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Autore: Shainareth    03/04/2018    7 recensioni
*** ATTENZIONE! *** Questa storia si svolge dopo l'episodio "Gorizilla".
Avrebbe voluto dirgli che le dispiaceva, che non meritava di stare male a causa sua e che avrebbe dovuto rivolgere i propri sentimenti altrove, eppure… eppure Marinette aveva capito che Chat Noir era come lei, qualcuno di speciale che la capiva e che condivideva la sua medesima concezione dell’amore. Il destino sapeva essere davvero crudele.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SECONDO




«Marinette…» Tentennò, distogliendo lo sguardo con fare impacciato.
   Non abituata a quel genere di atteggiamento da parte sua, lei lo trovò adorabile. «Cosa?» lo incoraggiò in tono dolce, mentre tornava a posare le piante dei piedi sul balcone di casa.
   A dispetto della differenza d’altezza, Chat Noir la lasciò andare e la fissò di sottinsù. «Ti darebbe noia se tornassi a trovarti?»
   E si era intimidito per una cosa del genere? Con lei? Marinette sorrise, sempre più intenerita da quella piacevole novità. «Certo che no. Vieni pure quando vuoi.»
   Il giovane tornò a ringalluzzirsi e si batté la mano chiusa a pugno sul petto. «Eviterò di assillarti, promesso.»
   «Come mai questa precisazione?» ci tenne a chiedergli l’altra, intrecciando le braccia sotto ai seni e fissandolo sorniona. Come Ladybug sapeva perché lui l’avesse detto, ma se doveva mantenere le apparenze, era costretta a fingersi ignara del suo lato più turbolento.
   «Temo che prima o poi lo scoprirai da sola», fu l’onesta risposta che ottenne e che le strappò un risolino divertito. «Alla prossima, allora», disse Chat Noir, avviandosi di nuovo verso la ringhiera del balcone.
   «Chat Noir?» Si volse a guardarla ancora volta e, occhi negli occhi, Marinette gli fece dono di un ultimo sorriso. «Grazie.» Lui si portò due dita alla tempia in segno di saluto e, infine, si sporse oltre il parapetto, lasciandosi ricadere all’indietro e sparendo nella notte. La ragazza si affacciò con l’intento di seguirlo con lo sguardo, ma l’eroe era già filato via.
   Sentì lo scatto della chiusura della borsetta che si apriva e un attimo dopo Tikki le fu accanto. «È davvero un bravo ragazzo.»
   «Su questo non ho mai avuto dubbi», affermò l’altra, avvertendo un senso di vaga soddisfazione nell’animo. «Non sapevo, però, che fosse anche così dolce. E timido, addirittura…» Sulle sue labbra tornò ad affiorare il sorriso. «Quel suo modo di fare, poco fa, mi ha quasi ricordato Adrien.» Tikki le rivolse un’occhiata incuriosita, ma non fiatò. La vide chinare il capo fra le spalle con aria quasi sconfitta e udì il suo sospiro. «Mi sento un verme, però…»
   «Non è certo colpa tua, se non ricambi i suoi sentimenti», le fece notare il piccolo kwami.
   «Oh, lo so bene», rispose Marinette, ruotando su se stessa e scivolando a sedere sul pavimento, la schiena contro la ringhiera. «Altrimenti dovrei avercela con Adrien perché non riesce a provare per me nient’altro che amicizia… Ma no, non era a questo che mi riferivo», spiegò dunque, accogliendo la creaturina fra le mani poste a coppa. «Ciò di cui mi rammarico è il fatto che lui si confidi con me in questo modo, ignorando che sono proprio io la causa del suo cuore spezzato. Mi sembra di tradire la sua fiducia.»
   «Puoi sempre dirgli la verità», le suggerì Tikki, guardandola con quei suoi occhioni azzurri e profondi che sembravano scrutarle l’anima. «Nessuno ti vieta di farlo.»
   «Lo so, ma… temo che ormai sia tardi e che, se lo facessi, lui finirebbe col provare risentimento nei miei confronti. Non voglio perdere la sua amicizia. Chat Noir è troppo prezioso, per me. Gli voglio bene quanto ne voglio ad Adrien, anche se in modo differente.»
   Quelle parole smossero il suo cuore e la indussero a sorridere con affetto all’amica. «Marinette, Chat Noir non potrebbe mai arrabbiarsi seriamente con te.»
   «Dici?»
   «Ne sono certa.»

