Daenerys
Daenerys sbuffò. “Te
lo chiedo
per l’ultima volta” stava dicendo Verme Grigio con un cipiglio
minaccioso,
“come ha fatto Brienne di Tarth a fuggire?”
Erano nella stanza in
cui erano
stati rinchiusi Davos e Brienne e stavano cercando di ottenere
informazioni dal
Cavaliere delle Cipolle, che tuttavia si ostinava a raccontare
un’evidente
menzogna.
“Ve l’ho già
spiegato” stava
dicendo Davos spostando lo sguardo da Daenerys a Verme Grigio, “non ne
ho idea.
Stamattina mi sono svegliato e non c’era più.”
“Ti ha tradito
quindi?” chiese
Daenerys alzando gli occhi al cielo.
“Sì” rispose Davos
con
un’espressione non del tutto convincente.
Pur rifiutandosi
anche solo di
considerare la tortura come mezzo per ottenere risposte, Daenerys aveva
un
disperato bisogno di ottenere la verità. Jon Snow sta arrivando, pensò
stringendo le labbra. Come gli
spiegherò l’accaduto? Potrebbe arrivare a
credere che l’abbia fatta uccidere… Optò per una velata
minaccia.
“Molto bene” disse in
tono
solenne avviandosi verso l’uscita, “ma ti avverto ser Davos Seaworth,
questa
storiella non scagiona né te né il tuo re…”
“Cosa c’entra Jon?”
la interruppe
Davos aggressivo “E’ questo il tuo senso di giustizia vostra grazia?
Accusare
di reati persone neanche presenti?”
“Ti faccio notare”
disse
tranquillamente Dany, “che Jon Snow potrebbe aver benissimo aiutato
Brienne a
fuggire durante la notte arrivando sull’isola di nascosto e fuggendo.
Non posso
fidarmi di nessuno.” Daenerys sapeva che il suo argomento non reggeva,
ma
sperava che la paura di aver messo nei guai il suo re spingesse Davos a
confessare.
Invece il cavaliere
era più furioso che mai.
Daenerys aprì la
bocca per
ribattere, ma Davos la interruppe subito.
Aveva pronunciato
questo discorso
con voce sferzante e Daenerys era rimasta impietrita, paralizzata da
una simile
manifestazione di rancore. Finse di non essere stata toccata
minimamente da
quelle parole.
“Se è tutto ser
Davos” disse
uscendo, “Verme Grigio rimarrà qui ad evitare altre fughe indesiderate.
Vedremo
cosa dirà Jon Snow del tuo tentativo di ostacolare una fruttuosa
alleanza.” E
chiuse la porta.
In quel momento il
corno suonò e
Dany fu colta da un momento di panico. Tutt’un tratto non credeva di
essere in
grado di fronteggiare questo Re del Nord. Era riuscita a sconfiggere
Dothraki,
schiavisti ed oratori, ma le parole di Davos le avevano avvelenato
l’anima con
il dubbio.
E se non avessi avuto i miei
draghi? si chiese avviandosi verso la sala del trono Sarei riuscita a fare
quello che ho fatto? Avrei ottenuto quello che ho ottenuto? La
risposta era
chiara davanti ai suo occhi, ma si rifiutava di vederla. La missione di
portare
la pace nelle città di schiavisti era riuscita solo in parte e si era
sfiorata
la guerra civile. Daenerys si rese conto che, se ad Essos era stata
considerata
una liberatrice, a Westeros veniva vista come una conquistatrice
straniera.
Il popolo non mi ama come
speravo, realizzò torcendosi le mani, non sapeva nemmeno chi fossi. Una
vocina cattiva continuava a sussurrarle all’orecchio. Se perdessi i draghi,
pensò disperata, perderei tutto.
Davos l’aveva
paragonata a
Stannis: davvero la considerava egoista? Forse la mossa di rinchiudere
Brienne
e Davos poteva non essere sembrata molto pacifica, ma alla fine erano
arrivati
sull’isola di nascosto come spie. E’
vero, pensò salendo le scale, la
mia forza
sono i draghi, ma io dimostrerò quanto valgo.
Arrivò addirittura a
convincersi
del fatto che forse Jon Snow avrebbe potuto insegnarle come farsi
amare. Se le
parole di Davos erano sincere, Daenerys dovette ammettere di invidiare
profondamente il Re del Nord. Lui era cresciuto in quelle terre e ne
conosceva
le genti: sapeva cosa fare. Tutto ciò la incuriosiva e aumentava il
desiderio
di incontrarlo. Devo mostrarmi
sicura, pensò sedendosi sul trono, ma allo
stesso tempo disponibile e giusta.
L’unica cosa su cui
non voleva
assolutamente cedere era il suo ruolo. Lei era la legittima regina dei
Sette
Regni e non avrebbe riconosciuto altro sovrano. Capirà, si disse Daenerys
convinta, e mi riconoscerà come sua
regina. Ed io gli permetterò di mantenere
il suo titolo di lord di Grande Inverno.
Era decisa a
ricorrere alla
strategia matrimoniale solo in caso di eccessiva ostinazione da parte
di Jon
Snow, ma era sicura che per il bene della sua gente sarebbe capitolato
in
fretta. Daenerys avrebbe fatto in modo che ciò avvenisse, anche se
avesse
significato dover ricorrere a minacce. Tanto non ho davvero intenzione di
metterle in atto, si disse annuendo. E’ il meglio per il Reame: ha bisogno di
un unico potere centrale.
L’attesa fu di breve
durata
perché presto sentì dei passi provenire dalle scale. Cambiò posizione
sul trono
e raddrizzò la schiena, tentando di apparire sicura di sé. E’ solo una
conversazione, tentò di rassicurarsi. Solo una sciocca conversazione.
Peccato
che da quella sciocca conversazione dipendesse probabilmente l’esito di
una
guerra.
La maniglia si
abbassò e la porta
fu spalancata con un cigolio. Daenerys si sporse leggermente in avanti
per
osservare la figura che avanzava alle spalle di Tyrion. Avevano ragione, pensò
posando le mani sui braccioli, avrà
la mia età…
Jon Snow aveva i
capelli neri e
ricci legati all’indietro e appena un accenno di barba. Gli occhi,
sicuramente
scuri, la stavano squadrando con la stessa intensità con cui Daenerys
era certa
stesse scrutando lui. Jon indossava l’armatura e sul pettorale erano
incisi a
rilievo due piccoli lupi. Alla cintura portava una spada
dall’impugnatura
bianca.
Per qualche
imbarazzante momento nessuno nella
stanza osò fiatare, poi Tyrion venne avanti.
“Lupo Bianco” rispose
il ragazzo,
“ma non è importante.” Daenerys non percepì alcuna sfumatura di
superbia nella
sua voce e ne rimase colpita.
“Jon” proseguì Tyrion
accennando
alla regina, “sei davanti a Daenerys Nata dalla Tempesta Targaryen
prima del
suo nome, Madre dei Draghi… ehm…”
“La Non-Bruciata” si
intromise
Missandei, “Distruttrice di Catene, Khaleesi del Grande Mare d’Erba,
Regina di
Meeren e legittima sovrana degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini
e
Protettrice del Reame.”
“Sì, ecco questo”
concluse Tyrion
con un sorriso, “sono un po’ di nomi da ricordare…” Jon rise. “Lei è
Missandei”
la presentò Tyrion, “e lui è Varys, un tempo capo delle spie di Approdo
del
Re.” Jon strinse le mani ad entrambi e poi tornò al suo posto davanti
alla
regina.
Daenerys decise che
era il momento di prendere in mano la situazione.
“Benvenuto alla
Roccia del Drago”
lo salutò cercando di mascherare il proprio nervosismo.
Jon chinò appena la
testa.
“Non sapevo
esistessero altri
Targaryen ancora in vita” esclamò Daenerys contenendo a stento
l’eccitazione,
“mi piacerebbe conoscerlo.”
