Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: QueenInTheNorth    26/05/2018    9 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Daenerys

 

Daenerys sbuffò. “Te lo chiedo per l’ultima volta” stava dicendo Verme Grigio con un cipiglio minaccioso, “come ha fatto Brienne di Tarth a fuggire?”

Erano nella stanza in cui erano stati rinchiusi Davos e Brienne e stavano cercando di ottenere informazioni dal Cavaliere delle Cipolle, che tuttavia si ostinava a raccontare un’evidente menzogna.

“Ve l’ho già spiegato” stava dicendo Davos spostando lo sguardo da Daenerys a Verme Grigio, “non ne ho idea. Stamattina mi sono svegliato e non c’era più.”

“Ti ha tradito quindi?” chiese Daenerys alzando gli occhi al cielo.

“Sì” rispose Davos con un’espressione non del tutto convincente.

Pur rifiutandosi anche solo di considerare la tortura come mezzo per ottenere risposte, Daenerys aveva un disperato bisogno di ottenere la verità. Jon Snow sta arrivando, pensò stringendo le labbra. Come gli spiegherò l’accaduto? Potrebbe arrivare a credere che l’abbia fatta uccidere… Optò per una velata minaccia.

“Molto bene” disse in tono solenne avviandosi verso l’uscita, “ma ti avverto ser Davos Seaworth, questa storiella non scagiona né te né il tuo re…”

“Cosa c’entra Jon?” la interruppe Davos aggressivo “E’ questo il tuo senso di giustizia vostra grazia? Accusare di reati persone neanche presenti?”

“Ti faccio notare” disse tranquillamente Dany, “che Jon Snow potrebbe aver benissimo aiutato Brienne a fuggire durante la notte arrivando sull’isola di nascosto e fuggendo. Non posso fidarmi di nessuno.” Daenerys sapeva che il suo argomento non reggeva, ma sperava che la paura di aver messo nei guai il suo re spingesse Davos a confessare.

Invece il cavaliere era più furioso che mai. “E’ assurdo!” urlò alzandosi “Così si trattano i futuri alleati, sbattendoli in cella ed incolpandoli senza prove? Jon sta venendo qui solamente perché l’hai minacciato…”

Daenerys aprì la bocca per ribattere, ma Davos la interruppe subito. “So che è così” sibilò con la voce che grondava odio. “Jon è quasi morto per riconquistare Grande Inverno: è la sua casa, non l’avrebbe mai lasciata se non avesse pensato che il suo popolo fosse in pericolo. Sai cosa vuol dire combattere per un ideale, vostra grazia? Sai cosa significa essere costretto a fare la cosa giusta anche se ciò può comportare la tua morte o quella delle persone che ami? Questo castello era casa mia: Stannis era il mio faro, ma era troppo egoista e alla fine ha pagato con la vita la sua presunzione. Potrai avere mille draghi dalla tua parte, ma non riuscirai mai a costruire i legami che Jon ha instaurato nel Nord. Non sarai mai una regina amata dal popolo.”

Aveva pronunciato questo discorso con voce sferzante e Daenerys era rimasta impietrita, paralizzata da una simile manifestazione di rancore. Finse di non essere stata toccata minimamente da quelle parole.

“Se è tutto ser Davos” disse uscendo, “Verme Grigio rimarrà qui ad evitare altre fughe indesiderate. Vedremo cosa dirà Jon Snow del tuo tentativo di ostacolare una fruttuosa alleanza.” E chiuse la porta.

In quel momento il corno suonò e Dany fu colta da un momento di panico. Tutt’un tratto non credeva di essere in grado di fronteggiare questo Re del Nord. Era riuscita a sconfiggere Dothraki, schiavisti ed oratori, ma le parole di Davos le avevano avvelenato l’anima con il dubbio.

E se non avessi avuto i miei draghi? si chiese avviandosi verso la sala del trono Sarei riuscita a fare quello che ho fatto? Avrei ottenuto quello che ho ottenuto? La risposta era chiara davanti ai suo occhi, ma si rifiutava di vederla. La missione di portare la pace nelle città di schiavisti era riuscita solo in parte e si era sfiorata la guerra civile. Daenerys si rese conto che, se ad Essos era stata considerata una liberatrice, a Westeros veniva vista come una conquistatrice straniera.

Il popolo non mi ama come speravo, realizzò torcendosi le mani, non sapeva nemmeno chi fossi. Una vocina cattiva continuava a sussurrarle all’orecchio. Se perdessi i draghi, pensò disperata, perderei tutto.

Davos l’aveva paragonata a Stannis: davvero la considerava egoista? Forse la mossa di rinchiudere Brienne e Davos poteva non essere sembrata molto pacifica, ma alla fine erano arrivati sull’isola di nascosto come spie. E’ vero, pensò salendo le scale, la mia forza sono i draghi, ma io dimostrerò quanto valgo.

Arrivò addirittura a convincersi del fatto che forse Jon Snow avrebbe potuto insegnarle come farsi amare. Se le parole di Davos erano sincere, Daenerys dovette ammettere di invidiare profondamente il Re del Nord. Lui era cresciuto in quelle terre e ne conosceva le genti: sapeva cosa fare. Tutto ciò la incuriosiva e aumentava il desiderio di incontrarlo. Devo mostrarmi sicura, pensò sedendosi sul trono, ma allo stesso tempo disponibile e giusta.

L’unica cosa su cui non voleva assolutamente cedere era il suo ruolo. Lei era la legittima regina dei Sette Regni e non avrebbe riconosciuto altro sovrano. Capirà, si disse Daenerys convinta, e mi riconoscerà come sua regina. Ed io gli permetterò di mantenere il suo titolo di lord di Grande Inverno.

Era decisa a ricorrere alla strategia matrimoniale solo in caso di eccessiva ostinazione da parte di Jon Snow, ma era sicura che per il bene della sua gente sarebbe capitolato in fretta. Daenerys avrebbe fatto in modo che ciò avvenisse, anche se avesse significato dover ricorrere a minacce. Tanto non ho davvero intenzione di metterle in atto, si disse annuendo. E’ il meglio per il Reame: ha bisogno di un unico potere centrale.

L’attesa fu di breve durata perché presto sentì dei passi provenire dalle scale. Cambiò posizione sul trono e raddrizzò la schiena, tentando di apparire sicura di sé. E’ solo una conversazione, tentò di rassicurarsi. Solo una sciocca conversazione. Peccato che da quella sciocca conversazione dipendesse probabilmente l’esito di una guerra.

La maniglia si abbassò e la porta fu spalancata con un cigolio. Daenerys si sporse leggermente in avanti per osservare la figura che avanzava alle spalle di Tyrion. Avevano ragione, pensò posando le mani sui braccioli, avrà la mia età…

Jon Snow aveva i capelli neri e ricci legati all’indietro e appena un accenno di barba. Gli occhi, sicuramente scuri, la stavano squadrando con la stessa intensità con cui Daenerys era certa stesse scrutando lui. Jon indossava l’armatura e sul pettorale erano incisi a rilievo due piccoli lupi. Alla cintura portava una spada dall’impugnatura bianca.

Per qualche imbarazzante momento nessuno nella stanza osò fiatare, poi Tyrion venne avanti. “Vostra grazia” disse con voce solenne, “ti presento Jon Snow di Grande Inverno, ex Lord Comandante dei Guardiani della Notte ed appena eletto Re del Nord, chiamato… eh… com’è che ti chiamano, Jon?”

“Lupo Bianco” rispose il ragazzo, “ma non è importante.” Daenerys non percepì alcuna sfumatura di superbia nella sua voce e ne rimase colpita.

“Jon” proseguì Tyrion accennando alla regina, “sei davanti a Daenerys Nata dalla Tempesta Targaryen prima del suo nome, Madre dei Draghi… ehm…”

“La Non-Bruciata” si intromise Missandei, “Distruttrice di Catene, Khaleesi del Grande Mare d’Erba, Regina di Meeren e legittima sovrana degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini e Protettrice del Reame.”

“Sì, ecco questo” concluse Tyrion con un sorriso, “sono un po’ di nomi da ricordare…” Jon rise. “Lei è Missandei” la presentò Tyrion, “e lui è Varys, un tempo capo delle spie di Approdo del Re.” Jon strinse le mani ad entrambi e poi tornò al suo posto davanti alla regina.

Daenerys decise che era il momento di prendere in mano la situazione. “Missandei, Varys” ordinò, “lasciateci soli per favore. Tyrion, tu rimani.” Appena l’eunuco e Missandei si furono allontanati, Daenerys tornò a guardare Jon.

“Benvenuto alla Roccia del Drago” lo salutò cercando di mascherare il proprio nervosismo.

