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Autore: Aesingr    27/10/2018    1 recensioni
"Giovane drago... dove sei finito?"
Con questa domanda ci lascia Ignitus al termine dell'Alba del drago, dopo la sconfitta di Malefor e la scomparsa di Spyro e Cinerea.
Perché il loro nome non appare sul libro dei draghi?
Il loro è stato davvero un sacrificio?
Ma soprattutto... può Spyro amare davvero Cinerea?
______________________
Ali di rubino, corna d'argento, occhi di smeraldo, squame d'ossidiana.
No, non erano queste le sue origini. Lei era qualcos'altro, qualcosa di ben più oscuro. Un frammento d'anima che trovava la pace soltanto nella mera astrazione dell'ombra e della notte, nella tetra e gelida oscurità del vuoto.
Un crepitio, e il guscio si era infranto.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CREPITIO



Tutto era deciso, niente lo era. La leggenda era stata realtà, ma non l’intera realtà.
Le battaglie avevano costruito l’impalcatura per il sostegno di un mondo basato sulla guerra, in cui anche un lontano bagliore può modificare il destino di uno scontro.
Un qualsiasi scontro: quello con gli avversari, quello con se stessi, quello con la vita e la morte.
Un saggio un giorno disse: “Un solo piccolo atto di coraggio può rovesciare le sorti in guerra”

Spinse ripetutamente contro la morbida sostanza che inglobava il suo corpo, dimenandosi nel tentativo di trovare uno spiraglio di libertà. Spostò gli arti da una parte e dall’altra, incontrando solo solidi confini oltre cui non era consentito arrivare. Cercò di colpire ripetutamente quelle robuste pareti sfidando il fluido, ma questo attutiva ogni suo tentativo di infrangere quei limiti. Provò e provò ancora, finché non si stufò.
Lasciò che la sostanza cullasse le sue membra, accogliendo il piacevole tepore che emanava e la protezione che concedeva, scivolando nella dolce incoscienza.
Non passò molto tempo prima che le percezioni tornassero ad essere vivide, tutto di nuovo in breve si fece distinto. Quella era la sua realtà: doveva uscire.
Cercò di muoversi e nuotare il più possibile vicino al confine di fronte a sé, spingendo e colpendo con tutta la sua volontà. Sapeva di dover uscire all'esterno, e la certezza di poterci riuscire si faceva man mano sempre più palpabile.
Finalmente qualcosa accadde. Un suono, una breccia verso l’esterno. Un primo crepitio.
Con un ultimo sforzo riuscì a rompere quella parete che non voleva saperne di lasciar andare il suo corpo. Un tenue bagliore si fece largo fra le sue palpebre, inducendo i suoi occhi ad aprirsi al mondo circostante per la prima volta.
Fece un passo in avanti, ma la superficie sotto di sé non era più accogliente come quella che conosceva. Cadde di lato, ribaltandosi e finendo a zampe all’aria. Il guscio che fino ad un momento prima era stato la sua casa rotolò dalla parte opposta, con un suono leggero e smussato.
Si rimise lentamente in piedi con una zampa per volta e ruotò lo sguardo, individuando la fonte luminosa che aveva attratto i suoi occhi.

Le ali si abbattevano sul tramonto, perquotendo il cielo. Pace e tensione per ciò che era stato si mischiavano nell’incertezza di quanto stesse accadendo, cercando risposte al perché di molti altri perché.
Era tutto così caldo, così soffice, così vivido. Eppure il sottile filo di lama che li separava dalle risposte minacciava di lacerarli. Forse timore per cos’era accaduto? Per cosa sarebbe accaduto d’allora in poi?
Sembrava un cielo così luminoso, così incerto e lontano.
La luce non era sinonimo di chiarezza in quel miasma di dubbi e ricordi, forse un vivido segno che il bagliore del paradiso dei draghi li stava accogliendo?
No, era tutto davvero, dannatamente troppo reale.
Finalmente si decise a parlare, nella più totale calma. Non ansimava, anzi si sentiva quasi in quiete interiore con se stesso, sebbene mille domande gli affollassero la mente. Non credeva avrebbe più volato, e non credeva l’avrebbe più fatto al suo fianco.
“Cinerea?” chiese semplicemente, nonostante sapesse di averla accanto.
“Si, credo proprio di essere io”
Lui accennò un fugace sorrisetto.
