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Autore: _Joanna_    19/12/2018    1 recensioni
Fanfiction ispirata alla celebre serie TV (nonché romanzo) The Man in the High Castle.
Londra, 1998.
In un mondo dove il Signore Oscuro non ha mai udito la Profezia e non ha dunque mai ucciso i genitori di Harry Potter, finendo con il perdere tutti i propri poteri, si intrecciano le storie dei nostri amati protagonisti.
Lord Voldemort ha trionfato e ora governa con pugno di ferro su tutta l'Inghilterra, esercitando la sua prepotente influenza anche sul resto del mondo.
Ma un uomo, l'Uomo nell'Alto Castello, sta facendo circolare strani giornali e fotografie animate, che raccontano di un mondo diverso, più felice ed equo, dove Voldemort è stato annientato e il suo regime abbattuto.
Riusciranno i nostri eroi a rendere quel sogno impossibile una realtà?
E chi si ergerà a paladino della Resistenza, in questo mondo, dove non esiste alcun Ragazzo Sopravvissuto?
In definitiva, quello era decisamente un mondo cupo e triste in cui vivere, dove la speranza di un futuro diverso e migliore stava cedendo rapidamente il passo a una tetra e desolata rassegnazione.
Neville ancora non poteva saperlo, ma la scintilla della rinascita era già stata appiccata
.
Genere: Drammatico, Guerra, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Potter, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista, Severus Piton | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Altro contesto
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3.3



Capitolo II
 

Wake up







Con uno schiocco sonoro, Ron si Materializzò in Westmoore Street, nel distretto di New Charlton, a qualche isolato dal palazzo in cui viveva insieme ad Hermione.

Aveva ricominciato a piovere, ma il vento gelido si era fermato, così Ron aveva deciso di fare una breve passeggiata, approfittando dell'occasione per fumarsi una sigaretta; Hermione, infatti, non gli permetteva di accendere quei “piccoli veleni puzzolenti” in casa.
Ron pensava che lei avesse ragione a proposito dei danni provocati dal fumo, ma non aveva mai avuto la fermezza necessaria per smettere.
Se il divieto del Ministero fosse rimasto, probabilmente Ron ci avrebbe pensato due volte prima di mettere in pericolo non solo la sua salute, ma anche la sua stessa sicurezza per una manciata di sigarette acquistate sottobanco a sette galeoni al pacchetto, ma, appunto, ormai quel divieto era stato revocato, e i rischi, così come i prezzi, si erano notevolmente abbassati.
Inizialmente, infatti, il Ministero aveva messo al bando qualunque tipo di oggetto, bevanda, alimento o tradizione di matrice Babbana; tuttavia, in breve, aveva dovuto fare i conti con le abitudini radicate nella popolazione di Mezzosangue e Nati Babbani, nonché con il fatto che molti maghi erano disposti a tutto pur di concedersi alcuni di quei piccoli piaceri proibiti.
E così, alcuni bandi erano stati ritirati, con grande rammarico dei contrabbandieri  e con, al contrario, immensa felicità dei commercianti come Bagman e Wilkes, che da allora si erano arricchiti a dismisura.
Anche questo fatto, l'idea che acquistare quei prodotti non avrebbe fatto che arricchire certi personaggi ambigui, era, tra gli altri, uno dei tanti motivi che Hermione elencava per tentare di spiegargli quanto fumare fosse sciocco e sbagliato.
Nel frattempo, Ron aveva raggiunto l'ingresso del palazzo doveva viveva.
In realtà, la sua casa si trovava sotto l'edificio, in un seminterrato spazioso, quasi arioso, nonostante la posizione infelice, ma non per questo Ron poteva dirsi scontento.
Lui e Hermione si erano trasferiti lì da pochi mesi, appena tre settimane dopo il diploma, e avevano trasformato quel luogo un po' tetro in una sorta di antro luminoso, dove finalmente avevano potuto vivere in libertà.
Per il resto del mondo, infatti, ad eccezione di loro due, Neville, la famiglia di Ron e, probabilmente, Ab, lui ed Hermione erano cugini.
Quella era stata una menzogna necessaria a salvare la vita di Hermione, ma non aveva comunque impedito loro di sviluppare un sentimento profondo l'uno per l'altra, ben al di là del semplice affetto tra parenti.

