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Autore: __roje    16/05/2018    3 recensioni
YUGEN. Seconda parte di Ikigai
Questa è la seconda parte e continuo di Ikigai dove appunto ritroviamo Aki e Hayato alle prese con i loro problemi. Due ragazzi che si sono scoperti innamorati, ma sono dei semplici adolescenti e intorno a loro c'è chi vuole dividerli.
Riusciranno i due ragazzi a stare insieme andando oltre il loro passato?
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo [9]

Tornai in classe, dove vi trovai Yoshida insieme a Mina pronti per andare a pranzo. Entrambi mi scrutarono con attenzione, mi vennero vicino con un aria un po’ preoccupata. Cos’altro era successo adesso?
Mina, tra i due, era quella che sembrava maggiormente in pena. “Aki possiamo parlare un attimo?”
“Certo.”
I due si guardarono tra di loro lanciandosi un strana occhiata, e dopo mi portarono lontano da orecchie indiscrete. Ci rifugiammo sul tetto della scuola che di solito a quell’ora era ancora deserto. Non capivo proprio la necessità di andare così lontano da tutti.
Yoshida se ne stava in disparte con le braccia incrociate contro il petto, mentre Mina fu l’unica a farsi avanti per parlare con me. “Ascolta Aki, siamo un po’ preoccupati per Mayu.”
“Mayu? Che cosa è successo?” li guardai un po’ confuso. Era così assurdo che in poco tempo si stessero manifestando così tanti problemi tutti insieme.
Il mio amico affiancò la sua compagna e le fece cenno che avrebbe spiegato lui stesso cosa stava accadendo.
“Sono tre giorni che Mayu non viene a scuola, Mina ha cercato di contattarla ma non risponde alle chiamate e nemmeno ai messaggi. Ieri ha tentato di andare a casa sua ma la madre ha detto che non c’era.”
“In che senso non risponde? Non può essere sparita nel nulla! Che motivo avrebbe?”
“Si comporta in modo strano dal giorno della festa di Saori, non è più stata la stessa.”
Mi tornò in mente quella volta in corridoio, aveva evitato di rivolgere la parola sia a me che a Yoshida e la solita Mayu non avrebbe mai agito così. Era sempre stata gentile con me, con tutti e un simile comportamento non era proprio da lei. Che la causa fosse da ricondurre al ricordo spiacevole di quella sera?
“Credete che sia colpa dell’incidente?” domandai in cerca di conferma.
Yoshida fece spallucce “Non lo sappiamo, ma qualcosa è successo quella sera. Mayu dopo averti soccorso non ha voluto nemmeno sapere come stavi, non ha chiesto nulla e si è tenuta alla larga da noi.”
Forse la paura le impediva di stare insieme a noi, o meglio insieme a me. Ciò significava che era compito mio indagare e rivolvere la cosa. “Ci parlerò io, proverò a chiamarla e se non risponde andrò a casa sua.”
Mina si illuminò nel sentirmelo dire, “Grazie Aki! Sei la nostra ultima speranza.”
Ero un po’ confuso, non mi tornavano diverse cose. Era vero che Mayu quella sera non era con me quando mi avevano soccorso per le percosse, e che nei giorni successivi nemmeno si era fatta via ma per tutte le volte che l’avevo ignorata o evitata, nemmeno me ne ero curato più di tanto. Anzi avevo addirittura apprezzato la riconquista dei miei spazi, e poi la faccenda di Hayato non aveva fatto che distrarmi ancora di più.
Di ritorno dal tetto restai un po’ di più nel corridoio tentando di chiamarla, il cellulare bussò a vuoto e capii che stava facendo tutto di proposito. Fu in quel momento che guardandomi in giro beccai Hayato che mi scrutava dall’interno della classe con un espressione enigmatica. Quel suo modo di fare cominciò a stancarmi, e il sangue cominciò a ribollirmi nelle vene.
