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Autore: Miwako_chan    01/09/2018    1 recensioni
Naruto, un ragazzetto nel pieno dell’adolescenza, vive all’Isola Yonaguni dove il clima è mite e le giornate trascorrono lente. Un giorno farà un incontro del tutto inaspettato.
Questa storia partecipa alla Challenge estiva indetta dal gruppo Facebook SASUNARU FanFiction Italia.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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tritone capitolo due





A luglio aveva inizio la stagione di pesca al pesce spada. Era il periodo dell’anno con il maggior afflusso di stranieri all’isola, provenienti soprattutto dalla Cina e dall’America. Il mare nelle notti limpide luccicava di miriadi di bagliori colorati al largo. Sui pini adiacenti alle spiagge venivano affisse strisce votive e verso sera le ombre dei traghetti ormeggiati che si stagliavano sulla sabbia si trasformavano in perfetti nascondigli per i giochi dei bambini.
A Naruto non era mai piaciuto particolarmente pescare e non era nemmeno molto portato, preferiva gli sport di squadra e sperava di costruirsi un avvenire diverso rispetto a molti giovani dell’isola che seguendo le orme dei loro padri diventavano provetti pescatori. Eppure era contagiato ugualmente da quel clima allegro, talvolta adrenalinico e di dura competizione che caratterizzava le gare di pesca.
Suo zio Jiraiya era specializzato nella cattura dei granchi. Aveva la pelle scura, il volto bruciato dal sole ricoperto da un fitto reticolo di grinze e le mani grandi piene di calli. Portava una selvaggia chioma di capelli bianchissimi e irsuti. Gli stranieri mostravano sempre un po’ di timore nei suoi confronti, nonostante si dimostrasse da subito un uomo giovale e di spirito.
Per Jiraiya la pesca non rappresentava né un divertimento né una fonte di guadagno, bensì uno stile di vita. Letteralmente era il modo di vivere. Il mare dava, dava tantissimo, ma era necessario anche rendere nella sua stessa misura.
La popolazione di pesce spada inoltre, col passare degli anni era drasticamente diminuita. Da bambino Naruto li vedeva saltare tra le onde, puntando l’affilata spada al cielo, ma quelle scene una volta frequenti erano divenute così rare che ora faticava a riportarle alla memoria.
Una sera, il sole era rosso al tramonto e l’aria mite, suo zio mentre preparava l’attrezzatura per catturare i granchi gli raccontò delle nuove tecniche di pesca, talvolta distruttive per l’ambiente, messe a punto negli ultimi anni.
“Cosa faranno quando non ci saranno più marlin?”
“Non succederà. Nulla si estingue in questa terra se non è l’uomo a volerlo.” Gli aveva risposto lo zio. Con abilità annodava la lenza formando un cappio e la fissava con del nastro alla canna di bambù. Nelle retine delle cipolle richiudeva le sardine usate come esca.
“Anche quando avranno preso l’ultimo?”
“Costruiranno dei grandi recinti in mezzo all’oceano e li faranno riprodurre e vivere lì. Lo fanno già in altre parti del mondo, con diverse specie, i salmoni ad esempio.”
Con la mano provò a indicargli immaginarie strutture, piattaforme che si estendevano come villaggi nel vasto mare.
Nemmeno i cavalli dell’isola avevano mai conosciuto paddock dove fossero rinchiusi e Naruto faceva davvero fatica a fantasticare su uno scenario del genere.




I giorni trascorrevano lenti e il tempo era sereno, come si addiceva bene a Yonaguni. Naruto si ritrovava a mormorare a mezza voce di una sirena, mentre giocherellava con la penna tra le dita. Nonostante il professore l’avesse già ripreso diverse volte, non riusciva in alcun modo a prestare attenzione per più di mezzo minuto.

“Si può sapere di che farnetichi?” Al termine della lezione un suo compagno, Kiba Inuzuka, lo raggiunse. Con un colpo secco gli spinse la sedia poggiandoci sopra il piede.
Naruto smise di scaccolarsi e raddrizzò la schiena. “Secondo te le sirene esistono?”
Kiba rise di gusto. “Ovvio che no! Ti senti bene?”
“Certo! Mai sentito meglio.” Disse sbuffando. “La mia era solo una domanda.”
“Una domanda da idiota.”
Naruto si alzò e raccolse lo zaino da terra, ma Kiba non sembrava intenzionato lasciarlo passare. “Andiamo a giocare a baseball.”
“Voi andate, poi vi raggiungo.” Scostò il compagno con una spallata, dirigendosi fuori dalla classe.
“Ehi!” Gracchiò Kiba corrugando la fronte. “Ma che ti piglia?”
Naruto era un ragazzo che amava agire d’impulso, senza rifletterci troppo sopra. Kiba notò subito il sorriso sghembo sulla sua faccia e sapeva bene che non presagiva nulla di buono. “Scemo!” Lo insultò mettendo il broncio per essere stato ignorato. Sarebbe andato al campo di gioco senza di lui.