Jon chinò appena la testa. “E’ un onore fare la tua conoscenza” disse sorridendo. “Non so se lo sai, ma un tuo zio, Aemon Targaryen, era il maestro del Castello Nero. Mi ha parlato di te e dei tuoi draghi.”

“Non sapevo esistessero altri Targaryen ancora in vita” esclamò Daenerys contenendo a stento l’eccitazione, “mi piacerebbe conoscerlo.”

Il sorriso di Jon si spense. “E’ morto” disse abbassando lo sguardo, “era molto anziano…” Daenerys dovette imporsi di non mostrare la propria delusione: per un attimo si era illusa di poter avere una famiglia. “Mi dispiace” disse solamente. Il silenzio calò di nuovo.

“Credo che tu sappia perché sono qui” disse d’un tratto Jon, “non vorrei apparire affrettato ma vorrei che Brienne e Davos fossero rilasciati subito: è stata colpa mia se sono venuti fin qui.”

Daenerys strinse le labbra preparandosi ad una battaglia verbale. “Ci sono questioni più importanti di cui dobbiamo discutere” disse stringendo i braccioli, “e ti posso dare la mia parola d’onore che sono stati trattati come i miei ospiti migliori.”

Jon dovette arrendersi, perché rimase zitto qualche secondo. “D’accordo” assentì infine, “desidero almeno sapere cosa ti ha portato a minacciare la mia gente…”

Daenerys aveva la risposta pronta e non esitò. “Nella prima lettera avevo proposto un’alleanza pacifica” gli ricordò, “ma tu l’hai ignorata.”

“Non mi è mai arrivata” spiegò Jon, “durante l’Inverno è normale che i corvi si perdano nelle tempeste…”

Dany rimase spiazzata da quella possibilità così ovvia che non aveva mai considerato. Vedendola in difficoltà, intervenne Tyrion. “Jon, la regina ha esagerato in quella lettera” disse con gentilezza, “era solo arrabbiata per la tua mancata risposta, non aveva davvero intenzione di attaccare il Nord.”

“Ma ha preso prigionieri i miei uomini e mi ha di fatto obbligato a venire qui.”

“E’ vero” intervenne tranquilla Daenerys, “ma l’ho fatto affinché entrambi possiamo beneficiare di un accordo che…”

“So che cosa vuoi chiedermi” la interruppe Jon senza curarsi di mancare di rispetto, “di mettere il mio esercito a disposizione per la tua guerra. La mia risposta è no.”

Daenerys sentì crescere la rabbia: come si permetteva a parlarle con quel tono? Si obbligò a rimanere calma. “Ascoltami” gli disse chiudendo per un attimo gli occhi, “abbiamo dei nemici comuni e nessuno di noi due può sperare di vincerli da solo.”

“Ma solo uno di noi due desidera farlo” osservò Jon tagliente, “il Nord non otterrebbe alcun beneficio dalla sconfitta di Cersei piuttosto che dalla tua.”

“Stiamo parlando della famiglia che ha causato la morte di molti di voi Stark” disse Daenerys a voce alta, “non desideri vendicarli?”

“Naturalmente” rispose Jon, “ma ci sono momenti in cui la vendetta deve essere messa da parte.”

Daenerys non riusciva a capire la sua ridicola testardaggine: perché si rifiutava di collaborare? “Cersei sta facendo soffrire il mio popolo” disse tentando un’altra tattica, “ed ho bisogno del tuo aiuto per porre fine ai suoi soprusi.”

“Ti capisco” replicò Jon con cortesia, “ma il mio popolo in questo momento non è in grado di supportare nessuno.”

“E perché?” chiese Dany quasi alzando gli occhi al cielo.

“Perché dobbiamo far fronte ad altri nemici” rispose vago Jon, “ed era solo per questo che avevo inviato Davos e Brienne alla Roccia del Drago.”

“E quali sarebbero questi nemici?” chiese Daenerys ironica.

Jon sembrò sul punto di rifiutarsi di rispondere. “Gli Estranei” disse infine. Tyrion fischiò e Daenerys riportò alla mente le favole che Viserys le leggeva quando era piccola.

“Gli Estranei sono leggende” disse Tyrion, “non esistono.”

“Purtroppo devo darti torto” disse Jon guardando Dany negli occhi, “io li ho combattuti oltre la Barriera e non potete immaginare il loro esercito di non-morti quanto era…”

“Non-morti?” chiese Daenerys scoppiando a ridere “E magari c’erano anche i giganti…” Jon la fissò con disprezzo e per un attimo Dany si sentì in soggezione.

“Senti” le disse lui parlando con la voce di chi trattiene a stento la rabbia, “ti parlerò con franchezza e poi tu potrai scegliere se giustiziarmi, o farmi bruciare vivo dai tuoi draghi o che so io… Gli Estranei sono veri e stanno marciando sulla Barriera. Il loro esercito è immenso e se la Barriera crollasse…”

“La Barriera non può crollare…” intervenne Tyrion.

“E’ fatta di ghiaccio” lo interruppe Jon, “ti assicuro che se esposta ad un attacco troppo intenso potrebbe crollare. Io ho l’intero Nord da proteggere, perché quando i morti arriveranno saremo i primi ad essere attaccati. Nonostante tutto sono venuto fin qui, sperando di trovare qualcosa di più di un’altra regina tutta titoli e pretese. Non fraintendermi, vorrei poterti aiutare a strappare il Trono di Spade a Cersei, davvero, ma non posso. Non è la nostra battaglia e non posso permettermi di perdere un singolo uomo inutilmente.”

Quando Jon si interruppe nella sala calò un silenzio irreale. Daenerys non sapeva bene che sentimenti dover provare, se rabbia per l’affronto subìto o ammirazione per il coraggio dimostrato da Jon Snow. Alla fine prevalse la rabbia.

“Hai ragione” disse piano Tyrion, “dovresti proteggere la tua gente, ma pensa alle migliaia di vite che sono in pericolo in questo momento. Perché condannarle ad una guerra lunga ed inutile? Tu controlli le forze del Nord, delle Terre dei Fiumi e della Valle, Jon, il tuo supporto ci permetterebbe di vincere in tempi brevi.”

Prima che Jon potesse replicare Daenerys parlò. “Le tue parole sono dure” disse sollevando un sopracciglio, “ma nascondono la verità. Dimmi però, cosa credi succederà quando avrò sconfitto Cersei e mi sarò seduta sul Trono di Spade? Quando dovrò riunificare il mio regno senza tollerare ammutinamenti? Come potrai difendere il Nord allora?”

Jon strinse gli occhi. “E’ una minaccia?”

“Dipende” rispose Daenerys alzandosi, “da quello che scegli. Non ho intenzione di concedere al Nord l’indipendenza e tu non sei in grado di difenderla. Non sarebbe meglio rinunciare in partenza e garantire il tuo supporto alla tua regina? Resterai lord di Grande Inverno ed io non mi intrometterò mai più negli affari del Nord…” Vide Tyrion darsi una manata in fronte, ma non se ne curò: avrebbe raggiunto il suo obbiettivo a qualsiasi costo, anche se fossero state necessarie cento minacce. Era per il bene del suo popolo.

Jon scosse la testa. “Tu non sei la mia regina” disse tranquillamente.

Daenerys avanzò, decisa a giocarsi il tutto per tutto. “Ma certo che no” continuò, “eppure forse dopo che i miei draghi avranno distrutto qualche territorio qua e là cambierai idea…”

“Daenerys!” esclamò Tyrion visibilmente esterrefatto “Ma cosa stai dicendo?! Con le terre bruciate non si ottiene nulla. Jon, non...”

“Forse qualcosa sì” lo interruppe Daenerys odiandosi per quelle parole necessarie, “si ottiene la fedeltà di chi è rimasto nelle terre intatte.”

“Non posso crederci” mormorò Jon fremendo di rabbia, “parli di uccidere senza motivo e di distruggere i possedimenti di chi non accetta di seguirti. Di chi vuole solamente proteggere la sua gente dalla guerra perché ne ha vissuta già troppa. Non ho paura di te, non ho paura del tuo esercito, non ho paura dei tuoi draghi e l’unico motivo che mi ha spinto a venire qui è stata la speranza di trovare un’alleata per la vera guerra, che non è per un Trono o per il potere, ma è per la vita. Adesso vedo quanto mi ero sbagliato. Voi Targaryen siete tutti uguali: mai avete portato benefici al Nord, solo distruzione.” Detto questo, Jon si voltò furente.

“Dove credi di andare?” gli chiese freddamente Daenerys non riuscendo più a controllare l’ira “Il nostro colloquio non è finito…”

“Daenerys, smettila ti prego!” la supplicò Tyrion “Non sei più tu…” Dany lo ignorò e batté le mani. Nella stanza entrarono quattro guerrieri dothraki.