Finite tutte le lezioni informai Yoshida e Mina che sarei andato da lei, volevo parlarci da vicino. I miei amici apprezzarono l’idea e mi lasciarono fare, forse ero l’unico che poteva risolvere quella faccenda anche se non ero sicuro che l’incidente fosse la causa del suo strano comportamento.
Tuttavia non avevo contato un imprevisto, e poco fuori dall’edificio trovai Hayato piantato fuori dai cancelli della scuola, la mano in tasca e un ghigno dipinto in viso.
“Ehi Aki-chan ti va andare a fare un giro insieme?” cercò di trasformare il ghigno in un sorriso più dolce ma risultò forzato e per nulla rassicurante. Com’è di punto in bianco mi chiedeva una cosa del genere.
“Non posso, oggi ho da fare” e feci per superarlo dandogli le spalle.
“Stai andando da quella ragazza vero?” Mi paralizzai al suono di quella frase. Come diavolo faceva a saperlo? Ogni muscolo mi si bloccò, e in maniera scontata gli avevo dato una risposta chiara. Soprattutto quando andai a voltarmi lesse nella mia espressione basita ogni cosa. Hayato allora sorrise compiaciuto, “Pensavo di essere stato chiaro, ma a quanto pare parlo proprio a vuoto.”
“Come sai che sto andando da Mayu?” divenni serio anch’io a quel punto. Non si scherzava più.
Hayato lasciò andare la parete sulla quale si era poggiato e mi si avvicinò mantenendo quella sua aria sfrontata, “Ho sentito quei due parlarne in classe prima che tu tornassi. Ti hanno chiesto di pensarci tu vero? Credono che le tue parole possano farla riprendere ma loro si sbagliano se pensavo che la ragione del suo comportamento sia dovuto all’aggressione di quella sera.”
Strinsi i pugni dalla rabbia “Che cosa hai fatto Hayato? Mayu non c’entra nulla bastardo.”
Con la sua mano mi sfiorò la guancia con un tocco molto leggero e mi scrutò severo “Ho sempre odiato il modo in cui parlavi di quella ragazza, è stata una spina nel fianco sin dalle elementari e continua ad esserlo anche ora. Non guardarmi così” rise per il mio sguardo furioso.
“E’ con me che ce l’hai, non trascinarci dentro anche altre persone!”
Detto ciò mi allontanai con la fretta di voler raggiungere la casa di Mayu per parlarne. “E’ inutile andarci a parlare, non risolverai assolutamente nulla.”
Furono queste le ultime parole di Hayato prima che fossi abbastanza lontano da lasciarmelo alle spalle. Era sempre stato un ragazzo buono in fin dei conti e non potevo credere che avesse fatto o detto qualcosa a Mayu, non riuscivo ad accettare che avesse fatto in modo di farla stare male.
Arrivai presto a casa sua, e quando ad aprire fu la madre mi disse le esatte parole dette a Mina e cioè che Mayu non era in casa e le pronunciò con un velo di amarezza celato. Stava chiaramente mentendo ma non insistetti, la salutai e feci per andarmene. Ma prima di farlo tentai ancora di chiamarla, il cellulare squillava a vuoto e non c’era modo di raggiungerla. Che cosa era successo.
- Aki. –
La sua voce al telefono era debole ma finalmente aveva risposto. “Mayu? Sono io. Ma dove sei finita? Tutti noi siamo preoccupati, non rispondi alle chiamate e nemmeno ai messaggi.”
- Sono da mia cugina ad Osaka per il momento, torno la settimana prossima. –
Quando era partita e perché? “Va tutto bene? Ti sento strana.”
Ci fu un lungo silenzio in quel momento. – Va tutto bene, ma devo chiederti di non chiamarmi più per il momento, quando sarò pronta ti verrò a cercare io per parlare. –
Ero sconvolto per quelle fredde parole e subito dopo mi salutò riattaccando. Restai imbambolato non so quanto in cerca di una spiegazione, al perché fosse successo ciò e per quanto mi sforzassi non riuscivo a trovare altra causa se non Hayato.