Il sorriso di Jon si
spense. “E’
morto” disse abbassando lo sguardo, “era molto anziano…” Daenerys
dovette
imporsi di non mostrare la propria delusione: per un attimo si era
illusa di
poter avere una famiglia. “Mi dispiace” disse solamente. Il silenzio
calò di
nuovo.
“Credo che tu sappia
perché sono
qui” disse d’un tratto Jon, “non vorrei apparire affrettato ma vorrei
che
Brienne e Davos fossero rilasciati subito: è stata colpa mia se sono
venuti fin
qui.”
Daenerys strinse le
labbra preparandosi ad una battaglia verbale.
Jon
dovette arrendersi, perché rimase zitto qualche secondo.
Daenerys
aveva la risposta pronta e non esitò.
“Non mi è mai
arrivata” spiegò
Jon, “durante l’Inverno è normale che i corvi si perdano nelle
tempeste…”
Dany rimase spiazzata
da quella
possibilità così ovvia che non aveva mai considerato. Vedendola in
difficoltà,
intervenne Tyrion.
“Ma ha preso
prigionieri i miei
uomini e mi ha di fatto obbligato a venire qui.”
“E’ vero” intervenne
tranquilla
Daenerys, “ma l’ho fatto affinché entrambi possiamo beneficiare di un
accordo
che…”
“So che cosa vuoi
chiedermi” la
interruppe Jon senza curarsi di mancare di rispetto, “di mettere il mio esercito a disposizione per la tua
guerra. La mia risposta è no.”
Daenerys
sentì crescere la rabbia: come si permetteva a parlarle con quel tono?
Si
obbligò a rimanere calma.
“Ma solo uno di noi
due desidera
farlo” osservò Jon tagliente, “il Nord non otterrebbe alcun beneficio
dalla
sconfitta di Cersei piuttosto che dalla tua.”
“Stiamo parlando
della famiglia
che ha causato la morte di molti di voi Stark” disse Daenerys a voce
alta, “non
desideri vendicarli?”
“Naturalmente”
rispose Jon, “ma
ci sono momenti in cui la vendetta deve essere messa da parte.”
Daenerys non
riusciva a capire la sua ridicola testardaggine: perché si rifiutava di
collaborare?
“Ti capisco” replicò
Jon con
cortesia, “ma il mio popolo in questo
momento non è in grado di supportare nessuno.”
“E perché?” chiese
Dany quasi
alzando gli occhi al cielo.
“Perché dobbiamo far
fronte ad
altri nemici” rispose vago Jon, “ed era solo per questo che avevo
inviato Davos
e Brienne alla Roccia del Drago.”
“E quali sarebbero
questi
nemici?” chiese Daenerys ironica.
Jon sembrò sul punto
di
rifiutarsi di rispondere. “Gli Estranei” disse infine. Tyrion fischiò e
Daenerys
riportò alla mente le favole che Viserys le leggeva quando era piccola.
“Gli Estranei sono
leggende”
disse Tyrion, “non esistono.”
“Purtroppo devo darti
torto”
disse Jon guardando Dany negli occhi, “io li ho combattuti oltre la
Barriera e
non potete immaginare il loro esercito di non-morti quanto era…”
“Non-morti?” chiese
Daenerys
scoppiando a ridere “E magari c’erano anche i giganti…” Jon la fissò
con
disprezzo e per un attimo Dany si sentì in soggezione.
“Senti” le disse lui
parlando con la
voce di chi trattiene a stento la rabbia, “ti parlerò con franchezza e
poi tu
potrai scegliere se giustiziarmi, o farmi bruciare vivo dai tuoi draghi
o che
so io… Gli Estranei sono veri e stanno marciando sulla Barriera. Il
loro
esercito è immenso e se la Barriera crollasse…”
“La Barriera non può
crollare…”
intervenne Tyrion.
“E’ fatta di
ghiaccio” lo
interruppe Jon, “ti assicuro che se esposta ad un attacco troppo
intenso
potrebbe crollare. Io ho l’intero Nord da proteggere, perché quando i
morti
arriveranno saremo i primi ad essere attaccati. Nonostante tutto sono
venuto
fin qui, sperando di trovare qualcosa di più di un’altra regina tutta
titoli e
pretese. Non fraintendermi, vorrei poterti aiutare a strappare il Trono
di
Spade a Cersei, davvero, ma non posso. Non è la nostra battaglia e non
posso
permettermi di perdere un singolo uomo inutilmente.”
Quando Jon si
interruppe nella
sala calò un silenzio irreale. Daenerys non sapeva bene che sentimenti
dover
provare, se rabbia per l’affronto subìto o ammirazione per il coraggio
dimostrato da Jon Snow. Alla fine prevalse la rabbia.
“Hai ragione” disse
piano Tyrion,
“dovresti proteggere la tua gente, ma pensa alle migliaia di vite che
sono in
pericolo in questo momento. Perché condannarle ad una guerra lunga ed
inutile?
Tu controlli le forze del Nord, delle Terre dei Fiumi e della Valle,
Jon, il tuo
supporto ci permetterebbe di vincere in tempi brevi.”
Prima che Jon potesse
replicare Daenerys parlò.
Jon strinse gli
occhi. “E’ una
minaccia?”
“Dipende” rispose
Daenerys
alzandosi, “da quello che scegli. Non ho intenzione di concedere al
Nord
l’indipendenza e tu non sei in grado di difenderla. Non sarebbe meglio
rinunciare in partenza e garantire il tuo supporto alla tua regina?
Resterai
lord di Grande Inverno ed io non mi intrometterò mai più negli affari
del
Nord…” Vide Tyrion darsi una manata in fronte, ma non se ne curò:
avrebbe
raggiunto il suo obbiettivo a qualsiasi costo, anche se fossero state
necessarie cento minacce. Era per il bene del suo popolo.
Jon scosse la testa.
“Tu non sei
la mia regina” disse tranquillamente.
Daenerys avanzò,
decisa a giocarsi il
tutto per tutto.
“Daenerys!” esclamò
Tyrion
visibilmente esterrefatto “Ma cosa stai dicendo?! Con le terre bruciate
non si
ottiene nulla. Jon, non...”
“Forse qualcosa sì”
lo interruppe
Daenerys odiandosi per quelle parole necessarie, “si ottiene la fedeltà
di chi
è rimasto nelle terre intatte.”
“Non posso crederci”
mormorò Jon
fremendo di rabbia, “parli di uccidere senza motivo e di distruggere i
possedimenti di chi non accetta di seguirti. Di chi vuole solamente
proteggere
la sua gente dalla guerra perché ne ha vissuta già troppa. Non ho paura
di te,
non ho paura del tuo esercito, non ho paura dei tuoi draghi e l’unico
motivo
che mi ha spinto a venire qui è stata la speranza di trovare un’alleata
per la
vera guerra, che non è per un Trono o per il potere, ma è per la vita.
Adesso
vedo quanto mi ero sbagliato. Voi Targaryen siete tutti uguali: mai
avete
portato benefici al Nord, solo distruzione.” Detto questo, Jon si voltò
furente.
“Dove credi di
andare?” gli
chiese freddamente Daenerys non riuscendo più a controllare l’ira “Il
nostro
colloquio non è finito…”
“Daenerys, smettila
ti prego!” la
supplicò Tyrion “Non sei più tu…” Dany lo ignorò e batté le mani. Nella
stanza
entrarono quattro guerrieri dothraki.
“Scortereste Jon
nella sua stanza
per favore?” ordinò la regina, traducendo subito la frase.
“Continueremo la
nostra conversazione domani…”
Quando i Dothraki si
avvicinarono, Jon sguainò la spada. Daenerys rimase di sasso: si era
dimenticata che i suoi guerrieri erano stati disarmati. Avrei dovuto far disarmare anche lui, si
maledisse.
“STATE INDIETRO”
stava urlando
Jon, “oppure vi uccido! Adesso io, il mio scudiero, Davos e Brienne ce
ne
andremo da quest’isola e…”
In quel momento un
suono
stridente scosse le pareti ed il palazzo tremò. Dopo un attimo di
esitazione
Jon corse verso il balcone. Daenerys lo seguì, come destandosi da uno
stato di
trance. Dovette aggrapparsi ad una colonna per non cadere a terra per
la
sorpresa.