I corridoi erano affollati da studenti, le loro chiacchiere e risate risuonavano come una felice notizia.
Quando uscì sull’atrio, nonostante la confusione, riuscì a notare ugualmente una chioma corvina svolazzare dietro una colonna di mattoni a vista. Quella ragazza era sempre nei paraggi, ora che ci pensava, ma raramente faceva davvero caso alla sua presenza forse per via della sua natura così elusiva e silenziosa.
Non sapeva molto di lei, a parte che facesse Hyuga di cognome e che fosse sempre presente nell’elenco dei primi dieci migliori studenti dell’istituto. Avevano parlato solo in un’occasione, quando lei gli consegnò, trattenendola con entrambe le mani e tra tanti balbettii di scuse, una lettera. Aveva tutta l’aria di essere una di quelle dichiarazioni d’amore che si vedono alla tv.

Le lanciò un’occhiata di sfuggita e cacciò le mani in tasca.
Hyuga probabilmente si aspettava una risposta in merito o almeno una qualche reazione da parte sua, ma Naruto era già tanto che avesse messo in dubbio la casualità delle sue apparizioni e poi l’imbarazzo di avvicinarsi a lei e chiederle cosa gli avesse scritto perché, aimè, aveva perduto la lettera, era invalicabile.

Arrossì sentendo lo sguardo della ragazza su di sé. Anche se le circostanze sembravano voler dimostrare il contrario, si era convinto che una tipa del genere non potesse certo essere interessata a lui, era pure brava a scuola.
Tirò dritto a passo spedito, facendosi spazio tra i vari gruppetti che si attardavano a chiacchierare sotto il portico. In lontananza dei fulmini balenavano silenziosi nel cielo azzurro.


Camminando immerso nei suoi pensieri, era giunto fino alla spiaggia. Il vento freddo gli sferzava il viso e nelle orecchie echeggiava forte il suo fischio mescolato al rumore delle onde in tumulto. Nuvole fosche avanzavano coprendo gli ultimi sprazzi di sole. Il tempo era cambiato repentinamente, in modo spaventoso.
Era trascorso quasi un mese e Naruto era arrivato al punto di chiedersi se Sasuke fosse stato solo un sogno.
Si guardò il palmo della mano con cui aveva afferrato con forza il polso del tritone. Eppure gli era sembrato tutto così reale, molto più reale delle lunghe mattinate trascorse sui banchi di scuola, che scivolavano via, senza memoria.
Gli occhi di Sasuke gli apparivano di notte durante il dormiveglia, scuri eppure incredibilmente limpidi. In quello sguardo c’era una domanda sempre aperta in attesa di una risposta. Sentiva che lui e Sasuke erano simili e accumunati dalla stessa disperata ricerca.
Iniziò a chiamarlo a gran voce.

“Sasuke!”


“Sasukeeee!” Urlò.


“Sasukeebasta!” Urlò così forte da arrochirsi la voce.

Riprese fiato e osservò l’oceano nella speranza di scorgere lì, tra il bianco delle onde, il baluginare di una coda iridescente. Si portò le mani ai lati della bocca e ricominciò a chiamarlo con foga.
La spiaggia era deserta. I pini battuti dal vento disperdevano sull’arenile aghi e rametti. All’orizzonte brillavano le luci verdi di alcuni pescherecci, erano i più temerari e non si sarebbero fermati di fronte a nessuna condizione atmosferica, finché l’ultimo marlin non fosse stato catturato.



