Capitolo
9
Salve!
Vi
chiedo infinitamente scusa, ma tra le vacanze e l’inizio
della sessione
invernale non sono stata libera per un attimo; prometto che il prossimo
aggiornamento avverrà con molta più
celerità. Ma ora bando alle ciance e vi
lascio al capitolo ;)
Wanda
si tormentò nervosamente le mani mentre attendeva il suo
turno seduta sulla panca fuori dal corridoio del Direttore
dell’Ufficio
Misteri. Morgana le rivolse un’occhiata solidale,
giocherellando con una ciocca
scura in modo tale da arrotolarla e srotolarla più volte
attorno all’indice
destro.
-
Credi che la terranno dentro ancora per molto? –
-
Non ne ho idea -, mormorò fissando dritto verso la porta
dietro alla quale Elettra era scomparsa venti minuti prima, - ma non
capisco
cosa possano mai volerci chiedere a riguardo. La maggior parte di noi
non
conosceva nemmeno quel tipo. –
-
Non credo che chi l’abbia ucciso lo conoscesse. –
-
Che intendi? –
-
Che magari si è semplicemente trovato nel posto sbagliato al
momento sbagliato e ha visto qualcosa che non doveva vedere –
replicò Wanda,
sussultando appena quando la porta si aprì ed Elettra ne
emerse.
L’amica
aveva un’espressione piuttosto preoccupata dipinta sul
volto mentre s’incamminava lungo il corridoio e proseguiva
come le era stato
detto; Moody non voleva che nessuno entrasse in contatto con gli altri
abitanti
della Residenza finchè non fossero stati tutti sottoposti
all’interrogatorio di
rito.
Una
ragazza dai capelli rossi, la stessa che le due avevano
notato mentre chiacchierava con William durante la festa, rivolse un
cenno del
capo a Wanda.
-
Prego, signorina Lestrade, tocca a lei. –
Morgana
le rivolse un sorriso incoraggiante e così non le
rimase che alzarsi e seguire la giovane Auror all’interno
dello studio.
-
Lei dove si trovava quando ha udito le urla della signorina
Burke? –
Lawrence
incrociò le braccia al petto e osservò
l’Auror che
aveva di fronte sforzandosi di non lasciar trapelare il suo nervosismo.
Malocchio Moody era un tipo che non trasmetteva certo
serenità, ma aveva il
timore che vederlo in quello stato contribuisse a renderlo sospetto.
-
Ero nella sala della festa insieme al mio amico Dennis e a
decine di altri ospiti. –
-
Siamo un po’ nervosi, eh signor Timberwole? –
Mentire
non avrebbe avuto alcun senso dal momento che era più
che evidente e che, tra le altre cose, Alastor Moody era probabilmente
il
miglior Auror che si fosse visto negli ultimi cinquant’anni.
-
Un po’ -, ammise, - ma credo che sia una cosa normale. Non
mi era mai capitato di vedere la vittima di un omicidio. –
-
Come la maggior parte dei ragazzi di diciotto anni -,
mormorò l’uomo osservandolo con circospezione come
se stesse cercando di capire
se fosse un abile bugiardo o fosse sinceramente turbato dagli eventi
della
notte precedente, - e crede di avere qualche idea su chi potesse
avercela con
la vittima? –
Scosse
il capo.
-
Lo escludo, non ho mai avuto modo di parlare con il ragazzo
ucciso. –
-
Eppure aveva la sua stessa età, avete frequentato Hogwarts
negli stessi anni. –
-
Non conoscevo tutti gli alunni del mio anno, ma sono certo
che non appartenesse alla mia Casa. –
-
No, infatti, era un Tassorosso. Bene, signor Timberwole, è
libero di andare e la prego di mandare avanti la prossima persona.
–
-
Signorina Villiers, la sua famiglia ha intrattenuto notevoli
rapporti con esponenti del lato oscuro in passato … credo
che lei conosca bene
anche il signor Rosier. –
Annuì
sedendosi compostamente e incrociando le gambe dietro le
zampe della sedia in legno dall’alto schienale sul quale si
era accomodata non
appena aveva fatto il suo ingresso all’interno dello studio
che era stato dato
in prestito a Moody per l’occasione.
