Capitolo 6
Emma e Roni stavano
ancora camminando nel bosco che fiancheggiava Storybrooke. La prima sperava di trovare un rifugio più
protetto, ma niente faceva al caso loro e la donna sapeva di non poter spingere
la bambina troppo oltre. Si era accorta infatti di come la piccola trascinava i
piedi e ogni tanto si fermava per qualche colpo di tosse.
Si arrese e, trovando un luogo dove gli alberi
erano più numerosi, decise di fare un pausa, non volendo che Roni, nel caso stesse covando l’influenza, si aggravasse
proprio in quel luogo dove lei non avrebbe potuto fare niente.
Si sedette a terra e invitò la bambina a fare
lo stesso, facendole appoggiare la testa sulle sue gambe.
“Emma, ho sete e mi brucia la gola!” disse la
piccola sdraiandosi vicino a lei.
La salvatrice le strofinò la schiena e le disse
di non pensarci. Le propose di dormire, nella speranza che quei fastidi, nel
sonno, si assopissero e che almeno lei riuscisse a recuperare un po’ di
energie.
Durante il loro tragitto Emma aveva visto come
tutto era morto e di come il letto del ruscello che costeggiava Storybroke fosse secco e non sapeva come soddisfare le
necessità sue e della bambina. Più che la fame era la sete a preoccuparla. Meno
bevevano e più rischiavano di disidratarsi. Oltre ad aver camminato a lungo, il
calore emanato dalle varie voragini, nelle quali era presente la lava, rendeva
quel luogo molto caldo, portando le due a sudare parecchio.
Aveva provato a usare la magia per far
comparire cibo e acqua, ma subito questi o essiccavano o evaporavano.
Guardò Roni e vide
che questa si era addormentata. Si sentì sollevata, almeno la piccola avrebbe
potuto dimenticare per qualche istante il casino nel quale erano finite.
Appoggiò la testa all’indietro contro il tronco
al quale era appoggiata e provò a chiudere gli occhi, senza però mai abbassare
la guardia. Le sue orecchie erano aperte per percepire qualsiasi segnale di
pericolo.
Però nonostante gli occhi chiusi, qualcosa
attirò la sua attenzione. Una luce che aveva penetrato non solo l’oscurità di
quel luogo, ma anche le sue palpebre.
Emma voltò il capo e quello che vide la
sorprese. Poco più in là, pochi metri da dove si trovavano lei e Roni, era apparso un albero rigoglioso e verde. Con
delicatezza appoggiò la bambina a terra
e controllando che non ci fosse nessuno
in giro, senza mai perdere Roni di vista, si
avvicinò all’albero.
Era un albero di mele, bello e con frutti rossi
pronti per essere mangiati.
Emma storse il naso. Le mele rosse non erano
mai di buon auspicio, se poi metteva in conto che quell’albero fino a poco
prima non c’era e che si trovava in un luogo dove niente cresceva, qualcosa non
tornava.
Emma si avvicinò ancora indecisa sul da farsi.
La mela era un frutto ricco di acqua e sia lei
che Roni necessitavano del prezioso elemento, ma era ovvio che era una trappola, sebbene non sapeva
dire da parte di chi e perché.
“Allontanati da quell’albero!” disse una voce
alle sue spalle.
Emma si voltò di scatto e si mise in guardia
“Di nuovo tu?” disse quando si ritrovò di fronte lo stesso personaggio di Storybrooke, morto due notti prima o quella prima ancora.
Ormai la salvatrice aveva perso il senso del tempo.
“Quello è l’albero proibito del giardino
dell’Eden. Se mangi i suoi frutti, sarai imprigionata qui per sempre. Non
bisogna mai mangiare o bere niente che si trovi in questo posto. È un luogo che
fa apparire quello di cui hai bisogno, ma è solo una trappola per tentarti e
non lasciarti più andare” disse l’uomo.
Emma immediatamente chiese “e dove siamo
esattamente?”
“Lo hai già inteso salvatrice…siamo
all’inferno!” rispose un’altra voce appartenente alla donna che aveva
precedentemente afferrato Roni, sbucata da dietro un
albero a pochi passi da lei.
Istintivamente Emma volse il capo verso la
bambina e lanciò un’onda di energia magica, verso le due persone che si stavano
avvicinando alla piccola. Erano i due ragazzi visti precedentemente.
