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Autore: inzaghina    30/07/2018    14 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
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Capitolo 4 – Faith is a funny thing
 
“At the end of the day, faith is a funny thing.
It turns up when you don't really expect it.
It’s like one day you realize that
the fairy tale may be slightly different than you dreamed.
The castle, well, it may not be a castle.
And i’ts not so important happy ever after,
just that it’s happy right now
See, once in a while, once in a blue moon,
people will surprise you. And once in a while,
people may even take your breath away.”
Zane Grey
 
 
Audrey Lavall adorava arrivare presto in ufficio, sistemare le scartoffie con calma e poi concedersi una bella colazione.
Quel martedì di maggio non aveva fatto eccezione.
La ragazza era seduta alla scrivania, aveva appena finito di sistemare i documenti lasciati in sospeso il giorno precedente, quando, l’aroma del caffè messo su dalla sua collega d’ufficio, la riportò con la memoria ad un evento dell’autunno precedente.
La ragazza infatti, ricordava perfettamente il suo primo incontro con Percy Weasley, che aveva reputato un ragazzo timido ed un po’ secchione. Le ci era voluto un po’ di tempo per scoprire che quella di Percy era, in realtà, una facciata costruita con attenzione nel tempo, troppo orgoglioso per ammettere di aver sbagliato con la sua famiglia.
Audrey, che di fratelli ne aveva solo due, non riusciva ad immaginarsi come doveva essere stato crescere in una famiglia con ben sette figli. Le risultava chiaro però, che una personalità tranquilla e remissiva come quella di Percy si sarebbe trovata un pochino sottomessa da quelle ben più esuberanti dei suoi fratelli.
Certo, non si erano certo incontrati nel momento più facile delle loro vite, ma, ora che si erano lasciati la Seconda Guerra Magica alle spalle, la ragazza si augurava che Percy continuasse a far parte della sua vita. Perché, quel ragazzo occhialuto ed un po’ saccente, sapeva farla ridere e la faceva fantasticare sulla possibilità un futuro, che non aveva affatto considerato possibile solo mesi prima.
 
In fila davanti al carrello della colazione, un mattino di novembre, Audrey sbadigliava, occhieggiando l’ultimo muffin al cioccolato, sperando ardentemente che nessuno lo acquistasse prima di lei.
Trasse un sospiro di sollievo, quando una strega bionda scelse proprio quel muffin, per poi virare su uno ai mirtilli.
Mancava solo il ragazzo riccioluto di fronte a lei, Audrey incrociò le dita, le sembrava più un tipo da biscotti secchi o da vaniglia.
Rimase estremamente delusa quando il ragazzo invece, scelse il suo muffin.
Non riuscì ad impedirsi di sbuffare delusa :“come iniziare male la giornata!” bofonchiò tra sé e sé, cercando di capire cos’altro avrebbe potuto scegliere.
Lui si girò, osservandola dietro alle lenti degli occhiali. “Hai forse detto qualcosa?” le chiese, in tono gentile.
“Nulla,” si affrettò a rispondere, lui la fissò curioso ed Audrey si sentì obbligata a continuare: “speravo proprio di poter addentare quel muffin...” confessò infine.
“Oh, allora puoi averlo,” rispose lui, girandosi di nuovo verso la strega dietro al bancone, “ho cambiato idea, può darmi il biscotto al burro di arachidi e gocce di cioccolato? Il muffin lo prenderà la signorina dietro di me…”
La donna fece quanto richiesto ed Audrey toccò Percy sulla spalla per richiamare la sua attenzione: “grazie davvero, mhh… non credo di averti mai visto.”
“Sono Percy e, sicuramente non ti ho mai visto o mi ricorderei di te…” mormorò, mentre le orecchie gli andavano in fiamme.
Lei gli sorrise, prendendo il suo muffin e un caffè e decidendo di seguirlo ad un tavolino lì vicino.  
“Non capisco perché tutti siano convinti che alle ragazze piaccia ricevere fiori...”
Percy aveva stretto le spalle, addentando il suo biscotto. “Credo che sia una credenza che si è ben consolidata nel tempo.”
“Se vuoi farmi felice portami un muffin fatto in casa, dei biscotti, o, meglio ancora, dei cioccolatini…” aveva ridacchiato lei.
E Percy le aveva sorriso, un sorriso pieno che aveva coinvolto anche gli occhi azzurri, facendoli risplendere nell’atrio tetro del Ministero.
I seguaci di Voldemort avevano ottenuto il potere, gli unici che potevano lavorare tranquillamente erano i Purosangue, ma questo non significava che si dovessero dare per vinti.
 