-
Sì, io e Jackson ci conosciamo fin da piccoli, siamo anche
stati compagni di Casa ai tempi di Hogwarts. –
-
Entrambi in Serpeverde, è corretto? –
Annuì
rigidamente.
Non
le piaceva dove stava andando a parare quella
conversazione.
-
Ha avuto modo di conoscere anche il cugino del signor Rosier
… Evan? –
Certo
che ne aveva avuto modo.
Jackson
ed Evan erano stati a dir poco inseparabili malgrado
la differenza d’età che li separava; tanto legati,
in effetti, da apparire
quasi due facce della stessa medaglia.
-
E che idea si era fatta di lui? –
-
Una persona raffinata, un amante dell’arte e della bella
vita, un tipo piuttosto cordiale … anche se credo che lei
abbia un’idea ben
discordante. –
Era
una sua impressione oppure l’Auror aveva abbozzato un
accenno di sorriso?
La
sua affermazione doveva averlo divertito, anche se Maia non
riusciva a capire come potesse trovare divertente il ricordo di un
giovane uomo
che gli aveva portato via una gamba e un bel pezzo di naso.
-
Potremmo dire che lo ammirava? –
-
La sua compagnia era piacevole, ma immagino di non averlo
conosciuto a pieno. –
-
E invece di Jackson cosa ne pensa? Ha la stessa stoffa del
cugino? –
Tentennò.
Il
desiderio di Jackson di emulare Evan era stato forte nel
corso della sua infanzia e della prima adolescenza, ma c’era
qualcosa di
diverso tra i due cugini.
-
Jackson ed Evan sono due sfumature del tutto diverse
all’interno
del roseto dei Rosier -, replicò diplomaticamente, - ma se
mi sta chiedendo se
credo che possa aver ucciso il ragazzo … allora no, lo
escludo categoricamente.
–
-
Annabelle, tocca a te. –
La
bionda alzò lo sguardo incrociando quello di Hestia e
sgranò gli occhi, totalmente incredula.
-
Vogliono interrogare anche me? –
-
È la prassi -, la rincuorò l’amica, -
poi passeranno anche a
tutti gli altri istruttori e impiegati dell’Accademia. Non
possiamo escludere
nessuno. –
La
seguì lungo il corridoio e poi fino allo studio di Solomon,
accennando appena un saluto all’indirizzo di uno degli Auror
presenti che aveva
frequentato Hogwarts durante i suoi stessi anni.
Poi
sedette di fronte ad Alastor e lo guardò dritto negli
occhi.
-
Volevi interrogarmi, perciò eccomi qui. Lascia
però che ti
faccia prima una domanda, Alastor … credi davvero che potrei
mai aver ucciso
uno dei miei studenti? –
Il
cinquantenne la osservò in silenzio per qualche istante e
alla fine scosse il capo.
-
No, non lo credo, ma so che sei stata un’allieva di Rookwood
e forse sai qualcosa a riguardo. Non è detto che tu sia
consapevole delle
informazioni, potrebbe anche essere qualcosa che non reputi importante,
ma che
riguarda la stanza delle Profezie. Voglio che ci rifletti in questi
giorni e
che mi faccia sapere qualsiasi informazione, fosse anche di che colore
indossava di solito le cravatte Rookwood. –
Annuì
tamburellando sul bordo della sedia prima di fare la sua
ammissione.
-
So che Rookwood aveva una figlia e che dovrebbe avere
vent’anni
o forse poco meno. –
-
Eravamo già a conoscenza di questa informazione …
hai idea
di chi possa essere? –
Scosse
il capo.
Della
bambina sapeva solo che aveva i capelli di suo padre, di
un bel colore scuro.
Augustus
le aveva accennato la cosa solo una volta, anni
prima, e non aveva mai mostrato nemmeno una sua foto.
Le
era sembrato che fosse un segreto, uno di quelli da
custodire gelosamente, perciò non aveva chiesto oltre.
-
Non lo so, ma se si trova davvero qui come credo allora
forse è proprio lei la persona che cercate. –