   Hermione aveva sette anni quando Ron l'aveva conosciuta; era una bambina allegra, ricordava, e, già allora, molto sveglia e determinata. Viveva con i suoi genitori, Babbani, a qualche isolato dalla casa dei Weasley; la loro precedete residenza, la vecchia Tana, null'altro che un barcollante edificio situato tra le colline della campagna del Devon, era stata distrutta tre anni prima da un attacco dei Mangiamorte e, dunque, la sua numerosa famiglia era stata costretta a sfollare.

Si erano poi stabiliti in un piccolo paesino poco fuori Londra e si erano ritrovati a vivere proprio nella via parallela a quella di Hermione.
Ginny, la sorella di Ron, aveva cinque anni all'epoca, ed era l'unica femmina della famiglia Weasley; forse per questo motivo, o forse proprio perché era ancora così piccola e bisognosa di un compagno di giochi spensierato quanto lei, aveva in fretta fatto amicizia con Hermione, che era diventata una sorta di seconda figlia per la madre di Ron.
Altrettanto rapidamente, poi, i Granger, superate le prime diffidenze, erano divenuti ospiti fissi a casa dei Weasley, ed erano stati infinitamente grati per il loro supporto quando Hermione, a sorpresa, aveva cominciato a mostrare i primi, inequivocabili, segni di magia.
Ma un giorno, proprio quando l'infinita guerra del Signore Oscuro stava per volgere al termine, un paio di Mangiamorte, con al seguito una squadra di Ghermidori, erano piombati nel villaggio e avevano iniziato a rastrellare tutti gli abitanti.
Hermione stava giocando con Ginny nel cortile di casa Weasley quando era iniziato.
Ron invece era nella sua camera: si stava nascondendo da Fred e George, i suoi dispettosi fratelli gemelli, più grandi di lui di un paio d'anni.
Inizialmente, quando aveva sentito tutto quel trambusto, aveva infatti pensato che i due gemelli ne avessero combinata un'altra delle loro.
Ma poi le urla, i gemiti, le invocazioni si erano levati alti nel caldo pomeriggio estivo,  mischiandosi alle voci dure e aspre dei Ghermidori, che ruggivano ordini e lanciavano incantesimi contro chi opponeva resistenza o, molto più semplicemente, su chiunque avessero voglia, per il puro gusto di fare del male.
Poi, si era sentito qualcuno bussare con violenza alla porta di casa.
Ron, timidamente, era sceso al piano di sotto, e si era fermato davanti all'ingresso, imitato dai suoi fratelli e da Hermione.
Il padre di Ron aveva intimato loro di restare indietro, quindi, lentamente, aveva aperto l'uscio di casa.
Due grossi Ghermidori stavano ritti davanti soglia, bacchette alla mano, ed entrambi esibivano un orrendo ghigno di feroce soddisfazione sul volto; una cosa era certa, quei due si stavano divertendo un mondo.
«Documenti» aveva ringhiato alla fine uno; il padre di Ron si era affrettato ad obbedire, ostentando una sicurezza che di certo non poteva avere.
Il Ghermidore aveva dato un'occhiata al primo certificato, quindi aveva fatto una specie di grugnito di scherno, passando poi i documenti al compagno che, in fretta, aveva scorso la sua lista.
«Tutto in regola» aveva sentenziato quello, poco dopo, riconsegnando i documenti al proprietario.
«Un momento» aveva detto il primo, osservando con attenzione il mare di teste rosse alle spalle del signor Weasley. «Sarà meglio perquisire la casa» aveva deciso, ghignando, mettendo così in bella mostra una fila di denti gialli e sporchi, rivoltanti.
«Come credete» aveva detto il padre di Ron, senza riuscire a nascondere una certa riluttanza.
A quel punto, però, si erano udite delle grida: un gruppo di persone, piuttosto eterogeneo, era stato trascinato per la strada; altri tre o quattro Ghermidori stavano ruggendo degli ordini, soffocando brutalmente le suppliche e i gemiti dei loro prigionieri.
E, tra quelli, c'erano anche i signori Granger.
Tutta la famiglia Weasley si era subito riversata all'esterno, compresa Hermione, nonostante il padre di Ron le avesse detto di non farlo.
«Mamma!» aveva poi esclamato Hermione, scattando in avanti, prima che qualcuno dei Weasley potesse fermarla.