“Si può?” chiese la voce dell’oggetto dei suoi pensieri, entrando.
Gli occhi di Audrey s’illuminarono. “Quello sono fatti in casa?” domandò, deliziata.
“Si, li ha fatti mia madre,” confermò, poggiando il sacchetto sulla scrivania.
“Allora vado a prendere due tazze di caffè, tu accomodati…”
I due fecero colazione insieme, come ormai capitava piuttosto spesso, e, quando il caffè fu terminato, Percy si schiarì nervosamente la gola.
“Tutto bene?” chiese la ragazza, sinceramente preoccupata.
“S-si… certo,” rispose lui, “ma avrei un favore da chiederti.”
“Dimmi tutto,” ribatté Audrey, sorridendogli.
 
***

Quel pomeriggio il sole splendeva alto nel cielo e Harry si stava godendo la sensazione di libertà che solo il volo gli sapeva dare. L’aria gli scompigliava i capelli già disordinati, il sole gli rendeva impossibile vedere con chiarezza intorno a sé, ma Harry non si sentiva così da mesi. Nel giardino della tana c’era una partita di Quidditch da organizzare, una cosa che sarebbe stata impossibile da pensare solo un paio di giorni prima...
Ci erano voluti svariati minuti, ma Ginny era riuscita a convincere anche George a partecipare, creando così due squadre pressoché equivalenti: lei, Ron e Harry contro Bill, Charlie e George. Essendo solo tre contro tre, avrebbero giocato solo con Ron e Bill nel ruolo di Portieri e con Harry e Charlie che avrebbero svolto sia il ruolo di Cacciatore che quello di Cercatore. Poco prima del fischio d’inizio, Harry si ritrovò accanto la ragazza che gli impartiva ordini sottovoce.
“Tu sarai anche stato il più giovane Cercatore del secolo, Potter,” gli bisbigliò affiancandolo, “ma la Cacciatrice più forte in questo gruppo sono io…”
“Come siamo competitive, Weasley,” ribatté lui, sorridendole lieve.
“I miei fratelli più grandi non mi hanno mai visto giocare e ci tengo a far bella figura…” disse con semplicità la rossa. “E poi, chi lo sa, potrei essere anche Capitano nel mio ultimo anno ad Hogwarts,” concluse.
“Sarebbero pazzi a non affidare la spilla a te,” si mostrò d’accordo lui. Ginny sorrise, prima di scendere nel dettaglio del suo piano d’attacco per sconfiggere gli altri tre. Harry non rimase affatto stupito dalla risolutezza e dalle idee della ragazza e si preparò a cominciare la partita.
Hermione aveva accettato di fare da arbitro, pur scegliendo di rimanere ben salda a terra ed aver ricordato loro che non conosceva molto bene le regole del Quidditch.
“Sentirti dire che non conosci qualcosa è così strano,” le confessò Ron. La riccia scosse solamente la testa, scegliendo di non rispondere, parte della sua mente già concentrata su come avrebbe organizzato in viaggio in Australia.
“Sai che andrà tutto bene, vero?” mormorò il ragazzo, avvicinandosi a lei, prima di montare sulla scopa.
“Lo spero, Ron,” ribatté lei.
“Io invece lo so,” la rassicurò lui, “stasera vedremo cosa ci dirà questa Audrey.”
“Spero solo che potranno perdonarmi,” sussurrò infine lei, mordicchiandosi l’interno della guancia.
“Lo hai fatto per salvarli,” le ricordò Ronald, lasciando cadere la scopa per sedersi al suo fianco, “capiranno sicuramente e non ci sarà proprio nulla che ti dovranno perdonare.”
La ragazza lo osservò di sottecchi, quasi come se lo vedesse per la prima volta, “mi piace questa versione di te più sicura…” gli confessò poi.
“Oh beh, sai com’è… una certa ragazza mi ha consigliato di avere più fiducia in me stesso…” celiò, mentre i suoi occhi azzurri s’illuminavano.
“Davvero?” stette al gioco lei. “E chi sarebbe questa ragazza?”
“Oh, solo la strega più brillante della sua età,” rispose lui, prima di posare le labbra su quelle di lei.
Hermione rispose con entusiasmo al bacio, affondando le sue mani tra i capelli di Ron. “Buona fortuna,” sussurrò poi, facendolo ritornare con la mente alla mattina della sua prima partita al quinto anno.  
“Potrei non averne bisogno,” sogghignò il rosso, “mia sorella è ben più che agguerrita!” esclamò poi, facendole l’occhiolino e riuscendo a farla ridere di cuore.
 