Tornai a casa furioso, con l’intenzione di dirgliene quattro e bussai senza pensarci troppo, sbattendo ripetutamente la mano contro il legno della porta. Non mi importò che dentro ci potesse essere la madre o il piccolo Kou, ero dannatamente furioso ed esigevo una risposta chiara.
Per mia fortuna fu proprio Hayato a venire ad aprire e non fu sorpreso di trovarmi li. Sbadigliò, ancora assonnato, forse lo avevo svegliato ma non mi curai di ciò e senza permesso entrai in casa sua seguito dal suo sguardo. Chiuse la porta dietro di se e cupo come ero lo fissai furioso.
“Inizia a spiegare. Sono stanco di giocare a questo gioco, cos’hai detto a Mayu?”
Hayato sorrise divertito, “Qualcosa mi dice che non ha voluto vederti, non mi stupisce.” Mi passò davanti andando verso la cucina e versandosi un bicchiere d’acqua. Lo seguii con gli occhi mantenendo la mia posizione, ero arrabbiato e non riuscivo proprio a capire come quel risentimento lo avesse trasformato in un mostro del genere.
“Hai detto qualcosa che l’ha turbata vero?” ripresi la domanda ancora una volta.
Hayato poggiò il bicchiere sul tavolo e sollevò lo sguardo su di me, “Cosa ti fa credere che le abbia detto qualcosa?”
“Non sono sciocco! Sai un po’ troppo per essere qualcuno che non ha fatto niente.”
Mi riversò addosso un occhiata gelida “Ti ho già detto che ho sentito tutto da quei due in classe.”
Le sue erano tutte bugie, ormai non credevo più a nulla di ciò che mi diceva, non dopo la presa in giro dell’essere amici. Strinsi i pugni fino a farmi sbiancare le nocche.
“Perchè...” borbottai prima a bassa voce, “perché devi mettere in mezzo persone che non c’entrano nulla, prenditela con me e non con loro!” gridai.
Il solito sorriso di divertimento comparve sul suo volto e una particolare luce comparve nei suoi occhi, sembrava aver avuto un idea di qualche tipo. “Vuoi davvero che lasci in pace Mayu e tutti gli altri?”
“Si, ti prego! Lasciali fuori dalle nostre faccende.”
Hayato si accomodò su una delle sedie presenti nella sua cucina, e con la mano si toccò le labbra cercando di nascondere una risata che riuscii comunque a vedere. Sembrava particolarmente felice.
“Lo farò ad una sola condizione.”
“Quale?”
Con l’indice della mano mi indicò e con uno sguardo particolarmente intenso mi mangiò vivo. Un brivido freddo mi attraversò tutto il corpo e un po’ immaginai cos’è che volesse da me.
“Devi spogliarti e venire a letto con me.”
Sbigottito per la richiesta, ma non più di tanto perché sapevo perfettamente cos’è che voleva. Non ci pensai molto al riguardo, se per tenere i miei amici lontano dalla vendetta di Hayato dovevo sacrificarmi io allora andava più che bene. Ero l’unico a dover pagare gli errori del passato.
Hayato notando che non reagivo si toccò il viso e ridacchiò lasciando il suo posto a sedere. Mi diede le spalle e poggiò il bicchiere vuoto nel lavello. “Vattene via. Non ho più voglia di parlarti.”
Non stavo ascoltando più nulla e sicuro di ciò che stavo facendo mi tolsi prima la giacca, e la lasciai scivolare a terra e lentamente cominciai a sbottonare i bottoni della camicia. Attirai la sua attenzione col rumore della giacca finita a terra e nel voltarsi rimane sconvolto che mi stessi sul serio togliendo i vestiti.
“Facciamo presto.”
Lo guardai con odio e in tutta risposta Hayato parve compiaciuto della cosa, più di prima, convinto forse che non avrei mai accettato sul serio, ma non mi conosceva bene come credevo. Non sapeva quanto anch’io potevo essere testardo, non mi tiravo mai indietro se non c’era un valido motivo alle spalle.

  
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