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Autore: Claire66    05/05/2018    3 recensioni
*Storia Continuerà entro le prossime settimane*
Cosa sarebbe successo se Draco si fosse ribellato al suo destino e avesse deciso di unirsi al magico trio, il giorno in cui furono portati a Villa Malfoy?
E se Harry avesse una sorella gemella, la quale farà breccia nel cuore del Serpeverde, facendogli compiere un cambiamento repentino ?
Preparatevi ad abbandonare il mangiamorte vile e codardo a cui siete abituati, e cominciate a dire "Coloro che sono sopravvissuti", non "Il bambino che é sopravvissuto"
(3)
“Ma quindi significa che se uno di noi muore, muore anche l’altro?”
Chiese Marie con voce tremante e carica di tensione a Silente.
(10)
“Ma allora…” “Vuoi dire che…” Fecero Harry e Marie, all’unisono.
“Il tempo si fermerà.”
(11)
“In fondo, non sarò la prima della nostra famiglia a fuggire da Azkaban. Si tratta solo di seguire le orme di Felpato.”
Harry non riuscì a trovare la forza di restituirle il sorriso.
(12)
Grandi, bui e tormentati voragini luccicanti lo osservavano.
“Come l’hai chiamata?” Domandò Marie.
“Niké.
(16)
“Marie!” Lei si voltò, e fu l’unica ad udirlo.
“…” A qualche passo da Draco, Marie non si mosse, Harry aspettava, paziente.
"Tu sei il mio angelo.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Il Sosia
 
Nota: ILLUSTRAZIONI alla fine del capitolo by Thundelara
 
“Remus, ti ho detto mille volte di non accendere la radio, hai svegliato Teddy!” 
“Piantala mamma, Teddy era già sveglio, non è vero? Dopo il bagnetto gli occorre sempre un po’ di tempo per addormentarsi.” 
Dora sollevò il piccolo piangente dalla culla e gli baciò i piedini. 
Remus distolse lo sguardo dalla radio ed il ciuffo sparuto che spuntava fra le braccia di Dora passò da biondo a turchese acceso. 
“Qualcosa di interessante?” Il divano del salotto scricchiolò e Teddy tese i pugnetti verso il papà, il suo visino paonazzo e contrariato. 
Remus tese le braccia e Dora gli passò il fagottino profumato fresco dal bagnetto. 
Lupin si adagiò Teddy sul petto, appoggiandogli con delicatezza la testolina sulla spalla. 
Teddy fece un gran sospiro, e poi smise di piangere. 
“Ripeto, Radio Potter ha un annuncio ufficiale da fare: Hogwarts combatterà!”
“Per Severus Piton l’ora dello shampoo si avvicina!”
“Compagni Maghi, Compagne Streghe, è giunta l’ora di ribellarsi! 
Coloro che desiderano prendere parte alla battaglia, si rechino alla Testa di Porco, e magari già che ci siete portate un regalo ad Aberforth, o potrebbe anche schiantarvi.” 
Tonks afferrò la mano di Lupin, e carezzò il capo del piccolo con l’altra.
“Siate discreti gente, non ci servono Mangiamorte in zona.” 
“Con questo, bando alle ciance, è ora di passare all’azione!”
“Passo e chiudo Sorcino, da Radio Potter, che Merlino sia con voi stanotte!”
Remus coccolò la schiena di Teddy, ascoltando il suo corpicino sollevarsi ed abbassarsi in modo regolare, e Dora si appoggiò a sua volta al marito, assimilando quella notizia ed ascoltando il cuoricino di Teddy e quello del suo uomo battere all’unisono. 
I loro sguardi si incrociarono, e Tonks posò la sua mano su quella di Lupin.
“Dobbiamo andare subito Remus! Harry e Marie avranno bisogno di tutto il nostro aiuto.”
Andromeda spense la radio ed incrociò le braccia, osservando la famigliola accoccolata sul divano con la sensazione che qualcosa di ineluttabile stesse per accadere.
Remus continuò a coccolare Teddy come se Dora non avesse detto nulla, ma il suo sguardo era mortalmente serio e fisso nel vuoto.
“No, tu resti qui. Non voglio che nostro figlio rimanga orfano.”
Le parole di Remus tagliarono l’aria come dardi, e conficcarono nei petti dei tre adulti presenti la loro fredda punta di morte.
Tonks non rispose, ma sollevò delicatamente il piccolo dal petto di Remus e lo cullò con dolcezza fino al suo lettino, dove gli rimboccò amorevolmente le coperte e sistemò il suo lupacchiotto peluche con lui, con il quale Teddy aveva passato tutte le sue nottate e pisolini.
Remus si avvicinò al figlio e incantò l’area di soffitto sopra la sua culla affinché mostrasse un cielo punteggiato di grandi e luminose stelle, che danzavano tranquillamente e si solleticavano a vicenda. 
Remus e Dora avrebbero voluto non staccarsi mai dal loro bambino e passare tutta la notte l’uno accanto all’altro, vicini al loro piccolo, ma dopo essersi impressi il più vividamente possibile nella memoria il visino sereno di Teddy, i suoi pugnetti che si aprivano e chiudevano appena, ed il ciuffo che stava virando verso un rosa delicato, indizio che stava sognando qualcosa che gli piaceva, voltarono le spalle alla culla ed uscirono nel portico.
“Remus, amo nostro figlio tanto quanto te. 
Non puoi chiedermi di star qui ad aspettare e non tentare di fermare i Mangiamorte.” 
Remus fissava il cielo stellato senza guardarla.
“Sai anche tu che ogni bacchetta sarà cruciale! Se Tu-Sai-Chi vincesse, ucciderebbero tutta la nostra famiglia, e non riesco nemmeno a tollerare il pensiero!”
La voce di Dora si incrinò come non accadeva mai, e Remus la avvolse con le sue braccia, sollevandole delicatamente il mento verso le stelle.
“Lo so Dora, lo so. Guarda le stelle, come sono belle.” 
Tonks distolse a malincuore lo sguardo dal profilo di Remus e si aggrappò più forte a lui.
“Anche Teddy le sta guardando, e se le cose non dovessero andare come speriamo, ci ritroveremo tutti lassù, e ci sarà una nuova costellazione, più luminosa di qualunque altra.”
Tonks si sollevò sulla punta dei piedi e baciò Lupin con delicatezza, all’inizio, ma lui rispose con trasporto, e la chioma di lei si fece cremisi.
“Combatteremo insieme sotto questo cielo, Remus, per la nostra stella che ora dorme tranquilla con il suo piccolo lupacchiotto.”
“E brilleremo insieme.”
Lupin le schioccò un altro bacio sulle labbra.
“Guarda che così mi abbagli Lupin!”
“Tanto tu sei sempre stata una cometa Dora.”
“Vorrai dire una meteora.”
“Voglio dire il miracolo che mi ha guidato verso la felicità e la luce.”
I due si abbracciarono per un ultimo istante, prima di girare sul posto e svanire.
 