“Credi? La prode Cinerea che non è sicura di riconoscersi? Wow”
“Stai zitto e vola”
Il ruolo di tirar fuori la battuta scomoda era sempre stato della compagna, quindi non ribatté.
La sua sola voce che lo rimproverava ampliò il sorriso sul suo muso. Continuò placidamente a battere le ali, solo il suono del vento li accompagnava e l’arancio sopra le loro teste.
Erano vivi. In qualche modo, per qualche motivo completamente sconosciuto, erano vivi. Sotto di loro scorreva lentamente un ammasso di colline, praterie e foreste, alternate da qualche area rocciosa, alcune caverne e un corso d’acqua. Una zona meravigliosa seppur inabitata, con un mondo da discernere per chi poteva volare a quelle altezze e godersi un simile panorama fra le nuvole. In un primo momento, credettero di trovarsi sopra la valle di Avalar.
“Posso anche starmene zitto e volare, ma non ho idea di dove stiamo andando. Tu per…”
“Non chiedermelo” rispose lei, sbuffando.
No, neanche lei aveva idea di quanto stesse accadendo.
I ricordi erano ancora vividi e pulsanti, come uscire da un incubo per trovarsi a precipitare in quello che aveva tutta l’aria di essere un altro incubo seppur più dolce, o comunque un sogno d’ignote fattezze. E lui di sogni ne capiva, più di una volta aveva dovuto dare un motivo e una ragione a quelli che furono i momenti di trance necessari a recuperare se stesso e i suoi poteri. Fu proprio Cinerea a farglielo notare.
“In realtà dovresti dirmelo tu, Spyro. Non eri tu quello che sveniva, entrava in luoghi strani e cominciava a…”
Si fermò, umettandosi le labbra squamose.
“Che c’è?” la incalzò lui.
“Niente. Solo che in questo momento suonerebbe molto bene la voce di Sparx per deriderti”
Il nome del fratello fu quasi una zampata sul suo petto, ad artigli sguainati. Sparx… dov’era adesso? Era rimasto con i guardiani? Lo avrebbe rincontrato? Ma soprattutto, poteva essere davvero sicuro che tutto non si fosse sgretolato? Tutto ciò che sapeva era che non si trovavano nello stesso luogo in cui era avvenuta l’esplosione..
Rimase in silenzio per diversi minuti, e la dragonessa non lo disturbò. Rimuginavano ognuno nei propri pensieri, in direzioni quasi parallele ma verso gli stessi sentimenti. Ormai le loro menti ragionavano quasi all’unisono, con l’unica differenza che Cinerea aveva ancora il ruolo di riportarlo sulla giusta strada, di indicargli il cammino da intraprendere e, soprattutto, di dargli un vero motivo per continuare a combattere.
Non voleva più lottare però, non voleva più battaglie né sangue da versare. No, non voleva più soffrire. Voleva andare contro il suo destino di drago viola.
“Sto iniziando a preoccuparmi” fece lei, mentre si abbassava di quota. “Scendiamo”
La seguì, in fondo non avrebbero ottenuto nulla continuando a volare senza meta. Avevano una visione ben più ampia e d’insieme, ma sembrava tutto davvero troppo uguale da lassù.
Planarono delicatamente, lasciando che il tiepido vento li accompagnasse nella discesa. I loro artigli sfiorarono il suolo compatto, e fu un sollievo per le loro ali che poterono finalmente raccogliersi e rilassarsi da quando avevano preso coscienza di sé.
Difficile dire come, ma si erano ritrovati improvvisamente a precipitare nel vuoto del tramonto in un turbine di capriole e volteggi, senza apparenti spiegazioni né un qualche indizio che potesse suggerire loro dove fossero finiti.
Si scambiarono un’occhiata indecisa, sulla quale era possibile distinguere anche un accenno di malcelata e intricata paura. Non quel genere di spavento che attanaglia la mente nel momento in cui davanti agli occhi si para qualcosa di sconvolgente, né quel timore che confonde i pensieri nell’attesa di un evento pericoloso da affrontare.
Dai loro musi trapelava l’assoluta incertezza, la confusione e l’indecisione che non erano mai state caratteristiche né dell’uno né dell’altra, in nessuno dei loro tortuosi viaggi.