Quando Adrien la rivide, Marinette aveva di nuovo i capelli legati nei i suoi soliti codini. Le conferivano senz’altro un’aria più sbarazzina e infantile, ma al tempo stesso gli riportavano alla mente quelli dell’amata. Marinette in qualche modo le assomigliava.
   La salutò con lo stesso, gentile sorriso di sempre e la seguì con lo sguardo mentre andava a sedersi nel banco dietro al suo. Quella appena trascorsa era stata una serata piacevole, più della prima che li aveva visti in giro per i tetti di Parigi sotto la luna piena. Questo perché nessun akumizzato aveva cercato di rompere l’idillio, lasciando che loro potessero discorrere in modo tranquillo e a mente più serena, senza urgenze o cuori spezzati di fresco. Adrien aveva scoperto di avere diverse cose in comune, con Marinette, molte più di quanto avesse immaginato. Confrontarsi con lei era stato confortante e persino istruttivo, sotto certi aspetti, e un po’ si sentiva in colpa per aver ottenuto delle confessioni di cui lei forse non lo avrebbe mai messo a parte, se lui non avesse indossato quella maschera nera a celare la sua vera identità. Con Adrien, Marinette era sempre piuttosto riservata, mentre con ChatNoir era riuscita a lasciarsi andare e a parlargli con il cuore in mano.
   Ed era in effetti con un senso di liberazione che la ragazza si era presentata a scuola, quella mattina, benché fosse offuscato dalla consapevolezza di essere stata in parte disonesta con il suo amico e compagno di avventure: gli aveva confidato i suoi sentimenti più remoti, mentre lui le parlava dell’amata senza sapere di averla accanto. Ciò nonostante, il pensiero di poter parlare liberamente con qualcuno che la capisse fino in fondo le scaldava l’animo e la faceva sentire meglio… e peggio al contempo, poiché sapeva cosa significava avere il cuore in frantumi e la dilaniava il pensiero di ridurre Chat Noir allo stesso modo.
   «Mi stai ascoltando?» La voce di Alya la riportò con i piedi per terra e lei batté le palpebre più volte con aria confusa. Vide l’amica scuotere il capo e sussurrarle: «Stavi di nuovo fantasticando sul tuo grande amore? Sarebbe meglio che tu imparassi a controllarti almeno quando lui è nei paraggi.»
   Quel bonario rimprovero la fece arrossire. Alya aveva ragione, era davvero il caso che lei la smettesse di sognare ad occhi aperti o, come in questo caso, di pensare ad altro almeno quando era a scuola. «Scusa… Che stavi dicendo?»
   «Più tardi ti va di andare insieme da qualche parte? Sono rimasta bloccata a casa a fare da babysitter alle mie sorelline per tre pomeriggi di seguito, ho davvero bisogno di rilassarmi.»
   Lo sguardo di Marinette scivolò su Nino, impegnato a mostrare qualcosa sul cellulare ad Adrien. «Pensavo avresti preferito vederti con lui…»
   «Una cosa non esclude l’altra», ammiccò Alya, un sorriso sornione sulle labbra. Si sporse in avanti e richiamò l’attenzione dei due ragazzi. «Se più tardi siete liberi, vi va di andare a prendere un gelato dopo la scuola?»
   Non aspettandosi un risvolto del genere, Marinette s’irrigidì tutta e fissò gli occhi su Adrien che a sua volta spostò i propri su di lei, facendola avvampare all’istante quando distese le labbra in un’espressione che le fece battere il cuore all’impazzata. «Volentieri!» rispose di getto. Un istante dopo si ricordò di avere delle catene che lo tenevano bloccato in casa e il suo sorriso si smorzò notevolmente.
   «Tuo padre ti lascerà venire?» gli domandò Nino, facendosi portavoce delle loro amiche.
   Adrien si strinse nelle spalle. «Lo spero», balbettò, frustrato al pensiero di non essere libero di fare ciò che voleva come gli altri. Non erano poche le volte in cui suo padre aveva accondisceso alle sue richieste, ma erano molte di più quelle in cui gli aveva espressamente vietato di prendere parte alle uscite con gli amici – e in quelle occasioni lui aveva sempre finito per fuggire sotto le spoglie di Chat Noir, assaporando e godendo della meravigliosa sensazione di libertà che gli dava correre sui tetti della città. Avrebbe pagato oro pur di poterlo fare ad ogni ora del giorno e della notte, senza vincoli e senza dover necessariamente ricorrere al potere del miraculous.