 
*
 
Giunta in vista del quadro con la ciotola di frutta, Marie gettò la cautela alle ortiche e si mise a correre all’impazzata. Harry era vicino, vicinissimo, ma più la distanza diminuiva, più la morsa che le stringeva il cuore si faceva stretta e tagliente, come se il suo corpo non fosse più disposto ad accettare nemmeno quei pochi metri che li separavano e volesse staccarsi dalla sua anima, attraversare il muro prima che la pera dipinta ad olio avesse finito di ridere e stringersi ad Harry. O forse, era la sua anima a volerle balzare fuori dal petto, questo Marie non avrebbe saputo dirlo. 
Si fiondò nella cucina, e prima che Ron ed Hermione potessero comprendere cosa o chi fosse entrato, Marie ed Harry erano abbracciati tanto stretti da poter respirare a mala pena, ma l’ossigeno era di ben poca importanza. La realtà circostante fu sommersa ed Harry e Marie rimasero come tramortiti, per un istante, dalla percezione improvvisa di essere nuovamente completi. Entrambi provavano la soverchiante sensazione di aver appena riacquistato un arto, senza il quale, ora che si sentivano di nuovo completi, sembrava incomprensibile e spaventoso essere stati in grado di muoversi.
“Marie, ce l’hai fatta! Ancora un minuto e sarei impazzito…”
“Harry, ma che ci è venuto in mente?” 
Marie allentò la presa per guardare negli occhi il gemello, ed il blocco di ghiaccio affilato che le segava la gola si sciolse, il timore di non poter più rivedere il gemello si tramutò in gioia pura e distillata, che le scorreva nelle vene riportando raggi di sole dove prima era calato il gelo e la brina della disperazione. 
Harry si lasciò sprofondare nei grandi occhi felini della gemella, ma la vista, e tutti i suoi sensi messi insieme non riuscivano a tenere il passo con la gioia ed il sollievo che suscitavano.
La strinse nuovamente a sé, lasciandosi rassicurare dalla loro vicinanza.
“Harry, sono così felice che tu sia qui con me.” 
“Non voglio mai più separarmi da te così a lungo, Marie.”
“Eravamo così preoccupati Marie!”
“Dai Harry, lasciacela abbracciare, non te la portiamo via, promesso.”
Ron ed Hermione si unirono all’abbraccio, e in quel breve istante i quattro si sentirono di nuovo come al primo anno, quando Harry e Marie erano usciti dall’infermeria. 
“Ce la faremo, insieme,” 
“Come ogni anno ad Hogwarts.” Completò Marie, le braccia attorno alle spalle di Ron ed Hermione. Hermione fece per sorridere all’amica, ma improvvisamente sussultò. 
“Marie, dov’è Draco? E Narcissa?”
Harry e Ron si voltarono fulminei verso la porta, ma non c’era nessuno.
“Oh no! Harry, Draco è nell’ufficio di Piton, deve rubare gli ingredienti per la pozione cicatrizzante del Principe.”
“Perché diavolo ci è andato da solo?”
“A che gli serve la pozione cicatrizzante?” Hermione si mise le mani nei capelli.
“Dopo, dopo! È con Narcissa, ma il punto è” Marie trattenne il fiato “Che abbiamo trovato un altro Horcrux!”
“Cosa?”
“Dove, come avete fatto a…”
“Vi spiegherò dopo, ora dobbiamo preoccuparci di Draco!” 
Gli elfi, nel frattempo, si erano avvicinati incuriositi, e si facevano strada fra le loro gambe, ma Marie non poteva dedicar loro nemmeno un’occhiata, per il momento.
Estrasse la mappa e la dispiegò. Ed imprecò in tal modo che un’elfa si piegò le orecchie.
“Maledizione, Amycus Carrow sta duellando con Narcissa, quindi Draco se la sta vedendo con Piton! Ed Alecto è in arrivo! Non sono sicura che il piano che gli ho dato al volo possa funzionare.”
“Quale piano?” Domandò Harry, allarmato.
“Che facciamo adesso?” 
Ron si rivolse quasi per sbaglio agli elfi, come in cerca d’aiuto, ed in quel momento Kreacher non seppe più trattenersi. 
“Marie signorina, Kreacher può andare e salvare il giovane Malfoy, se lo desidera.” 
Kreacher la guardò speranzoso. Ora che i due compagni Dobby e Gonril erano fuori in missione con l’ES, poteva avere lui tutte le attenzioni.
“Kreacher! Non ti avevo visto!” Marie gli rivolse un enorme sorriso, che si appiattì subito in un’espressione molto seria. Si chinò verso l’elfo e gli pose le mani sulle spalle esili e ossute.
“Va Kreacher, non perdere un secondo. Porta Draco e Narcissa qui, insieme gli ingredienti, te li diranno loro!” 
Kreacher scomparve con un sonoro crack, lasciando solo il riflesso del suo sguardo determinato in una delle padelle di rame appese alla parete.
I quattro di riunirono attorno alla mappa, osservando i due cartigli, “Severus Piton” e “Draco Malfoy”, librarsi enigmatici e taciturni sulla pergamena. 
 