Jon aveva lasciato
cadere la
spada e, sorridendo, protendeva la mano verso il drago, che aveva
avvolto la
coda a spirale come a volerlo proteggere. Quando i Dothraki si
avvicinarono, il
drago ringhiò forte mostrando le zanne acuminate.
Daenerys si sentiva
svuotata.
Sansa
Grande Inverno quasi
scompariva
sotto la neve che l’ammantava e solo le sue torri svettavano nel cielo
eternamente minaccioso. Sansa aveva smesso di preoccuparsi per il
tempo: se la
tempesta doveva arrivare nessuno poteva impedirlo. E poi aveva così
tante
responsabilità da non desiderare altre angosce. Oltre
all’amministrazione del
castello, che non veniva mai lasciato nelle mani dei servi di cui Sansa
non si
fidava completamente, doveva anche farsi carico di tutti i doveri che
erano
stati di Jon.
La mattina si alzava
all’alba e,
nel vento gelido, aiutava le donne a dare da mangiare agli animali e a
lavare i
pavimenti delle sale più importanti che avrebbero ospitato i lord.
Doveva anche
sorvegliare l’approvvigionamento di cibo dalle campagne e procedere
allo
smistamento delle verdure dai cereali. La frutta era ormai un ricordo
lontano.
Aiutava anche le cucitrici a confezionare abiti che fossero rozzi, ma
pratici e
caldi. Sedeva poi al tavolo della Sala Grande ed ascoltava tutte le
lamentele
dei contadini, promettendo una quanto mai utopistica risoluzione. Una
volta a
settimana si recava a Città dell’Inverno per controllare lo stato delle
case e
la salute degli abitanti, tentando di apparire comprensiva pur nella
sua
fastidiosa impotenza.
Ma il compito che
odiava di più e
che le prosciugava ogni energia era l’obbligo di presenziare ai
concili. Ogni
lord esponeva la propria idea urlando, senza curarsi di mantenere
l’ordine.
Sansa non era in grado di far cessare la confusione e finiva per non
comprendere le proposte dei signori. Se
solo ci fosse Jon… pensava a volte
travolta dallo sconforto.
Poi però si ricordava
chi era e
qual era il suo ruolo e riacquisiva fiducia. Non doveva esistere
situazione che
lei non riuscisse a gestire. E’ vero, Jon era molto abile a saper
ottenere
l’attenzione dei lord, ma lui ci era abituato e Sansa era convinta di
poter
imparare. Tormund ce la metteva tutta per esserle d’aiuto, ma la
maggior parte
delle volte si sentiva estraneo a quelle discussioni di cui non capiva
neanche
il senso.
“Perché tutti stanno
gridando?”
chiese una sera all’orecchio di Sansa.
Lei sospirò
profondamente.
“L’ha ucciso?”
“Chi?” esclamò Sansa
voltandosi
verso il bruto.
“Lord Glover” rispose
lui, “l’ha ammazzato lord Royce?”
“Certo che no!” disse
Sansa
orripilata dall’idea “Da quel che ho capito credo l’abbia insultato…”
“E allora cos’è tutto
questo
baccano?” chiese Tormund guardandosi intorno “Da noi chi subisce un
torto lo
restituisce. Magari anche con gli interessi, ma senza fare casino…”
Sansa si
stropicciò gli occhi: aveva davanti una lunghissima serata.
“E’ inammissibile”
stava
blaterando Wyman Manderly, “questo atto volgare non può restare
impunito. Mi
appello alla tua giustizia, mia lady.”
A Sansa occorsero
alcuni secondi per
realizzare a chi il lord si stesse rivolgendo.
“Sono d’accordo”
intervenne la
piccola lady Mormont, “sembrate dei bambini comportandovi così.” Adesso
tutti avevano assunto un’aria imbarazzata: probabilmente farsi
riprendere da
una ragazzina di dieci anni era abbastanza umiliante.
“Ehm, sì ecco”
borbottò lord
Glover, “sono disposto a dimenticare questo malinteso, ma desidero
ricevere le
scuse di lord Royce.”
“Io non ti devo
proprio niente!”
sbottò Yohn Royce rosso di rabbia “Sei stato tu ad insultarmi per
primo. Mi hai
chiamato cane di Baelish.”
“Perché non è questo
che sei?”
intervenne Cley Cerwyn “Non mi sembra molto offensivo…” Sansa si
accasciò sul
tavolo. Antichi Déi aiutatemi voi,
supplicò esausta. Sto perdendo tempo
prezioso.
“Ah, e allora se ti
dicessi che
sei un idiota?” stava urlando Royce “Che faresti?”
“Finiresti senza
testa prima di aver
finito di parlare” ribatté il giovane Cerwyn.
“Su, ragazzi” si
intromise Alys
Karstark, “non vi pare di esagerare?” Aveva parlato con la sua voce
suadente e
Sansa sentì il sangue ribollirle nelle vene senza un reale motivo.
“Lady Sansa” la stava
chiamando
Alys, “dillo anche tu…” L’ho già detto,
gallinella. Era certa che Alys l’avesse interpellata solo per
ricordarle il
suo disastroso intervento di poco prima.
“Le nostre lady hanno
ragione”
intervenne una voce alla porta, “state facendo davvero una pessima
figura.”
Sansa aguzzò la vista e, quando riconobbe Ditocorto, sentì l’impellente
bisogno
di andarsene. Potrei trovare una
scusa, si disse, ma poi rammentò che in quel
modo l’intero concilio si sarebbe interrotto e rimase seduta.
“Lord Baelish” lo
salutò Wyman,
“già di ritorno? Ci sono novità dalla Valle?”
Ditocorto sorrise in
quella sua
maniera affabile.
“Magnifico!” stava
esclamando
Wyman “Direi che abbiamo un problema di meno. Proporrei di sospendere
la
riunione.”
“E il dibattito?”
chiese Robett
Glover incredulo. Manderly lo fulminò con lo sguardo. “La nostra
signora ha
parlato” gli ricordò, “questa è una questione futile.” Glover uscì
dalla stanza
imprecando a mezza voce, mentre Royce appariva parecchio sollevato.
“Bene” esclamò
Tormund alzandosi,
“devo andare a controllare cosa stanno combinando gli altri. Spero non
abbiano fatto a pezzi un altro mulino...” Accennò una specie di saluto
e si dileguò. Sansa vide
Ditocorto avvicinarsi ed inspirò profondamente.
“Buonasera, mia
signora” disse
Baelish con un sorriso che Sansa non ricambiò, “hai sentito le liete
novelle?”
“Certo” rispose Sansa
senza
scomporsi, “e ti sono grata per il tuo impegno, ma suppongo che le
novità non
siano finite…”
Baelish allargò le
braccia.
Sansa sapeva
perfettamente che Robin
non sarebbe mai stato in grado di formulare neanche un quarto di quel
pensiero,
ma sorrise lo stesso.
“Ma qui non si tratta
di tradire
nessuno!” esclamò Ditocorto con il tono incredulo di chi non ha neanche
mai
preso in considerazione quell’ipotesi “E’ un tuo diritto ed è un modo
per
rendere il Nord più forte. Vedi, Robin si è reso conto che supportare
un regno
con un re privo di una pretesa al trono fondata sarebbe sconveniente:
potrebbe
richiamare le sue truppe.”
Sansa si aspettava
una mossa del genere e non ne
rimase spiazzata.
Ditocorto sembrò
incerto.
Sansa era disgustata
dalle sue
parole. “Quello che tu proponi” disse freddamente, “è tradimento e non
importa
con quale nome tu voglia chiamarlo. Il Nord è finalmente in pace e non
ti
permetterò di minacciarlo: i Cavalieri della Valle non ti basteranno.
Jon
tornerà e quando gli avrò raccontato che cosa hai detto, avrò la tua
testa esibita
sui cancelli di Grande Inverno.”
