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Autore: fiona3    15/12/2018    0 recensioni
Non è infrequente comprendere di tenere davvero a qualcuno proprio quando cominci a perderlo. Ti ripeti per anni che non c'è fretta, finché non compare la situazione che rischia di portartelo via per sempre. E ti senti sprofondare...
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico Robin, Roronoa Zoro
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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7. Smell

Giunta dietro all’orecchio, vi si soffermò, cercando di aspirare tutto il suo odore. “L’olfatto umano è l’unico senso che viene percepito istantaneamente;”, le aveva spiegato Law poco prima, “raggiunge la corteccia cerebrale senza essere prima filtrato dal talamo: arriva incondizionato e immediato, perciò può evocare ricordi e sensazioni che ci sembrano privi di senso: va oltre la ragione”. Forse anche questo spiegava l’apparentemente assurdo senso di benessere che le infondeva la sola presenza di Zoro. Come se l’anima di lui si librasse e andasse a toccare direttamente la sua.

Le labbra le si incresparono in un sorriso divertito, al pensiero di come lui avrebbe reagito se avesse saputo che le ero tornato quello alla mente. Anche se quello aveva contribuito a farle fare chiarezza sui propri sentimenti.

Zoro si voltò di scatto. Sembrava offeso. Le leggeva nella mente? O credeva che ridesse di lui?

Robin addolcì la propria espressione in un sorriso caldo, che però sparì subito, lasciandole uno sguardo intenso. Approfittò del fatto che si fosse girato: sollevò una mano dal suo torace e gli afferrò delicatamente la mandibola. Non smise di fissarlo, mentre gli si avvicinava lentamente. Posò un bacio nello spazio fra le labbra ed il mento e lo osservò abbandonarsi a lei. Ma non si mosse. Aveva paura di lei? O di se stesso?

Gli prese una mano, mostrandogli come carezzarle una guancia. Lui parve sorpreso, ma non si ritirò: la sfiorava con il pollice, compiendo dei semicerchi. Quelle dita così assuefatte alla brutalità sapevano regalare delle sensazioni talmente dolci… A lei, mai oggetto di simili premure, sembrò di rinascere, tornare bambina, ricominciare tutto daccapo. L’affetto, la consolazione, l’innocenza: tutto ciò che non aveva mai fatto parte della sua vita le piombò addosso all’improvviso, come a creare un abisso, un confine fra il prima ed il dopo. Era tutto ciò che desiderava e solo lui poteva fornirglielo.

Lo tirò ancor più vicino a sé e stavolta si gettò direttamente sulla bocca. Con disperazione. Si tenne incollata a lui per degli attimi infiniti, assaporando l’attesa del nuovo inizio, agognando che Zoro si muovesse, cominciando a plasmarla in una nuova forma. Ma lui restava fermo, terrorizzato. Finché Robin dischiuse le labbra. Bastò quello per scuoterlo definitivamente.

Le passò le mani sulla schiena, rimarcando ogni sua curva. Cercava nel contatto fisico la conferma che quello non fosse uno dei suoi sogni, ma Robin che davvero si aggrappava a lui come se fosse la sorgente del suo ossigeno. Risalì con la sinistra fino a quel collo diafano e delicatissimo e lo usò come punto su cui far forza per premerla ulteriormente contro di sé. Avrebbe voluto fondersi con lei. Avvolgersi a lei come a formare il guscio che la isolasse del mondo che l’aveva aborrita fin dai suoi primi passi e lasciare che lei si accoccolasse dentro di lui a riempire quel vuoto che non sapeva più neanche giustificare.

L’altra mano era scesa a sfiorare leggermente il costato, la vita, il fianco, per poi portarsi dietro e continuare a scendere. Quasi senza volerlo, lei lo aiutò nell’impresa, sollevando lentamente la gamba. Erano movimenti automatici, come eternamente ripetuti. La corsa di quella mano fremente ma placida si arrestò solo all’incavo del ginocchio, su cui fece pressione: la gamba, docile, si piegò, permettendogli di alzarla fino ad ancorarsela in vita.

La sollevò, mentre con la lingua cominciava ad esplorarle la bocca, e la sentì aggrapparsi ai suoi capelli. Forse davvero era lui che lei voleva. Un focolaio di speranza cominciò a farsi spazio nel suo torace ed ebbe l’impressione che la morsa che gli attanagliava lo stomaco e gli costringeva i polmoni si andasse allentando. Era sollievo? Soddisfazione? Le unghie di Robin affondavano nella sua nuca. Era gioia. E più quelle dita si artigliavano e più cresceva.

Senza separarsene, la adagiò sul tavolo. Le mani di Robin si erano pian piano intrufolate di nuovo sotto la sua veste: aveva ripreso con le sue carezze pietrificanti, che gli annebbiavano la mente. Risarcivano ferite invisibili che le cicatrici non avevano coperto. Nemmeno si era accorto che gli aveva fatto scivolare l’abito dalle spalle, finché non avvertì le sue labbra poggiarvisi e lasciarvi umidi baci. Quando alle labbra si sostituirono i denti, non riuscì a trattenere un gemito roco: quella morsa era definitivamente andata in frantumi.

Robin sollevò lo sguardo, come ipnotizzata.

Quella lacrima così faticosamente trattenuta le rotolò giù, lungo la guancia.

Zoro non le aveva mai sorriso prima…

  
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