*
 
 “Usa il libro, minaccia di distruggerlo!” Prima che Draco potesse chiederle altro, lei si era già lanciata verso le cucine, e sua madre l’aveva preso per il braccio, facendogli segno di affrettarsi. Il buio dei sotterranei li inghiottì, ma una volta giunti in prossimità dell’ufficio, a Narcissa parve di udire dei passi echeggiare in lontananza, gli stessi che credeva di aver immaginato pochi attimi prima. Fece segno a Draco di tacere, e si avviò verso la fonte del rumore. L’incantesimo di disillusione stava svanendo, Draco lo avvertiva scivolare via come una coperta troppo corta d’inverno, e sperò che quello della madre durasse più a lungo. 
Appiattito di fianco alla porta spalancata dell’ufficio di Piton, Draco tentava di convincersi che le parole di Marie avessero un senso, mentre lottava per tenere a bada il panico che risaliva strisciante dal suo stomaco, stringendogli la gola. 
Piton lo stava aspettando, esattamente come il gatto acquattato fra l’erba attende il topolino sbucare, fissando il punto dove è convinto che apparirà. 
D’un tratto, gli parve di udire la voce accusatrice di un Grifondoro dallo spiccato accento irlandese, doveva essere Finnigan, con la solita espressione altezzosa e fiera dei loro nemici di Casa: “Serpeverde, sono tutti uguali, vigliacchi, approfittatori e codardi, non ce n’è uno che valga qualcosa, Marie, non star lì a perdere il tuo tempo, li batteremo sul campo da Quidditch.” Questa volta non si sarebbe comportato da vigliacco. Non avrebbe aspettato appiattito nell’ombra che Piton saltasse fuori a fargli booh! come un grosso pipistrello del malaugurio. Strinse la bacchetta nella mano forte ed il libro che sapeva di muffa in quella dalla spalla malridotta. 
Al diavolo, non c’è altro modo, pensò Draco, vedi almeno di rendere onore alla fama dei Serpeverde ed essere scaltro. 
Lentamente, con intenzione, Draco uscì dalle tenebre e poggiò un piede sulla soglia, e poi l’altro, lasciando che la luce verdastra della stanza gli illuminasse il viso d’ombre. 
Due rampicanti grigiastri attorcigliati alla porta fremettero leggermente, attirando il suo sguardo per un istante, ma questo non dovette vagare a lungo: due occhi neri come l’abisso lo inchiodarono con un’espressione indecifrabile, ma un’intenzione ben precisa.
Draco fece appena in tempo a chiudere la mente e volare lontano dai suoi pensieri più cari e più recenti, prima che l’attacco di Piton si infrangesse contro le sue scogliere, sgretolandone la superficie. Puntò la bacchetta contro il suo vecchio professore, ma Piton fu rapido ad evocare un sortilegio scudo; in risposta Draco mirò ad una delle boccette sugli scaffali alle sue spalle.
“Confringo!” 
Schegge di vetro e liquido violaceo attaccarono Piton alle spalle, che dovette abbandonare l’attacco alle difese della mente di Draco ed ampliare lo scudo.
Togliendosi una milza di pipistrello dal mantello, Piton ringhiò, disgustato, ma perfettamente calmo: 
“Sei venuto non accompagnato, Draco, con il solo scopo di far esplodere il mio ufficio? 
Non credo proprio…” 
Draco tentò di infrangere lo scudo, ma era solido come diamante e sembrava non avere punti deboli.
“E lei, è capace solo di rintanarsi dietro ad uno scudo? Mica male, per un ex insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.” 
A Piton, tuttavia, non era sfuggita la scintilla di sorpresa negli occhi di Malfoy alla menzione dei compagni. I Potter erano nel castello. 
Avrebbe dovuto comunicarlo al Signore Oscuro, ma prima, perché non giocare un po’ con la preda? Probabilmente i Potter sarebbero corsi a salvare il loro nuovo amico, se avesse temporeggiato, ed allora avrebbe potuto chiamare il Signore Oscuro con assoluta certezza.  
“Non credi di essere in debito con me, Draco?” 
Un angolo della bocca di Piton si alzò con insofferenza. Draco sbottò in una risata sarcastica e nervosa, e strinse più forte la bacchetta, spostando il peso da un piede all’altro. 
“In debito con lei? E per cosa, esattamente?” 
Sapeva perfettamente dove Piton voleva andare a parare, ma i suoi occhi stavano perlustrando freneticamente gli scaffali pericolanti e traboccanti, in cerca di sangue di unicorno e squame di drago. Sapeva bene quanto il primo rilucesse perlaceo, non avrebbe mai potuto dimenticare quella notte nella Foresta. Dubitava che Piton lo tenesse in vista, dato il prezzo, ma gli sembrò di individuare le squame verdeggianti di un gallese nello scaffale alla sua destra. 
“Per aver ucciso Silente - ” 
“Accio!” 
“Al posto tuo, misero ladruncolo di un Malfoy.” 
Gli occhi neri di Piton dardeggiarono verso il barattolo che sparì nella giacca di Draco, ma non fece nulla per bloccarlo.
Perché Piton non attaccava? E sua madre, dov’era finita? Se fosse arrivata, in due se la sarebbero potuta cavare in fretta da lì.  
“Come se non sapessi che l’ha fatto per il suo interesse. Non le devo un bel niente.”
“Oltre ad essere sciocco, sei anche irriconoscente.”
Urla ed il fragore indistinto di botti riempirono il corridoio alle loro spalle. 
D’un tratto, lo scudo che si frapponeva fra i due svanì, Piton agitò la bacchetta e così fece Draco. Il Mangiamorte schivò con sorprendente facilità lo schiantesimo di Draco, che minò gli scaffali alle sue spalle con un’esplosione, e Piton dovette rinunciare a lanciargli un altro Expelliarmus per proteggersi nuovamente dalle scansie cariche di erbe e decotti. 
Draco evitò per un soffio il primo incantesimo, e capì che non avrebbe resistito a lungo. Tanto valeva provare.
“Se non mi consegna gli ingredienti che mi servono, brucerò il suo libro!”
Piton si era raddrizzato e lo guardò con disprezzo.
“Così quella sarebbe la tua ultima risorsa Draco? So a memoria tutto quello che vi è scritto, stolto, saluta la tua bacchetta. Il Signore Oscuro sarà felice di frugarti la mente in cerca dei Potter -” 
Le parole gli morirono in gola quando intravide un volto ondeggiare sulla pergamena che era sfuggita alle pagine del libro ed ora stava volteggiando aggraziata verso terra, un volto che si animava oramai solamente nei ricordi che aveva riposto nella fiala. 
Draco reagì d’istinto intuendo lo sgomento dell’avversario e appellò fulmineo la pergamena, per poi puntarvi contro la bacchetta. 
“Mi dia il sangue di unicorno e una boccetta di morte vivente, o questo disegno brucerà.” 
Draco agiva alla cieca, ma gli occhi di Piton erano spalancati, incatenati dal tratto che aveva tracciato con tanta emotività il sorriso di Lily, quel sorriso che lei donò a molti, e che a lui fu tolto. Piton si dibatteva silenziosamente fra la dimensione del ricordo e del lutto, senza riuscire a capacitarsi che un ritratto di Lily fosse spuntato dalle pagine su cui aveva vissuto così tanti anni di tormentosa passione.
Draco nel frattempo annaspava fra il panico, l’impazienza e l’incomprensione. 
Premette la punta della bacchetta sulla carta e si levò un sibilo e un filo di fumo. 
“Ti darò gli ingredienti, se tu mi dai il ritratto, intatto.”
“Provi ad attaccarmi e potrà soffiare sulle sue ceneri.” 
Con due rapidi movimenti altrettante boccette balzarono dal buio stanzino che si apriva alla sinistra di Piton; l’una scura come se condensasse al suo interno la notte e l’oblio, l’altra lucente come se un Patronus fosse intrappolato al suo interno. Le afferrò al volo ed affiancò alle squame di drago. 
“Ora, Malfoy, dammelo.” 
L’espressione di Piton era indecifrabile, impassibile ed illeggibile come la pietra, e Draco si sentì come il marinaio che abbandona la zattera in mare aperto. 
Esitante, lasciò che il disegno volteggiasse fino ad atterrare leggero nella mano di Piton, che prima di contemplarlo senza battere ciglio e spianarne le pieghe, agitò la bacchetta verso l’ingresso. 
Draco indietreggiò, un passo dopo l’altro, senza credere che Piton fosse disposto a lasciarlo andare. La voce irata di sua madre che duellava con un Mangiamorte gli era appena arrivata all’orecchio, quando fece per fare un altro passo e quasi cadde, disorientato. 
Era incatenato al suolo, incapace di muoversi di un centimetro, da due grossi, freddi e viscidi tentacoli che gli stringevano le caviglie in una morsa ferrea. Non riuscì a trattenere un ringhio di rabbia e frustrazione. 
“Credevi davvero che ti avrei lasciato trotterellare via così, Draco?” 
Piton ridacchiò, gli occhi persi nella contemplazione del ritratto. 
Nell’angolo in basso a sinistra era stata scribacchiata una firma, Marie Potter
Infastidito, il mago la cancellò, e la vista del nome di famiglia gli guastò l’euforia di essersi appropriato definitivamente di un pezzo tanto prezioso di memoria tutto per sé. Lily gli sarebbe stata accanto nella sua ultima notte da vivo, e nessuno, soprattutto nessun Potter, doveva guastare la sua presenza. 
Il baccano degli incantesimi che Draco stava invano gettando contro la pianta lo riportò fastidiosamente alla realtà.
“Piantala di fare rumore, Malfoy, nessuno degli incantesimi che conosci può liberarti.”
Senza scomodarsi, si arrotolò la manica della veste e premette il Marchio. 
Draco cessò di divincolarsi e rabbrividì, ma la cicatrice sotto la pellicola argentea che ricopriva il suo braccio rimase muta. 
“Direi che è giunto il momento di toglierti la bacchetta, ora che non hai più pagine con cui farti da scudo.” 
Draco cambiò immediatamente bersaglio, ma prima che entrambi potessero pronunciare una sillaba, ci fu un crack! che fece alzare ad entrambi lo sguardo al soffitto. 
Kreacher, ondeggiante sul lampadario fornito di qualche moribondo mozzicone di candela, schioccò le dita nodose nella direzione di Piton, e un istante dopo impugnava la sua bacchetta. “Kreacher non oserebbe attaccare il Direttore di una Casa nobile come quella dei Serpeverde, ma disarmarlo, Kreacher lo può fare, per i suoi padroni.”
“Maledetto elfo! Come osi!” 
Ma Kreacher si era già avvinghiato al collo di Draco, saltando direttamente dal lampadario, e i due si smaterializzarono qualche metro più in là, oltre al muro e nel corridoio dove Narcissa stava duellando con Alecto. Il fratello Amycus era già tutt’uno con il muro alle loro spalle, tenuto lì da un solido incantesimo aderente, gli occhietti porcini che fulminavano in vano Narcissa, unico arto rimastogli in grado di compiere un movimento. 
“Traditrice del tuo sangue! L’ho sempre saputo che eri solo una p…”
Gli occhi di Narcissa fiammeggiarono e con un solo elegante movimento frustò l’aria attorno ad Alecto, che fu risucchiata all’indietro e si incollò al muro con un tonfo. 
“Una cosa, esattamente? Perdonami, ma proprio detesto le persone che non concludono gli improperi.” 
Gettò un incanto di disillusione sui due Gargoyle più grotteschi che Hogwarts avesse mai visto, e fu affiancata da Draco. 
“Ben fatto, madre.”
“Sono sicura che Severus apprezzerà le aggiunte all’arredamento del suo castello.”
“Signori Malfoy, dobbiamo affrettarci!” 
Kreacher li guardò ansioso, e Narcissa aveva appena stretto la sua mano attorno a quella dell’elfo quando a questo sfuggì un gridolino di sorpresa. La bacchetta che stringeva fra le dita gli era sfuggita, di sua iniziativa, dalle mani, per atterrare fra quella tesa del proprietario, che si stagliava a pochi metri di distanza. 
I tre scomparirono con uno schiocco, lasciando Piton a contemplare irato la nuova tappezzeria.
 