“E allora perché non
te la prendi
da sola la mia testa?” le chiese subdolo Ditocorto “Se credi di avere
il
potere, se credi che tuo fratello abbia il potere, uccidimi.” Sansa
esitò.
“Vedi?” le sussurrò
Baelish allontanandosi
“Non potete toccarmi e vi servo se volete sperare di far vivere il
vostro
regno. Ti credevo più intelligente, Sansa.” Sansa strinse le labbra
osservando
Baelish uscire dalla stanza. No,
pensò convinta. Sei tu il folle: non
sai con
chi hai a che fare. Si avviò verso l’uscita e si imbatté in Alys
Karstark.
Represse a stento un’esclamazione di fastidio.
“Perdonami, mia
signora” disse la
ragazza arrossendo, “avevo dimenticato i guanti…” Sansa si fece da
parte.
“Prego…” disse freddamente.
Alys non dava cenno
di muoversi.
Così hai
origliato, eh? “Non è niente” disse Sansa sorridendo, “la
situazione è sotto controllo.”
Alys scosse la testa.
“Conosco benissimo
lord Baelish”
la interruppe Sansa, “ma il Nord non può privarsi del suo appoggio.”
“Ma non capisci?!”
esclamò Alys
strabuzzando gli occhi “Il Nord non è al sicuro… Tu non
sei al sicuro.”
“Il tempo dei sonni
tranquilli è
finito” spiegò Sansa suo malgrado colpita dalla forza che Alys metteva
nelle
parole, “adesso bisogna rischiare.”
“Ma finché lui sarà
qui”
insistette Alys, “continuerà a complottare contro tuo fratello.”
“Non ho il potere di
giustiziarlo” ammise Sansa.
“Tu sei la lady di
Grande
Inverno” le ricordò Alys, “la Regina del Nord in assenza di Jon Snow:
se non
hai potere tu, chi lo ha?” Sansa evitò di dire quello che pensava.
“Io ho visto mio zio
tradire la
famiglia” raccontò Alys, “e ti posso assicurare che quando finalmente
ci si
decide a fare qualcosa per fermare una tirannia è sempre troppo tardi e
diventa
necessaria una guerra.”
Alys sospirò.
“Siamo donne” le
disse con il
fuoco negli occhi dorati, “e tutti credono di poterci tenere legate, di
metterci in secondo piano, di toglierci ciò che è nostro. Abbiamo
sofferto,
abbiamo perso le persone che amavamo, siamo state maltrattate.” Alys
tirò su le
maniche del vestito e Sansa vide delle cicatrici bianche sulle braccia
sottili.
“Secondo te perché
porto sempre
abiti a maniche lunghe?” le chiese Alys con amarezza “Queste me le
faceva mio
zio quando gli disubbidivo. Ho giurato che mai mi sarei fidata di un
uomo. Ma
poi ho incontrato tuo fratello.”
Alys fissò Sansa con
gli occhi pieni di
lacrime.
L’ultima domanda
suonava come un’implorazione
e Sansa si vergognò per quanto male avesse interpretato la figura di
Alys.
Poteva esserle sembrata altezzosa e addirittura perfida, ma celava una
ragazzina insicura e sola.
Sansa sorrise.
“Cosa hai intenzione
di fare?”
chiese infine Alys “Con Baelish intendo…”
“Non è facile come
sembra” sospirò
Sansa, “Jon mi ha detto di essere prudente.”
“Allora scrivigli” le
suggerì
Alys, “digli cosa ti ha detto Ditocorto e chiedigli cosa fare.” Sansa
annuì.
“Mi pare un’ottima
idea” assentì,
“gli invierò immediatamente una lettera.” Alys sorrise appena. “Bene”
disse
voltandosi, “spero di poterti essere utile in futuro. Se hai problemi,
non
esitare a chiamarmi: in due si ragiona meglio.” Mentre si allontanava,
Sansa
pensò sollevata alle novità. L’idea di poter condividere con qualcuno
il peso
che portava sulle spalle era una sensazione meravigliosa.
Risalì lentamente le
scale ed
entrò in camera sua chiudendosi la porta alle spalle. Fu sorpresa dal
trovarci
una ragazzina all’interno. Doveva avere qualche anno meno di lei ed era
piuttosto bassa. I suoi capelli color paglia le si increspavano sulle
spalle e
gli occhi marroni la fissavano con curiosità. Un’eccessiva
curiosità.
“Chi sei?” le chiese
brusca “E
perché sei nella mia stanza?”
La ragazzina sembrò
riscuotersi dai suoi pensieri
ed abbozzò una specie di inchino.
“Da dove vieni?” le
chiese Sansa
dubbiosa, evitando sempre servette provenienti da Forte Terrore.
“Deepwood Motte”
rispose Myun,
“vivevo lì con la mia famiglia, ma poi sono arrivati gli Uomini di
Ferro e
hanno distrutto tutto. Prima hanno ucciso mio padre, poi mia madre ed i
miei
fratelli. Di mia sorella non so più nulla. Sono riuscita a fuggire ed
ora
eccomi qua.”
Sansa si era
commossa.
“Bene” disse Sansa,
“allora
comincia pure…” Mentre Myun si dava da fare, Sansa si sedette e scrisse
la lettera
a Jon. Dovette fermarsi a più riprese per raccogliere le idee: non
voleva
allarmare troppo suo fratello, ma neanche far credere che stesse
sottovalutando
il pericolo. Firmò la pergamena con uno svolazzo.
“Per chi è?” chiese
Myun curiosa.
“Per mio fratello
Jon, il Re del
Nord.”
La ragazzina sgranò
gli occhi. “E
dov’è ora?” chiese euforica “Mi piacerebbe tanto incontrarlo…”
Sansa strinse le
labbra. “E’
partito” disse seccamente, “per la Roccia del Drago.”
“E ti manca?”
“Sì” ammise Sansa con
tristezza.
Poi si guardò intorno: la stanza pareva più in disordine di prima e
Sansa
iniziò ad avere dei seri dubbi sulle reali capacità di Myun.
“Senti” le disse
piegando la
lettera, “che ne dici di diventare la mia dama da compagnia? Alla
camera può
pensarci qualcun altro.”
Myun saltellò dalla
gioia. “Certo,
mia signora” esclamò eccitata.
“Sansa, chiamami
Sansa.” Fece una
pausa, indecisa sul da farsi.
“E vorrei mi facessi
un favore…”
proseguì “Vorrei che tu consegnassi questa lettera ad un corvo nero per
la
Roccia del Drago senza essere vista. Hai capito?”
“Certo” disse Myun
ora con voce
più adulta, “sarò silenziosa come un gatto.” Sansa le porse la lettera
e la
osservò sgattaiolare fuori. Si ritrovò a sorridere senza neanche
saperlo.
Improvvisamente si
sentì così
stanca da non reggersi in piedi e, dopo aver chiuso a chiave la porta,
si mise
a letto senza svestirsi e senza premurarsi di sciogliere i capelli.
Stranamente
quella sera Spettro non era tornato, ma Sansa era troppo stanca per
prestare
attenzione a quella banale anomalia.
Quella notte, però, i
lupi
tornarono ad ululare.
Samwell
La vita alla
Cittadella era
l’esperienza più monotona che Sam avesse mai provato in tutta la sua
vita.
Perfino essere l’attendente di maestro Aemon era stato più
entusiasmante.
I suoi tentativi
estremi di
evitare contatti o conversazioni con novizi e maestri portavano Sam ad
isolarsi
nelle sue ricerche. Ricerche che divenivano giorno dopo giorno sempre
più
inconsistenti e poco produttive. Ancora
un altro, si diceva Sam accantonando
un polveroso volume e passando al successivo.
Aveva letto quasi
tutti i libri
del reparto suggeritogli da Rathin, ma non aveva trovato alcun
riferimento
utile riguardo gli Estranei. Certo, erano ricchi di leggende e dicerie,
ma Sam
era assolutamente certo che gli Estranei che lui e Jon avevano
combattuto non
andassero in giro in groppa ad unicorni come invece suggeriva Ecco perché i miti sono reali. E
pensare che il titolo prometteva così bene, si lamentava Sam.