   Ad interrompere il triste filo dei suoi pensieri ci pensò l’arrivo di Kim che, tutto pimpante, iniziò a distrarre lui e Nino con delle chiacchiere che Marinette neanche ascoltò, troppo presa dal riflettere a sua volta sulla situazione non proprio felice dell’amato. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, per risollevargli l’umore e, soprattutto, per risolvere almeno una minima parte dei suoi problemi. Se solo il padre di Adrien fosse stato meno testardo…
   «Se Adrien riuscirà a venire con noi, oggi, dobbiamo fare di tutto per farlo divertire.» Quella di Alya quasi le parve una minaccia, vista la determinazione con cui la pronunciò. A Marinette venne da ridere, ma la guardò con gratitudine: Adrien aveva dei buoni amici, poteva contare su di loro. «E tu, signorina, farai bene a dare il massimo per evitare figuracce.»
   «Sai bene che ne farò almeno una», rispose con rassegnazione, a dispetto del sorriso che le incurvò le labbra verso l’alto. «L’ultima volta che io e lui ci siamo visti al di fuori delle lezioni scolastiche, sono andata in giro tutto il giorno in pigiama. E mi hanno pure taggata in tutti i social possibili e immaginabili in quelle dannate condizioni.»
   Alya rise. «Sì, ma almeno ci hai anche guadagnato qualcosa», le ricordò, dandole un colpetto scherzoso sulla fronte con la punta di un dito. «Ora tutti pensano che tu sia la sua ragazza», aggiunse con tenerezza, facendola arrossire.
   «Quella voce è già stata smentita», ci tenne a precisare Marinette, più per evitare di dare problemi al giovane che di illudersi inutilmente. «Credo sia anche per questo che Chloé non me l’abbia ancora fatta pagare.»
   «Forse», le concesse l’altra, «ma resta il fatto che hai destato comunque interesse e sospetto nelle sue fan, e non mi pare ci siano state ritorsioni da parte loro. Anzi, hai suscitato persino ammirazione.»
   «Sii seria, Alya… Chi potrebbe mai credere che Adrien Agreste esca con una svitata che se ne va in giro in pigiama?» la mise sul ridere Marinette, scacciando l’idea con un gesto della mano. «Va bene così, davvero», aggiunse poi, stringendosi nelle spalle. Sapeva di essere soltanto una buona amica, per lui, ma almeno la consolava il pensiero che Adrien si fosse fidato di lei, chiedendole aiuto e cercando persino protezione. Bastava quello a renderla felice.

C’erano delle volte, però, in cui il destino sembrava cospirare contro anche quelle sue piccole, fondamentali conquiste. Non soltanto il padre di Adrien non aveva acconsentito a farlo uscire, dopo la scuola; anche Nino, alla fine, aveva dovuto dar loro buca a causa di un altro impegno familiare di cui si era completamente dimenticato, facendo sbuffare Alya.
   «Non è mica colpa loro», li difese prontamente Marinette, mentre salivano in camera per tornare a prendere le borse con i libri che avevano lasciato lì prima di fare un giro per le vie del centro.
   «Non è con loro che me la prendo, infatti», ribatté la sua amica in un borbottio infastidito. «È ormai da un po’ che non riusciamo a vederci tutti e quattro insieme.»
   «Ci rifaremo presto, vedrai», la consolò l’altra. Fuori iniziò a tuonare e lei sollevò lo sguardo alla botola che dava sul balcone, ricordando solo in quel momento di averla lasciata aperta per far arieggiare la stanza. Visto il sole di quella mattina, mai avrebbe pensato che il cielo potesse annuvolarsi a quel modo. Salì sul soppalco e poi sul letto per chiudere il portello, ma non appena fece capolino oltre l’apertura, sobbalzò: accucciato in un angolo del terrazzino, Chat Noir la fissava con un enorme sorriso in volto. «Ciao!»
   Marinette lanciò uno sguardo furtivo di sotto, pregando che Alya non avesse sentito, e subito sgattaiolò fuori dalla botola, chiudendosela alle spalle. «Che ci fai, qui?» chiese a bassa voce, avvicinandosi carponi al giovane.
   Quello inarcò le sopracciglia bionde. «Me lo hai detto tu che potevo tornare a trovarti», rispose in tutta tranquillità. Sapeva che lei sarebbe stata impegnata con Alya, quel pomeriggio, ma era giù di morale perché suo padre come al solito gli aveva vietato di uscire con i suoi amici. Per questo aveva aspettato un po’ prima di trasformarsi e di fuggire dalla sua camera per andare dritto a casa di Marinette. Vedendo la botola aperta, si era anche affacciato di sotto e l’aveva chiamata sottovoce, ond’evitare di essere udito dai genitori di lei; quando però si era reso conto che la ragazza non era ancora rientrata, aveva subito fatto dietrofront ed era rimasto lì fuori ad aspettarla.