*
 
Neville e Gonril si smaterializzarono nel corridoio del quarto piano, dove Neville sapeva che la professoressa era solita fare la ronda. Minerva sobbalzò voltandosi di scatto verso la fonte del rumore, e non appena si raddrizzò gli occhiali sul naso e mise a fuoco Neville, concesse al suo povero cuore di riprendersi, appoggiandosi alla balaustra. 
“Paciock, fuori a prendere un po’ d’aria? In compagnia, vedo.”
“Scusi Professoressa, non era mia intenzione spaventarla.”
“Sono certa che farmi prendere un infarto non sia in cima alla lista delle sue priorità, Paciock,” Replicò lei piccata, “In quel caso mi augurò l’abbia persa.” 
Neville arrossì al ricordo del suo disastro.
“Piuttosto, quale è la sua vera intenzione, Paciock? Ho motivo di credere che non sia una scampagnata al chiaro di luna a portarla fuori.” 
Neville notò con orgoglio come il tono della McGranitt suggerisse che lo considerava un suo pari, nella resistenza e nella quotidiana difesa del castello, che ora dovevano fortificare.
“Professoressa,” abbassò la voce, e la McGranitt si chinò incuriosita verso lo studente, “Harry Potter è tornato ad Hogwarts, e combatteremo.”
“Cosa, Neville!”
“Dobbiamo organizzare la difesa contro l’attacco di Voi-Sapete-Chi, e radunare gli altri Capi delle Case, una volta che Marie sarà arrivata, si combatterà.”
“Ma Paciock, i Potter devono essere usciti di senno!” 
Ma nonostante l’evidente sgomento, la McGranitt stava già evocando tre Patroni sinuosi e felini, e Neville dovette accelerare il passo per starle dietro. 
“Se Voi-Sapete-Chi sta per arrivare, dobbiamo proteggere il castello ed evacuare gli studenti, immediatamente, ma prima…”  Minerva si fermò davanti alle porte della Sala Grande, in attesa dei colleghi. 
“Dobbiamo fare una visitina al Preside. Se Voi-Sapete-Chi sta per attaccare, non vogliamo che ci attacchino dall’interno, giusto Paciock?”
“Concordo pienamente, Professoressa.”
“Minnie, cosa c’è?” La Professoressa Sprite, ancora in vestaglia, fu la prima ad arrivare.
“Ah, Pomona, è arrivato il momento di dare il benservito al nostro Preside, ora che i Potter sono tornati al castello e Voi-Sapete-Chi sta per arrivare.”
La Sprite era in cerca di un’esclamazione che potesse esprimere lo stupore per una triade di notizie così rivoluzionarie, quando Vitious arrivò sfrecciando come una saetta, con uno dei suoi incantesimi di autolocomozione.
“Minerva, sento vento di duello, o le orecchie mi ingannano? Ci hai chiamati per questo?”
“Hai ragione Filius, ero troppo impegnata a riflettere su quanto mi aveva detto Paciock per notarlo. Come ho appena detto a Pomona, I Potter sono tornati ad Hogwarts e di conseguenza Voi-Sapete-Chi si avventerà sul castello, è solo questione di tempo.”
“Credete che Horace stia duellando con Severus, nel sotterraneo?” 
Vitious si stava già dirigendo in quella direzione, ormai certo che un duello stesse prendendo piede.
“Per mille tentacoli Minnie, dobbiamo muoverci!”
“Non credo possa essere Horace, sarebbe insolitamente coraggioso da parte sua.” 
Il tono della McGranitt era secco e non privo di disdegno.
I tre Direttori delle Case e Neville (ognuno dei tre professori lo riteneva ormai capace di badare a sé stesso) avanzarono formando un fronte compatto, attraversando con passo felpato le zone d’ombra e gli sprazzi di luce tremolante delle fiaccole, le bacchette sfoderate. 
Prima che voltassero l’angolo, voci concitate ed un sonoro schiocco li raggiunsero, ma quando Neville svoltò, rimase deluso. Il corridoio era vuoto. 
SBAM! Una mano invisibile lo spinse indietro ed un secondo dopo colpì il muro alle sue spalle, la maledizione diretta a Vitious lo mancò per un soffio.  
“Infame! Le tue maledizioni hanno infestato abbastanza a lungo il castello!” 
Squittì Vitious scagliandogli contro uno stormo di falchi dorati ed apparendo ben più minaccioso di quanto la sua altezza lasciasse ad intendere. 
Piton li ridusse in polvere dorata, ma la McGranitt e la Sprout gli stavano addosso.
“Non ti permetteremo di fare altre vittime!”
La pianta rampicante che faceva da guardia al suo ufficio si rivoltò contro il suo precedente proprietario, avvinghiandosi attorno al suo collo.
“La tua presenza è un sacrilegio per tutta Hogwarts, assassino!”
Il pavimento sotto i piedi di Piton si liquefò e compattò in sabbie mobili, ma prima che potesse essere immobilizzato del tutto, Piton svanì in una nuvola di fumo nero e sfrecciò come un proiettile scuro e fumoso nel suo ufficio, dove si infilò per il camino e scomparve. 
La McGranitt, Vitious e Sprite si scaraventarono nell’ufficio disastrato, e Minerva sbirciò nel camino, con cautela. 
“Deve avere un permesso speciale, essendo pappa e ciccia con i Mangiamorte.”
“Bè, se non altro si è tolto di mezzo.”
La McGranitt non sembrava soddisfatta come la Sprite e Vitious. 
“Spero che la sua faccia di bronzo riappaia presto in battaglia.”
“Ragazzo mio, cosa ci fai in giro!” 
Il respiro affannoso di Lumacorno oltrepassò la soglia con la sua mole ingombrante, assieme ad un arruffato ma elettrizzato Neville. 
“Soressa, i Carrow sono stati incollati al muro, sono fuori gioco anche loro!”
“Incollati al muro? Che vai dicendo, Neville?” La Sprite uscì per osservare i due esemplari.
“Probabilmente un incantesimo aderente estremamente efficace. Mi piacerebbe sapere chi ha avuto l’inventiva e l’abilità di lanciarlo!” Vitious si sfregò le mani, curioso.
“Che mi sono perso?” Annaspò Lumacorno, mentre cercava di riprendere fiato.
“Il suo collega di casa se l’è data a gambe, Lumacorno. In compenso, i suoi due beniamini Potter sono tornati a farci visita, ciò significa, che Voi-Sapete-Chi attaccherà Hogwarts.”
Lumacorno quasi soffocò dallo sgomento. 
“Dobbiamo evacuare il castello. Raduni gli studenti della sua casa nella Sala Grande. 
Noi faremo lo stesso.”
“Ehm, Minerva, si sa esattamente quanto manca all’arrivo di Voi-Sapete-Chi?”
“Certo Horace, mi ha mandato un gufo. Ma che diavolo le prende!” 
Lumacorno la guardava con gli occhi sgranati, e fece un balzo all’indietro di fronte alla sua determinazione. 
“Non si preoccupi, lei ed i suoi studenti avranno tempo a sufficienza per fuggire, ma lo sottolineo fin da subito, i Serpeverde che desiderano aggiungersi alle file di Lei-Sa-Chi sono liberi di farlo, ma fuori da qui, o faranno una brutta fine.”
“Ma Minerva, potremmo morire tutti…”
“Horace, sarò chiara con lei: è ora di scegliere, se preferisce vivere nel tradimento di Hogwarts e dei maghi, o morire per proteggerla. Non si dimentichi che i Potter contano su di noi.”
 Il volto di Lumacorno sembrò illuminarsi per un singolo istante alla menzione dei Potter, ma avrebbero anche potuto essere le torce con il loro gioco di luce. 
“Ci vedremo in Sala Grande allora Minerva.” 
Già diretto verso la sala comune dei Serpeverde, alla MacGranitt parve di sentirlo dire, un po’ a malincuore: “Va bene, va bene, puoi contare su di me Minerva!”
“Bene, Paciock” Cominciò la MacGranitt dopo un profondo respiro, ignorando totalmente i due grotteschi Gargoyle che le stavanoalle spalle. Improvvisamente sembrò ripensarci e si voltò verso di loro. 
“Immagino che questi due pusillanimi non si daranno mai una mossa, ma fortuitamente abbiamo Gargoyle e statue degni di essere esibiti in pubblico, a differenza di questi qua. Piertotum Locomotor!” 
Neville stava ancora con il naso all’insù ad osservare il soffitto del sotterraneo tremare sotto i colpi di centinaia di stivali ed artigli di pietra, quando si accorse che la Professoressa lo aveva già lasciato indietro.
“Forza Paciock! Sveglierò a mia volta i Grifondoro mentre Filius getta gli incantesimi per proteggere il castello.”
Poi, la McGranitt sembrò partire per la tangente per qualche secondo. 
“Scommetto che anche lui non stava più nella pelle di tirare fuori i suoi assi nella manica, ha!”
Ma si ricompose subito.
“Nel frattempo, se non le dispiace, sarebbe di grande motivazione per me ed i miei colleghi se i Potter si unissero a noi in Sala Grande.”
Neville per poco non scattò sull’attenti come davanti al suo generale. Chiamò Gonril, che si era attardata divertendosi a fare le linguacce ai Carrow, e i due si smaterializzarono nelle cucine. 
Tutt’intorno a Neville coltelli venivano affilati e forchettoni lucidati, padelle e casseruole aggiustate per fungere da armature per gli elfi, che erano in gran subbuglio e si scambiavano ordini e consigli con le loro vocine acute. 
Questo sarebbe stato uno spettacolo assai degno di nota e curioso, ma per Neville appariva ordinario, in confronto della scena che gli si parava di fronte. 
Draco Malfoy era seduto contro una parete delle cucine, ormai spogliata dalle padelle in rame, ed alcuni elfi, con degli scolapasta in capo, si affannavano intorno a lui con degli stracci umidi. Seduta accanto a lui e di fronte ad un pentolone improvvisato come calderone alla bell’e meglio, la chioma color fenice di Marie spiccava al fianco di quella chiara di Malfoy, ed una ruga le corrugava il viso arrossato dal vapore perlaceo che si innalzava dalla pozione. 
Harry era seduto accanto alla gemella, intento a soppesare scaglie di drago di un verde acceso, mentre Hermione studiava dubbiosa il libro del Principe e Ron si rigirava fra le dita, sotto gli occhi attenti di Narcissa, quella che sembrava una tiara scolorita. 
Ma ciò che aveva colpito Neville al punto da lasciarlo senza parole era l’espressione di Malfoy. Non fosse stato per la caratteristica chioma biondo platino e gli occhi chiari e freddi, Neville non lo avrebbe riconosciuto. 
L’aura di superiorità, boria e insofferenza che era solito ammantarlo e modellare il suo viso in un’espressione sprezzante e spocchiosa era svanita. 
Come accade ad una pietra levigata da un torrente e sferzata dal vento, il viso di Malfoy era stanco, provato e con qualche contusione qua e là, scavato dalla preoccupazione, dal digiuno e dall’insonnia, con la barba sfatta e la chioma più lunga e disordinata, ma nonostante quella trascuratezza che Neville aveva imparato a riconoscere come propria dei perseguitati, risplendeva di una nuova, resoluta determinazione. 