“Scortereste Jon nella sua stanza per favore?” ordinò la regina, traducendo subito la frase. “Continueremo la nostra conversazione domani…”

Quando i Dothraki si avvicinarono, Jon sguainò la spada. Daenerys rimase di sasso: si era dimenticata che i suoi guerrieri erano stati disarmati.  Avrei dovuto far disarmare anche lui, si maledisse.

“STATE INDIETRO” stava urlando Jon, “oppure vi uccido! Adesso io, il mio scudiero, Davos e Brienne ce ne andremo da quest’isola e…”

In quel momento un suono stridente scosse le pareti ed il palazzo tremò. Dopo un attimo di esitazione Jon corse verso il balcone. Daenerys lo seguì, come destandosi da uno stato di trance. Dovette aggrapparsi ad una colonna per non cadere a terra per la sorpresa.

Jon aveva lasciato cadere la spada e, sorridendo, protendeva la mano verso il drago, che aveva avvolto la coda a spirale come a volerlo proteggere. Quando i Dothraki si avvicinarono, il drago ringhiò forte mostrando le zanne acuminate.

Daenerys si sentiva svuotata. “Rhaegal…” riuscì a sussurrare solamente, ma il drago non la degnò di uno sguardo.


Sansa

 

Grande Inverno quasi scompariva sotto la neve che l’ammantava e solo le sue torri svettavano nel cielo eternamente minaccioso. Sansa aveva smesso di preoccuparsi per il tempo: se la tempesta doveva arrivare nessuno poteva impedirlo. E poi aveva così tante responsabilità da non desiderare altre angosce. Oltre all’amministrazione del castello, che non veniva mai lasciato nelle mani dei servi di cui Sansa non si fidava completamente, doveva anche farsi carico di tutti i doveri che erano stati di Jon.

La mattina si alzava all’alba e, nel vento gelido, aiutava le donne a dare da mangiare agli animali e a lavare i pavimenti delle sale più importanti che avrebbero ospitato i lord. Doveva anche sorvegliare l’approvvigionamento di cibo dalle campagne e procedere allo smistamento delle verdure dai cereali. La frutta era ormai un ricordo lontano. Aiutava anche le cucitrici a confezionare abiti che fossero rozzi, ma pratici e caldi. Sedeva poi al tavolo della Sala Grande ed ascoltava tutte le lamentele dei contadini, promettendo una quanto mai utopistica risoluzione. Una volta a settimana si recava a Città dell’Inverno per controllare lo stato delle case e la salute degli abitanti, tentando di apparire comprensiva pur nella sua fastidiosa impotenza.

Ma il compito che odiava di più e che le prosciugava ogni energia era l’obbligo di presenziare ai concili. Ogni lord esponeva la propria idea urlando, senza curarsi di mantenere l’ordine. Sansa non era in grado di far cessare la confusione e finiva per non comprendere le proposte dei signori. Se solo ci fosse Jon… pensava a volte travolta dallo sconforto.

Poi però si ricordava chi era e qual era il suo ruolo e riacquisiva fiducia. Non doveva esistere situazione che lei non riuscisse a gestire. E’ vero, Jon era molto abile a saper ottenere l’attenzione dei lord, ma lui ci era abituato e Sansa era convinta di poter imparare. Tormund ce la metteva tutta per esserle d’aiuto, ma la maggior parte delle volte si sentiva estraneo a quelle discussioni di cui non capiva neanche il senso.

“Perché tutti stanno gridando?” chiese una sera all’orecchio di Sansa.

Lei sospirò profondamente. “Lord Royce ha mancato di rispetto a lord Glover” spiegò annoiata, “ed ora vuole un tributo.”

“L’ha ucciso?”

“Chi?” esclamò Sansa voltandosi verso il bruto.

“Lord Glover” rispose lui, “l’ha ammazzato lord Royce?”

“Certo che no!” disse Sansa orripilata dall’idea “Da quel che ho capito credo l’abbia insultato…”

“E allora cos’è tutto questo baccano?” chiese Tormund guardandosi intorno “Da noi chi subisce un torto lo restituisce. Magari anche con gli interessi, ma senza fare casino…” Sansa si stropicciò gli occhi: aveva davanti una lunghissima serata.

“E’ inammissibile” stava blaterando Wyman Manderly, “questo atto volgare non può restare impunito. Mi appello alla tua giustizia, mia lady.”

A Sansa occorsero alcuni secondi per realizzare a chi il lord si stesse rivolgendo. “Eh?” si lasciò sfuggire, per poi correggersi immediatamente “Ehm, io credo che si possa trovare un accordo pacifico, alla fine nessuno si è fatto male…” Dalle facce dei presenti Sansa capì di aver detto la cosa sbagliata.

“Sono d’accordo” intervenne la piccola lady Mormont, “sembrate dei bambini comportandovi così.” Adesso tutti avevano assunto un’aria imbarazzata: probabilmente farsi riprendere da una ragazzina di dieci anni era abbastanza umiliante.

“Ehm, sì ecco” borbottò lord Glover, “sono disposto a dimenticare questo malinteso, ma desidero ricevere le scuse di lord Royce.”

“Io non ti devo proprio niente!” sbottò Yohn Royce rosso di rabbia “Sei stato tu ad insultarmi per primo. Mi hai chiamato cane di Baelish.”

“Perché non è questo che sei?” intervenne Cley Cerwyn “Non mi sembra molto offensivo…” Sansa si accasciò sul tavolo. Antichi Déi aiutatemi voi, supplicò esausta. Sto perdendo tempo prezioso.

“Ah, e allora se ti dicessi che sei un idiota?” stava urlando Royce “Che faresti?”

“Finiresti senza testa prima di aver finito di parlare” ribatté il giovane Cerwyn.

“Su, ragazzi” si intromise Alys Karstark, “non vi pare di esagerare?” Aveva parlato con la sua voce suadente e Sansa sentì il sangue ribollirle nelle vene senza un reale motivo.

“Lady Sansa” la stava chiamando Alys, “dillo anche tu…” L’ho già detto, gallinella. Era certa che Alys l’avesse interpellata solo per ricordarle il suo disastroso intervento di poco prima.

“Le nostre lady hanno ragione” intervenne una voce alla porta, “state facendo davvero una pessima figura.” Sansa aguzzò la vista e, quando riconobbe Ditocorto, sentì l’impellente bisogno di andarsene. Potrei trovare una scusa, si disse, ma poi rammentò che in quel modo l’intero concilio si sarebbe interrotto e rimase seduta.

“Lord Baelish” lo salutò Wyman, “già di ritorno? Ci sono novità dalla Valle?”

Ditocorto sorrise in quella sua maniera affabile. “Lord Robin Arryn rinnova la sua fedeltà a casa Stark” spiegò fissando Sansa negli occhi, “e metterà a disposizione il suo esercito.” Sansa sapeva che c’erano delle condizioni ma non volle dare a Baelish la soddisfazione di esporle davanti all’intero concilio.

“Magnifico!” stava esclamando Wyman “Direi che abbiamo un problema di meno. Proporrei di sospendere la riunione.”

“E il dibattito?” chiese Robett Glover incredulo. Manderly lo fulminò con lo sguardo. “La nostra signora ha parlato” gli ricordò, “questa è una questione futile.” Glover uscì dalla stanza imprecando a mezza voce, mentre Royce appariva parecchio sollevato.

“Bene” esclamò Tormund alzandosi, “devo andare a controllare cosa stanno combinando gli altri. Spero non abbiano fatto a pezzi un altro mulino...” Accennò una specie di saluto e si dileguò. Sansa vide Ditocorto avvicinarsi ed inspirò profondamente.

“Buonasera, mia signora” disse Baelish con un sorriso che Sansa non ricambiò, “hai sentito le liete novelle?”

“Certo” rispose Sansa senza scomporsi, “e ti sono grata per il tuo impegno, ma suppongo che le novità non siano finite…”

Baelish allargò le braccia. “Hai ragione” ammise sollevando le sopracciglia, “tuo cugino non ha molto apprezzato il fatto che i tuoi diritti su Grande Inverno siano stati scavalcati dal tuo fratellastro. Desidererebbe vederti ottenere il posto che ti spetta.”

Sansa sapeva perfettamente che Robin non sarebbe mai stato in grado di formulare neanche un quarto di quel pensiero, ma sorrise lo stesso. “Ne abbiamo già discusso” disse alzandosi e raccogliendo le gonne, “e ti ho già detto che non tradirò mio fratello per…”

“Ma qui non si tratta di tradire nessuno!” esclamò Ditocorto con il tono incredulo di chi non ha neanche mai preso in considerazione quell’ipotesi “E’ un tuo diritto ed è un modo per rendere il Nord più forte. Vedi, Robin si è reso conto che supportare un regno con un re privo di una pretesa al trono fondata sarebbe sconveniente: potrebbe richiamare le sue truppe.”