Il Ghermidore che aveva controllato i loro documenti l'aveva acciuffata, cominciando poi a sbraitare ordini ai compagni.
Anche i genitori di Hermione si erano lanciati in avanti, cercando di sottrarre la figlia alla morsa dell'uomo.
«Lascia stare mia figlia!» aveva poi esclamato la signora Granger, risoluta, come solo una madre poteva esserlo in quelle circostanze così disperate.
Il Ghermidore aveva sogghignato orrendamente; se solo fosse stato un po' più forte, aveva pensato Ron, gli avrebbe volentieri sfondato quel suo brutto muso a furia di calci.
A quel punto, però, la madre di Ron aveva fatto una cosa tanto rischiosa quanto prodigiosa; si era avvicinata ai Granger e aveva iniziato a urlare: «Feccia, Babbana!» li  aveva apostrofati «Quella è mia nipote! Lasciatela!»
I poveri genitori di Hermione si erano guardati l'un l'altra, smarriti e spaventati.
«Lasciatela!» aveva ripetuto la madre di Ron, al che quella di Hermione aveva stretto ancora di più la figlia a sé, in un gesto di istintiva protezione.
Nel frattempo, anche i due Mangiamorte erano sopraggiunti, e avevano preso ad osservare la scena con vivo interesse.
Il Ghermitore, che aveva ancora la mano stretta attorno all'esile braccio di Hermione,  aveva guardato perplesso prima i Granger, poi la madre Ron, cercando di decidere chi stava mentendo.
Alla fine, uno dei due Mangiamorte si era avvicinato e aveva chiesto «Questa qui è tua nipote?»
La madre di Ron aveva annuito con decisione. «È la figlia di mio fratello Gideon» aveva affermato.
L'altro Mangiamorte aveva estratto una specie di taccuino e aveva preso a scorrerlo.
«Qui non risulta che Gideon Prewett abbia una figlia» aveva poi sentenziato.
La madre di Ron non si era scomposta e aveva ribattuto «Questo perché non ha avuto il tempo di dichiararlo».
«Non importa, se qui non risulta dobbiamo portarla via» aveva insistito quello; la signora Weasley si era allora avvicinata all'altro Mangiamorte e aveva mormorato, indicando i Granger «La madre è Babbana, e quando ha saputo…» aveva detto, lasciando che il Mangiamorte intuisse il resto.
«La bambina è una strega?» aveva allora chiesto quello ed entrambi i genitori di Ron avevano annuito prontamente.
Il Mangiamorte aveva corrugato la fronte, pensieroso. «Molto bene» aveva approvato alla fine, facendo poi un cenno al Ghermidore di liberare Hermione.
Il suo compagno, però, che tratteneva per le braccia il signor Granger, aveva protestato «I Weasley sono traditori del sangue, la loro parola non conta nulla!»
«Siamo stati perdonati per questo» era intervenuto il padre Ron «Da Lucius Malfoy in persona!»
Di nuovo, il Mangiamorte si era accigliato.
«La bambina è una Mezzosangue, può restare» aveva sentenziato poi, zittendo il Ghermidore che aveva tentato di replicare di nuovo.
«Quanto a te» si era poi rivolto alla signora Granger «Credevi di poter nascondere una strega?» aveva chiesto «O volevate rubarle i poteri?» aveva insinuato poi, squadrando astiosamente il padre di Hermione. Quindi, minaccioso, si era avvicinato a lui, bacchetta in pugno, e gli aveva lanciato contro un incantesimo; il signor Granger aveva barcollato all'indietro, le mani premute contro il volto che, rapidamente, si era riempito di grosse bolle rosse.
I Ghermidori erano scoppiati a ridere selvaggiamente, riprendendo poi a trascinare i prigionieri lungo la strada.
I genitori di Hermione non avevano più protestato; Molly Weasley aveva portato via Hermione, al sicuro, mentre i signori Granger erano stati stipati insieme agli altri Babbani dentro una specie di grosso pullman viola, diretto chissà dove.
Solamente molti mesi dopo il padre di Ron si era arrischiato a cercare informazioni sui Granger: aveva scoperto che erano stati portati in una delle molte città-ghetto dove venivano confinati i Babbani. Non era di grande conforto, ma sapere che almeno erano vivi, per quanto ridotti in miseria, era quanto di meglio si potesse sperare.