Si imponeva però di
non
scoraggiarsi: la biblioteca era immensa e prima o poi avrebbe trovato
ciò che
cercava così affannosamente. Più di una volta era stato tentato dal
chiedere
aiuto a Tristyus, ma si era sempre fermato in tempo. C’era qualcosa in
quell’uomo, seppur cortese e gentile, che gli faceva accapponare la
pelle.
Così si era ritrovato
al punto di
partenza, a tirare giù dagli scaffali libri scelti senza criterio e a
sperare
che la fortuna volesse sorridergli. Finora tuttavia si era sempre
rifiutata
perfino di guardarlo. Ogni tre giorni si recava nella casa di Vecchia
Città dove
alloggiavano Gilly e il piccolo Sam. Si accertava che non mancasse loro
nulla e
che i soldi di Talla bastassero ancora. Non osava neppure pensare a
cosa si
sarebbe potuto inventare quando fossero finiti.
Aveva anche portato a
Gilly un
libro, I Bruti e la Barriera, ma
l’aveva ritrovato semidistrutto. “Gilly!” aveva esclamato inorridito
“L’hai
strappato tu così? E’ un libro della biblioteca!”
“E’ troppo difficile”
aveva
protestato Gilly battendo un piede a terra, “e non riesco a leggere le
lettere.
Voglio venire con te ed imparare.”
“Sai che non è
possibile” le
aveva ripetuto per l’ennesima volta Sam.
“Anche alla Barriera
non era
possibile” gli ricordò Gilly furente, “però non ci hai cacciati.”
“Era diverso” spiegò
Sam, “lì
avevo degli amici che mi avrebbero appoggiato e Jon era il Lord
Comandante, qui
non conosco nessuno...”
“E allora fa’
amicizia” l’aveva
incoraggiato Gilly, “così poi ci faranno entrare.”
“Non posso perdere
tempo” aveva
cercato di dire Sam, con voce sommessa per non farla arrabbiare, “devo
trovare
le informazioni su…”
“Sugli Estranei” lo
anticipò
Gilly sbuffando, “lo so. Ma almeno una volta potresti pensare anche a
noi e non
solo ai tuoi stupidi libri.” Ed era corsa a prendere in braccio il
piccolo Sam
urlante voltandogli le spalle. Sam aveva compreso che la conversazione
era
terminata e si era allontanato con il cuore pesante. Nei giorni
successivi non
era più tornato.
Si era immerso ancora
più affondo
nelle ricerche e non era salito più a galla. Finché un giorno Rathin
non venne
a chiamarlo.
“Benvenuto” lo salutò
l’arcimaestro, “tu sei Samwell Tarly dai Guardiani della Notte, vero?”
Sam
annuì.
“Bene” proseguì
Marwyn, “Rathin
mi dice che ti stai integrando in fretta, il che è molto importante.”
L’arcimaestro si alzò in piedi. “Qui alla Cittadella abbiamo i nostri
metodi
per insegnare ai novizi” spiegò, “e ciò include anche l’aiuto che
devono
fornire ad un maestro. Data la recente scomparsa di Pate, ti abbiamo
assegnato
all’arcimaestro Walgrave.”
Sam rimase a bocca
aperta:
addirittura ad un arcimaestro? “I-io ne sono onorato” balbettò
emozionato.
Marwyn annuì. “I tuoi
compiti
comprenderanno l’aiuto nelle faccende domestiche” spiegò, “lo studio in
biblioteca e soprattutto il controllo delle chiavi. Devi sapere che non
tutto
il sapere protetto dalla Cittadella è accessibile: alcuni libri sono
riservati
solo alle menti più preparate e per questo nascosti. Walgrave è molto
anziano
ed ha bisogno che giovani ragazzi si alternino la notte per controllare
le
chiavi. Ne sarai capace?”
“Sì, maestro” disse
Sam, “anche
alla Barriera facevo le ronde.”
“Bene” disse Marwyn
per poi
proseguire in tono minaccioso, “ma ti avverto, Tarly: se sfrutterai la
tua
posizione per tentare di rubare o anche solo leggere i libri proibiti,
le
punizioni non saranno leggere e potrebbero arrivare anche alla, beh,
morte.”
Sam deglutì, d’un
tratto
terrorizzato. “N-non vi deluderò” farfugliò per poi uscire ad un cenno
dell’arcimaestro. Scendendo le scale si accorse di tremare tutto.
Decise di non
pensarci e tornò alla sua postazione nella biblioteca.
Con suo sommo piacere
lo
attendeva sul tavolo la lettera di risposta di Jon, che gli attendenti
gli
avevano evidentemente portato. Non resistendo alla curiosità, Sam ruppe
il
sigillo di ceralacca e si mise a leggere avidamente.
Caro Sam
Non puoi
capire la mia gioia nel trovare una lettera da parte tua.
Adesso che la situazione a Nord si è calmata mi manca molto la tua
presenza.
Qui fa sempre più freddo. Ho inviato circa mille soldati alla Barriera
da Edd:
adesso è lui il Lord Comandante. Sam, anche se odio parlare di quel che
è
successo, voglio che tu sappia che non vi ho abbandonato e che non sono
un
disertore. Poco dopo la tua partenza Alliser Thorne ha riunito un
gruppo di
Guardiani della Notte e si sono ammutinati. So che è difficile da
credere, ma
loro mi hanno pugnalato e Olly mi ha colpito al cuore. Io ero morto
Sam,
stavano per bruciare il mio corpo. Ma poi Melisandre, la strega rossa
di
Stannis, mi ha riportato in vita. Sembra follia, ma è andata proprio
così. Ho
impiccato i traditori e anche Olly. Mi si è spezzato il cuore a vederlo
morire,
ma ho dovuto farlo. Stannis è morto Sam, e anche sua moglie e sua
figlia. Io ho
lasciato la Barriera poco dopo con Tormund ed i bruti ed abbiamo
sconfitto
Ramsay Bolton. Il resto credo tu lo sappia. Domani partirò per la
Roccia del
Drago per incontrare questa Daenerys Targaryen. A Grande Inverno rimane
mia
sorella Sansa: se le scriverai sarà felice di rispondere. Tienimi
aggiornato su
tutti i tuoi progressi. A presto
Jon Snow
Sam si accorse di
star trattenendo
il respiro solo quando la vista gli si appannò per la mancanza
d’ossigeno.
Emise un rantolo e si affrettò ad inspirare rumorosamente. Il novizio
del
tavolo accanto gli lanciò un’occhiata irritata, ma Sam non se ne curò. Morto?
pensava incredulo E’ possibile che
Jon sia davvero tornato dalla morte? E’
tutto così assurdo!
Si lasciò cadere
pesantemente
sulla sedia, che scricchiolò. Il novizio diede un colpetto di tosse a
prova
della poca pazienza rimastagli. Sam continuava a divorare con gli occhi
la
lettera: ogni frase era una sorpresa. Alliser
Thorne, pensò disgustato. Perfino
Olly…
“Maledetti!” imprecò
ad alta
voce.
“QUESTO E’ TROPPO”
sbraitò il
novizio raccattando le proprie cose e dirigendosi con passo deciso
verso
l’uscita. Sam si prese la testa fra le mani: non si era nemmeno accorto
di aver
dato fiato ai suoi pensieri.
Come è
potuto accadere?
Sapeva che la
politica a favore
dei bruti seguita da Jon alla Barriera non era stata ben accolta, ma
Sam era
ormai convinto che i confratelli avessero finalmente capito che la
cooperazione
era l’unica loro speranza per sconfiggere gli Estranei. Evidentemente
si era
sbagliato, e di parecchio per giunta.
Strinse le labbra e
si tirò in
piedi: aveva bisogno di una boccata d’aria fresca. La testa gli
scoppiava e Sam
dovette tornare indietro più volte dopo essersi accorto di aver
sbagliato
strada. Barcollò fuori dalla Cittadella e si diresse verso il porto.