Lo sguardo di Neville si spostò su Marie, che aveva appena aggiunto le scaglie di drago, e la sua espressione concentrata lo trattenne a stento dal correrle incontro gridando di gioia. 
Lei imbevve un panno nella pozione e lo porse a Malfoy, che fu subito affiancato dalla madre, e Neville stentò a credere che la voce roca e vellutata al tempo stesso che ringraziò Marie potesse essere quella di Draco, tanto era nuova alle sue orecchie. 
Marie intanto spiegava con voce bassa e suadente come applicare la pozione sulla ferita, nel tentativo di non innervosire Draco, mentre Harry ne trasferiva un piccolo quantitativo in una caraffa per il succo di zucca che Hermione aveva provveduto a rendere resistente al calore.
“Deve essere versata bollente direttamente sulla ferita, altrimenti non si rimarginerà mai pienamente, capisci?”  Draco annuì senza spiccicare parola, fissando le fiamme azzurrine e violacee ai piedi del pentolone e cercando di non immaginare come potessero presto mordere la sua carne viva. 
“Narcissa, si premuri di non far scorrere la pozione oltre la ferita, sarebbe dolore inutile.”
“Ehi Kreacher, non avete per caso una stecca di liquirizia in giro?” 
Harry si voltò verso Draco come se avesse appena annunciato di tifare per i Cannoni di Chudley, ma Neville credeva di sapere dove volesse arrivare Malfoy. 
Un elfo arrivò balzellando di corsa con un cesto pieno di bacchette di liquirizia, e Draco se ne infilò una tra i denti. Harry si affrettò a raccogliere la sua maglietta strappata e a passarla ad Hermione perché la rammendasse, di modo che non dovesse osservare la scena. 
Neville notò solo allora con orrore lo squarcio rosso cremisi che si apriva nella spalla di Draco, e lo strano bagliore argenteo che rifletteva il suo braccio sinistro. 
Inginocchiata accanto a lui, Marie era certa di scorgere la tibia, ed avvertiva il petto di Draco tremare vicino al suo braccio. Neville intuì gli occhi di Draco percorrere la sala in cerca di distrazioni, soffermarsi un istante su di lui, e poi tornare a cercare conforto in quelli di Marie, splendidamente rassicuranti e promettenti nella loro freschezza. 
“Durerà un attimo, vedrai, passerà subito.” 
Prima che potesse annuire, Marie rovesciò il liquido incandescente nello squarcio aperto dal pugnale, senza preavviso, e Draco morse la stecca tanto forte da tranciarla, rivolse il viso al soffitto e soffocò a malapena un altro urlo. Il liquido bollente prese forma a contatto con la pelle e ricoprì l’osso, saldò la carne e vi si distese in una pelle nuova, dura e forte come le scaglie di drago che la Morte Vivente aveva fatto sciogliere.
Il petto di Draco si alzava ed abbassava come se il veleno del pugnale tentasse di sfuggire alla pozione e nascondersi fra le sue costole, ma l’antidoto bruciava e corrodeva ogni sua goccia, senza tralasciarne una molecola. Le dita fredde di sua madre gli accarezzarono il viso, ed il dolore divenne sordo, come se di una fiamma ardessero in lui solamente le braci, ora. 
Una mano calda e sudata toccò la sua spalla, e sebbene volesse tentare di alzarsi, non mosse un muscolo, per lasciare che le dita arrossate di lei si soffermassero sulla sua pelle, e la percorressero, battezzandola con il loro timido ed esitante affetto, e si beò del loro tracciato imprevedibile, leggero e così dolcemente caldo.
“Draco, stai bene?” 
Marie era preoccupata dal suo silenzio e dall’immobilità degli altri arti; la nota del Principe diceva che uno dei rischi di aggiungere una pozione già finita ad una in preparazione era eccedere con la dose, e con la Morte Vivente non si poteva scherzare. 
“Mai stato meglio.” 
Draco stiracchiò un sorriso e la mano, con suo disappunto, si ritrasse non appena aprì gli occhi. Puntellandosi sulle tovaglie messe lì a mo’ di cuscini dagli elfi, si osservò la cicatrice perlacea e, sempre con lo stesso sorriso stiracchiato, si rivolse dritto ad Harry e Marie. 
“Beh, sfregiati, sembra che vi abbia appena soffiato il titolo, e clamorosamente.”
Ron, Harry e Neville scoppiarono a ridere, ognuno con una personale parsimonia, ma Narcissa, Hermione e persino Marie lo squadrarono con disapprovazione. 
“Era solo uno scherzo…” 
Marie prese ad imbottigliare la pozione, corrucciata. 
“Aspetta e spera di non rimetterci tutto il bacchetto, Malfoy, c’è una battaglia in arrivo.” 
In realtà Marie era alquanto contrariata da alcuni pensieri indiscreti che le scorrazzavano per la mente come ballerini inopportuni e sfacciati, da quando aveva tracciato la sagoma della cicatrice di Draco. Pregò ardentemente che il Pathos Cogitatio stesse zitto, almeno per quella volta, eppure Draco evitava il suo sguardo, ora, e l’esperienza le diceva che poteva essere un segno. Harry aveva sicuramente intuito qualcosa, perché si fece passare la maglietta rammendata e la gettò a Malfoy senza tante cerimonie.
Neville, nel frattempo, afferrò il galeone falso e diede il segnale prestabilito, mentre Draco e i quattro confabulavano a bassa voce. 
“Allora Piton si è dato al giardinaggio eh?” 
Fece Ron, guadagnandosi un debole sorriso da parte di Harry, che evaporò subito avvertendo lo sgomento e la tristezza improvvisa della sorella. 
“Ecco dov’era finito, lo avevo cercato a lungo! Non posso credere che ce l’abbia Piton!”
“Non fraintendermi, quel disegno mi ha salvato, ma non capisco perché ci tenesse così tanto…”
Draco guardò titubante Marie, ma la sua espressione scura e abbattuta non scacciò le sue domande. 
“Non ne ho idea.” 
“È colpa mia, devo averlo lasciato io tra le pagine come segnalibro, nella fretta di nasconderlo.”
“L’importante è che tu sia riuscito a cavartela e che il pipistrello abbia tolto il disturbo.” 
Marie fece segno a Ron di passarle il diadema, ed in quel momento Padma, Lavanda, Calì e Cho apparirono con un elfo alquanto stralunato dalle loro carezze, rimanendo a bocca aperta di fronte alla scena che si parava loro di fronte. Neville, da buon capitano, andò ad annunciarle di recarsi in Sala Grande, intuendo che presto l’ingresso delle cucine sarebbe stato stipato di folla. 
“Ora abbiamo due Horcrux da distruggere, sbrighiamoci!”
“Ma Unci Unci ci ha rubato la spada!”
“Dannazione! Ora come facciamo a distruggerli?” 
Terry Boot, Goldstein e MacMillan apparirono con uno spaventato gruppetto di ragazzini del primo e del secondo anno, ed anche loro furono diretti verso la Sala Grande da Neville.
Hermione ruppe il suo silenzio afferrando Harry per il braccio, gli occhi luccicanti.
“Harry, le zanne di basilisco nella Camera Segreta! Contengono ancora veleno!”
“Hermione, sei un genio! 
“Però dovremmo comunque recuperare la spada, potrebbe tornarci utile per uccidere il serpente. Non credo che basti ucciderlo come se fosse un rettile qualunque.”
Sussurrò Marie agli altri quattro. 
“Ma la spada è persa, Marie!” Ron avrebbe preferito concentrarsi sulle zanne.
“No che non lo è! La spada di Grifondoro torna sempre da un Grifondoro che se ne mostri meritevole! Così diceStoria di Hogwarts! Ma non so come si possa farla tornare…”
Draco stava per dire qualcosa, quando un ruggito riempì le cucine e ben due squadre di Quidditch apparirono nelle cucine assieme a Dobby, Aberforth e altri tre elfi. 
“E questi chi sono?” Domandò Marie, esterrefatta.
“Ma quello è Viktor! E quello, aspetta…ma è uno dei fratelli Dacey! Harry, non è lui che ha afferrato il boccino balzando dalla scopa a cento piedi d’altezza?”
“Ora che me lo dici, si! È proprio lui! Ci hanno portato loro ad Hogsmeade, non ho avuto tempo di dirtelo.”
“Cosa? Siete stati scortati dalla nazionale gallese e bulgara e io non c’ero?” 
La stanchezza scomparve dal suo viso lucido dai vapori perlescenti per lasciar spazio all’indignazione più sincera.
“Le posso assicurare, Marie Potter, che io e i miei compagni eravamo altrettanto delusi.”
Wynn Embrey aveva eluso le istruzioni di Neville, occupato con i membri dell’Ordine, e si inchinò con sfacciata galanteria alla giovane Potter, che lo osservò fra l’ammirato e il divertito, incredula.
“Wynn, togliti di mezzo, non è te che ha riconosciuto.”
Bleddyn e Alwyn diedero una spintarella al capitano e si tolsero il berretto. 
“Saremo lieti di fungere da truppe aeree, Harry e Marie Potter.”
Prima che Marie potesse rispondere, Ginny le saltò al collo e Fred e George distrassero i fratelli Dacey; Fred era particolarmente interessato nelle erbe all’interno della pipa di Bleddyn.
“Ehi gente, vedo che il Quidditch unisce anche all’alba della battaglia!”
“Baston!” Ruggì Harry, particolarmente affezionato al portiere che lo aveva introdotto all’arte del Quidditch.
Bill si avvicinò a Marie, mentre Neville si sbracciava e sgolava per indirizzare tutti nella Sala Grande. 
“Ehi Marie, ho sentito che la McGranitt vi sta aspettando in sala Grande, e sta per arrivare ancora più gente, io se fossi in voi me ne andrei…Soprattutto per Malfoy, non rimarrà inosservato ancora per molto.” 
Draco si era silenziosamente appoggiato al muro, dove si trovava prima, e sembrava pensieroso, ma ben attento ad evitare di attirare sguardi su di lui; ciò nonostante, un gruppo di Hogsmeadiani e studenti si stava formando attorno a lui e Narcissa, al suo fianco, e le occhiate malevole non erano difficili da notare.
“Hai ragione Bill, meglio chiarire subito le cose con la MacGranitt.”
Proprio mentre Fleur comparve leggiadra al fianco del marito, in un elegante uniforme da battaglia, la stanza svanì attorno a loro e Marie provò nuovamente quella viscida, umida sensazione di piombare nella mente di Voldemort. Cercò a tentoni la mano di Harry, e proprio quando la strinse, intravide boschi e valli sfrecciare sotto di lei e la furia cieca e bruciante di Voldemort, folle per la scoperta della distruzione di due suoi Horcrux. 
La voce di Bill tornò improvvisamente a raggiungerla.
“Marìe, Harrìe? State bene?” Fleur li osservava preoccupata.
I due boccheggiarono. 
“C’è anche Percy, sapete, ha dato un bel calcio nel sedere a quelli del ministero, era ora!
E credo che Charlie abbia in serbo una bella sorpresina per i Mangiamorte, ma papà non approva. Arriveranno presto.”
“Dobbiamo fare presto, Piton ha chiamato Voldemort, ormai è certo che siamo qui, Neville!”