Ron non sapeva quanto Hermione soffrisse la mancanza dei suoi genitori, ma era certo del fatto che, se si fosse trovato al suo posto, lui non avrebbe sopportato quella lontananza forzata dalla sua famiglia.
Tuttavia, probabilmente, quella convinzione era dettata dal fatto che lui non era ancora diventato padre.
Era abbastanza sicuro, infatti, che i genitori di Hermione avessero accettato quasi di buon grado quel destino crudele, quella segregazione brutale e che avrebbero anche pagato volentieri un prezzo ben più alto in cambio della salvezza della loro unica figlia.
E anche Ron si sentiva grato: non aveva la possibilità di dimostrare il suo amore per Hermione in pubblico, ma quella rinuncia gli consentiva ancora di coltivare una speranza.
Benché fosse ancora molto giovane, infatti, Ron aveva cominciato a fantasticare riguardo all'idea di avere dei figli.
Non ne aveva mai fatto parola ad Hermione, anche perché lei non aveva mai dato cenni di voler prendere la questione in considerazione, ma questo non doveva per forza significare che anche lei non nutrisse lo stesso desiderio.
Anzi, sicuramente, Hermione, che era infinitamente più pragmatica di lui, doveva essere già giunta alla medesima conclusione a cui era arrivato anche Ron: loro erano ancora molto giovani, avevano tutta la vita davanti, e non dovevano avere fretta di agire, rischiando di attirarsi addosso le attenzioni del Ministero, ancora impegnato a stanare ribelli e traditori. Loro potevano ancora concedersi il lusso di aspettare, di pazientare, finché quella pressione enorme e spaventosa non si fosse attenuata e un giorno, finalmente, una volta che le circostanze fossero state meno incerte e quella tensione si fosse distesa, quel giorno, allora, lui ed Hermione avrebbero potuto cominciare a prendere in seria considerazione l'idea di mettere su famiglia.
Sì, decisamente, essere costretto a fingere che Hermione non fosse nulla di più che una cugina per lui era un ben misero prezzo da pagare, in confronto alla grande opportunità di poter ancora costruire una famiglia.
Con questo pensiero a scaldargli l'anima, Ron prese l'ultimo tiro della sua sigaretta, spegnendo poi il mozzicone sotto la scarpa.
Si scrollò un po' il mantello, chiedendosi se non fosse il caso di lanciare su di sé un incantesimo per scacciarsi di dosso l'odore di fumo; decise poi che, con tutta quella pioggia, non ce n'era affatto bisogno, così prese la sua chiave, la girò nella serratura ed entrò in casa.
«Herm?» chiamò, scendendo i gradini.
La ragazza non rispose.
«Herm, ci sei?» chiese ancora, togliendosi il mantello.
Il seminterrato che costituiva la loro casa era una sorta di open space: una grande stanza, infatti, fungeva da cucina, salotto e camera da letto e i tre ambienti erano separati da alcuni paraventi; in fondo a destra, un'unica porta conduceva al bagno.
Non ebbe quindi difficoltà ad individuare Hermione, che era seduta sulla sua poltrona, completamente assorbita nelle lettura.
«Herm?» ripeté Ron, avvicinandosi.
Finalmente, la ragazza si riscosse.
«Oh» disse semplicemente, sollevando lo sguardo su di lui «Scusa non ti ho sentito» aggiunse.
Il suo tono era cupo, notò Ron, e aveva gli occhi gonfi, come se avesse passato le ultime ore a piangere.
«Va tutto bene?» chiese infatti lui, piegandosi sulle ginocchia davanti ad Hermione.
Per tutta risposta, la ragazza abbassò lo sguardo, scuotendo piano la testa.
«Herm» disse Ron, prendendo delicatamente le mani di Hermione tra le sue.
«Oh, Ron, mi dispiace» esalò alla fine Hermione, con un filo di voce «Non so come dirtelo» continuò.
Ron allungò una mano per sfiorare il volto della ragazza «Va tutto bene, che cosa è successo?» chiese di nuovo, confuso, e decisamente preoccupato, ma deciso a restare calmo.
«Ginny» mormorò Hermione alla fine «M-mi dispiace tanto Ron».
«Che cosa è successo con Ginny?» la incalzò, ma la ragazza non dava segni di voler rispondere, come se temesse che parlare potesse rendere tutto il suo turbamento, in qualche maniera, più vero e reale.