   «Scusa…  non è un buon momento…» mormorò Marinette, maledicendo il tempismo dell’eroe. «C’è una mia amica e…»
   «Scusami tu», la interruppe Chat Noir, afferrando al volo la situazione e dandosi dello stupido per non aver tenuto conto dell’eventualità che Alya potesse fermarsi lì ancora per un po’, essendo venerdì pomeriggio. «Tolgo subito il disturbo», affermò, alzandosi in piedi e facendo per andarsene.
   Marinette allungò un braccio e lo agguantò per la cinta che fungeva da coda al suo costume da gatto, bloccando la sua fuga sul nascere. «Puoi tornare più tardi, se ti va», gli propose, un sorriso gentile tutto per lui sulle labbra.
   Adrien avvertì quel familiare, confortante calore che solo la dolcezza di Marinette sapeva dargli. «Se non piove, sarò da te.»
   «Marinette?»
   La voce di Alya anticipò di un soffio l’apertura della botola e Chat Noir sfuggì alla presa dell’amica appena in tempo per balzare sul tetto, trattenendo il fiato: era stato visto?
   «Si può sapere che fine hai fatto?» sentì chiedere a Marinette, che intanto occhieggiava ripetutamente nella sua direzione con fare nervoso. Sperò che questo non li tradisse. «Guarda qua», riprese Alya, mostrandole qualcosa sul cellulare. «Sui social c’è ancora qualcuno che crede che tu sia davvero la ragazza di Adrien.»
   I diretti interessati drizzarono la schiena e Chat Noir si fece tutto orecchie, mentre Marinette arrossiva vistosamente. «C-Che assurdità!» balbettò in preda all’ansia.
   «Te lo avevo detto, no?» insistette l’altra, tutta contenta. «Vedrai che prima o poi anche lui si convincerà che sei l’unica degna di tanto onore.»
   «T-Torniamo dentro!» esclamò Marinette a voce innaturalmente alta, spingendola verso la botola. «Sta iniziando a piovere!»
   «Va bene, va bene…» rise Alya, obbedendo senza opporre resistenza. «Però devi ammettere che questa storia potrebbe essere una buona occasione, per te.»
   «Alya!» la pregò ancora la sua amica, cercando di farla tacere una buona volta.
   «Ma che diavolo ti prende?»
   Fu questa l’ultima cosa che udì Adrien prima che la botola venisse chiusa con un tonfo, lasciandolo da solo. Il giovane rimase immobile dov’era, fissando il punto in cui le due ragazze erano sparite, senza tuttavia vederlo realmente. Né si accorse subito delle prime gocce di pioggia che avevano iniziato a cadere giù dal cielo ombroso, preso com’era da quell’inaspettata, sconcertante rivelazione: Marinette era innamorata di lui.
   Di lui.
   Ed era sempre di lui che lei gli aveva parlato la sera prima, quando gli aveva confidato che mai e poi mai avrebbe rinunciato ai suoi sentimenti, che non si sarebbe arresa nonostante fosse ben consapevole che lui la considerasse soltanto una buona amica. Gli aveva persino detto che non riusciva a parlare con il ragazzo che amava a causa dell’agitazione, e Adrien finalmente comprese quale fosse la ragione per cui Marinette appariva sempre così timida e goffa nei suoi confronti.
   Si lasciò cadere seduto contro la canna fumaria e alzò il capo, osservando la pioggia che scendeva placida sulla città. Nella mente un unico, sconfortante pensiero: era un gran cretino.
   Di sotto, intanto, per quanto Alya chiacchierasse allegramente di Adrien o del Ladyblog o dell’ultimo pettegolezzo udito a scuola, Marinette non riusciva davvero a prestarle la dovuta attenzione. Chat Noir aveva ascoltato tutto? Aveva quindi scoperto chi era la persona che le faceva palpitare il cuore d’amore? Certo era impensabile che lui potesse ricollegare Adrien al ragazzo amato anche da Ladybug, ma rimaneva il fatto che Marinette avrebbe voluto tenere quel segreto per sé, come se rivelarglielo avesse reso Chat Noir più vulnerabile di quanto già non fosse. E, dopotutto, non lo stava già facendo soffrire abbastanza, non ricambiando i suoi sentimenti?