Molly e Fleur erano sedute sotto al portico, la donna più anziana stava spiegando alla nuora alcuni trucchi per migliorare i suoi incantesimi domestici. La giovane francese infatti, adorava prendersi cura della casa e apprezzava la dedizione che Molly aveva per la sua famiglia, pur non volendo rinunciare a lavorare. Condividendo i segreti di famiglia con la ragazza, Molly si ritrovò a riflettere su come, nella vita, le sorprese erano sempre in agguato. Quando aveva conosciuto la Campionessa di Beauxbaton, aveva pensato che fosse una ragazza bella, ma piena di sé, che non si fermava davanti a niente, ma che fosse attratta solo dall’aspetto fisico del suo primogenito. Non aveva biasimato Bill per essere rimasto vittima del suo fascino, ma aveva avuto timore che la francesina fosse troppo vanesia e non pronta ad affrontare la guerra che incombeva sulla comunità magica. La matriarca Weasley era stata ben contenta di aver commesso un errore di valutazione. Sin da prima dell’attacco che Bill aveva subito, era stato chiaro che a Fleur non interessavano le opinioni altrui, era una donna forte, senza alcuna paura di dire quello che pensava e di combattere per quello in cui credeva.
E Molly non aveva alcuna remora nell’ammettere di essersi sbagliata.
“Grazie di tutto, Molly,” mormorò la ragazza, osservando i ferri della suocera produrre un minuscolo maglione di un azzurro acceso.
“Sono contenta di poterti aiutare, cara,” rispose l’altra, posandole una mano sul braccio.
“Maman non è mai stata molto brava con questi incantosimi”
“Ci vuole solo un po’ di pazienza, sono convinta che te la caverai alla grande,” la rassicurò Molly, guardando con occhio critico l’indumento che stava sferruzzando e fantasticando sul domani in cui avrebbe preparato maglioni per i suoi nipoti, i figli di Bill in primis, “dici che gli andrà bene?” chiese poi a Fleur.
“Ponso di sì,” confermò la ragazza.
“Sono felice che Andromeda abbia accettato il nostro invito.”
“Anche io,” annuì la bionda. “Teddy est tres adorabile.”
 
Dopo un’oretta di partita serrata, finalmente fu avvistato il boccino. Harry e Charlie lo notarono quasi contemporaneamente, lanciandosi all’inseguimento della piccola pallina dorata. I due si tallonavano, entrambi cercando di superare l’altro, ma non riuscendo nell’impresa.
Gli altri osservavano i due, cercando di capire chi sarebbe uscito vincitore dal confronto. Con un ultimo sforzo, Harry si spinse sulla punta della scopa, allungando il braccio destro fino a sfiorare la pallina e chiuderla tra le dita.
“Harry ha preso il boccino!” esclamò Hermione. “La sua squadra vince 280 a 120.”
“Sei davvero bravo, Harry,” si complimentò Charlie, “non penso che avrei superato le selezioni contro di te.”
“Non la metterei giù così dura,” rispose il ragazzo, sorridendogli.
“Non sei affatto male, Potter!” esclamò Ginny, raggiungendoli.
“Me la cavo, eh?!” esclamò lui, inarcando divertito le sopracciglia.
“Tu sei un portento, sorellina,” disse Charlie, strizzandole l’occhio.
“Ho imparato dai migliori,” sorrise lei, “voi non ve ne accorgevate, ma osservavo ogni vostra mossa e carpivo i vostri segreti.”
“I risultati si vedono alla grande,” confermò Bill.
“Ci hai fatti neri, sorellina!” esclamò George, concedendole un sorriso.
“Spero sia di buon auspicio per il prossimo campionato.”
“Mi mancherà il Quidditch,” commentò Ron, spingendosi un ciuffo di capelli lontano dagli occhi.
“Anche a me,” concordò Harry, ritornando con la mente a quando ne aveva scoperto l’esistenza.