Sansa si aspettava una mossa del genere e non ne rimase spiazzata. “Molto bene” disse avviandosi verso la porta, “vorrà dire che scriverò personalmente a mio cugino spiegandogli la situazione. Sono sicura che capirà, so come persuaderlo…”

Ditocorto sembrò incerto. “Sansa” le disse prendendole la mano, “perché negare la realtà? Jon è andato a Sud e tu sai qual è il destino degli Stark che si spingono fin laggiù…” Sansa stava per replicare, ma Baelish la interruppe. “Solo tu ti sei salvata ed è ora che affronti il tuo destino. Robin ti sostiene: rovesciare questo governo sarà un gioco da ragazzi e tu sarai Regina del Nord. E poi ci prenderemo i Sette Regni, insieme Sansa, sconfiggeremo Cersei, Daenerys, chiunque ci si opponga, finché non saremo noi a governare, noi a farli inginocchiare e pagare per quello che hanno fatto alle persone che amavamo. Non ti piacerebbe?”

Sansa era disgustata dalle sue parole. “Quello che tu proponi” disse freddamente, “è tradimento e non importa con quale nome tu voglia chiamarlo. Il Nord è finalmente in pace e non ti permetterò di minacciarlo: i Cavalieri della Valle non ti basteranno. Jon tornerà e quando gli avrò raccontato che cosa hai detto, avrò la tua testa esibita sui cancelli di Grande Inverno.”

“E allora perché non te la prendi da sola la mia testa?” le chiese subdolo Ditocorto “Se credi di avere il potere, se credi che tuo fratello abbia il potere, uccidimi.” Sansa esitò.

“Vedi?” le sussurrò Baelish allontanandosi “Non potete toccarmi e vi servo se volete sperare di far vivere il vostro regno. Ti credevo più intelligente, Sansa.” Sansa strinse le labbra osservando Baelish uscire dalla stanza. No, pensò convinta. Sei tu il folle: non sai con chi hai a che fare. Si avviò verso l’uscita e si imbatté in Alys Karstark. Represse a stento un’esclamazione di fastidio.

“Perdonami, mia signora” disse la ragazza arrossendo, “avevo dimenticato i guanti…” Sansa si fece da parte. “Prego…” disse freddamente.

Alys non dava cenno di muoversi. “Ho sentito tu e lord Baelish discutere” mormorò con aria seria, “ti ha minacciata.”

Così hai origliato, eh? “Non è niente” disse Sansa sorridendo, “la situazione è sotto controllo.”

Alys scosse la testa. “Sansa, ascoltami” disse chiamandola per la prima volta per nome, “forse non sembra, ma sei in pericolo. Ho sentito storie orribili su Ditocorto e sono convinta anche tu conosca la sua vera natura. Non si fermerà finché non avrà ottenuto ciò che vuole e il suo primo obbiettivo è il Nord.”

“Conosco benissimo lord Baelish” la interruppe Sansa, “ma il Nord non può privarsi del suo appoggio.”

“Ma non capisci?!” esclamò Alys strabuzzando gli occhi “Il Nord non è al sicuro… Tu non sei al sicuro.”

“Il tempo dei sonni tranquilli è finito” spiegò Sansa suo malgrado colpita dalla forza che Alys metteva nelle parole, “adesso bisogna rischiare.”

“Ma finché lui sarà qui” insistette Alys, “continuerà a complottare contro tuo fratello.”

“Non ho il potere di giustiziarlo” ammise Sansa.

“Tu sei la lady di Grande Inverno” le ricordò Alys, “la Regina del Nord in assenza di Jon Snow: se non hai potere tu, chi lo ha?” Sansa evitò di dire quello che pensava.

“Io ho visto mio zio tradire la famiglia” raccontò Alys, “e ti posso assicurare che quando finalmente ci si decide a fare qualcosa per fermare una tirannia è sempre troppo tardi e diventa necessaria una guerra.”

Alys sospirò. “So che non provi stima nei miei confronti” disse abbassando lo sguardo, “e non ti biasimo per questo. Ma voglio che tu sappia che non ho mai avuto cattive intenzioni e che la mia fedeltà a Jon e a te è fuori discussione.” Si avvicinò e Sansa non si ritrasse.

“Siamo donne” le disse con il fuoco negli occhi dorati, “e tutti credono di poterci tenere legate, di metterci in secondo piano, di toglierci ciò che è nostro. Abbiamo sofferto, abbiamo perso le persone che amavamo, siamo state maltrattate.” Alys tirò su le maniche del vestito e Sansa vide delle cicatrici bianche sulle braccia sottili.

“Secondo te perché porto sempre abiti a maniche lunghe?” le chiese Alys con amarezza “Queste me le faceva mio zio quando gli disubbidivo. Ho giurato che mai mi sarei fidata di un uomo. Ma poi ho incontrato tuo fratello.”

Alys fissò Sansa con gli occhi pieni di lacrime. “E’ così bello” disse sognante, “e anche gentile. Ha scatenato la guerra contro i Bolton solo per te, Sansa, solo per sua sorella, ed io non ho resistito al desiderio... Al desiderio che fosse lui a portarmi via da Karhold ormai piena di brutti ricordi, che potessi essere sua moglie, che potesse dare a me le attenzioni che ti riservava. Ero invidiosa. Puoi perdonarmi?”

L’ultima domanda suonava come un’implorazione e Sansa si vergognò per quanto male avesse interpretato la figura di Alys. Poteva esserle sembrata altezzosa e addirittura perfida, ma celava una ragazzina insicura e sola.

Sansa sorrise. “Non c’è nulla da perdonare” disse dolcemente, “e poi la colpa è anche mia…” Il viso di Alys si illuminò. Per un po’ nessuna parlò.

“Cosa hai intenzione di fare?” chiese infine Alys “Con Baelish intendo…”

“Non è facile come sembra” sospirò Sansa, “Jon mi ha detto di essere prudente.”

“Allora scrivigli” le suggerì Alys, “digli cosa ti ha detto Ditocorto e chiedigli cosa fare.” Sansa annuì.

“Mi pare un’ottima idea” assentì, “gli invierò immediatamente una lettera.” Alys sorrise appena. “Bene” disse voltandosi, “spero di poterti essere utile in futuro. Se hai problemi, non esitare a chiamarmi: in due si ragiona meglio.” Mentre si allontanava, Sansa pensò sollevata alle novità. L’idea di poter condividere con qualcuno il peso che portava sulle spalle era una sensazione meravigliosa.

Risalì lentamente le scale ed entrò in camera sua chiudendosi la porta alle spalle. Fu sorpresa dal trovarci una ragazzina all’interno. Doveva avere qualche anno meno di lei ed era piuttosto bassa. I suoi capelli color paglia le si increspavano sulle spalle e gli occhi marroni la fissavano con curiosità. Un’eccessiva curiosità.

“Chi sei?” le chiese brusca “E perché sei nella mia stanza?”

La ragazzina sembrò riscuotersi dai suoi pensieri ed abbozzò una specie di inchino. “Perdonami, mia signora” si scusò, “sono Myun e mi hanno assegnato alla tua camera.”

“Da dove vieni?” le chiese Sansa dubbiosa, evitando sempre servette provenienti da Forte Terrore.

“Deepwood Motte” rispose Myun, “vivevo lì con la mia famiglia, ma poi sono arrivati gli Uomini di Ferro e hanno distrutto tutto. Prima hanno ucciso mio padre, poi mia madre ed i miei fratelli. Di mia sorella non so più nulla. Sono riuscita a fuggire ed ora eccomi qua.”

Sansa si era commossa. “Non preoccuparti” le disse, “non voglio cacciarti. Sai ordinare una stanza?” Myun annuì.

“Bene” disse Sansa, “allora comincia pure…” Mentre Myun si dava da fare, Sansa si sedette e scrisse la lettera a Jon. Dovette fermarsi a più riprese per raccogliere le idee: non voleva allarmare troppo suo fratello, ma neanche far credere che stesse sottovalutando il pericolo. Firmò la pergamena con uno svolazzo.

“Per chi è?” chiese Myun curiosa.

“Per mio fratello Jon, il Re del Nord.”

La ragazzina sgranò gli occhi. “E dov’è ora?” chiese euforica “Mi piacerebbe tanto incontrarlo…”

Sansa strinse le labbra. “E’ partito” disse seccamente, “per la Roccia del Drago.”

“E ti manca?”

“Sì” ammise Sansa con tristezza. Poi si guardò intorno: la stanza pareva più in disordine di prima e Sansa iniziò ad avere dei seri dubbi sulle reali capacità di Myun.

