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Autore: ToscaSam    21/01/2019    2 recensioni
La solita storia di una ragazza che si iscrive all'università e incontra dei ragazzi.
Più o meno.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III
 
Fu quello uno dei tanti errori di Tullia Pasquinelli. I suoi tre amici dell'università stavano diventando scontati, quotidiani. Non c'era nessuna partita da vincere, non c'era nessuna ragazza odiosa da umiliare.
Forse fu il desiderio di vendetta a guidarla verso quella strada. Vendetta contro le ragazze che l'avevano esclusa e fatta sentire anormale dalla sua nascita fino alla fine del liceo.
Tullia decise che avrebbe preso Paolo per rubarlo a Giulia e che ne avrebbe tratto una soddisfazione indicibile.
Se si fermava a guardarsi allo specchio, Tullia vedeva già una ragazza diversa. Un mese appena di vita fuori dal paesino l'aveva trasformata, rendendola il paradosso dei suoi più grandi desideri inespressi.
Non aveva mai avuto un fidanzato: ebbene ora ne voleva uno, uno che si fosse scelta lei.
Non aveva mai fatto a gara di bellezza con un'altra ragazza: adesso giurava che avrebbe asfaltato l'autostima di Giulia come una tangenziale. L'avrebbe polverizzata. Lei era grassa e brutta. Tullia era magra e, se si impegnava, poteva risultare carina. I suoi tre amici non la trovavano forse carina?
Angelo, Rocco e Bruno divennero il suolo su cui testare la sua nuova capacità di piacere agli altri. Nei giorni che seguirono, Tullia fu esuberante, brillante, simpatica e accattivante.
Andò in Corso Italia e si comprò qualche maglioncino nuovo, qualche nuovo paio di pantaloni. Via tutti i pizzi neri che aveva acquistato nel periodo del liceo. Via tutti quei cenci pieni di merletti ridicoli.
Adesso era il momento di comprare cose serie, che sui manichini facevano effetto di donne e non di ragazze.
Ecco cosa voleva essere. Una donna. Non più una ragazzina. Era finito, quel tempo.
Angelo divenne sempre più simpatico. Tullia adorava sedersi accanto a lui e parlottare fino all'ultimo secondo prima che iniziasse la lezione.
Aveva capito che erano talmente affini da potersi sentire fratelli. Ragionavano allo stesso modo, ridevano delle stesse battute, si appassionavano agli stessi film, discutevano volentieri degli stessi problemi.
Bruno era invece sempre più distante. Lui cercava il divertimento, commentava le belle ragazze che passavano, raccontava dei suoi lavori da DJ nelle discoteche della Versilia. Era un ragazzo di mondo, che adorava bere il sabato sera, fumare, racimolare anche qualche droga e via, finché il divertimento continuava.
L'unico che Tullia ancora non riusciva ad inquadrare era Rocco: pareva molto simpatico ma allo stesso tempo fin troppo servile. Le dava sempre ragione, ostentava la sua devozione per lei. La ascoltava sempre e le dava sempre la sua colta opinione. Sfiorava l'esagerazione.
Tullia non sapeva se trovarlo monotono o adorabile. Era un po' troppo appiccicoso, eppure irrinunciabile.
Quel tappeto di servilità serviva a nutrire il suo ego nella battaglia contro Giulia, per cui non disse mai a Rocco di andarci piano con l'adulazione.
Un evento a cui Tullia aveva deciso di assistere era la messa di inizio anno accademico. Ovvio. Era la mossa da fare.
Sapeva che sarebbe accaduto qualcosa di decisivo, se fosse andata.
Non si stupì nemmeno troppo quando vide Giulia a fare il capo dei chierichetti. Ecco cosa univa in amicizia quella ragazza stupida a Paolo.
Giulia vide Tullia che entrava da un lato della porta principale e decise spudoratamente di non salutarla. Che persona scortese e infantile.
Adesso Tullia doveva farsi vedere da Paolo. Era l'unico motivo per cui si trovava lì, in quel luogo.
Lo cercò con lo sguardo e non lo vide. Si sentì avvilire. Davvero Paolo non si sarebbe presentato?
Decise che comunque non se ne sarebbe andata, che avrebbe aspettato la fine della messa per non farsi mangiare dal rimorso del “e se fosse arrivato proprio un minuto dopo che lei se n'era andata?”.