«L-lei» singhiozzò alla fine «Ginny è… Ginny è morta» disse poi, tutto d'un fiato, mentre le lacrime tornavano a rigarle le guance.
Ron sconvolto, quasi barcollò all'indietro.
Artigliò il bracciolo della poltrona, cercando di dare un senso alle parole che aveva appena udito. «Sei sicura?» chiese alla fine, stupidamente.
Hermione annuì, senza però sollevare lo sguardo.
Ron scattò in piedi, mentre una miriade di emozioni si scatenava dentro di lui.
Non sapeva che cosa dire, che cosa pensare.
«Come…?» riuscì a dire alla fine.
Hermione non rispose subito; si alzò, quindi si avvicinò a lui e finalmente si costrinse a guardarlo negli occhi. «È stata uccisa» rispose alla fine, con voce strozzata «Dai Mangiamorte».
«Cosa?!» esclamò lui «Perché? … Cosa?» ripeté, incapace di dare voce ai propri pensieri che si affollavano confusi nella sua mente.
Che cosa aveva fatto Ginny per infastidire il Ministero a tal punto?
Poi, rifletté, spesso i Mangiamorte non avevano bisogno di una ragione particolare; a volte bastava uno sguardo rivolto alla persona sbagliata, o una frase detta senza pensare.
«Mi ha dato questo» continuò Hermione; si girò, quindi prese il fascicolo che stava leggendo quando Ron era arrivato.
«Mi ha detto che era importante» riprese la ragazza «E credo di aver capito perché» aggiunse, consegnandogli quello che riconobbe essere un giornale.
Ron lo prese e notò che sembrava diverso dal solito; in breve comprese il perché: quello non era un numero del Corriere dell'Ibis.
Perplesso, cominciò a scorrere la prima pagina.
“La fine del Signore Oscuro” recitava il primo titolo, “Harry Potter sconfigge ancora una volta l'Oscuro Signore”.
Non aveva alcun senso, pensò, e infatti chiese «Che roba è?»
«Un giornale» rispose Hermione.
«Questo lo vedo» ribatté lui, un po' brusco.
Hermione ignorò il suo tono e aggiunse, con un sorriso «Parla della Resistenza che ha sconfitto il Signore Oscuro».
Ron gettò un'altra occhiata alla prima pagina, quindi obiettò, cauto, e un po' incerto «Ma, Herm, la Resistenza non ha vinto».
«Questo lo so benissimo» replicò lei, asciutta.
Allora di che cosa stavano parlando?
Sotto lo sguardo attento della ragazza, Ron cominciò a sfogliare il giornale, leggendo i titoli degli articoli, senza però riuscire a darne un senso logico.
«Miseriaccia, Herm» esalò alla fine «Io lo so che cos'è questo».
«Che cos'è?» lo incalzò lei.
«È uno di quei giornali di quel matto di Lovegood».
«Lovegood?»
«Ne stavo parlando prima con Neville» continuò Ron, sicuro, richiudendo il giornale e fissando la foto del ragazzo con gli occhiali; aveva un aspetto stranamente famigliare, anche se lui non riusciva a ricordare dove l'avesse già visto. «Mi ha detto che proprio oggi gli hanno revocato la licenza per la sua testata» riprese poi, sollevando lo sguardo su Hermione, che ora sembrava pendere letteralmente dalle sue labbra, avida di informazioni. «Pubblica queste cose di propaganda ribelle» spiegò infine.
«Non è solo propaganda ribelle, è qualcosa di più» ribatté Hermione, convinta.
«Herm…» cominciò allora lui «so che possono sembrare molto convincenti, ma sono tutte notizie false».
«È se non fosse così?»
«So che sei sconvolta per Ginny» replicò Ron, cauto «E nemmeno io vorrei credere che sia morta per uno stupido pezzo di carta, ma-»
«Ron non si tratta solo di-» tentò di ribattere Hermione.
«Ma il Ministero ha dato ordine di distruggere questi giornali» concluse lui, cupo.
«Se sono solo degli stupidi pezzi carta perché il Ministero vuole distruggerli?» osservò Hermione, incrociando le braccia al petto.
