saber como has llamado aquel sitio. Francés...estará volviendo en la tumba = Ringrazia Dio che tua nonna non sia vissuta abbastanza per scoprire come hai chiamato quel posto. Francese… si starà rivoltando nella tomba.
5-Serà mejor que..= Sarà meglio che…
6- ¿Mamá tienes una estola morada? = Mamma, hai una stola viola?
7- Sí, sayas dónde las tengo. ¿Por qué? Espera. = Si, sai dove le tengo. Perché? Aspetta.
8- ¿Raphael? Tómame de los broches, aquéllos bastarán =
Raphael, portami le spille, quelle bastreanno.
9- te escucho =
Ti sento.
10- No importa, atenta a ti = Non importa, attenta a te.
11- ¿Tía, puede llevar también la leche? = Zia, posso avere un po' di latte?
12- mocoso =
moccioso.
13- Raphael no jurar = Raphale, non bestemmiare.
14- No blasfemé, mamà = Non ho bestemmiato, mamma.
15- Raphael! Por el amor de Dios, no me ensucies el suelo de sangre, has hecho lustrar el mármol acecha por nativo. ¿Qué figura nos hacemos si dejas huellas por toda casa = Raphael! Per l'amore di Dio, non mi sporcare il pavimento di sangue, che ho fatto lucidare il marmo per Natale! Che figura ci facciamo se mi lasci impronte per tutta casa?

   
 
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