L’affiancò per controllare che non le fosse stato
torto un capello e vedendo che la bambina dormiva ancora, minacciò i presenti,
dicendo loro di stare loro lontano, se non volevano che facesse qualcosa di cui
avrebbero potuto pentirsi.
“Non hai ancora capito niente, vero Emma? Qui
non sei in grado di nuocere a nessuno. Siamo tutti morti e finiti nel luogo
peggiore che possa esistere, come pensi che le tue minacce possano
intimorirci?” disse infine un’altra persona avvicinandosi a loro. Era l’uomo di
colore che l’aveva bloccata per evitare che dei demoni scovassero lei e Roni.
“Chi siete voi e come fate a conoscermi?”
chiese la donna, mettendosi davanti alla bambina, senza abbassare la guardia.
“Ti conosciamo salvatrice. Come non potremmo?
Sei tu la causa di tutto questo!” disse la donna.
“Cosa vuoi dire?” chiese Emma sempre più confusa.
“Che il mondo dell’aldilà sta prendendo il
sopravvento sul mondo dei vivi e dato che non è nella natura del paradiso
nuocere ad altri, solo l’inferno sta cercando di estendere il suo territorio e
piano piano, sta prendendo possesso del tuo mondo!” rispose la donna.
“Non siamo a Storybrooke,
ma invece sembra proprio di sì, perché secondo te? Perché presto o tardi, Storybrooke sarà ridotta in questo stato e tutti i suoi
abitanti saranno diventati come noi. Questo è un’anticipazione del futuro. Quando
questo arriverà, niente e nessuno potrà cambiare le cose. Il mondo reale e
quelli delle fiabe, saranno per sempre dominati dalla sofferenza e dall’agonia!”
disse la donna.
“E in che modo tutto questo sarebbe colpa mia?”
chiese Emma confusa.
“Hai giocato troppe volte con l’equilibrio della
natura. La prima volta? Quando hai curato Robin da morte certa a Camelot, senza poi pagare il prezzo della magia. Nessun
altro è morto al posto suo!” disse la ragazza più giovane.
“Killian! Hai voluto
a tutti i costi salvarlo nonostante fosse morto e, giunto nell’aldilà, sei
scesa nel mondo degli inferi e hai fatto sì che Ade si liberasse dalla sua
prigionia impostagli da Zeus e a tua insaputa hai risvegliato forze che il dio
degli inferi teneva a bada per l’equilibrio delle cose. Re Artù è durato poco a
capo di questo regno prima che venisse lanciato nel fiume delle anime perse da
dei ribelli!” disse l’uomo di colore.
“Tremotino! Anch’egli
era morto e tu l’hai riportato in vita e anche in questo caso non è mai stato
pagato il prezzo della magia!” disse invece il ragazzo.
“Infine di nuovo Robin. Non lo hai riportato in
vita, ma hai fatto sì che non venisse ucciso e lo hai trasportato in un altro
tempo. Anche qui senza alcuna conseguenza. Non ti è sembrato strano?” chiese
l’uomo di Storybrooke.
Emma abbassò la testa senza sapere cosa
rispondere. In effetti qualche domandina se l’era posta, ma vedendo che tutto
per anni si era svolto tranquillamente, non si era posta il problema. Pensava
semplicemente che le cose si fossero sistemate da sole.
“Anche io sono morta per mano di Gideon e anche Killian sei anni
fa, per non parlare di mia figlia quando non era ancora nata. Anche noi abbiamo
portato a questo squilibrio?” chiese Emma.
“No, voi siete stati riportati in vita dalla
luce, dalla magia del vero amore che può farlo senza che vi siano conseguenze.
Infatti non abbiamo citato la morte di Henry, quando all’età di 28 anni giunsi
a Storybrooke e lo risvegliasti con il bacio del vero
amore. Lo squilibrio si è verificato quando un essere umano ha voluto superare le leggi della natura per il suo
torna conto e ora tutto il mondo sta pagando le conseguenze!”
Emma guardò l’uomo spaventata “Se è colpa mia
perché prendersela con tutti e non solo con me?”
“Gli inferi hanno sempre voluto dominare il
mondo e tu gli hai fornito l’occasione su di un piatto d’argento!” disse la
donna.
“Prima mi avete fatto intendere che c’è ancora
possibilità per impedire ciò che accada, come?” chiese la donna.