La messa fu lunga e noiosa, ma Tullia la trasformò in un'occasione di spiritualità intensa. Pregò molto lo spirito dell'universo di vincere quella battaglia stupida in cui si era immischiata. Lo sapeva, gli disse, che era infantile e senza senso. Eppure era una sorta di riscatto. Non si era mai comportata così, non aveva mai gareggiato per le attenzioni di un ragazzo.
Fece un giuramento con la divinità, di cui seppe subito che si stava pentendo. Disse: io ti giuro che se otterrò Paolo me lo terrò per sempre. Non sarò come un'adolescente in cerca del primo bacio o della prima esperienza romantica. Mi impegnerò per tenerlo sempre con me.
Quando uscì dalla chiesa, sconvolta dal suo stesso giuramento, si chiese perché mai volesse tanto avere Paolo.
Non le piaceva mica, dopotutto? Perché si era appena impegnata con dio di amare per sempre un ragazzo che non le interessava?
Mi interesserà, si disse. Doveva interessarle, perché voleva vincere a tutti i costi contro l'insolenza di Giulia.
Possibile che avesse passato tutta la sua vita a sentirsi brutta e strana e che ora che finalmente veniva trattata da persona normale, dovesse sottostare ai giochetti di una ragazza cicciona e cattiva?
Si stupì di pensare cose così cattive, proprio dopo aver assunto il corpo di Cristo dentro di sé. I cattolici gli danno molta importanza, pensò. Se voleva Paolo, doveva cominciare a rispettare quello a cui lui credeva.
Un grande senso di insoddisfazione le si annidò nello stomaco e vi stanziò per molto tempo.
Stava imboccando il Borgo Stretto, con la faccia coperta dalla sciarpa e le mani strette nelle tasche, quando si sentì chiamare.
« Tul?»
Si girò e vide Rocco.
Un incontenibile sorriso le irradiò il viso.
« Rocco! Che ci fai qui?»
« Sto tornando a casa. Ero in biblioteca a studiare. Tu che fai?»
Tullia si vergognò molto e seppe che non avrebbe mai ammesso la verità. Parlare di chiesa, di messa e di Paolo era fuori discussione.
« Sto andando al supermercato» mentì. In effetti poteva andarci davvero; in casa mancavano le casse dell'acqua.
« E perché sei venuta fin quaggiù? Ce n'è uno in Corso Italia. È più vicino a casa tua, no?»
« Ah si?» chiese Tullia sinceramente.
Non era ancora mai andata a fare la spesa, di solito ci pensava Ilaria. Sapeva che le sue coinquiline andavano a un centro commerciale dalle parti di Piazza Manin, vicino alla Torre Pendente, un luogo lontanissimo.
Scoprire che si potevano fare acquisti comodamente in Corso Italia non poteva che essere una buona notizia.
« Ti accompagno» si offrì Rocco, galante.
« Grazie».
Lei e Rocco si incamminarono insieme da Borgo Stretto fino sul lungarno, poi su ponte di Mezzo e via in Corso Italia. Chiacchieravano con facilità, con piacere reciproco.
O meglio: Rocco ascoltava e commentava tutto quello che Tullia diceva.
Era un ascoltatore perfetto, pensò lei. Attento ad ogni minimo dettaglio, curioso, pieno di buoni consigli e molto dotto in ogni argomento.
Si misero a parlare della Divina Commedia, ridendo degli svenimenti continui di Dante personaggio, appassionandosi al canto di Ulisse, facendo paragoni con la mentalità del giorno d'oggi.
Tullia non aveva mai parlato così con nessuno.
Al paese, così come al liceo, era sempre sembrato strano che lei si appassionasse a un “libro” come la Divina Commedia. Era fuori luogo innamorarsi di ciò che stava dentro i libri di testo. Si leggeva altro, nel proprio tempo libero.
Tullia era vista come ridicola, quando si emozionava alle interrogazioni di Italiano o quando faceva domande troppo sincere a Filosofia.
Non c'era niente di affascinante in lei e nelle sue passioni. Questo le aveva insegnato la sua esperienza fin'ora.
Perché Rocco la assecondava e sembrava davvero appassionato di letteratura e di storia? Perché tutti a Pisa erano così diversi?
Arrivarono al supermercato.
Lei cercò una cassa d'acqua, poi si impegnò per portare nel frigo qualcosa di sano, qualcosa che le sue coinquiline dottoresse non avrebbero mai comprato.