“Senti” le disse piegando la lettera, “che ne dici di diventare la mia dama da compagnia? Alla camera può pensarci qualcun altro.”

Myun saltellò dalla gioia. “Certo, mia signora” esclamò eccitata.

“Sansa, chiamami Sansa.” Fece una pausa, indecisa sul da farsi.

“E vorrei mi facessi un favore…” proseguì “Vorrei che tu consegnassi questa lettera ad un corvo nero per la Roccia del Drago senza essere vista. Hai capito?”

“Certo” disse Myun ora con voce più adulta, “sarò silenziosa come un gatto.” Sansa le porse la lettera e la osservò sgattaiolare fuori. Si ritrovò a sorridere senza neanche saperlo.

Improvvisamente si sentì così stanca da non reggersi in piedi e, dopo aver chiuso a chiave la porta, si mise a letto senza svestirsi e senza premurarsi di sciogliere i capelli. Stranamente quella sera Spettro non era tornato, ma Sansa era troppo stanca per prestare attenzione a quella banale anomalia.

Quella notte, però, i lupi tornarono ad ululare.

 

Samwell

 

La vita alla Cittadella era l’esperienza più monotona che Sam avesse mai provato in tutta la sua vita. Perfino essere l’attendente di maestro Aemon era stato più entusiasmante.

I suoi tentativi estremi di evitare contatti o conversazioni con novizi e maestri portavano Sam ad isolarsi nelle sue ricerche. Ricerche che divenivano giorno dopo giorno sempre più inconsistenti e poco produttive. Ancora un altro, si diceva Sam accantonando un polveroso volume e passando al successivo.

Aveva letto quasi tutti i libri del reparto suggeritogli da Rathin, ma non aveva trovato alcun riferimento utile riguardo gli Estranei. Certo, erano ricchi di leggende e dicerie, ma Sam era assolutamente certo che gli Estranei che lui e Jon avevano combattuto non andassero in giro in groppa ad unicorni come invece suggeriva Ecco perché i miti sono reali. E pensare che il titolo prometteva così bene, si lamentava Sam.

Si imponeva però di non scoraggiarsi: la biblioteca era immensa e prima o poi avrebbe trovato ciò che cercava così affannosamente. Più di una volta era stato tentato dal chiedere aiuto a Tristyus, ma si era sempre fermato in tempo. C’era qualcosa in quell’uomo, seppur cortese e gentile, che gli faceva accapponare la pelle.

Così si era ritrovato al punto di partenza, a tirare giù dagli scaffali libri scelti senza criterio e a sperare che la fortuna volesse sorridergli. Finora tuttavia si era sempre rifiutata perfino di guardarlo. Ogni tre giorni si recava nella casa di Vecchia Città dove alloggiavano Gilly e il piccolo Sam. Si accertava che non mancasse loro nulla e che i soldi di Talla bastassero ancora. Non osava neppure pensare a cosa si sarebbe potuto inventare quando fossero finiti.

Aveva anche portato a Gilly un libro, I Bruti e la Barriera, ma l’aveva ritrovato semidistrutto. “Gilly!” aveva esclamato inorridito “L’hai strappato tu così? E’ un libro della biblioteca!”

“E’ troppo difficile” aveva protestato Gilly battendo un piede a terra, “e non riesco a leggere le lettere. Voglio venire con te ed imparare.”

“Sai che non è possibile” le aveva ripetuto per l’ennesima volta Sam.

“Anche alla Barriera non era possibile” gli ricordò Gilly furente, “però non ci hai cacciati.”

“Era diverso” spiegò Sam, “lì avevo degli amici che mi avrebbero appoggiato e Jon era il Lord Comandante, qui non conosco nessuno...”

“E allora fa’ amicizia” l’aveva incoraggiato Gilly, “così poi ci faranno entrare.”

“Non posso perdere tempo” aveva cercato di dire Sam, con voce sommessa per non farla arrabbiare, “devo trovare le informazioni su…”

“Sugli Estranei” lo anticipò Gilly sbuffando, “lo so. Ma almeno una volta potresti pensare anche a noi e non solo ai tuoi stupidi libri.” Ed era corsa a prendere in braccio il piccolo Sam urlante voltandogli le spalle. Sam aveva compreso che la conversazione era terminata e si era allontanato con il cuore pesante. Nei giorni successivi non era più tornato.

Si era immerso ancora più affondo nelle ricerche e non era salito più a galla. Finché un giorno Rathin non venne a chiamarlo. “L’arcimaestro Marwyn vuole vederti” disse con voce impaziente, “vieni con me.” E Sam l’aveva seguito docile fino nelle stanze di Marwyn, un uomo anziano dalla corta barba bianca.

“Benvenuto” lo salutò l’arcimaestro, “tu sei Samwell Tarly dai Guardiani della Notte, vero?” Sam annuì.

“Bene” proseguì Marwyn, “Rathin mi dice che ti stai integrando in fretta, il che è molto importante.” L’arcimaestro si alzò in piedi. “Qui alla Cittadella abbiamo i nostri metodi per insegnare ai novizi” spiegò, “e ciò include anche l’aiuto che devono fornire ad un maestro. Data la recente scomparsa di Pate, ti abbiamo assegnato all’arcimaestro Walgrave.”

Sam rimase a bocca aperta: addirittura ad un arcimaestro? “I-io ne sono onorato” balbettò emozionato.

Marwyn annuì. “I tuoi compiti comprenderanno l’aiuto nelle faccende domestiche” spiegò, “lo studio in biblioteca e soprattutto il controllo delle chiavi. Devi sapere che non tutto il sapere protetto dalla Cittadella è accessibile: alcuni libri sono riservati solo alle menti più preparate e per questo nascosti. Walgrave è molto anziano ed ha bisogno che giovani ragazzi si alternino la notte per controllare le chiavi. Ne sarai capace?”

“Sì, maestro” disse Sam, “anche alla Barriera facevo le ronde.”

“Bene” disse Marwyn per poi proseguire in tono minaccioso, “ma ti avverto, Tarly: se sfrutterai la tua posizione per tentare di rubare o anche solo leggere i libri proibiti, le punizioni non saranno leggere e potrebbero arrivare anche alla, beh, morte.”

Sam deglutì, d’un tratto terrorizzato. “N-non vi deluderò” farfugliò per poi uscire ad un cenno dell’arcimaestro. Scendendo le scale si accorse di tremare tutto. Decise di non pensarci e tornò alla sua postazione nella biblioteca.

Con suo sommo piacere lo attendeva sul tavolo la lettera di risposta di Jon, che gli attendenti gli avevano evidentemente portato. Non resistendo alla curiosità, Sam ruppe il sigillo di ceralacca e si mise a leggere avidamente.

Caro Sam

Non puoi capire la mia gioia nel trovare una lettera da parte tua. Adesso che la situazione a Nord si è calmata mi manca molto la tua presenza. Qui fa sempre più freddo. Ho inviato circa mille soldati alla Barriera da Edd: adesso è lui il Lord Comandante. Sam, anche se odio parlare di quel che è successo, voglio che tu sappia che non vi ho abbandonato e che non sono un disertore. Poco dopo la tua partenza Alliser Thorne ha riunito un gruppo di Guardiani della Notte e si sono ammutinati. So che è difficile da credere, ma loro mi hanno pugnalato e Olly mi ha colpito al cuore. Io ero morto Sam, stavano per bruciare il mio corpo. Ma poi Melisandre, la strega rossa di Stannis, mi ha riportato in vita. Sembra follia, ma è andata proprio così. Ho impiccato i traditori e anche Olly. Mi si è spezzato il cuore a vederlo morire, ma ho dovuto farlo. Stannis è morto Sam, e anche sua moglie e sua figlia. Io ho lasciato la Barriera poco dopo con Tormund ed i bruti ed abbiamo sconfitto Ramsay Bolton. Il resto credo tu lo sappia. Domani partirò per la Roccia del Drago per incontrare questa Daenerys Targaryen. A Grande Inverno rimane mia sorella Sansa: se le scriverai sarà felice di rispondere. Tienimi aggiornato su tutti i tuoi progressi. A presto

Jon Snow

Sam si accorse di star trattenendo il respiro solo quando la vista gli si appannò per la mancanza d’ossigeno. Emise un rantolo e si affrettò ad inspirare rumorosamente. Il novizio del tavolo accanto gli lanciò un’occhiata irritata, ma Sam non se ne curò. Morto? pensava incredulo E’ possibile che Jon sia davvero tornato dalla morte? E’ tutto così assurdo!

Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia, che scricchiolò. Il novizio diede un colpetto di tosse a prova della poca pazienza rimastagli. Sam continuava a divorare con gli occhi la lettera: ogni frase era una sorpresa. Alliser Thorne, pensò disgustato. Perfino Olly…

“Maledetti!” imprecò ad alta voce.

“QUESTO E’ TROPPO” sbraitò il novizio raccattando le proprie cose e dirigendosi con passo deciso verso l’uscita. Sam si prese la testa fra le mani: non si era nemmeno accorto di aver dato fiato ai suoi pensieri.

Come è potuto accadere?

Sapeva che la politica a favore dei bruti seguita da Jon alla Barriera non era stata ben accolta, ma Sam era ormai convinto che i confratelli avessero finalmente capito che la cooperazione era l’unica loro speranza per sconfiggere gli Estranei. Evidentemente si era sbagliato, e di parecchio per giunta.

Strinse le labbra e si tirò in piedi: aveva bisogno di una boccata d’aria fresca. La testa gli scoppiava e Sam dovette tornare indietro più volte dopo essersi accorto di aver sbagliato strada. Barcollò fuori dalla Cittadella e si diresse verso il porto. Ancora non riusciva a credere a ciò che aveva appena letto. Si ricordò di quando aveva detto a Rathin che la vita non era regolare. Beh, a quanto sembra non lo è neppure la morte, si ritrovò a pensare con amarezza.

Raggiunse un molo vuoto e si mise a lanciare sassi nell’acqua. Era un’attività piuttosto stupida, Sam lo sapeva, ma era l’unico modo per distrarsi. O almeno tentare. E adesso come faremo alla Barriera? si chiese preoccupato. Saremo rimasti una ventina. Venti uomini contro migliaia di non-morti e centinaia di Estranei. Sam rabbrividì. Ah no, ricordò lasciandosi ammaliare dal sollievo. Jon ha detto che ha mandato mille uomini… Ma li avrà messi al corrente della reale situazione?

Improvvisamente si accorse che intorno a lui si era formata una piccola folla. Tutti stavano fissando l’orizzonte, così Sam li imitò. Fu stupito dallo scorgere in lontananza delle piccole navi, che evidentemente si stavano avvicinando. Incuriosito, Sam si avvicinò ad uno degli uomini in attesa. “Perdonami, buon uomo” gli disse con gentilezza, “sapresti dirmi chi sta arrivando ed il motivo di tutta questa gente?”

L’uomo, basso e tarchiato con folti baffi rossicci, lo guardò con diffidenza. “Come, non lo sai?” chiese facendo una smorfia “Ne parla tutta Vecchia Città. Stiamo per entrare in guerra.” Sam sgranò gli occhi.

Cosa?!

L’altro dovette percepire il suo disagio perché scoppiò in una fragorosa risata, schizzando il viso di Sam di saliva. “Lord Leyton sta attendendo rinforzi” spiegò con voce rauca a causa del troppo riso, “dovrebbero arrivare almeno ventimila soldati…”

“Ma a cosa vi servono?” chiese Sam.

“I Lannister marciano su Alto Giardino, ragazzo” disse l’uomo sputando a terra, “ma sembra che la regina dei draghi abbia deciso di darci una mano.” Sam era confuso. Daenerys? pensò. Ma non è possibile, Jon sta andando da lei, non può essere partita…

In quel momento le trombe suonarono e la folla si aprì per lasciar passare Leyton Hightower, maestoso nella sua veste bianca lunga fino a terra. Appariva assorto nei suoi pensieri ed una ruga profonda gli solcava la fronte. Le navi si stavano avvicinando rapidamente e presto i loro corni furono udibili dalla riva. Sam si fece largo per vedere la nave più grande attraccare. Gli ormeggi furono legati e presto dei soldati aprirono la passerella per rendere più agevole lo sbarco.

Il primo a scendere fu un ragazzo sui venticinque anni, subito seguito da quello che per somiglianza doveva essere suo fratello minore. Lord Leyton venne avanti sorridente e li abbracciò.

“Baelor, Garth” disse loro con una punta di commozione nella voce, “sono felice di rivedervi.”

“Anche noi, padre” rispose Garth, il più giovane dei due, “ma permettimi, quale comandante della guarnigione Tyrell della regina, di introdurti lady Olenna.”

Dalla nave era appena scesa la donna più bizzarra che Sam avesse mai visto. Bassa e grinzosa, con uno strano copricapo verde, e gli occhi di chi non si fa mettere da parte da nessuno. Sam aveva sentito molto parlare della Regina di Spine, ma non aveva mai avuto l’onore di incontrarla. A prima vista ne rimase colpito, ma anche inspiegabilmente intimorito.

“Lady Olenna” esclamò Leyton venendo avanti, “che piacere averti qui. Tutta Vecchia Città è…”

“Sì, sì, certo” tagliò corto l’anziana signora, “credo ci sarà tempo più avanti per i convenevoli. Vogliamo parlare di guerra?”

Leyton era ammutolito, ma riacquistò subito il sorriso. “Hai ragione” assentì a mani giunte, “ci sono novità?”

“Ho passato gli ultimi sette giorni in mare su una nave” sbottò acida Olenna Tyrell, “credi che i gabbiani abbiano fatto piovere notizie per caso insieme ai loro escrementi?”

“Perdonami” si affrettò a scusarsi lord Leyton, “devi essere molto stanca: forse sarebbe meglio se riposassi…”

“Quello che voglio è salvare il mio castello dalle mani di Cersei. Non è quello che vuoi anche tu?”

Leyton aprì la bocca per rispondere, ma Olenna lo zittì subito. “Perfetto” disse voltandosi, “sapevo ci saremmo capiti… Ora, Garth, porta l’esercito alla spiaggia e Baelor, corri a cercare Rakandro… Non voglio nemmeno pensare al tempo che perderemo per scaricare i cavalli di quei selvaggi…”

“Selvaggi?” chiese Leyton interdetto.

“Dothraki” precisò Olenna, “ma non preoccuparti: metà delle leggende su di loro sono false… Solo metà però…” Lord Hightower deglutì a fatica e Sam provò quasi compassione per lui: le storie che circolavano su Olenna Tyrell evidentemente erano tutte vere.

“Nymeria!” stava urlando l’anziana lady “Dove ti sei cacciata? Oh questi giovani… Ehi tu, giovanotto!” Sam si sentì afferrare per la collottola ed emise un suono strozzato. “Vai a prendere i bagagli ad una povera vecchia” proseguì Olenna ficcandogli in mano qualche moneta, “questi sono per il disturbo.”

Sam fissò il denaro incredulo. “M-ma io…” balbettò tentando di trovare un’argomentazione valida, ma Olenna fu più svelta. “Certo, certo” gli disse impaziente, “ne avrai dell’altro, ma ora muoviti!”

Spaventato dal tono autoritario della megera, Sam si precipitò sulla nave ormai deserta, accorgendosi troppo tardi di non sapere neppure dove era ubicata la cabina di lady Olenna. Decise di affidarsi al caso e prese ad aprire tutte le porte. Ispezionò le cabine dell’equipaggio, dei servi e dei soldati, ma nessuna sembrava adatta a fungere da camera per una povera vecchia. Arrivò in fondo al corridoio e, senza nemmeno pensarci, aprì l’ennesima porta sbuffando.

Tutto avvenne così rapidamente che Sam non ebbe il tempo nemmeno di concludere il sospiro. Un attimo prima era in piedi leggermente ingobbito, l’attimo dopo si ritrovava schiacciato a terra senza tanti compimenti.

“Ma cosa diavolo…”

“Zitto” gli intimò la figura che torreggiava minacciosa su di lui. “Sei da solo?” Sam gemette terrorizzato. L’uomo che aveva di fronte era immenso e nella fioca luce del ripostiglio dove si era andato a cacciare appariva ancora più massiccio.

“I-io non v-volevo” balbettò tentando di mettersi a sedere.

“Rispondi” comandò lo sconosciuto mettendogli un piede sul petto, “sei da solo? Sono scesi tutti dalla nave?”

“Sì” rispose tremante Sam, “lasciami andare!” L’individuo si allontanò e Sam balzò in piedi alla massima velocità che il suo corpo grasso potesse consentirgli. “Non dirai a nessuno quello che hai visto” intimò l’uomo voltandogli le spalle, “ora devo andare…” Prima che potesse uscire dalla stanzetta Sam ebbe modo di vederlo in faccia e rimase di stucco.

“Aspetta” gridò, “ma tu sei una donna?!” La figura si girò a guardarlo e Sam non ebbe più dubbi. Ma che ci fa una donna nascosta su una nave? pensò curioso E in armatura per giunta… Poi ebbe un’illuminazione. Che sia mai possibile? pensò incredulo, ma decise di tentare.