“Non sarà facile, soprattutto perché come vedi
tutto è già iniziato. Come avrai notato, a differenza delle altre anime, noi
siamo ancora lucidi e noi stessi. Siamo feriti si, perché abbiamo l’aspetto di
quando siamo morti, ma non siamo ancora dannati, cosa che accadrà presto se non
ci aiuti. Noi non dovremo trovarci qua. Non eravamo dei santi, ma nemmeno
persone malvagie da meritarci questo ed è questa la motivazione per cui stiamo
parlando con te. Ormai chi muore, è destinato a finire all’inferno, perché è
già presente in tutti i mondi, solo non ancora percepibile da chi non ha
poteri che possono superare le
barriere tra i mondi, come la magia di
un salvatore. Lo dimostra il fatto che tutti noi, morti da poco, proveniamo da
terre diverse e siamo tutti qui. Io mi chiamo Walter e vengo da Storybrooke
come tu sai!”
“io sono Alvin e vengo da Oz!”
disse l’uomo di colore.
“Io sono Sarah ed ero una dama di compagnia
della regina bianca nel paese delle meraviglie!” disse la ragazza.
“Io sono Lucas, un ragazzo sperduto dell’isola
che non c’è!” disse il ragazzo.
“Infine io sono Leuca, vengo dalla foresta
incantata, abitavo nel regno che sarebbe dei tuoi genitori, se abitassero
ancora lì!” disse infine la donna.
“Come vedi, persone diverse di regni diversi,
morte all’incirca nello stesso momento, tutte giunte nel medesimo posto di
dolore e ci affidiamo a te salvatrice. Salvaci e salva tutti!”
Emma non sapeva
cosa dire. Aveva mille domande e tutte le giravano nella testa,
confondendola senza riuscire a mettere insieme una frase di senso compiuto.
Per sei anni si era illusa che il suo ruolo di
salvatrice era terminato, che ormai avrebbe potuto vivere in pace…speranza
ormai andata in frantumi.
“Emma!” si sentì dire dietro le spalle, mentre
vedeva Roni avvicinarsi a lei e aggrapparsi alla sua
gamba, impaurita da quegli esseri.
Poggiò una mano sulla sua testa per
accarezzarla e assicurarla. Sperava che non si svegliasse, prima di aver
chiarito la faccenda. Non voleva spaventare la bambina più di quanto non fosse
e farle sapere che, se non riusciva nel suo ruolo, tutto quello che la
circondava, sarebbe diventato reale.
Sospirò rassegnata.
“Come posso fermare tutto questo?” chiese Emma.
Walter fece per parlare, ma qualcosa accadde,
che sorprese i presenti. Qualcosa si manifestò tra le cinque anime e le
salvatrici.
All’inizio non era chiaro cosa fosse, ma quando
questa prese corporeità, Emma si sentì mancare l’aria.
“Alice!” disse la donna con voce tremula.
L’interpellata aprì gli occhi a sentire il suo
nome “Mamma?” disse correndole incontro.
“Come sei arrivata qui?” chiese la donna,
abbracciando la figlia, sconsolata però all’idea che ora anche lei fosse
intrappolata li dentro.
“Io? Io…bhe questo è
un sogno…mi sono addormentata e basta!” disse la bambina per poi notare l’amica
“Roni? Anche tu sei nel mio sogno?”
“Questo non è un sogno!” disse la bambina “Vero
Emma?”
La donna non sapeva cosa rispondere. Sapeva che
Alice risvegliandosi non si sarebbe ricordata di quel luogo e voleva che
rimanesse cosi.
Poi sentì nuovamente Roni
tossire “Emma, la gola mi fa veramente male, voglio andare a casa, voglio la
mamma!” disse la piccola con gli occhi lucidi.
La donna si morse il labbro.
“Dovete muovervi a uscire di qui, l’aria in
questo posto non è respirabile a lungo per i vivi!” disse Leuca, provando pena
per la bambina.
Alice, invece, girandosi e vedendo le cinque
anime, si spaventò e anche lei corse a nascondersi dietro la madre.
Emma guardò la donna spaventata e fissò
nuovamente Roni che aveva preso nuovamente a tossire
e solo in quell’istante, quando si concentrò sul suo respiro, fece caso che
anche lei provava un certo fastidio alla gola, sebbene non ai livelli della
piccola.
Rassegnata, si piegò all’altezza di Alice e
disse “Adesso ascoltami bene tesoro. Questo per te è un sogno, ma per me e Roni è reale e siamo intrappolate qui con la mente, ma i nostri
corpi sono a Storybrooke. Cerca di sforzarti di
ricordarti questo sogno e chiedi a papà e Regina di trovarci e di aiutarci,
prima che sia troppo tardi!”