   Il maltempo imperversò su Parigi fino a tardi e lei diede per scontato che il giovane fosse ormai andato via. Dopo che Alya tornò a casa, Marinette volle comunque affacciarsi di nuovo sul balcone e provò a chiamarlo, senza tuttavia ottenere alcuna risposta. Sospirando sconsolata, levò lo sguardo al cielo cupo: quella notte nessuna luna avrebbe illuminato i loro pensieri.

Adrien si concesse quel sabato mattina per riflettere a fondo sulla faccenda. Poteva anche darsi che avesse capito male, no? Pertanto avrebbe approfittato di quei due giorni di vacanza per cercare di capire in che modo comportarsi con Marinette da quel momento in poi.
   Le voleva bene. Tanto. Anzi, lui la adorava. Aveva un’altissima opinione di lei, pensava che fosse la persona migliore che conoscesse, l’amica più fidata – sì, persino più di Nino. Marinette aveva innumerevoli talenti, era gentile con tutti e aveva un cuore d’oro. Anche quando sbagliava nei confronti di qualcuno o si intestardiva su qualcosa, in un secondo momento era capace di riconoscere i propri torti e di chiedere scusa con sincerità. E poi Adrien apprezzava il suo spirito combattivo, la sua determinazione e il suo ingegno. Sotto molti aspetti, Marinette gli ricordava proprio lei, forse il solo motivo che gli impediva di ricambiare quei sentimenti d’amore: Ladybug.
   Non voleva perderla per nulla al mondo e sapeva che non sarebbe successo, anche nel caso lei fosse riuscita a trovare il coraggio di dichiararsi e lui l’avesse rifiutata. Dio, il solo pensare di infliggerle una pena del genere lo faceva star male… Adrien ci era passato per primo, appena un mese addietro, e sebbene non avesse perso la speranza di conquistare la sua bella, c’erano comunque momenti no, durante i quali lo sconforto lo pervadeva e lui si sentiva il ragazzo più triste del mondo.
   Marinette, per fortuna, non era stupida e aveva già capito che lui la considerava soltanto un’amica. Avrebbe lo stesso cercato di confessargli i suoi sentimenti? Nel frattempo, lui come avrebbe dovuto comportarsi? Non voleva cambiare il proprio modo di rapportarsi con lei: se si fosse mostrato più gentile del solito per via dei sensi di colpa, avrebbe corso il rischio di illuderla; d’altro canto, se avesse cercato di prendere le distanze per non illuderla, avrebbe finito per fare del male ad entrambi, compromettendo la loro bella amicizia. L’unica cosa che Adrien poteva fare, dunque, era fingere di non sapere nulla, in modo da non ferirla ulteriormente.
   Quel fine settimana capitava a fagiolo, gli avrebbe dato il tempo di calmarsi e, soprattutto, di cercare di capirne di più. Odiava l’idea di prenderla in giro, ma in che altro modo avrebbe potuto sperare di parlare con Marinette senza problemi di sorta? Fu per questa ragione che, non appena scoccarono le dieci, Chat Noir scivolò nel buio della sera per balzare su quella manciata di tetti che lo separavano dalla casa dell’amica.
   Trovò di nuovo la botola che portava di sotto spalancata e lo prese quasi come un invito ad entrare. Non volendo risultare troppo invadente, si annunciò con un colpo di tosse e poi si affacciò a testa in giù dall’apertura. «Marinette?»
   Udì un grido sommesso, un tramestio e infine vide la ragazza correre a chiudere l’altra botola, quella che conduceva al piano di sotto. Quindi, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, lei alzò lo sguardo verso l’intruso e non seppe quasi cosa dire. Chat Noir l’osservò attentamente: inginocchiata sul pavimento, Marinette indossava già il pigiama, lo stesso che aveva quando erano stati al cinema insieme, e portava di nuovo i capelli sciolti sulle spalle. Adrien quasi si beò di quella visione, perché, in tutta onestà, riteneva che la sua amica fosse una delle ragazze più carine che lui avesse mai conosciuto.
   Abbozzò un sorriso allegro, dimentico di ogni imbarazzo dovuto a possibili coinvolgimenti sentimentali da parte di Marinette. «Scusa, non volevo spaventarti», esordì anzitutto. «La prossima volta verrò a grattare alla tua porta come un qualsiasi gattino educato.»
   Riuscì a strapparle una risatina e seguì il movimento sbarazzino con cui si portò una ciocca di capelli dietro all’orecchio destro. «Più che altro, mi sarebbe difficile giustificare la tua presenza qui con i miei genitori», spiegò lei con voce insicura, alzandosi in piedi.
   «Puoi uscire?» le chiese l’altro.