Ancora non
riusciva a credere a ciò che aveva appena letto. Si ricordò di quando
aveva
detto a Rathin che la vita non era regolare. Beh, a quanto sembra non lo è
neppure la morte, si ritrovò a pensare con amarezza.
Raggiunse un molo
vuoto e si mise
a lanciare sassi nell’acqua. Era un’attività piuttosto stupida, Sam lo
sapeva,
ma era l’unico modo per distrarsi. O almeno tentare. E adesso come faremo alla
Barriera? si chiese preoccupato. Saremo rimasti una ventina. Venti uomini
contro migliaia di non-morti e centinaia di Estranei. Sam
rabbrividì. Ah no,
ricordò lasciandosi ammaliare dal sollievo. Jon ha detto che ha mandato mille
uomini… Ma li avrà messi al corrente della reale situazione?
Improvvisamente si
accorse che
intorno a lui si era formata una piccola folla. Tutti stavano fissando
l’orizzonte, così Sam li imitò. Fu stupito dallo scorgere in lontananza
delle
piccole navi, che evidentemente si stavano avvicinando. Incuriosito,
Sam si
avvicinò ad uno degli uomini in attesa.
L’uomo, basso e
tarchiato con folti baffi rossicci, lo guardò con
diffidenza.
Cosa?!
L’altro dovette
percepire il suo
disagio perché scoppiò in una fragorosa risata, schizzando il viso di
Sam di
saliva. “Lord Leyton sta attendendo rinforzi” spiegò con voce rauca a
causa del
troppo riso, “dovrebbero arrivare almeno ventimila soldati…”
“Ma a cosa vi
servono?” chiese
Sam.
“I Lannister marciano
su Alto
Giardino, ragazzo” disse l’uomo sputando a terra, “ma sembra che la
regina
dei draghi abbia deciso di darci una mano.” Sam era confuso. Daenerys? pensò. Ma non è possibile, Jon sta andando da
lei, non può essere partita…
In quel momento le
trombe
suonarono e la folla si aprì per lasciar passare Leyton Hightower,
maestoso
nella sua veste bianca lunga fino a terra. Appariva assorto nei suoi
pensieri
ed una ruga profonda gli solcava la fronte. Le navi si stavano
avvicinando
rapidamente e presto i loro corni furono udibili dalla riva. Sam si
fece largo
per vedere la nave più grande attraccare. Gli ormeggi furono legati e
presto
dei soldati aprirono la passerella per rendere più agevole lo sbarco.
Il primo a scendere
fu un ragazzo
sui venticinque anni, subito seguito da quello che per somiglianza
doveva
essere suo fratello minore. Lord Leyton venne avanti sorridente e li
abbracciò.
“Baelor, Garth” disse
loro con
una punta di commozione nella voce, “sono felice di rivedervi.”
“Anche noi, padre”
rispose Garth,
il più giovane dei due, “ma permettimi, quale comandante della
guarnigione
Tyrell della regina, di introdurti lady Olenna.”
Dalla nave era appena
scesa la
donna più bizzarra che Sam avesse mai visto. Bassa e grinzosa, con uno
strano
copricapo verde, e gli occhi di chi non si fa mettere da parte da
nessuno. Sam
aveva sentito molto parlare della Regina di Spine, ma non aveva mai
avuto
l’onore di incontrarla. A prima vista ne rimase colpito, ma anche
inspiegabilmente intimorito.
“Lady Olenna” esclamò
Leyton
venendo avanti, “che piacere averti qui. Tutta Vecchia Città è…”
“Sì, sì, certo”
tagliò corto
l’anziana signora, “credo ci sarà tempo più avanti per i convenevoli.
Vogliamo
parlare di guerra?”
Leyton era
ammutolito, ma riacquistò subito il sorriso.
“Ho passato gli
ultimi sette
giorni in mare su una nave” sbottò acida Olenna Tyrell, “credi che i
gabbiani
abbiano fatto piovere notizie per caso insieme ai loro escrementi?”
“Perdonami” si
affrettò a
scusarsi lord Leyton, “devi essere molto stanca: forse sarebbe meglio
se
riposassi…”
“Quello che voglio è
salvare il
mio castello dalle mani di Cersei. Non è quello che vuoi anche tu?”
Leyton aprì la bocca
per rispondere,
ma Olenna lo zittì subito. “Perfetto” disse voltandosi, “sapevo ci
saremmo
capiti… Ora, Garth, porta l’esercito alla spiaggia e Baelor, corri a
cercare
Rakandro… Non voglio nemmeno pensare al tempo che perderemo per
scaricare i
cavalli di quei selvaggi…”
“Selvaggi?” chiese
Leyton
interdetto.
“Dothraki” precisò
Olenna, “ma
non preoccuparti: metà delle leggende su di loro sono false… Solo metà
però…”
Lord Hightower deglutì a fatica e Sam provò quasi compassione per lui:
le storie
che circolavano su Olenna Tyrell evidentemente erano tutte vere.
“Nymeria!” stava
urlando
l’anziana lady “Dove ti sei cacciata? Oh questi giovani… Ehi tu,
giovanotto!”
Sam si sentì afferrare per la collottola ed emise un suono strozzato.
“Vai a
prendere i bagagli ad una povera vecchia” proseguì Olenna ficcandogli
in mano
qualche moneta, “questi sono per il disturbo.”
Sam fissò il denaro
incredulo.
“M-ma io…” balbettò tentando di trovare un’argomentazione valida, ma
Olenna fu
più svelta. “Certo, certo” gli disse impaziente, “ne avrai dell’altro,
ma ora
muoviti!”
Spaventato dal tono
autoritario
della megera, Sam si precipitò sulla nave ormai deserta, accorgendosi
troppo
tardi di non sapere neppure dove era ubicata la cabina di lady Olenna.
Decise
di affidarsi al caso e prese ad aprire tutte le porte. Ispezionò le
cabine
dell’equipaggio, dei servi e dei soldati, ma nessuna sembrava adatta a
fungere
da camera per una povera vecchia. Arrivò
in fondo al corridoio e, senza nemmeno pensarci, aprì l’ennesima porta
sbuffando.
Tutto avvenne così
rapidamente
che Sam non ebbe il tempo nemmeno di concludere il sospiro. Un attimo
prima era
in piedi leggermente ingobbito, l’attimo dopo si ritrovava schiacciato
a terra
senza tanti compimenti.
“Ma cosa diavolo…”
“Zitto” gli intimò la
figura che
torreggiava minacciosa su di lui. “Sei da solo?” Sam gemette
terrorizzato.
L’uomo che aveva di fronte era immenso e nella fioca luce del
ripostiglio dove
si era andato a cacciare appariva ancora più massiccio.
“I-io non v-volevo”
balbettò
tentando di mettersi a sedere.
“Rispondi” comandò lo
sconosciuto
mettendogli un piede sul petto, “sei da solo? Sono scesi tutti dalla
nave?”
“Sì” rispose tremante
Sam,
“lasciami andare!” L’individuo si allontanò e Sam balzò in piedi alla
massima
velocità che il suo corpo grasso potesse consentirgli. “Non dirai a
nessuno quello
che hai visto” intimò l’uomo voltandogli le spalle, “ora devo andare…”
Prima
che potesse uscire dalla stanzetta Sam ebbe modo di vederlo in faccia e
rimase
di stucco.
“Aspetta” gridò, “ma
tu sei una
donna?!” La figura si girò a guardarlo e Sam non ebbe più dubbi. Ma che ci fa
una donna nascosta su una nave? pensò curioso E in armatura per giunta… Poi
ebbe un’illuminazione. Che sia mai
possibile? pensò incredulo, ma decise di
tentare.
“Tu sei Brienne di
Tarth, vero?”
chiese in tono più spaventato di quanto avrebbe voluto.
La donna parve
esterrefatta.
Sam sorrise.
“Non credo sia il
momento” tagliò
corto Brienne, “devo andarmene da qui.”