“Tu sei Brienne di Tarth, vero?” chiese in tono più spaventato di quanto avrebbe voluto.

La donna parve esterrefatta. “Come fai a…?”

Sam sorrise. “Sei l’idolo di mia sorella Talla” spiegò, ora con più naturalezza, “adora la tua storia e le tue imprese. Soprattutto quella in cui hai sconfitto il tuo promesso sposo a duello spaccandogli un…”

“Non credo sia il momento” tagliò corto Brienne, “devo andarmene da qui.”

“Perché?” chiese Sam “Stai fuggendo?” Brienne lo fissò a lungo negli occhi. “Puoi fidarti di me” l’anticipò Sam intuendo i suoi pensieri, “sono un Guardiano della Notte che vorrebbe diventare maestro: sono abituato a mantenere i miei giuramenti.”

Brienne spalancò la bocca sorpresa. “Un Guardiano della Notte dici?” chiese improvvisamente interessata “Conosci forse Jon Snow?”

Sam sussultò udendo quel nome. “Sì” rispose sulle difensive, “è il mio migliore amico.”

“Samwell Tarly” disse Brienne sgranando gli enormi occhi azzurri, “Jon aveva accennato a un suo amico inviato alla Cittadella. Sei il primo ad aver ucciso un Estraneo, vero?”

Sam arrossì. “Sì” rispose imbarazzato e Brienne sorrise. Poi ridivenne seria. “Ascolta, Samwell…” iniziò, ma Sam la interruppe subito.

“Sam, solo Sam…”

“D’accordo, Sam” assentì Brienne, “devi assolutamente ascoltarmi. Sono fuggita dalla Roccia del Drago dove Daenerys Targaryen mi teneva prigioniera insieme a Davos Seaworth... Immagino tu sappia chi sia…” Sam annuì incredulo: cosa ci facevano Davos e Brienne alla Roccia del Drago? Poi capì. “Vetro di Drago” mormorò, “Davos mi aveva detto che l’isola ne è piena…”

“Aveva ragione” disse Brienne, “ma questa Madre dei Draghi ci ha rinchiusi ed usati come esche.” Sam non dovette neanche chiedere per chi.

“Jon sta andando alla Roccia del Drago” disse guardando Brienne negli occhi, “se Daenerys è così malvagia come dici…”

“Non possiamo fare nulla” ammise Brienne con rabbia, “ma io devo raggiungere il Nord per avvertire lady Sansa.”

Sam strinse le labbra. “Ti aiuterò” promise solennemente tentando di celare il proprio timore.

Aveva ragione maestro Aemon, pensò amareggiato mentre usciva dallo sgabuzzino, un Targaryen solo al mondo è una cosa terribile. E Daenerys non sembrava diversa.

 

Cersei

 

Le lamentele l’annoiavano, dover ascoltare i pianti di quella plebaglia la innervosiva.

“Ti prego, maestà” stava singhiozzando la donna in ginocchio davanti al Trono di Spade, “non portarmi via mio marito: abbiamo tre figli…”

“Risparmia il fiato” l’avvertì Cersei, “o i figli diventeranno due.” La donna ammutolì terrorizzata. Cersei sorrise: niente le dava più gioia della paura altrui. “Tuo marito è accusato di tradimento” continuò spietata, “e la condanna è la morte.”

La donna emise un lamento straziante. “Vostra grazia, pietà” la implorò. “Emmeth si trovava in quella strada per caso, non era uno dei pianificatori della rivolta. Ti supplico…”

Cersei alzò gli occhi al cielo. “Ormai è deciso” disse alzandosi dal Trono, “ti conviene sparire dalla mia vista o passerai la notte in prigione…” Fece un cenno alle guardie che trascinarono via la donna urlante. Per oggi ho chiuso con questi incontri inutili, si disse Cersei sentendosi esausta. Respinse bruscamente i dignitari che le si avvicinarono e tirò dritta verso la torre del Primo Cavaliere.

Tutte formiche, pensò disgustata oltrepassando i nervosissimi cortigiani. Non desiderano altro che una briciola di potere. Cersei si meravigliava quando vedeva che le persone ancora non avevano capito che nessuno avrebbe mai più potuto sottrarre alla regina ciò che le spettava.

La Montagna comparve silenziosa al suo fianco e Cersei si tranquillizzò. Dopo quello spiacevole evento del mercato non faceva neanche tre passi senza assicurarsi di avere le spalle coperte. Dei popolani l’avevano aggredita e l’avrebbero certamente colpita se non fosse stato per il pronto intervento delle guardie. Cersei aveva visto l’odio negli occhi dei suoi aggressori, ma non ne era rimasta sconvolta. Era esattamente quello che voleva loro provassero. Avrebbe solamente dovuto prendere più precauzioni.

Devo difendermi o mi distruggeranno.

Salì lentamente gli infiniti gradini che portavano alla Torre e vide compiaciuta che Qyburn era già all’opera su alcune carte. Era concentrato e le sue labbra avevano assunto una piega amara. Cersei diede un colpetto di tosse e Qyburn sollevò la testa di scatto. “Vostra grazia” esclamò alzandosi subito in piedi, “non ti aspettavo così presto. Non dovresti dare udienza ai popolani a quest’ora?”

Cersei si versò da bere. “Non ne vale la pena” ribatté, “ho cose più importanti da fare piuttosto che perdere tempo con la feccia: minacciano la mia autorità.”

“Nessuno mette in dubbio la tua autorità, vostra grazia” si azzardò a dire Qyburn, “hanno solo bisogno di tempo per accettare la nuova realtà.”

Cersei fece una smorfia. “Ne hanno avuto fin troppo” disse sedendosi al lungo tavolo della Torre, “ma torniamo a noi: ci sono novità?”

Qyburn sospirò. “Sì, altezza” rispose riprendendo in mano le carte, “ma non esattamente delle migliori…” Cersei si incupì: cosa poteva esssere successo ora? Forse non avrebbe dovuto fidarsi di Jaime: in quell’ultimo periodo le era sembrato così strano, così incline al tradimento.

Il giorno della sua partenza non era andata a salutarlo. Aveva osservato l’esercito lasciare la città alle prime luci del giorno, ma si era rifiutata di concedere a Jaime di vederla. Aveva sprangato la porta della sua camera, ingorando le suppliche del fratello.

“Cersei, per favore” l’aveva pregata Jaime battendo i pugni sulla porta, “voglio solo salutarti…”

“Mi saluterai quando tornerai” aveva risposto freddamente la regina, “e sarà meglio che avrai l’esercito Tyrell al tuo seguito.”

“Non hai mai pensato che potrei morire?” le aveva chiesto Jaime “Che potrei rimanere ucciso?”

“E allora fa’ attenzione” l’aveva liquidato con sufficienza Cersei, “e ora va’, se non vuoi che ser Gregor ti accompagni al tuo cavallo.” Poco dopo aveva sentito i passi allontanarsi e aveva sorriso soddisfatta.

Mai mostrare debolezza.

In quel momento però pendeva completamente dalle labbra di Qyburn. “Allora?” lo spronò “Cosa è successo?”

Qyburn parve riscuotersi dal suo torpore. “Un messaggio da Euron” rispose porgendoglielo, “dice che i suoi uomini hanno attaccato la nave di Jon Snow.”

Quel matto ha preso le mie parole alla lettera, si stupì Cersei prendendo il foglio. “E…?” chiese fissando Qyburn.

Il Primo Cavaliere accennò al foglio che Cersei teneva in mano. “Forse è meglio se lo leggi tu stessa, vostra grazia” rispose a bassa voce. Cersei annuì infastidita ed abbassò lo sguardo per tentare di decifrare l’orribile grafia della lettera.

Alla mia regina preferita

Detto fatto! Credo proprio che il tuo piano stia funzionando a meraviglia. Ho la conferma del luogo dove Daenerys ha attraccato: Roccia del Drago. Mica scema la ragazzina! Comunque, come avevi previsto, Snow ha lasciato quattro giorni fa Porto Bianco per andare a trovare la Madre dei Draghi. Che stolto, aveva solo una ventina di uomini! Venti! In ogni caso ne ho inviati quaranta dei miei per stare tranquillo. Tutto alla perfezione, tranne un piccolo dettaglio: Snow ci è scappato e la nave a bruciare è stata la nostra. Non ho idea di quello che sia successo, ma l’unico superstite del mio equipaggio parla di un drago. Cazzate secondo me, ma non si sa mai. Quindi credo di poter affermare che, se questo drago non ha deciso di sceglierlo come spuntino, Snow ha raggiunto la Roccia del Drago. Ora ci siamo nascosti alle Dita ed aspettiamo tuoi ordini.