La palla roteò alta nel cielo, stagliandosi in controluce. Un tiro notevole per una ragazza.
Shikamaru rovinò a terra nel tentativo di recuperarla, lasciando i presenti col fiato sospeso. Quando si alzò, con la divisa sporca, e si passò la palla dal guantone alla mano libera, un fischio di approvazione squarciò l’aria.
“Dannazione Shika!” Sbraitò Sakura con un mezzo sorriso, agitando la mazza. “Bella presa!”
Nara rilanciò la palla a Kiba. “Ehi, ma Uzumaki?”
“Non lo so! Gli avevo detto di raggiungerci in campo.” Rispose Kiba. In quel momento una goccia di pioggia gli cadde sul naso. Sollevò lo sguardo alle nuvole grigie che si accalcavano in cielo. Macchioline d’acqua iniziarono a disseminarsi sulla terra battuta del triangolo di gioco.
Sakura si scalzò il berretto, sistemandosi la frangia appiccicata alla fronte madida di sudore. Ritornò in posizione e sferzò un paio di volte l’aria con la mazza.
“Naruto è un animale! Avrà fiutato l’odore del temporale come i cani.” Chiosò.
“Che hai da dire sui cani?” Sbraitò Inuzuka.
“Niente, perché al contrario di te una palla la sanno prendere!” Disse riferendosi alle scarse abilità del ragazzo come prima base durante le semifinali del torneo scolastico.
Kiba arrossì di rabbia. “Per quanto ancora dovrai rinfacciarmelo?”
Shikamaru sbadigliò e si avvicinò agli altri due. “Fatela finita, perché se inizia a piovere davvero me ne vado a casa.”
Sakura grugnì qualcosa d’incomprensibile. Poi portò il bastone sopra la spalla, accanto all’orecchio destro. “Tira!”



Lanciò lo zaino a terra e si spogliò dalla divisa, restando con indosso solo i pantaloni. S’immerse sino alle caviglie, l’acqua era gelida ma era così determinato nel voler rivedere Sasuke che non ci fece nemmeno caso. Il cielo era lo stesso di quel giorno, coperto, e si rifletteva come un’ombra indaco sul mare. Notò un piccolo scoglio contro cui le onde s’infrangevano facendosi schiuma. Distava poco più di trecento braccia dalla riva, il suo occhio era ben allenato a decifrare le distanze in mare.
Giusto per porsi un obiettivo decise che avrebbe nuotato fino a lì. Di certo Sasuke non sarebbe spuntato fuori dalla terra ferma e forse la sua voce non avrebbe mai potuto raggiungerlo nelle profondità dell’oceano.


Si tuffò e nuotò a grandi bracciate. Non faceva molta fatica inizialmente, ma la corrente era forte e le onde erano violente e alte come muraglie.
"Sasuke!"
Continuò a chiamarlo a gran voce e solo allora, così distante dalla riva e con lo scoglio che anziché avvicinarsi sembrava farsi sempre più lontano a ogni bracciata, si rese conto in che brutta situazione si fosse cacciato. Non sottovalutare l’oceano: questa era una delle prime lezioni che aveva ricevuto da bambino, ma imparare non era mai stato il suo forte.

Un’onda improvvisa lo travolse, trascinandolo sott’acqua. Rigirò su se stesso, spinto dalle correnti. Filtrava una luce indistinta e soffusa che non gli permetteva di riconoscere da che parte fosse la superficie o il fondale.
Riemerse a fatica e l’acqua salata gli bruciò il naso e la gola. Si sfregò gli occhi arrossati. Stava piovendo, le gocce argentee precipitavano fitte e sottili, trapassando la superficie del mare come spilli. Il cielo tuonava e le nuvole minacciose si addensavano. Naruto fece appena in tempo a prendere una boccata d’aria che fu di nuovo sovrastato dalle onde.
All’improvviso un dolore acuto gli trafisse un polpaccio. Annaspò inghiottendo acqua e si strinse convulsamente la parte colpita.
Recuperando un briciolo di lucidità distese la gamba e fletté la pianta del piede verso l’alto con le mani. Morire in mezzo al mare per via di uno stupido crampo? Non era proprio la strada che si era prefissato! Strinse i denti, ma era ancora sott’acqua e i polmoni iniziarono a bruciargli in petto. L’adrenalina defluiva veloce nel sangue simile a un'alta marea.
L'oceano l’aveva catturato come uno stupido pesce, pensò alle branchie insanguinate dei caranghi intrappolati nelle reti sulla barca dello zio. La testa gli pulsò tremendamente e non riuscì a capire subito se quella coda maestosa dalla consistenza velata fosse reale o una mera illusione. Nell’oscurità sentì due braccia cingerlo per le spalle con forza. Scorse il profilo del volto di Sasuke, bianco come la neve d’inverno, aprì la bocca in preda allo stupore e le bolle d’ossigeno che ne uscirono fuori li guidarono verso la superficie.

Una volta tornato a galla Naruto iniziò a tossire disperatamente, si sentiva confuso e senza energie. Fu letteralmente trascinato a riva dal tritone.