“Perché?” chiese Sam
“Stai
fuggendo?” Brienne lo fissò a lungo negli occhi. “Puoi fidarti di me”
l’anticipò
Sam intuendo i suoi pensieri, “sono un Guardiano della Notte che
vorrebbe
diventare maestro: sono abituato a mantenere i miei giuramenti.”
Brienne spalancò la
bocca
sorpresa. “Un Guardiano della Notte dici?” chiese improvvisamente
interessata
“Conosci forse Jon Snow?”
Sam sussultò udendo
quel nome.
“Samwell Tarly” disse
Brienne
sgranando gli enormi occhi azzurri, “Jon aveva accennato a un suo amico
inviato alla Cittadella. Sei il primo ad aver ucciso un Estraneo,
vero?”
Sam arrossì. “Sì”
rispose
imbarazzato e Brienne sorrise. Poi ridivenne seria.
“Sam, solo Sam…”
“D’accordo, Sam”
assentì Brienne,
“devi assolutamente ascoltarmi. Sono fuggita dalla Roccia del Drago
dove
Daenerys Targaryen mi teneva prigioniera insieme a Davos Seaworth...
Immagino
tu sappia chi sia…” Sam annuì incredulo: cosa ci facevano Davos e
Brienne alla
Roccia del Drago? Poi capì.
“Aveva ragione” disse
Brienne,
“ma questa Madre dei Draghi ci ha rinchiusi ed usati come esche.” Sam
non
dovette neanche chiedere per chi.
“Jon sta andando alla
Roccia del
Drago” disse guardando Brienne negli occhi, “se Daenerys è così
malvagia come
dici…”
“Non possiamo fare
nulla” ammise
Brienne con rabbia, “ma io devo raggiungere il Nord per avvertire lady
Sansa.”
Sam strinse le
labbra.
Aveva ragione maestro Aemon,
pensò amareggiato mentre usciva dallo sgabuzzino, un Targaryen solo al mondo è
una cosa terribile. E Daenerys non sembrava diversa.
Cersei
Le lamentele
l’annoiavano, dover
ascoltare i pianti di quella plebaglia la innervosiva.
“Ti prego, maestà”
stava
singhiozzando la donna in ginocchio davanti al Trono di Spade, “non
portarmi
via mio marito: abbiamo tre figli…”
“Risparmia il fiato”
l’avvertì
Cersei, “o i figli diventeranno due.” La donna ammutolì terrorizzata.
Cersei
sorrise: niente le dava più gioia della paura altrui. “Tuo marito è
accusato di
tradimento” continuò spietata, “e la condanna è la morte.”
La donna emise un
lamento
straziante. “Vostra grazia, pietà” la implorò. “Emmeth si trovava in
quella
strada per caso, non era uno dei pianificatori della rivolta. Ti
supplico…”
Cersei alzò gli occhi
al cielo.
Tutte formiche, pensò disgustata
oltrepassando i nervosissimi cortigiani. Non desiderano altro che una briciola
di potere. Cersei si meravigliava quando vedeva che le persone
ancora non
avevano capito che nessuno avrebbe mai più potuto sottrarre alla regina
ciò che
le spettava.
La Montagna comparve
silenziosa
al suo fianco e Cersei si tranquillizzò. Dopo quello spiacevole evento
del
mercato non faceva neanche tre passi senza assicurarsi di avere le
spalle
coperte. Dei popolani l’avevano aggredita e l’avrebbero certamente
colpita se
non fosse stato per il pronto intervento delle guardie. Cersei aveva
visto
l’odio negli occhi dei suoi aggressori, ma non ne era rimasta
sconvolta. Era
esattamente quello che voleva loro provassero. Avrebbe solamente dovuto
prendere più precauzioni.
Devo
difendermi o mi distruggeranno.
Salì lentamente gli
infiniti
gradini che portavano alla Torre e vide compiaciuta che Qyburn era già
all’opera
su alcune carte. Era concentrato e le sue labbra avevano assunto una
piega
amara. Cersei diede un colpetto di tosse e Qyburn sollevò la testa di
scatto.
Cersei si versò da
bere.
“Nessuno mette in
dubbio la tua
autorità, vostra grazia” si azzardò a dire Qyburn, “hanno solo bisogno
di tempo
per accettare la nuova realtà.”
Cersei fece una
smorfia.
Qyburn sospirò. “Sì,
altezza”
rispose riprendendo in mano le carte, “ma non esattamente delle
migliori…”
Cersei si incupì: cosa poteva esssere successo ora? Forse non avrebbe
dovuto
fidarsi di Jaime: in quell’ultimo periodo le era sembrato così strano,
così incline al tradimento.
Il giorno della sua
partenza non
era andata a salutarlo. Aveva osservato l’esercito lasciare la città
alle prime
luci del giorno, ma si era rifiutata di concedere a Jaime di vederla.
Aveva
sprangato la porta della sua camera, ingorando le suppliche del
fratello.
“Cersei, per favore”
l’aveva
pregata Jaime battendo i pugni sulla porta, “voglio solo salutarti…”
“Mi saluterai quando
tornerai”
aveva risposto freddamente la regina, “e sarà meglio che avrai
l’esercito
Tyrell al tuo seguito.”
“Non hai mai pensato
che potrei
morire?” le aveva chiesto Jaime “Che potrei rimanere ucciso?”
“E allora fa’
attenzione” l’aveva
liquidato con sufficienza Cersei, “e ora va’, se non vuoi che ser
Gregor ti
accompagni al tuo cavallo.” Poco dopo aveva sentito i passi
allontanarsi e
aveva sorriso soddisfatta.
Mai
mostrare debolezza.
In quel momento però
pendeva
completamente dalle labbra di Qyburn. “Allora?” lo spronò “Cosa è
successo?”
Qyburn parve
riscuotersi dal suo torpore.
Quel matto ha preso le mie
parole alla lettera, si stupì Cersei prendendo il foglio.
Il Primo Cavaliere
accennò al
foglio che Cersei teneva in mano. “Forse è meglio se lo leggi tu
stessa, vostra
grazia” rispose a bassa voce. Cersei annuì infastidita ed abbassò lo
sguardo
per tentare di decifrare l’orribile grafia della lettera.
Alla mia
regina preferita
Detto
fatto! Credo proprio che il tuo piano stia funzionando a
meraviglia. Ho la conferma del luogo dove Daenerys ha attraccato:
Roccia del
Drago. Mica scema la ragazzina! Comunque, come avevi previsto, Snow ha
lasciato
quattro giorni fa Porto Bianco per andare a trovare la Madre dei
Draghi. Che
stolto, aveva solo una ventina di uomini! Venti! In ogni caso ne ho
inviati
quaranta dei miei per stare tranquillo. Tutto alla perfezione, tranne
un
piccolo dettaglio: Snow ci è scappato e la nave a bruciare è stata la
nostra.
Non ho idea di quello che sia successo, ma l’unico superstite del mio
equipaggio parla di un drago. Cazzate secondo me, ma non si sa mai.
Quindi
credo di poter affermare che, se questo drago non ha deciso di
sceglierlo come
spuntino, Snow ha raggiunto la Roccia del Drago. Ora ci siamo nascosti
alle
Dita ed aspettiamo tuoi ordini.
Euron
Greyjoy, Re delle Isole di Ferro
Cersei rimase a fissare quelle
parole per qualche secondo di troppo. Osa
ancora chiamarsi re?
pensò sentendo la rabbia montare.
Tuttavia si rese conto di avere altri problemi da affrontare.
“Quindi non è
riuscito a
sconfiggere Jon Snow?” chiese spostando lo sguardo dal foglio a Qyburn.
“A
quanto pare” rispose il Primo Cavaliere, “però devi ammettere che il
suo piano
era astuto...”
Lo era, pensò Cersei mordendosi
il labbro. Ci mancava pochissimo e
io avrei avuto il Nord ai miei piedi.
“Forse” disse invece,
“ma in ogni
caso non importa: questa sconfitta era prevedibile.”
Qyburn la fissò
confuso. “Se
posso permettermi di chiedere…”
“No, non puoi” lo
zittì Cersei. “Sapevo
benissimo che Euron avrebbe fallito, ma ciò metterà in allarme Daenerys
Targaryen e la convincerà a non abbandonare l’isola, dandoci più
tempo.”