Cominciarono a camminare a passi leggeri, affiancandosi quasi senza rendersene conto e avvicinando sempre più i loro corpi come nell’inconscio tentativo di dare e ricevere protezione; si mossero con cautela, cercando di captare il più piccolo accenno di una qualche forma di vita. Ascoltarono tutt’attorno, dirigendosi all’interno di una fitta boscaglia dove i suoni caratteristici della fauna fra le chiome colmarono le loro orecchie, facendoli acquietare e sentire più al sicuro.
Era come se stessero recuperando man mano contatto con la realtà. Entrambi adoravano volare in piena libertà e sfrecciare sulle correnti aeree, ma forse in quel momento avevano bisogno di restare con le zampe per terra.
“Forse ci siamo” fece Cinerea, indicando di fronte a sé con la coda. A pochi metri da loro la vegetazione si diradava di nuovo e un’apertura permetteva alla luce serale di far breccia fra le fronde. La cupola di rami sopra le loro teste era si rassicurante, tuttavia occludeva la vista di quel poco che si poteva scorgere lì attorno.
Anche gli uccelli che si nascondevano sulle chiome erano invisibili, l’oscurità la faceva quasi da padrona e rendeva complicato scrutare fra gli alberi anche per un drago.
Pregavano, una volta usciti di lì, di trovare una qualsiasi cosa che non fossero altri monti, foreste e pianure.
Il luogo era paradisiaco, probabilmente in altri frangenti si sarebbero distesi a pancia all’aria a godersi quel vasto agglomerato di luci e natura, ma in quel momento volevano solo tornare a casa. Nonostante le loro ali, non poterono che riconoscere quanto il mondo fosse enorme, al punto di sembrare quasi infinito.
Il mondo, quel mondo che avevano salvato, e che adesso li stava ringraziando facendo perdere loro la via del ritorno.
Furono proprio quei pensieri a bloccare per un paio di secondi le sue zampe, mentre si voltava a fissare Cinerea.
Potevano essere realmente sicuri che quello fosse il loro mondo?

“Che succede?” chiese lei, ondeggiando la coda.
Spyro non rispose, riprendendo semplicemente a camminare.
Emersi in silenzio dalla boscaglia si ritrovarono di fronte a qualcosa di tanto inaspettato quanto insolito: eretto in mezzo ad alte colonne di pietra nera, si ergeva un tempio dall’insolita struttura. Aveva una forma pressoché piramidale, con la facciata anteriore scanalata verticalmente ed alcune incisioni globulari a tingerne la superficie. Sembravano ghirigori di svariati colori, intrecciati a sfere di diverse dimensioni su uno sfondo d’ossidiana. Era come osservare un universo, un notturno cielo stellato su due dimensioni, che si restringeva salendo verso l’alto. La cima del tempio culminava con un grosso aculeo bianco, simile ad un artiglio o ad un corno sottile e ricurvo.
Con una leggera insicurezza nelle zampe Spyro si diresse verso quell’inconsueto spettacolo, era sicuramente strana la presenza di una simile costruzione in mezzo al verde più immacolato.
“E questo che accidenti sarebbe?”
“Non lo so, Cinerea. So solo che non mi piace”
“Oh, ci sono tante cose che non mi piacciono” ribatté lei, spavalda come al solito.
Senza indugiare la dragonessa avanzò di gran carriera verso l’ingresso del tempio, costituito da un arco incorniciato dagli stessi disegni arabescati.
Spyro restò dietro di lei, sfiorando con il muso la sua coda e spiegando le ali come a coprire la maggior superficie possibile. Per quanto Cinerea avesse tutto fuorché bisogno d’aiuto, si sentiva responsabile anche di lei e adesso il suo cuore non batteva più solo per se stesso. Una ferita della dragonessa era una ferita anche per lui.
Entrarono circospetti, rendendosi conto che all’interno filtrava pochissima luce. Soltanto l’ingresso principale dava sull’esterno, non v’erano finestre ne oculi attraverso cui i il cielo poteva incunearsi.
“Sicuramente originale, chiunque deve averlo costruito aveva una macabra fantasia” commentò Cinerea, passandosi la lingua fra i denti ed indicando le pareti interne del tempio.
Grazie alla poca luce filtrata potevano intravedere disegni ben curati di teschi di drago, ali mozzate di varie creature e occhi rossastri in grado di ipnotizzare lo sguardo dell’osservatore con sinistri bagliori incorniciati dall'ombra.