«Perché sono illegali ed è tradimento anche solo possederne uno» disse lui, ragionevole, tentando di mantenere un tono calmo. «Domani dobbiamo andare al Ministero» continuò poi, sempre misurando le parole «dobbiamo denunciare la scomparsa di Ginny e fare finta di non sapere niente, né della sua morte, né tanto meno di questi giornali…»
«Ron….» tentò ancora Hermione.
«Se dovessero sospettare qualcosa uccideranno anche noi» insistette lui, ora in tono urgente.
«Non mi importa!» esclamò lei, piccata.
«Per la barba di Merlino, Herm!» sbottò Ron, incredulo e spaventato.
Hermione lo ignorò e riprese «Ginny mi ha dato questo giornale, lei ci credeva ed è morta per questo! Non posso semplicemente fingere di non aver visto quei mostri ucciderla, non posso ignorare questa verità!»
«Verità?» esclamò Ron, sbigottito. «Herm, di solito sei tu la voce della ragione, ma questo…» disse poi, calmo «Questo è solo spazzatura».
«Non è così!» ribatté Hermione; era agitata, quasi euforica. «Guarda» lo incalzò, strappandogli il giornale di mano e prendendo a sfogliarlo con foga. Trovò la pagina che stava cercando, quindi la girò per lui.
Ron lesse con poco interesse l'articolo, che parlava della Battaglia di Hogwarts; c'era una grande immagine animata, che occupava la metà centrale di entrambi i fogli, e che mostrava una parte del castello ridotta in macerie, mentre un gruppo di ragazzi, dall'aspetto stanco e sofferto, si stava scambiando sguardi felici e soddisfatti
«Ho controllato» proseguì Hermione «non è stata falsificata in nessun modo, non c'è alcun incantesimo di simulazione, questa foto è vera».
Ron osservò l'immagine con attenzione; tuttavia, si disse, se Hermione stava dicendo il vero, doveva comunque esserci un'altra spiegazione.
«Sarà stata scattata apposta» propose infatti, qualche istante dopo.
Hermione scosse la testa, decisa, quindi voltò la pagina e riprese «E qui, leggi» indicò «Fred Weasley» continuò, prima ancora che Ron avesse il tempo di fare come gli era stato detto «Morto in battaglia» spiegò «Perché scrivere una cosa del genere? Tuo fratello è vivo!»
«E invece mia sorella è morta!» sbottò Ron, irritato.
Hermione parve vergognarsi, quindi ripiegò il giornale, in silenzio; tutta la sua grinta battagliera sembrava essersi dissolta.
«Hermione» disse poi Ron, in tono conciliante «Ti supplico, non… non posso perdere anche te» esalò alla fine, dando finalmente voce alla sua più grande paura, che si era affacciata alla sua mente non appena la ragazza aveva cominciato a fantasticare di battaglie mai combattute e lieti fini mai scritti.
Hermione si avvicinò a lui e lo strinse con affetto tra le sue braccia.
Ron ricambiò, ma poi il suo sguardo si posò sul tavolino accanto alla poltrona, dove erano poggiati un libretto e un piccolo rettangolo di cartone.
«Che cos'è?» chiese, sciogliendosi dall'abbraccio.
Hermione seguì la traiettoria del suo sguardo, quindi rispose, incerta «N-niente».
Ron raggiunse il piccolo tavolo e prese il cartoncino.
“Hive Café” lesse rapidamente “Darklake View, Portsmouth”.
«Un biglietto da visita?» riconobbe poi, perplesso.
«Può darsi, forse ci è finito in mezzo» disse lei, disinvolta.
Ron le rivolse uno sguardo sospettoso, quindi prese il libro.
«Perché hai l'orario dei treni aperto alla pagina per Portsmouth?» chiese, in tono quasi accusatorio.
Hermione fece per rispondere, ma Ron continuò «Hermione…»
«Non-»
«Ti prego, dimmi che non stai pensando di andarci».
«Devo capire, Ron» ribatté lei, decisa.
«Non c'è niente da capire!» esclamò Ron, esasperato.
Hermione, risentita, fece di nuovo per protestare.
«Senti, ora è tardi» disse lui, conciliante «Ci mettiamo a dormire e ne riparliamo con calma domani mattina, va bene?»
Hermione si limitò ad annuire, sconfitta.
Ron l'abbracciò di nuovo, pregando in cuor suo che una buona notte di sonno potesse farla rinsavire.


* * *


  
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