“Roccia del Drago è
molto vicina”
osservò Qyburn, “come faremo quando deciderà di attaccare?”
“Tu non c’eri quando
Stannis
assediò Approdo del Re” gli disse Cersei, “non hai visto come lo
abbiamo
respinto.” Come Tyrion ha protetto la
città.
“No, non c’ero”
assentì Qyburn,
“ma ho sentito storie. E’ stato l’esercito di Tywin Lannister a salvare
la
città, vostra grazia.”
“E questa volta sarà
quello di
mio fratello” rispose con calma la regina.
Qyburn appariva
combattuto. “Sei
sicura che tornerà in tempo?” le chiese con una punta di preoccupazione
nella
voce. Cersei scoppiò a ridere.
“Certo!” esclamò
“L’assedio di
Alto Giardino non prenderà molto tempo…”
“Io temo di sì,
altezza” la
contraddisse in tono cauto Qyburn.
Cersei si voltò a
fissarlo.
Il Primo Cavaliere
fece un
profondo respiro. “Sembra che Daenerys sia venuta in qualche modo a
conoscenza
dei tuoi piani” mormorò torcendosi le mani, “e ha inviato una parte del
suo
esercito a proteggere Alto Giardino.”
Cersei non ci vedeva
più dall’ira.
“N-non lo so,
altezza” balbettò
Qyburn sudando copiosamente, “pochissimi erano a conoscenza del piano.”
Cersei iniziò a
camminare per
placare la rabbia. Jaime sapeva del
piano, pensò sgomenta, ma si costrinse ad
allontanare il pensiero che stava prendendo forma nella sua mente.
“Si arriverà ad uno
scontro”
stava proseguendo Qyburn con calma, “ma ser Jaime dovrebbe farcela.”
“Ovvio che ce la
farà!” esclamò
Cersei frustrata “Ma perderemo troppo tempo!”
“E allora richiamalo”
suggerì
Qyburn, “fallo tornare ad Approdo del Re…”
Cersei scosse la
testa. “Non
posso” disse sedendosi nuovamente, “ormai la missione deve essere
portata a
termine.”
Mai
mostrare debolezza.
Dopo qualche secondo
Qyburn
annuì. “Come vuoi, vostra grazia” disse mettendo in ordine le carte,
“ma ti
consiglierei di scrivere al più presto a Euron…”
“Lo farai tu” disse
la regina.
“Ma cosa devo dirgli
esattamente?” chiese Qyburn “Di attaccare la Roccia del Drago?”
“Non ancora” rispose
Cersei,
“digli solamente di tenere d’occhio la ragazzina e il bastardo e di
attaccare
solo quando avrà la sicurezza di riuscire a vincere. Alla fine almeno
un quarto
dell’esercito di Daenerys è nell’Altopiano.”
Usare Euron si era
rivelato molto
più facile del previsto, e Cersei era rimasta stupita dalla strana
fedeltà che
Occhio di Corvo aveva mantenuto nei confronti dei suoi ordini. Ciò
nonostante
non si fidava ancora di lui. Può
vincere o morire, pensò alzandosi a sua volta
e posando a malincuore il calice di vino. Finché raduna i miei mercenari e
tiene lontana la Targaryen per me andrà benissimo.
“Molto bene” disse
raccogliendo
le gonne ed avviandosi verso la porta, “continua a lavorare, Qyburn, e
avvertimi
qualora ci siano delle notizie particolarmente importanti.”
Qyburn chinò il capo
ossequioso.
“Sarà fatto, mia regina” rispose con un sussurro.
Cersei accennò un
saluto e lasciò
la stanza seguita dal silenzioso Gregor Clegane. “Tu aspetta fuori
dalla porta”
gli ordinò la regina, “voglio stare da sola.”
Entrò nella propria
stanza e si
versò ancora da bere: era appena mattina, ma aveva già buttato giù più
vino che
aria. Si affacciò alla finestra e una fresca brezza le accarezzò il
volto.
Dall’altra parte della città si vedevano le macerie del Tempio di
Baelor e
Cersei sorrise ripensando alla gioia provata nel vederlo consumato
dalle fiamme
davanti ai suoi occhi.
Nessuno prenderà il mio Trono,
si disse giocando con il calice che aveva in mano. Li ucciderò tutti se
tenteranno.
Lasciò cadere il bicchiere ed osservò affascinata il vetro ditruggersi in migliaia di schegge mentre vino rosso si spargeva sul pavimento. Questo era ciò che attendeva i suoi nemici. Ma al posto del vino a scorrere sarebbe stato il loro sangue.
"Senza un avversario la virtù marcisce."
N.D.A.
Ciao
a tutti e ben tornati! Eccoci arrivati al capitolo di svolta: spero non
vi foste aspettati un incontro amoroso tra Jon e Daenerys XD, neppure
la serie ha commesso un tale errore... Ancora una volta, nonostante
questo capitolo come i precedenti sia stato scritto ben prima
dell'uscita della settima stagione, molti punti del primo incontro tra
Jon e Daenerys li avevo immaginati simili a come poi la serie li ha
dipinti, a partire dalla risata sulla lista di nomi di Dany XD XD Credo
però la mia versione sia più drammatica e non solo per la vita di Davos
(e in teoria Brienne) a rischio, ma anche per i personaggi stessi. Jon
è ben più testardo di come la serie ce lo presenta e per niente aperto
a compromessi, avvicinandosi un po' di più alla sua controparte dei
libri in questo. Molti di voi avranno trovato Daenerys odiosa e non vi
biasimo, ma le sue ragioni per comportarsi in quel modo esistono e
hanno anche un qualche senso: il fine giustifica il mezzo per lei,
quindi qualche minaccia è ok se si tratta di ottenere gli uomini che le
servono a perseguire quello che ritiene un nobile scopo. In ogni caso
non dovete pensare che veramente avrebbe voluto distruggere il Nord o
uccidere migliaia di innocenti. La sua strategia confidava nel fatto
che, davanti a minacce del gere, circa il 75% delle persone
capitolerebbe, ma evidentemente con Jon ha fatto male i conti, finendo
per complicare una situazione che già era partita malissimo XD
Per la Cittadella invece ribadisco il mio attestarmi al libro cambiando qua e là per bisogno di adattare tutto all'impronta data dalla serie. Quindi Pate (o il finto Pate se volete) non ci sarà, l'ho solo menzionato. Il comportamento di Marwyn però rimarrà lo stesso dei libri e si vedrà meglio in futuro.
Spero
davvero tanto che un capitolo così importante vi sia piaciuto e che
abbiate apprezzato la mia versione del primo incontro tra Jon e Dany
:-) le cose sono partite in modo disastroso tra i due, ma chissà cosa
riserva il fato...
Ovviamente confido che tutti abbiate riconosciuto chi si celi sotto Myun XD XD, non era inteso come un plot twist o una grande rivelazione finale ^_^'''' Fatemi sapere che ne pensate! Credete abbia fatto bene? Sansa ha intuito qualcosa? Come cambierà ora la storia?
Come al solito
ringrazio tutti i miei fedelissimi recensori che ogni volta mi regalano
così tante emozioni. In ordine: NigthLion,
Red_Heart86, leila91 (dov'è finito il tuo
avatar??? Non riesco più a vederlo :-\), giona, __Starlight__ e Spettro94. Un ringraziamento
speciale a Gian_Snow_91 (perchè
continui a cambiare nickname? Mi sto confondendo XD XD) che si è
buttato coraggiosamente in questa nuova avventura e ovviamente ad Azaliv87 che nonostante tutti gli
impegni e ben due storie da gestire riesce sempre a lasciare un (mega)
pensiero.
PS: la citazione di oggi è del filosofo romano Seneca e l'ho immaginata in particolare riferendola a Sansa e Daenerys che, in situazioni molto diverse, si ritrovano costrette a farsi valere. Il modo in cui lo fanno però è completamente diverso XD XD