“Sì Harry?” Il viso sbattuto di Neville spuntò fra la folla.
“Dobbiamo andare subito, non c’è un attimo da perdere!”
“È quello che sto ripetendo a tutti Harry, ma non fa che arrivare gente, tutta Hogsmeade e maghi da ogni parte del paese che ascoltano Radio Potter!”
“Abbiamo perso abbastanza tempo. Andiamo!” 
“Harry, Marie, voi andate. Io e Ron andremo nella Camera dei Segreti a recuperare le zanne.”
“Ma come, non sapete…”
“Ci sono già stato Harry, ce la posso fare. Voi recuperate la spada e preparate gli altri a combattere, voi servite sul campo.” 
Harry guardò i due amici, lungi dal volersi separare. Ron ed Hermione sostennero il suo sguardo, determinati. Annuì e passò la coppa a Ron. Marie balzò al fianco di Draco e i due si trascinarono lui e Narcissa con loro. 
“Che fai Potter? So camminare da solo.” 
“Di questo sono certa, sai anche duellare con una folla intera?”
“Potrebbe essere un buon riscaldamento.” 
Draco non si sentiva così in forze da settimane, ma l’occhiata assassina di Marie calmò la sua baldanza. Attorno a loro, maghi e streghe di tutte le età e con gli accenti più diversi si voltarono sconcertati a guardarli, e per una volta Harry e Marie intendevano davvero essere al centro dell’attenzione. 
Quale modo migliore di evitare che Draco e Narcissa fossero schiantati da uno dei loro se non avanzare fianco a fianco? Dopo pochi passi, la folla si unì a loro, spalleggiandoli. 
Harry e Marie furono presto affiancati da Remus, che si aggiunse alla sinistra di Draco, e con loro grande sorpresa, Tonks, dai capelli di un rosso acceso, che affiancò Narcissa. 
Dietro di loro, i gemelli udirono le voci profonde e tonanti dei giocatori parlare in gallese e bulgaro. Giunti alle porte della Sala, Harry e Marie si scambiarono un sorriso sghembo e sincronizzarono il passo. 
Gli studenti radunatisi nella Sala Grande smisero di parlottare e si voltarono verso l’ingresso, ed i membri dell’ES che erano in attesa del loro arrivo scattarono in piedi. 
Il cuore di Minerva fece un balzo nel vedere i suoi due studenti avanzare con grazia e sicurezza verso di lei, e l’orgoglio per i suoi due Grifondoro balzava dalla falda del suo cappello fin verso il cielo scuro sopra di loro. 
Draco, al fianco di Marie, e Narcissa, al fianco di Harry, guardavano dritti davanti a loro, mentre Tonks e Lupin sondavano la sala. 
Minerva osservò il giovane avanzare passo dopo passo fra i tavoli, perfettamente sincronizzato con i Potter, ed un singolo passo le sarebbe bastato per comprendere che il posto a fianco di Marie gli calzava a pennello. 
Draco avvertiva che quella marcia attraverso la Sala Grande ribadiva con ogni passo la sua scelta, ma ora, a differenza di quando aveva percorso gli scalini di Villa Malfoy, non era più solo. Diversi Serpeverde si alzarono e allungarono il collo, sbalorditi, increduli ed irati, ma impotenti di fronte alla scorta che li fiancheggiava. 
Harry e Marie salirono la breve rampa di scale e si posizionarono accanto alla McGranitt.
“Diceva, Miss Parkinson, di ritenere improbabile che i Potter fossero nel castello?” 
Pansy fissava a bocca spalancata e con il viso contorto dal disgusto i Potter e, Draco lo sapeva bene, lui in particolare. Si lasciò cadere sulla panchina accanto a Zabini, che stava tentando di memorizzare ogni dettaglio dell’aspetto di Draco.
“Affrettatevi, tutti gli studenti minorenni e i maggiorenni che desiderano andarsene seguano i prefetti e l’ordine d’evacuazione come prestabilito.” 
Ci fu un gran frastuono di suole sulla pietra, ma gli studenti non fecero in tempo a mobilitarsi che una voce acuta e metallica sferzò l’aria, attanagliando ognuno di loro con una strisciante cadenza di morte che sembrava scaturire dal castello stesso, rimbombando dentro di loro. Alcuni studenti terrorizzati urlarono e si strinsero l’un l’altro, coprendosi le orecchie, ma nulla poteva fermare quella voce dall’abbattersi su di loro con gelida calma calcolatrice.
“Barricarvi nel castello e combattere non servirà a nulla. Le vostre vite si spegneranno in uno sforzo futile e sangue di mago verrà versato invano. 
Consegnatemi i Potter, e nessuno sarà ucciso. 
Consegnatemi i Potter, e le vostre vite saranno risparmiate. 
Opponetevi, e sarò costretto ad uccidere maghi e streghe che rispetto.”
Calò il silenzio, ma nessuno osò muoversi, come avvertendo la mannaia pronta a calare sulle loro teste, e difatti, la voce li trapassò di nuovo.
“Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati.[i]La scuola rimarrà intatta, e così le vostre vite e quelle dei vostri cari. Avete tempo fino a mezzanotte.”
Silenzio. E poi, ogni mago o strega presente nella Sala si voltò verso i gemelli, che avvertirono fra i tanti sguardi alcune occhiate ostili ed impaurite bruciare sulla loro pelle come acido.
“Prendete i Potter!” 
L’urlo proveniva dal tavolo dei Serpeverde, e Draco riconobbe la voce di Pansy.
“Abbasso i Traditori del Proprio Sangue! Acciuffateli!” 
I suoi due scagnozzi di lunga data e la Parkinson, forti dell’appoggio del loro tavolo, commisero l’errore di trascurare il piccolo dettaglio che poco prima li aveva fatti sbalordire. 
Ogni mago e strega presente nella Sala estrasse la bacchetta, Serpeverde compresi, ma fu il canto argentino, suadente e minaccioso di metallo affilato che veniva estratto dal fodero a far voltare tutti verso i Potter, immobili come statue. 
I fratelli Dacey, fulminei come delle fiere e con i berretti di sghimbescio a coprire un ghigno selvaggio, erano schierati di fronte ai gemelli, due lunghe sciabole luccicanti incrociate davanti ai loro petti. Con un solo movimento fluido tagliarono l’aria e le riposero nei foderi, ma l’aria continuò a vibrare nel tracciato delle loro lame. 
“Vi suggerisco di andarvene finché siete in tempo. Attacchi all’interno del castello non saranno tollerati. Ribadisco, Serpeverde per primi.” 
Le parole della McGranitt risuonarono nel silenzio della Sala, didascalia incisiva dell’illustrazione appena fornita dai fratelli Dacey. 
Questa volta l’evacuazione si mise sul serio in moto, e così fece Kingsley, organizzando i gruppi di combattenti. 
La McGranitt si voltò finalmente verso i gemelli, con un sospiro di soddisfazione.
“Harry, Marie, avete acquisito un gusto per le entrate trionfali, vedo, ma non posso che complimentarmi con voi per i compagni che vi siete scelti. Hogwarts vi aspettava da tempo, ma spero che non siate così folli da rischiare la vita per un sentimentalismo.”
“Professoressa, siamo ad Hogwarts per ordini di Silente. Abbiamo bisogno di trovare la spada di Grifondoro, dopodiché potremmo affrontare Voldemort.” 
Il viso della McGranitt si fece ancora più serio, ma a Marie parve di intravedere un’ombra di tristezza attraversare il suo volto. 
“Sapevo che questo giorno era vicino, ed ora è giunto. Hogwarts lotterà fino all’ultimo istante, ma temo che ogni secondo sarà pagato a caro prezzo da tutti noi. Se cercate la spada, dovete andare dal Cappello Parlante. Solo lui saprà dirvi dove si trova. Andate, pensiamo noi al resto!”
Harry e Marie si voltarono ed avevano già un piede sullo scalino, quando si voltarono in attesa. La McGranitt si rivolse a Draco. 
“Vedo che hai dimostrato di avere sale in zucca Malfoy, dopo tutto. Credo che qualcuno ti stia aspettando.” Draco si voltò, incredulo, per vedere Harry e Marie in attesa. 
“Dai muoviti, è meglio andare in tre, ed in oltre ci mancano Ron ed Hermione.”
“Narcissa, ha voglia di dare una spolverata alle sue abilità di duellante? Se non ricordo male, aveva molta inventiva. Avremmo bisogno di streghe abili sulla torre di Grifondoro.” 
Narcissa fissava Draco allontanarsi, e provava un impulso irrefrenabile di seguirlo. 
Tuttavia, intuì che la McGranitt la stava trattenendo di proposito, seppur senza secondi fini.
“Tu e Draco sareste un bersaglio vulnerabile per i Mangiamorte, Narcissa, lo sai.”
“Certo che lo so Minerva, ma questo non cambia le cose.”
Harry, Marie e Draco erano già oltre le porte della Sala Grande, attraversarono Nick quasi Senza Testa, che rimuginava su come svolgere al meglio il suo ruolo di avanscoperta, e cominciarono a correre su per le Scale, evitando la folla con scale secondarie ma capricciose quando possibile. 
Arrivati al terzo piano, il castello cominciò a tremare e calcinacci piovvero dal soffitto. I tre si guardarono dubbiosi, ma Fred e George spuntarono da un angolo e fecero loro un segno di incoraggiamento. 
“Non scoraggiatevi, la fase budino non durerà molto, stanno per arrivare, sbrigatevi!” 
“Ci servirete presto!”
Presero a fare gli scalini tre a tre, con il respiro sempre più pesante, ed Harry si maledisse per non aver chiesto un passaggio a Dobby che diversi piani più in giù, a guida di una squadra di elfi, stava già rinforzando le linee di difesa. 
Un’ombra dai passi felpati li seguiva una rampa di scale sotto di loro, ma il frastuono dell’edificio che tremava ed il loro respiro affannoso coprivano lo scricchiolio delle suole di Zabini, che aveva ingoiato la Polisucco e si era liberato della sua divisa. 
Al settimo piano, a Pansy non sfuggirono le sagome da Troll di Tiger e Goyle, un piano più sotto, che si dirigevano verso delle scale secondarie, e senza sapere bene perché, li seguì; nessuno la notò, fra la folla di studenti nel panico ed ansiosi di lasciare il castello.
In fondo la stanza era sempre lì, avrebbe potuto fuggire subito, se la cosa si fosse rivelata priva di interesse, e qualcosa le diceva che anche loro avevano un conto aperto con Malfoy. 
Zabini puntò la bacchetta verso la rampa di scale sopra Harry, Marie e Draco, giunti al quinto piano, e lo stesso fecero Tiger e Goyle nascosti dietro l’angolo della rampa. Questa rovinò con grande fragore proprio sopra di loro, e come aveva sperato, Draco si gettò verso l’alto, mentre Harry e Marie ripiegarono verso il basso, tossendo e con gli occhi lacrimanti dalla polvere che aveva invaso l’aria circostante.
“Maledizione, Fred aveva torto!”
“Stai bene?”
“Draco! Draco ci senti?”
Draco, con il viso imbrattato di calce ed irriconoscibile, si alzò a fatica e con il fiato mozzo.
“Ma come…Credevo fossi dall’altra parte!”