   Marinette si guardò attorno alla ricerca di Tikki, senza però riuscire a trovarla: sicuramente si era nascosta non appena aveva avvertito la presenza di Chat Noir. «Ho già avuto la mia bella avventura in pigiama non troppi giorni fa», sospirò poi, tornando a prestare attenzione al proprio ospite.
   «Sì, l’ho saputo», ammise lui, senza tuttavia mettere il dito nella piaga. «Quindi parliamo così? Io quassù e tu di sotto?»
   «Come Romeo e Giulietta», annuì la ragazza, prendendosi in giro da sola.
   «Sarei una pessima Giulietta», replicò Adrien, facendo una smorfia. «Non so starmene al posto mio.»
   «Neanche lei ci riusciva granché…»
   «Odio metterti fretta, ma… mi sta andando il sangue alla testa e rischio di svenirti sul letto da un momento all’altro.»
   «Hai ragione, scusa! Salta giù», disse subito Marinette, avvicinandosi alla scala che portava al soppalco mentre dava uno sguardo panoramico alle tante foto del suo grande amore disseminate per la stanza. Ormai Chat Noir sapeva dei suoi sentimenti per Adrien, pertanto era inutile tentare di nascondergli ancora la verità.
   Stupito da quell’invito inatteso, lui non si lasciò pregare oltre e balzò sul letto dell’amica. Lei lo raggiunse un attimo dopo e prese a gattonare sul materasso, sotto al suo naso, facendolo irrigidire all’istante: conciata in quel modo, oltretutto, Chat Noir la ritenne uno spettacolo illegale. D’accordo, era innamorato di un’altra, ma non era cieco e l’adolescenza gli giocava brutti scherzi già da un po’. Certo che lei non l’avesse fatto di proposito, scosse il capo per scacciare dalla mente ciò che aveva appena visto e si concentrò sul resto.
   Marinette si era seduta alla testa del letto, poggiando le spalle contro il grosso cuscino a forma di gatto e circondando con le braccia le ginocchia che aveva issato al petto. Il giovane seguì il suo sguardo mogio e finì col posarlo su una bacheca di sughero posta alla parete lì accanto, e sulla quale erano appese diverse foto. Fra tutte, ne spiccava una, quella che lei aveva sistemato con maggior cura: la sua.
   «È… lui?» La ragazza annuì, ma non parlò. Chat Noir si sistemò meglio, sedendo in posizione più comoda e occhieggiò nella sua direzione, senza fissarla per non destare in lei eventuali imbarazzi. «È belloccio», commentò soltanto, quasi volesse farle una concessione. Lei gli rivolse uno sguardo che lo fece ridacchiare. «Beh», aggiunse allora, puntandosi il pollice al petto, «io sono più affascinante.»
   Marinette si lasciò andare ad un verso scettico e derisorio al contempo. «Nessuno è più bello di lui», precisò quindi con fervore, facendolo arrossire senza averne l’intenzione. «Adrien è… meraviglioso
   Era senza dubbio lusinghiero sentirla parlare in quel modo, ma era comunque strano: non era abituato a ricevere quel genere di complimenti da parte sua. Quasi il cielo volesse contraddirlo, alla mente di Adrien riaffiorò il ricordo di quella volta, alle selezioni di scherma, in cui Marinette aveva affermato che era bellissimo senza sapere di stare parlando proprio con lui; prima ancora, lo aveva definito geniale e persino un sogno, quando le aveva chiesto com’era stato collaborare con Chat Noir, dopo che l’aveva salvata dall’akuma che aveva assalito Nathaniel; e volendo andare ancora più indietro nel tempo, durante la sfida di velocità fra Kim e Alix, Marinette gli aveva detto chiaro e tondo che era fantastico. Si portò una mano davanti al volto, cercando di mascherare l’imbarazzo e, soprattutto, lo sconforto: come diavolo aveva fatto a non cogliere tutti quei segnali, prima di quel momento?!
   «Ad ogni modo, non è per quello che mi piace.» La voce della ragazza lo fece tornare al presente e, sbirciando attraverso le dita, lui si accorse che stava sorridendo, gli occhi incollati alla foto. «A dirla tutta, quando ci siamo conosciuti, lì per lì neanche ci ho fatto caso, al suo aspetto.» Neppure per un secondo Adrien mise in dubbio quelle parole: come poteva dimenticare quel primo, tragico giorno di scuola, quando lei gli era praticamente saltata addosso accusandolo di aver attaccato una gomma da masticare sul suo sedile? Era stata capace di tenergli il muso a lungo e si era ricreduta nei suoi confronti solo quando, pur con qualche riserva, lui le aveva raccontato la verità. Inoltre, Adrien sapeva che Marinette non era una ragazza superficiale e che non sarebbe certo bastato un bel faccino a farle perdere la testa.