“Potter, questo è Oliver Baston. Baston... ti ho trovato un Cercatore.”
“Dice sul serio, professoressa?” 
“Ci puoi giurare. Il ragazzo ha un talento naturale. Non ho mai visto niente di simile. Era la prima volta che salivi su un manico di scopa, Potter?”

“Ha afferrato quella palla con una mano sola, dopo una picchiata di venti metri. E non si è fatto neanche un graffio. Neanche Charlie Weasley ci sarebbe riuscito.”
“Hai mai assistito a una partita di Quidditch, Potter?”¹
 
***

Audrey era intenta ad osservare le lancette dell’orologio a parete scorrere inesorabili.
“Si può sapere che hai?!” la voce di Sally Davies si fece strada a fatica tra i suoi pensieri, distogliendola, finalmente dalla parete.
“Tra dieci minuti arriva Percy…”
“Ti ha finalmente chiesto di uscire?” si entusiasmò la collega.
La mora scosse la testa. “Figurati! Perché avrebbe dovuto?!”
“Perché è cotto di te,” ribatté l’altra, in tono ovvio.
“Ma che dici?” domandò Audrey.
“Viene qui a portarti la colazione almeno tre volte a settimana… un ragazzo non lo farebbe mai se non fosse interessato e se, soprattutto, non credesse che anche tu lo fossi,” la incalzò la bionda, incrociando le braccia ed inarcando un sopracciglio.
Audrey alzò le braccia al cielo in segno di resa. “Ok, hai ragione! Ammetto che mi piace, ma è così timido che non so se si farà avanti…”
“E cosa ti impedisce di farlo al suo posto, scusa? Siamo nel ventesimo secolo, in caso non te ne fossi accorta,” ridacchiò l’altra.
“Ricordami perché siamo amiche io e te?!” chiese Audrey, facendo una smorfia.
“Perché non sopravvivresti mai senza i miei ottimi consigli,” ghignò Sally.
Audrey scosse la testa, ridendo. “Potrei ascoltare il tuo consiglio,” sussurrò poi.
“Fallo! La vita è troppo breve per aver paura di buttarsi… e poi, te lo ripeto, quel rosso è cotto di te!” l’amica le posò una mano sulla spalla, come ad incoraggiarla, “ma se non uscite per un appuntamento, mi dici perché vi vedere questa sera?”
“Suo fratello ed una sua amica hanno bisogno di aiuto per un viaggio internazionale, così lui ha pensato di chiedere a me.”
“Tutta una scusa per vederti dopo il lavoro,” ridacchiò Sally, “forse potrebbe addirittura baciarti di sua spontanea volontà,” rifletté, grattandosi il mento.
“Facciamo che eviterò di farvi incontrare o tu lo spaventerai.”
“Come puoi non fidarti di me?!” chiese la bionda, fingendosi offesa.
“E chi lo sa?!” ridacchiò l’altra, alzandosi finalmente in piedi. “Raggiungerò io Percy nel suo ufficio, tanto non sto più combinando nulla da un po’…”
 
Dieci minuti più tardi i due si erano messi in coda per la Metropolvere.
“Non possiamo andare direttamente a casa dei tuoi, volevo prendere dei fiori a tua madre!” esclamò Audrey.
“Credevo che non amassi i fiori,” rispose il ragazzo, osservandola stupito.
“Io non li amo, ma non posso nemmeno presentarmi con un dolce, non credi? Tua madre ne fa di ottimi, sarebbe stupido che glielo portassi io…”
“Non capisco davvero la ragione della tua agitazione.”
Audrey scosse la testa. “Sei proprio un maschio,” ridacchiò. “Passiamo da Diagon Alley, così prendo qualcosa per tua madre, ci vediamo al Paiolo Magico,” gli disse, senza dargli tempo di ribattere.
 