“Ci ho provato, ma sono rovinato giù con il resto delle pietre.” Tossicchiò Zabini.
Harry e Marie, vedendo che tutti e tre erano ancora in grado di camminare ed illesi, si precipitarono giù dalla rampa, prima che crollasse anche quella, e presero un’altra via verso la torre, attraverso un arazzo che gli studenti evitavano perché sapeva di muffa, con Zabini alle calcagna, che soppesava se aggredirli alle spalle o vedere dov’erano diretti ed aspettare il momento migliore. 
Dall’altra parte del cumulo di detriti, Tiger e Goyle erano balzati addosso a Draco quando ancora era lungo disteso sulle scale, e per fortuna di Draco furono troppo stupidi per trovare la sua bacchetta in una delle tasche camuffate da pieghe nel mantello.
Goyle gli sferrò un calcio nello stomaco che lo fece voltare, rantolante, verso Tiger.
“Zabini ha detto che di te possiamo fare quello che ci pare, e sai una cosa Malfoy, si sta proprio bene senza di te.”
“Sporchi Traditori del Proprio Sangue non servono a nulla, lo dice sempre Carrow.” 
Tiger sollevò Draco per la collottola, osservando divertito come cercasse di estrarre la bacchetta dal mantello, e gli puntò contro la propria.
“Cru…” SBAM! Un lampo di luce rossa e la mano di Tiger mollò la presa, Draco cadde in piedi, barcollante, e sferrò un pungo a Goyle, proprio mentre questi si girava per individuare il suo assalitore. Un altro lampo di luce rossa, e Goyle cadde, ancora roteante, faccia in giù sugli scalini.
“Sai Draco, spero davvero che tu non muoia, ora che mi devi un favore così grosso.” 
Pansy lo guardava dall’alto in basso, godendosi il suo trionfo. 
“O forse, quella sgualdrina di una Potter ti vorrà morto quando saprà che sei in debito con me.”
“Vieni al punto, Pansy!” Ringhiò Draco furioso, dolorante e preoccupato per i Potter, piegato in due. La sua nuova coscienza non gli permetteva di fronteggiare la Parkinson senza rimorsi.
“Oh, verrò al punto quando lo riterrò opportuno.” 
Il ghigno di scherno che si allargava sulle sue labbra sottili si avvicinò sempre più a Draco, che impugnava la bacchetta con una mano e si era aggrappato alla balaustra con l’altra. 
Anni prima, non ci avrebbe pensato due volte a schiantare un nemico di soppiatto, ma ora invece si ritrovò incapace di reagire, e la forza che aveva sentito in lui con i Potter e gli altri maghi al suo fianco lo abbandonò, risucchiata dalla figura di Pansy come se fosse stata un dissennatore. 
Come a conferma di ciò, Pansy si chinò su di lui come un’aquila sulla preda e gli strappò un bacio mordace e insistente, la sua lingua e i suoi denti erano come un artiglio che giocava con la pelliccia della vittima, lo punzecchiava e lasciava scappare quel tanto che bastava per poi affondare nuovamente fra le sue labbra serrate. 
Gli spinse indietro il capo e tracciò pigramente una linea sulla sua giugulare con il dito da bambina, per poi spingerlo indietro con una risata secca e ferrosa, girare sui tacchi e voltarsi ancora solamente diversi scalini più in su. 
“Non pensare che sia finita qui. Sei un idiota, Draco, ed avrò modo di provarlo, se sarai tanto fortunato…o forse sfortunato, da sopravvivere.”  
Draco non perse tempo a maledirla, si arrampicò su per il cumulo pericolante di macerie, si tuffò dall’altro lato per schivare una Maledizione vagante e con suo orrore, si ritrovò da solo. 
A rotta di collo fece altre rampe, attraversò un arazzo ammuffito, schiantò un inferius affacciatosi ad una delle finestre e dovette percorrere un corridoio piegato in due per evitare le maledizioni che colpivano i cornicioni e facevano saltare i vetri. La battaglia era cominciata.
Senza fiato e sconvolto arrivò all’entrata della scala a chiocciola per trovarla priva del suo Gargoyle. Fiondatosi su per le scale, non ebbe nemmeno l’accortezza di tentare un agguato, e si scaraventò nello studio dove, di botto, si arrestò, come pietrificato. 
Per un istante credette di essere impazzito, e fissare sé stesso inzaccherato nel futuro, accanto a Marie che aveva la mano tesa, in punta di piedi, verso il cappello parlante, poi, in una frazione di secondo, riconobbe la scintilla di vanesia e ambizione nei suoi – no, di Zabini – occhi, sfoderò la bacchetta e scagliò uno schiantesimo a Zabini, che lo schivò e mandò in frantumi la finestra dell’ufficio. 
Harry stava osservando la fiala di ricordi appoggiata sulla scrivania, e quando si voltò verso il vero Draco, Zabini gli aveva già scagliato contro una fattura asfissiante. 
Marie si era gettata a terra d’istinto, ed il cappello volò lontano, fra le mani di Zabini, che puntò la bacchetta contro Marie, lunga distesa sul pavimento. 
Draco, ad un metro da Zabini, abbandonò la magia e si gettò su di lui con tutta la forza che aveva, mirando al polso e tentando di strappargli la bacchetta di mano. I due rotolarono e la bacchetta di Zabini si ruppe con uno schianto ma la presa dell’incantesimo, fuori controllo, si fece ferrea sul collo di Harry, che annaspò in cerca della bacchetta, con la vista che si annebbiava. 
Zabini, privato della bacchetta, strinse le mani dalle lunghe dita attorno al collo di Draco. Marie, con gli occhi che lacrimavano e l’ufficio che cominciava a roteare attorno a lei, puntò la propria contro Harry e gracchiò Finitecon il poco fiato che le rimaneva, e i due gemelli tentarono di trascinarsi in aiuto di Draco. 
Paonazzo, Draco cercava di divincolarsi dalla presa di Zabini, ma sembrava impossibile, ed ogni secondo che passava avvertiva le forze venirgli meno. 
Tastò disperatamente attorno a sé in cerca di un’oggetto contundente, afferrò il cappello e fece per sollevarlo, ma era troppo pesante, o le sue forze erano già troppo deboli. Harry si sollevò a carponi ed afferrò la sua bacchetta, ma prima che potesse agire, uno scintillio di metallo ed il rosso dei rubini si fusero con il cremisi di sangue appena versato. Marie non riuscì a trattenere un urlo nel vedere il corpo di Zabini rotolare grondante di sangue e con uno squarcio nel fianco.  Harry si affrettò a pietrificare il Serpeverde e Marie versò alla bell’e meglio una delle boccette con la pozione cicatrizzante sul taglio, dopodiché, i tre si accasciarono sul tappeto dell’ufficio, senza fiato e con il cuore in gola. Nessuno parlò per alcuni secondi, ma le urla della battaglia che imperversava nel castello salirono fino alla torre, ed erano una campana d’allarme che suonava per ognuno di loro. 
Draco si rialzò e porse una mano a Marie, che preferì prendere quella di Harry, che era stato il primo a rialzarsi ed aveva già raccolto la bacchetta di Draco.
“Non, non era mia intenzione ucciderlo, se è questo che pensate.”
“La spada…” Marie prese un respiro profondo. “La spada ti ha risposto!”
“Credevo apparisse solo ai Grifondoro!” Harry si riavvicinò alla fiala sulla scrivania. 
“Hai attaccato a mani nude, per Godric questo deve essere coraggio, in un mago.”
Draco levò la spada rossa di sangue e fece per pulirla, prima di accorgersi che non aveva la bacchetta. Harry la ripulì con un semplice incantesimo che tuttavia di solito non gli riusciva mai, e fu stupefatto di come la bacchetta gli calzasse comoda e agile.
Guardandola meglio, si accorse che era quella di Draco, e non quella di prugnolo. 
Basito, sussurrò all’orecchio di Marie, mentre Draco contemplava meravigliato la spada. 
“La bacchetta di Narcissa, ce l’hai ancora? Passala a Draco.”
“Ma Harry, se ne accorgerà!”
“Non occorre fingere, gli diciamo solo che è importante.”
Marie estrasse la bacchetta che Narcissa non aveva mai reclamato dal mantello e la passò a Draco. 
“È quella di tua madre.” Draco la impugnò con la mano libera, e la avvertì famigliare, quasi più famigliare della sua nelle ultime settimane. 
“Mi è appena venuta in mente una cosa.” 
Marie cominciò a camminare su e giù, attirata dalla fiala sulla scrivania, che aveva riconosciuto come ricordi, ma poi si riavvicinò a Draco.
“Senza offesa, ma la tua bacchetta, Draco, mi sembra non ti abbia obbedito bene, di recente. Una prugna dirigibile è esplosa, non ben sigillata, il patronus ad Azkaban non era ben formato ed i tuoi schiantesimi non sono precisi…”
“Mentre io mi trovo benissimo con la tua, ed Olivander ci ha detto che una volta vinta, la bacchetta può cambiare fedeltà.” 
Harry e Marie osservavano un po’ sul chi vive Malfoy, sapendo che stavano tirando la corda non poco.
“Se mi lasciate l’onore della spada, non ho obiezioni, credo che quella di mia madre vada bene quasi quanto la mia, almeno per come sono messo ultimamente.”
Marie smise di sudare freddo e gli porse il diadema.
“La tiara deve andare distrutta, vero?”
“Sì. E dato che la spada ha scelto te, tocca a te distruggerlo.”
“Ma non so nemmeno cosa sia.” Harry e Marie si scambiarono un’occhiata fugace.
“Meglio non saperlo, credici sulla parola.”
Draco appoggiò la tiara sulle lastre di pietra dello studio, alzò la spada sopra la testa e la calò sulla gemma al centro del diadema, senza esitare. Un’ombra grigia e gelida si sprigionò dalla tiara con una violenza inaudita, facendo esplodere l’unica vetrata rimasta, accecandoli per un istante, ed Harry e Marie furono scossi da un violento tremito. 
Draco fissò le schegge del diadema, freddo e scolorito, reliquia rotta di un sacrilegio orrendo, e gli parve di vedere di nuovo quell’ombra agghiacciante alla finestra, giacché indietreggiò con un balzo e cacciò un urlo. 
Alla finestra, sospesa nel cielo notturno illuminato da lampi di luce, stava Niké, le narici dilatate ed i grandi occhi scuri fissi su di loro.
“Eilà gente, ho seguito il ronzino fin qui. Vi serve un passaggio?”
Bleddyn, con la capovolta del bradipo, fece far loro un altro salto e si guadagnò un bell’insulto.
“Ehi, andateci piano ragazzi. Qua fuori non è mica facile, ma se doveste farvi tutto il castello a piedi, rischiate che uno dei giganti vi spiattelli, parola mia. Marie, vuoi concedermi l’onore?”
La ragazza ripensò alle due lunghe sciabole che ciascun Dacey nascondeva nel mantello, e Niké le parve improvvisamente assai sicura. 
“Il ronzino per me va più che bene, vero Draco?”
“Ti tocca Potter, vedrai, io volo persino meglio di Llew, gliela faremo vedere a quei Mangiacorde.”
 