“Oh si, decisamente macabra”
Spyro alzò lo sguardo nel tentativo di cercare qualcosa di significativo tra quelle immagini. Sobbalzò con violenza nello scorgere una piccola massa scura diretta a gran velocità verso di lui, con una rapidità tale da lasciargli appena il tempo di lanciare un gridolino spaventato mentre si scostava di lato.
A causa dello scatto urtò Cinerea, che tuttavia si era già stabilizzata perfettamente sulle zampe e aveva focalizzato l’attenzione sull’entità sconosciuta. Il drago viola si sbrigò a mettersi al fianco della compagna, emettendo un brusco ringhio attraverso le fauci.
“Fermati! Chi sei!” intimò Cinerea, pronta a scatenare i suoi poteri oscuri qualora ve ne fosse stato bisogno.
Dalla penombra d’inanzi ai due si mosse soltanto un’esile massa dai tratti non del tutto distinguibili. Questa non si gettò in un nuovo attacco, ma a giudicare dalla sua posizione sembrava pronta ad un agguato.
“Voi piuttosto non muovetevi, se non volete finire male”
Spyro voltò per metà il muso verso Cinerea, lanciandole un’occhiata indecisa. In effetti erano loro gli intrusi, e quel luogo non dava l’impressione di esser stato abbandonato.
“Chi sei?” continuò la dragonessa, rimanendo immobile.
“Questo non dovrebbe importarvi, dato che io non ho mai mostrato interesse nel sapere chi siate voi. Anche se penso di sapere il nome di chi si è intrufolato in casa mia senza permesso”
Il maschile timbro di voce dell’individuo non sembrava rude, appena riusciva ad essere minaccioso, ma trasudava una rara sicurezza in grado di destabilizzare per qualche istante anche la stessa Cinerea. La dragonessa era già confusa da quanto stava accadendo, aver a che fare con un possibile avversario invisibile la stava provando.
“E chi dovremmo essere?”
Le parole della giovane dragonessa risuonarono sorde e piatte fra le pareti del vano piramidale, mentre qualcosa di simile ad un ticchettio di artigli proveniva dal punto in cui si trovava la creatura.
“Per quanto mi sembri strano vederlo così piccolo, quello è senza dubbio Katlas” rispose la figura, rivolta evidentemente a Spyro. Un sottile bagliore argenteo rilucé nella direzione del drago viola, al che i due indietreggiarono di un passo e si prepararono a ricevere la lama dell’avversario.
Dischiusero le ali e sguainarono gli artigli, pronti a difendersi.
Era pur vero che non era stato lui ad invaderli, ma esisteva sicuramente un modo migliore per approcciarsi a degli stranieri. Con Cinerea nei paraggi poi le cose si complicavano ulteriormente, dato che era sicuramente nella sua indole il rispondere a tono a chiunque avesse cercato di aggredirli.
Lo scintillio metallico non fu visibile che per un istante. I due giovani draghi non erano certi che ingaggiare un combattimento in una simile situazione con uno sconosciuto a cui erano entrati in casa fosse la scelta più saggia, ma non avrebbero esitato a reagire se fossero stati attaccati.
“Aspetta” disse Spyro, cercando una via diplomatica, stufo di combattere e di versare sangue per niente. Avevano già lottato abbastanza negli ultimi tempi, e nonostante non sapessero assolutamente nulla di quel luogo non potevano arrischiarsi a creare ulteriore confusione appena giunti.
“Cosa devo aspettare? Che trasformiate anche casa mia in un altro dei vostri maledetti portali?”
Cinerea rimase perplessa quanto Spyro, totalmente ignara di ciò di cui l’individuo stava parlando. La loro vista si era adattata all’oscurità che regnava nel tempio, ma non erano in grado comunque di distinguere i suoi tratti con chiarezza.
“Potremmo uscire per parlarne?” domandò Spyro, preferendo senza dubbio un contatto diretto con l’interlocutore. Quello rimase in silenzio ed immobile, ma doveva essersi reso conto di essere leggermente fuori strada.
Dal canto loro, i due draghi avevano capito che il proprietario del tempio non aveva cattive intenzioni, era solo estremamente diffidente. Sicuramente doveva esserci un valido motivo se era partito alla carica senza chiedere spiegazioni, a giudicare dalla sua strana ed irruenta reazione.