***
 
Mezz’ora più tardi i due si erano smaterializzati nel giardino antistante la Tana.
“La mia famiglia è piuttosto…” Percy prese una pausa, cercando la parola più adatta, “inusuale e caotica, ecco” concluse, grattandosi la testa.
“Me lo hai già detto,” sorrise Audrey, “sono sicura che sopravvivrò,” aggiunse, prima di bussare.
La porta venne aperta da Charlie, che fece un enorme sorriso all’ospite, “benvenuta alla Tana,” le disse, spostandosi per lasciarli entrare.
Audrey ricambiò il sorriso, presentandosi e chiedendo scusa se non avrebbe imparato subito i loro nomi. Raggiunse Molly e le porse il mazzo di gerbere gialle che aveva scelto per lei.
“Oh, sei stata così cara,” sorrise la donna, prima di abbracciarla e darle il benvenuto.
“Percy, offrile qualcosa da bere,” aggiunse, prima di cercare un vaso per i fiori, “dovremo aspettare ancora un po’ per la cena, temo…”
“Non c’è alcun problema, posso aiutare?”
“Gli ospiti non devono aiutare, mia cara…”
“Già, solo i suoi figli vengono trattati come elfi domestici,” borbottò a mezza voce Ron, che si beccò un’occhiataccia da Hermione.
“Audrey, lui è mio fratello minore Ron e questa è Hermione, che avrebbe bisogno del tuo aiuto.”
La riccia strinse la mano alla nuova arrivata, ringraziandola per la disponibilità, prima di esporle il suo problema.
Audrey ascoltò con attenzione, rimanendo solo leggermente stupita dalla coraggiosa scelta compiuta dall’altra ragazza, da quello che aveva saputo di lei da Percy, Hermione Granger non era tipo da arrendersi facilmente.
“So che probabilmente ho infranto numerose leggi, obliviando i miei genitori e spedendoli all’altro capo del mondo,” Hermione stava parlando così veloce che perfino Percy faceva fatica a seguirla, “ma spero davvero che mi potrai aiutare a recuperarli.”
Prima che Audrey potesse rispondere, Ron prese una delle mani di Hermione nella sua. “Cerca di star calma e di sentire cosa ci dice Audrey, prima di pensare il peggio, che ne dici?”
Hermione si limitò ad annuire, stringendo forte la mano di Ron ed osservando Audrey con occhi attenti.
Harry e Ginny li raggiunsero, sedendosi accanto ai due amici, ponendo Audrey al centro dell’attenzione.
“Per quanto riguarda le leggi infrante davvero non saprei, ma sono più che convinta che, considerando le circostanze in cui ti trovavi, la tua scelta sia stata la migliore per poter proteggere i tuoi genitori.”
Hermione tentò di ricambiare il sorriso della ragazza mora, che proseguì: “per quanto riguarda l’organizzazione di una Passaporta internazionale per raggiungere i tuoi genitori non dovrebbero esserci problemi, tu sei pur sempre un’eroina del Mondo Magico del resto… mi sentirei di consigliarti di parlarne con gli Auror, perché possano chiedere ai loro colleghi australiani di rintracciare i tuoi genitori, in modo che tu ti possa ricongiungere a loro facilmente.”
“La Passaporta la potresti organizzare anche per me?” domandò Ron, conscio che Hermione stesse processando le nuove informazioni.
“Certo, come sapete una Passaporta può trasportare un gruppo di persone nello stesso momento.”
“E poi dovremmo tornare sempre via Passaporta?”
“Sarebbe una tua scelta, se pensi che ai tuoi andrebbe bene lo potremmo fare, oppure potreste tornare in aereo.”
“Cos’è un areo?” chiese Ron, decisamente allarmato.
“Un aereo è un mezzo di trasporto babbano che vola,” gli spiegò Harry.
L’amico sbarrò gli occhi, riuscendo a far ridere sia Harry che la sorella, “penso ce una Passaporta sia preferibile.”
“E io penso che dovremmo compiere la scelta preferibile per i miei genitori,” ribatté Hermione, inarcando un sopracciglio.
“Direi che potreste chiedere consiglio a Kingsley,” suggerì Harry, che ben conosceva gli scambi d’opinione dei suoi migliori amici.
Entrambi annuirono, prima che Hermione si rivolgesse nuovamente ad Audrey, “quali sono le tempistiche per la creazione di una Passaporta internazionale?”
“Ci vogliono tre giorni lavorativi,” rispose l’altra, “non appena avrai localizzato i tuoi ci potremo mettere all’opera.”
“Ti ringrazio davvero tanto,” disse la Grifondoro.
Audrey ricambiò il sorriso. “Figurati, è stato davvero un piacere.”
Un nuovo bussare alla porta riscosse i presenti, George fu il più veloce e si ritrovò un fagottino addormentato, dai fini capelli azzurri, tra le braccia.
“Scusami George, ma stavano per cadermi queste,” mormorò Andromeda Tonks, facendosi strada verso la sala con due scatole chiaramente alleggerite magicamente.
Le posò di fronte ad Harry, salutando il gruppo di ragazzi. “Ho raccolto le cose di Remus, qui ci sono i suoi ricordi di scuola e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averli.”
Harry balzò in piedi ed abbracciò la donna. “Grazie davvero,” mormorò, stringendola a sé.
Lei ricambiò l’abbraccio, ricacciando indietro le lacrime. Sua figlia e suo genero avevano chiaramente compiuto la scelta giusta, nominando questo ragazzo come padrino del suo Teddy. Harry non aveva esitato a prendersi le sue responsabilità, prendendo da parte la donna dopo il funerale di Remus e Tonks, e dicendole che sarebbe stato una figura molto presente nella vita di Teddy, come Sirius non aveva potuto essere per lui.
Un pianto lieve interruppe l’abbraccio tra i due, che si voltarono subito verso un intimorito George, “non ho fatto niente, lo giuro,” biascicò, osservando la nonna del piccolo.
“Ne sono sicura,” sorrise lei. “Teddy si sarà solo accorto di essere in un ambiente nuovo,” aggiunse, avvicinandosi. Prima che lo potesse prendere in braccio però, una voce la riscosse. “Posso?” Fleur osservava la donna con occhi luminosi e un sorriso radioso.
“Ma certo che puoi, cara,” si affrettò a dirle, guardando la ragazza prendere Teddy tra le braccia con infinita tenerezza e sorridergli, prima di voltarsi verso il marito ed esclamare: “guarda, Bill! Teddy ha changé il colore dei capelli.” L’uomo si avvicinò ai due, accarezzando la testa del piccolo, che li osservava interessato.
E Andromeda Tonks si ritrovò di nuovo a ricacciare indietro le lacrime, alla vista dei capelli color gomma da masticare.
Audrey Lavall guardò di sottecchi Percy Weasley, che aveva gli occhi lucidi mentre osservava il fratello maggiore e la cognata stringere Teddy, con Fleur che gli cantava una melodia francese.
Prima che Molly li richiamasse per la cena, la donna raggiunse Andromeda. “Era tantissimo tempo che non facevo qualcosa di così piccolo,” le disse, porgendole una scatola bianca piena di vestitini per Teddy. L’altra affondò le mani nella moltitudine di maglioncini, pagliaccetti, cappellini e sciarpe colorate, prima di sollevare lo sguardo fiero sulla matriarca Weasley. “Sapevo che, scegliendo Harry come padrino, Teddy avrebbe guadagnato la famiglia numerosa che la mia Dora non ha avuto il tempo di costruirsi…” disse, abbracciando l’altra donna.
 