   «Cosa… ti ha fatto innamorare?» Era una domanda azzardata e persino sleale, ma se ne rese conto soltanto dopo averla pronunciata. «N-Non sei obbligata a rispondere, se non vuoi!» si affrettò subito a dire, abbassando lo sguardo con aria mortificata.
   Tuttavia, ormai Marinette non aveva più voglia di nascondergli nulla. Non aveva alcun senso, soprattutto se lui non poteva ricollegarla a Ladybug. «La sua gentilezza», spiegò allora in tono dolce, inducendolo di nuovo ad alzare gli occhi ed incrociando quelli di lei: mentre parlava di lui erano così luminosi che Adrien ne rimase quasi folgorato. «E anche il suono della sua risata», aggiunse Marinette, per amor di onestà.
   Il giovane rimase spiazzato. Completamente. Ricordò allora anche un altro dettaglio di fondamentale importanza, cioè la ragione per cui lei gli piaceva tanto: pur senza volerlo, era stata Marinette a regalargli quella risata, sotto la pioggia, la prima a cui lui si era lasciato andare spontaneamente, di tutto cuore, dalla scomparsa di sua madre. Come poteva non volerle bene? Come poteva rimanere indifferente davanti a quella meraviglia?
   «L’altra sera mi hai chiesto se mi ero dichiarata e… beh, a dire il vero una volta l’ho fatto», proseguì la ragazza, rilassandosi contro il cuscino e stendendo le gambe davanti a sé. Aveva voglia di parlare, di rivelare tutto ciò che aveva dentro, i propri rimpianti, le proprie frustrazioni, ogni singola emozione. Chat Noir non poteva prendersela a male, giusto? Era innamorato dell’altra lei, non di Marinette.
   Il giovane corrucciò la fronte: questo, ne era certo, non era mai avvenuto. «Quando?» volle sapere, temendo di essersi perso qualche altro pezzo per strada.
   «A San Valentino.»
   Trattenne il fiato. Quello era il giorno in cui Ladybug lo aveva baciato. Dopo aver scoperto l’accaduto grazie allo show in prima serata di Nadja Chamack, Adrien aveva subito chiesto spiegazioni a Plagg che, fra un boccone di formaggio e l’altro, aveva ribadito ciò che la sua partner gli aveva già rivelato: non era stato un bacio vero e proprio, quanto un tentativo disperato di farlo tornare in sé dopo che Dark Cupido lo aveva colpito con una delle sue frecce d’odio. Non ricordava niente dell’accaduto, proprio niente. Eppure sapeva che non era possibile che Marinette lo avesse avvicinato in quella circostanza, poiché lei si era dichiarata ad Adrien e non a Chat Noir.
   «Gli ho scritto un biglietto, ma ho dimenticato di firmarlo», soffiò la ragazza in tono demoralizzato, portandosi le mani davanti al viso e dandosi della stupida per l’ennesima volta. Con tutta probabilità, quel biglietto doveva essere finito in mezzo a tutti gli altri che gli erano arrivati dalle sue fan. Fu questo che concluse Adrien, cercando di ricordare un qualsivoglia dettaglio che potesse ricondurlo a quello ricevuto da lei. «E dire che Alya si era data tanta pena per trovarne uno adatto.»
   «Lo aveva scelto lei?» Questo gli sembrò strano e anche un po’ brutto. Insomma, se voleva dichiarargli con sincerità i suoi sentimenti, perché affidarsi al gusto di un’amica? Marinette non avrebbe dovuto sceglierne uno da sola, seguendo il cuore?
   «Sì, era a rosa, a forma di cuore.»
   Adrien tornò a sgranare gli occhi. «Cosa… ci avevi scritto?»
   Un calcetto lo colpì sul ginocchio. «Certo che sei davvero invadente», fu il bonario rimprovero che ricevette, mentre la ragazza intrecciava le braccia al petto con fare indispettito.
   Aveva ragione lei, si disse il giovane. Però… però lui aveva bisogno di sapere, perché quel biglietto lo ricordava eccome. Ed era sempre stato convinto che a scriverglielo fosse stata Ladybug. A pensarci adesso, dopo il rifiuto da lei ricevuto, quella sua certezza ormai non stava più in piedi ed era destinata a crollare rovinosamente su se stessa. Sì, si disse cercando di recuperare la calma, era assai più probabile che la poesia che aveva ricevuto fosse opera di Marinette. «E… gli hai fatto altri regali?» domandò, deciso fino in fondo a quella storia.