Con un guizzo la figura si portò verso la penombra nei pressi dell’ingresso e Cinerea lo seguì, affiancata dal compagno. Quando furono all’esterno rimasero tutti e tre stupiti da ciò che videro. Probabilmente quello più stranito era proprio lo sconosciuto, l’espressione sul suo muso non lasciava trapelare altro che pura sorpresa.
Spyro lo squadrò dalla testa ai piedi, convincendosi che non aveva mai visto niente di simile. Si trattava di una creatura dalle fattezze di un tasso, anche se leggermente più grande di quanto si sarebbe potuto aspettare. I suoi artigli affilati sembravano capaci di lacerare anche il metallo per quanto erano spessi ed acuminati, mentre la sua coda oscillava da una parte all’altra stringendo un corto pugnale dalla lama seghettata. Probabilmente il leggero bagliore che avevano intravisto riflettersi poco prima era scaturito da quell’arma, ma la creatura per il momento non sembrava intenzionata ad utilizzarla.
Fu proprio lui a parlare, sospirando con fare quasi seccato.
“No, tu non sei Katlas” fece, rivolto a Spyro.
La sua attenzione era interamente diretta al drago viola, al che Cinerea fece un leggero passo avanti per ricordargli che Spyro non era solo. Non ne fu sicura, ma era convinta che il tasso la stesse ignorando deliberatamente, come ad intimarle di stare al suo posto perché non aveva né paura di lei né interesse nel rivolgerle lo sguardo.
Nonostante la stizza la dragonessa non disse altro, fingendo che fosse solo una sua impressione e lasciando parlare Spyro.
“Chi sarebbe Katlas?”
La creatura esibì un mezzo ringhio, agitando più velocemente la coda.
“Allora avevo ragione, siete impostori. Nessuno ormai è all’oscuro di chi sia Katlas, anche i fiori appassiti lo sanno”
Non che quel tasso avesse proprio un’aria innocente ed indifesa, ma Spyro in sua presenza si sentiva decisamente strano. Non provava timore né diffidenza, era semplicemente confuso.
“Ti chiedo scusa, noi non abbiamo idea neanche di dove ci troviamo. So che può sembrare incredibile, ma siamo finiti in questo luogo senza capire come”
Il tasso sembrò rimanere impassibile, e lo lasciò continuare. “Abbiamo affrontato Malefor, il maestro delle ombre, e durante lo scontro purtroppo il cuore del mondo è rimasto danneggiato. Abbiamo fatto il possibile per contenere l’esplosione, ma non sappiamo cosa sia accaduto poi. Ci siamo ritrovati a precipitare come ci fossimo gettati da una rupe, e abbiamo volato per diverso tempo. Non abbiamo trovato altro che alberi e piante, il primo con cui siamo riusciti a parlare sei tu”
Lo sconosciuto si portò le zampe anteriori sulle orecchie, come a simulare una grattatina indifferente. Anche lui risultava visibilmente colpito dalle parole del drago nonostante ostentasse una ferrea sicurezza.
“Malefor?” chiese, lanciando il pugnale in aria per poi riacchiapparlo al volo con la coda e farlo roteare lentamente in ogni direzione. La dragonessa sperò vivamente che se lo desse in testa dalla parte della lama, almeno si sarebbe fatta una risata.
“Si” rispose Spyro, “e come hai detto a noi, è davvero strano tu non lo conosca. Comunque… possiamo chiamarti per nome?”
Il fare ingenuo del giovane drago viola strappò un sorrisetto al tasso, che si sedette comodamente sull’erba e lasciò cadere il pugnale accanto a sé.
“Non avrei un nome in realtà, ma mi diverte farmi chiamare Irarisuka, Ira o Irasu per chi non ricorda il resto. Nella mia lingua significa bocconcino di pelo, non trovi sia sufficientemente stupido?”
Cinerea sogghignò. Forse non aveva senso arrabbiarsi con quel tipo, dava l’impressione di essere abbastanza svitato da meritarsi una punta della sua stima.
“Credevo significasse tasso maleducato che ignora gli ospiti” disse la dragonessa, senza peli sulla lingua.
Finalmente riuscì a guadagnarsi un’occhiataccia dell’altro, per quanto non fosse durata per più di un secondo.
“Tu non mi piaci per niente, trasudi malvagità”
Spyro provò a ribattere, ma la dragonessa lo precedette.