Gattonò sputacchiando sulla spiaggia, quel tanto che bastava per non essere travolto dai cavalloni che si infrangevano sulla riva ritmicamente.

“Razza di idiota! Volevi morire affogato?” Sasuke gli stava urlando contro, ma la sua voce giungeva ovattata e scricchiolante. Si sturò le orecchie con le dita.
“No— non era quella l’idea.” Disse tossendo e si rovesciò sulla schiena allargando le braccia. Faceva un freddo porco.
Aveva le palpebre pesanti e il petto gli doleva come se un grosso cormorano si fosse posato sopra. Si sforzò di restare sveglio. “Io volevo solo rivederti.” Mormorò e sollevò la testa, quel tanto che bastava per vedere Sasuke con la lucente coda arrotolata in una spira. Le onde si battevano contro la sua schiena che però si manteneva salda al pari di uno scoglio.
Lo scrutava con occhi così severi che Naruto per un attimo si sentì in colpa.

“Volevo essere certo che non fossi un sogno.”
“Ora che ne ha avuto la prova, sei soddisfatto?” Disse duramente. “Dopo aver quasi rischiato la vita.”
“Nah, se non fosse stato per quello stramaledetto crampo…”
“Testa quadra, non eri tu a farmi la ramanzina l’ultima volta? Tuo zio sarà molto soddisfatto di un nipote così idiota.”
Naruto rise e Sasuke sgranò gli occhi offeso. “Te lo ricordi!” Gracchiò. “Ti ricordi quello che ti avevo detto.” Era uno sciocco dettaglio al momento, ma il fatto che il tritone l'avesse tenuto a mente gli rinfrancò lo spirito.
“Per chi diavolo mi hai preso?”
Naruto aveva un sorriso stampato in volto e guardava il cielo. La pioggia cadeva leggera trasportata dal vento come per gioco.
“Perché non ti sei più fatto vedere? Sono venuto qui praticamente tutti i giorni!”
“Perché non avremmo mai dovuto incontrarci, è stato un errore fin dalla prima volta.”
“No, affatto! Io non credo sia successo per errore e nemmeno per caso. C’è un motivo per cui ci siamo incontrati e adesso non puoi assolutamente fare come se nulla fosse.”
“Allora” Sasuke socchiuse le palpebre e strinse la sabbia bagnata nei pugni. “quale sarebbe la vera ragione?”
“Non lo so.” Ammise Naruto. Poteva forse parlargli dei suoi occhi? No, non gli sembrava tipo da ascoltare melensaggini del genere. Eppure in quelle iridi grigie Naruto riusciva a ritrovare se stesso o, forse, qualcosa di ciò che avrebbe voluto essere.
Si alzò a fatica e si avvicinò a Sasuke mantenendo però una certa distanza. Gli schizzi delle onde arrivavano a colpirlo lo stesso e non riusciva a capire come il tritone potesse starsene tranquillo in mezzo a quel putiferio. Il vento gli tirò i capelli bruniti e fradici all’indietro e lo costrinse a strizzare gli occhi. Il suo corpo era un fascio di nervi.

“Non racconterò a nessuno del nostro incontro, stai tranquillo. Fidati di me.”


Sasuke piegò il capo. “Ad ogni modo nessuno ti crederebbe.” Lo derise con leggerezza.

Naruto gli offrì la mano. Il palmo aperto era proteso verso la creatura del mare. “Verrò qui anche domani, ogni giorno se sarà necessario.”
Sasuke distolse lo sguardo e si acquattò sott’acqua lasciandosi trasportare dalla corrente di ritorno. Sparì in pochi attimi dalla vista di Naruto, ma il bagliore delle sue squame nell’acqua scura gli rimase indelebile negli occhi.
Chiuse le dita a pugno. Sperava di poter stringere la mano di Sasuke, ma si ritrovava tra le dita solo gocce di salsedine.




Come promesso Naruto si presentò in spiaggia i giorni a venire, ma di Sasuke non c’era traccia. Al tramonto del settimo giorno, quando le sue speranze si erano a malapena scalfite, Sasuke riapparve inaspettatamente.
Iniziarono a vedersi con una certa costanza, almeno d’estate, d’inverno era già tanto se riuscivano a incontrarsi una volta al mese. Diventarono grandi amici a dispetto delle divergenze caratteriali: Naruto era un sempliciotto dallo sguardo limpido, privo tuttavia di acume, mentre Sasuke era molto intelligente e spigoloso, capace di una durezza spiazzante.






  
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