Quando Percy riaccompagnò a casa Audrey, molto più tardi quella sera, la ragazza rise mentre lui finiva di raccontare uno degli scherzi più assurdi architettati dai gemelli.
“Grazie davvero per stasera,” gli disse, avvicinandosi alla porta del suo appartamento.
“Grazie a te,” mormorò lui, avvicinandosi titubante, “mi chiedevo se…”
“Se?”
“Se ti andrebbe di uscire con me una sera di queste…”
“Credevo non lo avresti mai chiesto!” esclamò la mora, attirandolo a sé per il tanto agognato primo bacio.

 
 
¹ Citazione da “Harry Potter e la pietra filosofale”
 
Nota dell’autrice:
Buonasera a tutti! Innanzitutto mi scuso per il ritardo di questo capitolo, ma il weekend scorso le mie amiche mi hanno rapito per portarmi a Budapest per il mio addio al nubilato, quindi non sono riuscita a pubblicare prima. Che ne dite di Audrey? Io mi immagino che ci voglia un tipino bello tosto per il nostro Percy, quindi spero che vi convinca. Mi sono concentrata molto su di loro, lo ammetto, ma nel prossimo capitolo proseguiremo con i preparativi per l’Australia e apriremo le scatole dei ricordi di Remus insieme ad Harry. Dopodiché sarà ora di rintracciare i signori Granger e partire per il Down-Under.
Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle seguite, preferite, da ricordare e soprattutto a chi mi lascia un commento.
A presto,
Francy
   
 
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