“Oh, pensa invece che tu mi stai quasi simpatico!”
Convinto che la conversazione sarebbe potuta degenerare, il drago viola batté la coda su quella della compagna. Non era solito dire a Cinerea cosa fare o come comportarsi, ma la situazione non gli andava per nulla giù e capire cosa stesse accadendo aveva la priorità.
“Un attimo, appena ci saremo chiariti potete litigare quanto volete. Ora però, Irasu, potresti dirci per favore cosa sono i portali di cui parlavi? Chi è questo Katlas?”
Cinerea ritrasse la coda e si allontanò di qualche passo, distendendosi a qualche metro di distanza e rimanendo in disparte. Gradiva quando Spyro prendeva l’iniziativa in quel modo, almeno non doveva fare tutto lei, ma non poteva fare a meno di sentirsi di troppo.
“Non so se siate venuti qui dal cielo come dici, draghetto. Ma una cosa è certa, se davvero non conosci Katlas lo imparerai a conoscere molto presto”
Il tasso strappò alcuni fili d’erba con le zampe anteriori, grugnendo. “Ti somiglia, in un certo senso. Ma ha visto decisamente molte più lune di te. Le sue squame sono simili alle tue, per questo ti ho confuso con lui appena sei arrivato. Il tuo Shien però è molto più tranquillo e quieto, adesso che lo analizzo meglio”
“Shien?” domandò Spyro, che cominciava ad accumulare troppe parole ed informazioni di cui non sapeva un accidente. Non che apprendere novità lo turbasse, semplicemente si sentiva totalmente fuori dal mondo.
In realtà era proprio dove temeva di essere.
“Si, non potreste saperlo neanche foste del luogo, dato che viene tramandato solo nel mio clan. Lo Shien è il tuo potere spirituale, la tua capacità di convogliare l’energia per manifestarla sotto forma di soffio o di aura. Vediamo un po'… calore, gelo, solidità e… ahi!”
Il tasso guizzò come avesse appena preso un morso sulla coda. Si portò di nuovo le zampe alle orecchie, soffiando fra i denti.
“Tutto bene?” chiese Spyro.
“Si, si. Tutto… aaargg!”
Di nuovo Irasu schizzò indietro, sotto lo sguardo perplesso di Spyro e quello divertito di Cinerea, che non riusciva a distogliere gli occhi da quella bizzarra creatura un po’ fuori di testa.
“Ti infastidisce il mio ultimo potere?” domandò il draghetto, con fare apprensivo.
“Accidenti, ho preso la scossa! Il tuo Shien è davvero molto potente draghetto”
“Ti ringrazio, ma il mio potere sembra innato. Non ho…”
“No no, non mentire draghetto” lo interruppe l’altro, tornando ad assumere una posizione più consona. “Sento distintamente che il tuo shien è molto allenato, devi aver combattuto molto dico bene?”
A pensarci, di battaglie ne aveva vissute e come. Da quando si era allontanato dai suoi genitori insieme a Sparx non aveva fatto altro che combattere, fosse per difendersi o per aiutare i propri compagni; e la sua più grande battaglia probabilmente era stata proprio quella contro di lei, Cinerea.
La dragonessa era divenuta una sua grande alleata, una cara amica su cui poter contare, ma prima che precipitassero nella notte eterna gli era stata avversaria. Adesso potevano considerarsi più che compagni probabilmente, ma ancora non avevano avuto modo di discutere della cosa. In un certo senso Spyro sperava che l’argomento uscisse fuori il più tardi possibile, ne capiva molto più di artigli e zanne che di sentimenti femminili e non aveva la più pallida idea di come si sarebbe dovuto comportare.
Mise da parte quei pensieri e rispose al tasso con un cenno del capo.
“Beh, posso dire di aver avuto molti nemici in effetti. Ma non era ciò che io volevo, sono stato tirato in mezzo alla guerra senza neanche sapere di essere un drago”
“Adesso non fare la vittima piccolo draghetto, se sei un guerriero navigato è perché hai accettato la tua natura e l’hai messa al servizio di una causa. Quindi non essere dispiaciuto”
Irasu si alzò sulle zampe posteriori, fissando ora l’interlocutore dall’alto. In quella posizione gli ricordava Hunter, un altro amico che avrebbe sicuramente avuto piacere di rincontrare.