 
Angolo dell’autrice
 
Carissimi lettori, prima di tutto vi chiedo scusa per il ritardo di una settimana! 
La Battaglia di Hogwarts e le decisioni che comporta mi hanno preso un po’ di tempo…Spero che la lunghezza di quest capitolo possa compensare ;-)
La scena d’aperura è tutta dedicata all’adorata venerata splendida artista Thundelara, la quale si era aggiudicato il premio in Greyfriars Kirkyard. Spero ti piaccia tesoro!
Per tutti voi invece sempre Thundelara è stata così favolosa da creare delle meravigliose (a dir poco) ILLUSTRAZIONI, che troverete qui sotto. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va, come sempre io sono curiosissima e le vostre parole sono aiuto e motivazione inestimabili!
 
Per quanto riguarda il capitolo: Abbiamo visto Lupin e Tonks salutare il loro piccolino e trovare la forza di andare insieme in battaglia, e non separati come nel libro. Harry e Marie si sono finalmente riuniti, Draco ha affrontato Piton, colto alla sorpresa da un ritratto di Lily, Marie ha potuto preparare la pozione cicatrizzante e finalmente Draco si è liberato delle sue mortifere ferite. Un esercito di volontari si è riunito, ma Zabini è quasi riuscito a mettere i bastoni fra le ruote ai gemelli, e Draco ha distrutto il diadema, senza prima incappare in Pansy Parkinson…
La Battaglia è appena cominciata, e molte cose devono ancora accadere. Spero stiate con me fino alla fine di questa turbolenta notte, che sarà solo l’inizio…
Per inciso, ho sempre pensato che Piton fosse abbastanza intelligente da comprendere che avendo ucciso Silente, Voldemort avrebbe reclamato la sua testa, da qui la sua consapevolezza di stare per morire.
 
Ma ora, bando alle ciance, rifatevi gli occhi ;-)
 
 
 
Marie e Draco in divisa al sesto anno, con il cardellino che volteggia sopra di loro.


 
 
Narcissa, Draco e Marie prima di versare la pozione sulla ferita.
(come viste da Neville nel capitolo)



 
 
 
[i]Parte dell’appello di Voldemort è tratto da « Harry Potter e i Doni della Morte », Salani, traduzione di a cura di Stefano Bartezzaghi.
 
 
 
 
 
 
  
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