La bambina la guardava spaventata e cominciò ad
agitarsi e guardare lei e Roni “Troppo tardi?”
Emma si diede della stupida per le parole usate
e spostando una ciocca bionda dal viso della figlia le disse dolcemente “Andrà
tutto bene, stai tranquilla, ma riferisci quanto ti ho detto a papà. Noi ci
vediamo presto. D’accordo?”
La bambina annuì.
“Brava amore, ora devi svegliarti!” disse Emma.
Alice la guardò e strinse gli occhi e quando li
riaprì notò che era ancora lì insieme alla madre.
“Non ci riesco!” disse la bambina preoccupata.
Emma sospirò. Temeva che sarebbe accaduto. Se
per scappare da un incubo, bastava volerlo, lo avrebbe fatto già mille volte.
Doveva attendere che il sonno passasse o che qualcuno o qualcosa la svegliasse.
Se era vero che la bambina si era addormentata, non essendo la tipa di fare
sonnellini pomeridiani, significava che nel mondo reale erano più o meno le
22.30 di sera, forse più tardi se la bambina avesse preso a sognare parecchio
dopo che il sonno l’avesse accolta.
“Non importa, quando sarà il momento ci
riuscirai!” disse Emma, la quale successivamente chiese alle bambine di rimanere
un attimo lì, in compagnia delle cinque anime, mentre lei faceva una cosa.
Le bambine guardarono i cinque tipi e avrebbero
voluto protestare, ma quando videro Emma andare dietro a un albero, pensarono
che avesse bisogno di andare in bagno.
Emma aveva bisogno un attimo di privacy, ma non
perché la natura chiamava, ma perché si
dovette spogliare rimanendo in reggiseno, per qualche istante per togliersi la
sua t-shirt, dopo di che si rimise la sua giacca di pelle, chiudendo la
cerniera fino in cima, dato che le mancava un capo di abbigliamento e con la
maglietta in mano tornò dalle bambine.
Tutti la guardarono confusi, ma alle anime fu
chiaro appena la videro strappare la stoffa dell’indumento.
“Tenete, respirate con questo sul volto, così
che meno aria tossica vi entri nei polmoni!”
Emma non sapeva quanto quel metodo potesse essere
efficace se quella era proprio l’atmosfera di quel luogo, ma sperava che
qualche cosa potesse fare.
La salvatrice si sedette nuovamente contro
l’albero, questa volta stringendo a sé entrambe le bambine, ma non aveva
dimenticato il discorso che aveva intrapreso con le cinque anime.
“Allora, di quanto abbiamo parlato prima, come
posso porvi rimedio?” chiese la donna.
I cinque si guardarono e Sarah disse “Devi
ristabilire l’equilibrio che si è spezzato fra il mondo reale e l’aldilà,
chiudere la porta che ha sempre separato i due mondi!”
Emma stava per chiedere maggiori informazioni,
quando però dai ruggiti si udirono nell’aria.
“Queste sono le arpie, correte!” disse Lucas
correndo via spaventato insieme agli altri.
Emma si alzò immediatamente in piedi e afferrando
le mani della bambine, iniziò a correre.
Non sapeva esattamente dove stesse andando, ma
poco le importava, ora la cosa fondamentale era mettere al sicuro la bambine.
La donna guardò sopra di lei, nel cielo rosso sangue e vide chiaramente una
decina di arpie volare sulla sua testa e ne vide una in particolare buttarsi in
picchiata verso di loro.
Emma si fermò e lasciando andare le mani delle
piccole, che urlavano spaventate nel vedere quell’essere piombare su di loro,
alzò le mani in cielo e caricò un colpo di magia, che andò a colpire in pieno
quell’essere, che venne scaraventato via, ma questo scatenò l’ira delle altre
arpie che cominciarono ad attaccare senza sosta.
Emma creò un incantesimo di protezione intorno
alle bambine. Non sapeva se la sua magia poteva tenere lontani a lungo quei
mostri, ma per il momento vedeva che almeno le bambine erano al sicuro da loro,
in quanto la barriera le difendeva dagli attacchi diretti verso di loro ai
quali Emma non poteva rimediare, ritrovandosi da sola, contro dieci esseri,
resistenti, perché la prima arpia abbattuta, era ritornata alla carica.