   «Un portafortuna», rispose la ragazza, arrossendo lievemente. «Lo porta sempre con sé e questo mi fa sentire importante, benché sia consapevole che da parte sua non ci sia altro che semplice affetto.» Adrien avrebbe voluto gridare, dirle che il suo non era semplice affetto, ma qualcosa di molto, molto più profondo. Non poteva definirsi amore in senso stretto, certo, però era ugualmente grande e forte. Serrò i pugni. «Per il suo compleanno, invece», riprese Marinette, distraendolo da quella frustrazione che rischiava di farlo esplodere da un momento all’altro, «gli ho regalato una sciarpa.»
   Ancora una volta, Chat Noir aggrottò la fronte. «Una… sciarpa?» L’unica che aveva ricevuto quel giorno gliel’aveva data suo padre.
   La vide annuire, abbassando lo sguardo sulle mani di nuovo abbandonate in grembo. «L’avevo realizzata apposta per lui, avevo scelto il colore della lana e tutto il resto, ma… non so come, si è convinto che fosse un regalo da parte di suo padre, perciò…» Marinette si strinse nelle spalle con fare impotente, lasciandolo del tutto senza parole.
   Una secchiata d’acqua gelida, forse, sarebbe stata meno dolorosa. Fu questo che si disse Adrien quando fu in grado di formulare di nuovo un pensiero di senso compiuto. Tirò su col naso e si umettò le labbra. «E tu perché… perché non gli hai detto la verità?» domandò a stento, la voce roca e tirata.
   «Perché era felice», fu la semplice risposta che ottenne, mentre sulle labbra della ragazza tornava ad aleggiare il sorriso. «Va bene così», affermò ancora Marinette con voce serena, alzando lo sguardo su di lui. «La sua felicità è più importante della mia.»
   Adrien non resse oltre e agì d’impulso. Si sporse nella sua direzione, deciso a dirle la verità, ma lei lo bloccò senza rendersene conto. «Accidenti, mi dispiace!» la sentì esclamare, mentre tornava a coprirsi il volto con le mani. «Ti ho raccontato cose che magari neanche ti interessavano, scusami…» Chat Noir fece per parlare, ma un tuono coprì la sua voce. Alzarono entrambi gli occhi al cielo scuro che si intravedeva dalla botola lasciata aperta e Marinette sospirò. «Un altro temporale estivo… Conviene che torni a casa, se non vuoi rimanere bloccato qui.»
   Lui fu quasi tentato di ribattere che sì, in quel momento voleva davvero rimanere con lei fino a che non avesse smesso di piovere, ma si costrinse a tacere. Doveva calmarsi, pensare con lucidità, cosa che in quel momento gli risultava troppo difficile. «Torno domani», disse soltanto.
   Marinette rimase colpita dal suo sguardo, lucido e serio; sembrava volesse trapassarle l’anima. Non fece in tempo a salutarlo che lui balzò sul balcone, sparendo alla sua vista. Si sentiva un’egoista ad aver monopolizzato l’intera conversazione, parlando soltanto di Adrien. Promise a se stessa che l’indomani, se davvero Chat Noir fosse tornato a trovarla, lo avrebbe ascoltato senza pronunciare il nome dell’amato neanche per sbaglio.












Ed eccoci al primo colpo di scena. Siccome la storia sarà breve, sarebbe stato inutile perdersi dietro a mille chiacchiere.
Sono sempre qui a chiedermi come reagirà Adrien quando saprà che Marinette è innamorata di lui e, almeno per il momento, questo è uno dei possibili scenari che ho immaginato.
Non ricordo se l'ho già detto in calce al primo capitolo, ma lo ripeto anche qui: benché questa si presenti come una Marichat, in realtà è anche altro. Quando scrivo, in effetti, non mi baso mai su una coppia specifica perché mi piace più di un'altra; mi regolo unicamente sull'esigenza del momento, a seconda della trama e/o della scena che devo raccontare. Inoltre ormai non faccio davvero più distinzione fra Adrinette, Ladynoir, Marichat e Ladrien: per me sono tutte uguali e le amo a prescindere. ♥
Detto ciò, vi ricordo che siamo a metà storia e che il prossimo aggiornamento avverrà fra circa una settimana.
Grazie a tutti i lettori, a chi ha la gentilezza di commentare e a chi ha già inserito questa fanfiction fra le preferite/ricordate/seguite.
Buona giornata a tutti! ♥
Shainareth





  
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