Euron Greyjoy, Re delle Isole di Ferro

 
Cersei rimase a fissare quelle parole per qualche secondo di troppo. Osa ancora chiamarsi re? pensò sentendo la rabbia montare. Tuttavia si rese conto di avere altri problemi da affrontare.

“Quindi non è riuscito a sconfiggere Jon Snow?” chiese spostando lo sguardo dal foglio a Qyburn. “A quanto pare” rispose il Primo Cavaliere, “però devi ammettere che il suo piano era astuto...”

Lo era, pensò Cersei mordendosi il labbro. Ci mancava pochissimo e io avrei avuto il Nord ai miei piedi.

“Forse” disse invece, “ma in ogni caso non importa: questa sconfitta era prevedibile.”

Qyburn la fissò confuso. “Se posso permettermi di chiedere…”

“No, non puoi” lo zittì Cersei. “Sapevo benissimo che Euron avrebbe fallito, ma ciò metterà in allarme Daenerys Targaryen e la convincerà a non abbandonare l’isola, dandoci più tempo.”

“Roccia del Drago è molto vicina” osservò Qyburn, “come faremo quando deciderà di attaccare?”

“Tu non c’eri quando Stannis assediò Approdo del Re” gli disse Cersei, “non hai visto come lo abbiamo respinto.” Come Tyrion ha protetto la città.

“No, non c’ero” assentì Qyburn, “ma ho sentito storie. E’ stato l’esercito di Tywin Lannister a salvare la città, vostra grazia.”

“E questa volta sarà quello di mio fratello” rispose con calma la regina.

Qyburn appariva combattuto. “Sei sicura che tornerà in tempo?” le chiese con una punta di preoccupazione nella voce. Cersei scoppiò a ridere.

“Certo!” esclamò “L’assedio di Alto Giardino non prenderà molto tempo…”

“Io temo di sì, altezza” la contraddisse in tono cauto Qyburn.

Cersei si voltò a fissarlo. “Di cosa stai parlando?”

Il Primo Cavaliere fece un profondo respiro. “Sembra che Daenerys sia venuta in qualche modo a conoscenza dei tuoi piani” mormorò torcendosi le mani, “e ha inviato una parte del suo esercito a proteggere Alto Giardino.”

Cersei non ci vedeva più dall’ira. “CHI E’ STATO?” urlò balzando in piedi “Chi è che ha detto a quella puttana i nostri piani?”

“N-non lo so, altezza” balbettò Qyburn sudando copiosamente, “pochissimi erano a conoscenza del piano.”

Cersei iniziò a camminare per placare la rabbia. Jaime sapeva del piano, pensò sgomenta, ma si costrinse ad allontanare il pensiero che stava prendendo forma nella sua mente.

“Si arriverà ad uno scontro” stava proseguendo Qyburn con calma, “ma ser Jaime dovrebbe farcela.”

“Ovvio che ce la farà!” esclamò Cersei frustrata “Ma perderemo troppo tempo!”

“E allora richiamalo” suggerì Qyburn, “fallo tornare ad Approdo del Re…”

Cersei scosse la testa. “Non posso” disse sedendosi nuovamente, “ormai la missione deve essere portata a termine.”

Mai mostrare debolezza.

Dopo qualche secondo Qyburn annuì. “Come vuoi, vostra grazia” disse mettendo in ordine le carte, “ma ti consiglierei di scrivere al più presto a Euron…”

“Lo farai tu” disse la regina.

“Ma cosa devo dirgli esattamente?” chiese Qyburn “Di attaccare la Roccia del Drago?”

“Non ancora” rispose Cersei, “digli solamente di tenere d’occhio la ragazzina e il bastardo e di attaccare solo quando avrà la sicurezza di riuscire a vincere. Alla fine almeno un quarto dell’esercito di Daenerys è nell’Altopiano.”

Usare Euron si era rivelato molto più facile del previsto, e Cersei era rimasta stupita dalla strana fedeltà che Occhio di Corvo aveva mantenuto nei confronti dei suoi ordini. Ciò nonostante non si fidava ancora di lui. Può vincere o morire, pensò alzandosi a sua volta e posando a malincuore il calice di vino. Finché raduna i miei mercenari e tiene lontana la Targaryen per me andrà benissimo.

“Molto bene” disse raccogliendo le gonne ed avviandosi verso la porta, “continua a lavorare, Qyburn, e avvertimi qualora ci siano delle notizie particolarmente importanti.”

Qyburn chinò il capo ossequioso. “Sarà fatto, mia regina” rispose con un sussurro.

Cersei accennò un saluto e lasciò la stanza seguita dal silenzioso Gregor Clegane. “Tu aspetta fuori dalla porta” gli ordinò la regina, “voglio stare da sola.”

Entrò nella propria stanza e si versò ancora da bere: era appena mattina, ma aveva già buttato giù più vino che aria. Si affacciò alla finestra e una fresca brezza le accarezzò il volto. Dall’altra parte della città si vedevano le macerie del Tempio di Baelor e Cersei sorrise ripensando alla gioia provata nel vederlo consumato dalle fiamme davanti ai suoi occhi.

Nessuno prenderà il mio Trono, si disse giocando con il calice che aveva in mano. Li ucciderò tutti se tenteranno.

Lasciò cadere il bicchiere ed osservò affascinata il vetro ditruggersi in migliaia di schegge mentre vino rosso si spargeva sul pavimento. Questo era ciò che attendeva i suoi nemici. Ma al posto del vino a scorrere sarebbe stato il loro sangue.



                                                                                                                           "Senza un avversario la virtù marcisce."



N.D.A.


Ciao a tutti e ben tornati! Eccoci arrivati al capitolo di svolta: spero non vi foste aspettati un incontro amoroso tra Jon e Daenerys XD, neppure la serie ha commesso un tale errore... Ancora una volta, nonostante questo capitolo come i precedenti sia stato scritto ben prima dell'uscita della settima stagione, molti punti del primo incontro tra Jon e Daenerys li avevo immaginati simili a come poi la serie li ha dipinti, a partire dalla risata sulla lista di nomi di Dany XD XD Credo però la mia versione sia più drammatica e non solo per la vita di Davos (e in teoria Brienne) a rischio, ma anche per i personaggi stessi. Jon è ben più testardo di come la serie ce lo presenta e per niente aperto a compromessi, avvicinandosi un po' di più alla sua controparte dei libri in questo. Molti di voi avranno trovato Daenerys odiosa e non vi biasimo, ma le sue ragioni per comportarsi in quel modo esistono e hanno anche un qualche senso: il fine giustifica il mezzo per lei, quindi qualche minaccia è ok se si tratta di ottenere gli uomini che le servono a perseguire quello che ritiene un nobile scopo. In ogni caso non dovete pensare che veramente avrebbe voluto distruggere il Nord o uccidere migliaia di innocenti. La sua strategia confidava nel fatto che, davanti a minacce del gere, circa il 75% delle persone capitolerebbe, ma evidentemente con Jon ha fatto male i conti, finendo per complicare una situazione che già era partita malissimo XD

Per la Cittadella invece ribadisco il mio attestarmi al libro cambiando qua e là per bisogno di adattare tutto all'impronta data dalla serie. Quindi Pate (o il finto Pate se volete) non ci sarà, l'ho solo menzionato. Il comportamento di Marwyn però rimarrà lo stesso dei libri e si vedrà meglio in futuro.

Spero davvero tanto che un capitolo così importante vi sia piaciuto e che abbiate apprezzato la mia versione del primo incontro tra Jon e Dany :-) le cose sono partite in modo disastroso tra i due, ma chissà cosa riserva il fato...

Ovviamente confido che tutti abbiate riconosciuto chi si celi sotto Myun XD XD, non era inteso come un plot twist o una grande rivelazione finale ^_^'''' Fatemi sapere che ne pensate! Credete abbia fatto bene? Sansa ha intuito qualcosa? Come cambierà ora la storia?

Come al solito ringrazio tutti i miei fedelissimi recensori che ogni volta mi regalano così tante emozioni. In ordine: NigthLion, Red_Heart86, leila91 (dov'è finito il tuo avatar??? Non riesco più a vederlo :-\), giona, __Starlight__ e Spettro94. Un ringraziamento speciale a Gian_Snow_91 (perchè continui a cambiare nickname? Mi sto confondendo XD XD) che si è buttato coraggiosamente in questa nuova avventura e ovviamente ad Azaliv87 che nonostante tutti gli impegni e ben due storie da gestire riesce sempre a lasciare un (mega) pensiero.


PS: la citazione di oggi è del filosofo romano Seneca e l'ho immaginata in particolare riferendola a Sansa e Daenerys che, in situazioni molto diverse, si ritrovano costrette a farsi valere. Il modo in cui lo fanno però è completamente diverso XD XD



 

 

   
 
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