“Non sto dicendo che mi pento di quello che ho fatto. È solo che… credo di aver forzato più volte il mio corpo a colpire, non mi è mai davvero piaciuto combattere”
Cinerea, che aveva sempre saputo di quanto Spyro in realtà detestasse fare del male se non ve n’era motivo, chinò il muso e socchiuse gli occhi. In fondo anche lei sarebbe dovuta essere così, ma gli anni trascorsi al servizio di Malefor l’avevano segnata. Non poteva dimenticare ciò che era stata, ciò che aveva compiuto sotto il vessillo del maestro delle ombre, né tanto meno avrebbe mai scordato con quanta veemenza aveva cercato di uccidere quello che ora era il suo unico e più grande compagno.
“Capisco draghetto. Allora ti consiglio di tornare da dove sei venuto, perché se resterai qui dovrai combattere… assolutamente si”
“Non sappiamo come tornare indietro, e poi se lottare sarà necessario non ci tireremo indietro”
Nonostante il drago si riferisse costantemente a se stesso e a Cinerea, il tasso seguitava nell’ignorare la dragonessa con evidente diletto.
Lei ormai sembrava non curarsene più, era presa dal nocciolo della conversazione che finalmente pareva dirigersi verso la parte saliente.
“Coraggioso il piccolo draghetto! Allora ascoltami, le cose non sono affatto al loro posto e soprattutto non è così semplice. Non basteranno due artigli e un po’ di fuoco a fermare Katlas, il suo dominio si è esteso per tutte le terre conosciute, da quanto ne so nessuno è ancora riuscito a sfuggire alla sua follia”
“Ma è mai possibile che tutti impazziscano, vogliano conquistare il mondo e distruggere tutto?” domandò Cinerea, grattando con gli artigli il suolo erboso.
Questa volta Irasu la considerò, forse unicamente perché Spyro non aveva aperto bocca.
“Non ho mai detto che lui voglia distruggere tutto. Anzi, il problema è proprio questo… quel drago è ossessionato talmente tanto dalla paura che tutto possa essere distrutto che ha deciso di eliminare ogni forma di civiltà presente, convinto che ogni creatura senziente possa recare oltraggio al suo mondo”
Marcò con forza il –suo-, con un’evidente espressione di disprezzo stampata sul muso ringhiante. “Non è rimasto altro che vegetazione nei dintorni, e molte altre terre verranno stravolte a causa della sua mente malata. Non resteranno altro che alberi, fiori ed erbacce da lui fatte germogliare ed attecchire”
“Immagino che nessuno sia riuscito a convincerlo che sta compiendo una pazzia, giusto?” chiese Cinerea, non aspettandosi davvero una risposta che stranamente arrivò.
“Vuoi provarci tu?” la incalzò il tasso, voltandosi nella sua direzione.
“Volentieri! Abbiamo preso a calci Malefor, questo Katlas non può essere poi tanto peggio”
Irasu strinse gli artigli. Non sembrava gradire niente di quello che usciva dalle fauci di Cinerea, mentre lei apprezzava il suo modo scorbutico di fare. Le ricordava lei stessa quando non aveva voglia di scherzare.
Non che ne avesse avuto modo molto spesso, gli unici momenti in cui era riuscita a sorridere erano affianco a Spyro.
Solo incontrando quel drago, che aveva saputo accettarla nonostante lei avesse cercato di ucciderlo, aveva recuperato la speranza. Lui aveva fatto di tutto per riportarla da i guardiani perché vivesse con loro, arrivando a mettersi in pericolo e a rischiare la propria vita pur di convincerla a restargli vicino.
Forse si, poteva affermare di essere felice finalmente; tuttavia non era ancora riuscita a scivolare sopra alle sue azioni passate, e dubitava ci sarebbe mai riuscita. Il male che aveva fatto, al tempo in cui…
La via era persa,
la voce era silenzio,
aveva bisogno di una zampa,
che la guidasse…
V’erano solo lacrime, in cerca di un fiume che trasportasse via i detriti da quell’anima infranta.


Ali di rubino, corna d'argento, occhi di smeraldo, squame d'ossidiana.
No, non erano queste le sue origini. Lei era qualcos'altro, qualcosa di ben più oscuro. Un frammento d'anima che trovava la pace soltanto nella mera astrazione dell'ombra e della notte, nella tetra e gelida oscurità del vuoto.
Un crepitio, e il guscio si era infranto.
  
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