Si fermò davanti alla verdura fresca. Era un'azione che aveva sempre visto fare a sua madre, che non aveva mai fatto di persona.
Cercò di assumere il suo stesso sguardo critico ed esperto: quei pomodori sono importati dalla Spagna; quanto carburante gli è servito per portarli qui? Meglio prediligere i prodotti a km zero, o comunque prodotti in Italia. E poi non è mica tempo di pomodori, a ottobre.
Comprò il cavolo nero, le rape, le patate, poi la passata di pomodoro biologico e il latte di capra.
Rocco la accompagnò in devoto silenzio e dispensò consigli solo quando glieli chiese. Scoprì che non era ferrato nell'arte di fare la spesa così come lo era in qualsiasi altro campo culturale. Per una volta fu divertente sembrare di saperne più di lui, o forse si fingeva meno esperto solo per darle questo piacere.
Decise di comprare anche una borsa di stoffa, per evitare futuri sprechi di plastica. Non era sufficiente, però a portare tutta la spesa: la cassa dell'acqua rimaneva per forza fuori.
Senza farselo chiedere e senza che Tullia lo desse per scontato (aveva già pensato di caricarsi di ogni peso), Rocco afferrò il manico scricchiolante della cassa d'acqua e la seguì fino a casa.
Era davvero un ragazzo buono, pensò.
Dopo una decina di minuti arrivarono alla stradina lugubre, dove ormai regnava il buio e il silenzio.
« Non ci venire mai tardi da sola, qui!» la ammonì Rocco, premuroso.
« Se faccio tardi, per forza devo passare da sola di qui» rispose lei. Non c'erano alternative e nemmeno lui poteva chiederle di telefonargli ogni qualvolta si fosse trovata in strada a quell'ora da sola, per farsi accompagnare.
Rocco strinse le labbra, poi finì il tragitto fino alla porta del condominio male illuminato.
« Ti va di salire? Ti offro un caffè?» gli chiese Tullia, per premiarlo del suo sforzo con l'acqua.
Lui emanò un sorriso radioso e disse di si.
Tullia non aveva idea se si potesse offrire un caffè alle otto e mezzo di sera, forse avrebbe dovuto chiedergli di fermarsi a cena.
Salirono insieme le scale con un po' di impaccio: lui che portava la spesa somigliava molto a un maritino.
Tullia rabbrividì leggermente per i suoi pensieri e si affrettò a cercare le chiavi che, ovviamente, quella sera erano sparite nella borsa.
Dopo troppo tempo, finalmente, le trovò e le infilò nella toppa.
Era molto strano annunciare il suo amico dentro casa sua: lui apparteneva al mondo di fuori, fargli varcare quella soglia era come ammetterlo al mondo di dentro. Pisa e i suoi amici erano fuori. Lei e la sua vita erano dentro.
Rocco entrò con calma, posando l'acqua vicino alla porta e aiutando Tullia a scaricare la borsa di stoffa. Posizionarono passata e verdure in frigo, scansando il burro di arachidi di Clarissa, le sottilette e i fegatini di Ilaria, le polpette commerciali di Rosanna.
Proprio mentre Tullia cercava la moca e la polvere di caffè, comparvero delle figure in cucina. Capì che aveva sbagliato tutto nello stesso momento in cui la voce di Giulia la schernì:
« Tutte le sere con un ragazzo diverso?».
Cosa diavolo ci faceva in casa loro?
Tullia riempì d'acqua con noncuranza la parte bassa della moca, poi cercò un cucchiaino per la polvere di caffè.
« Quando mai mi hai vista con un ragazzo?» ribatté tranquilla, senza imbarazzo.
Evidentemente Giulia stava cercando di danneggiarla agli occhi di Rocco, qualunque rapporto ci fosse fra i due: eliminare l'ipotetico amante o, se non c'era niente fra loro, ridurre l'amicizia.
Rocco non era stupido e si fidò del tono tranquillo e distaccato di Tullia. Quasi non rivolse a Giulia un cenno di presentazione.
Giulia aveva le abbondanti guance arrossate, gli occhi ridotti a due fessure.
« Ieri te ne sei uscita con la storia del bel fattorino delle pizze che ti volevi scopare»
« Che termini volgari! Non si addicono a una ragazza che ha appena ricevuto il copro di Cristo».
Giulia divenne ancora più rossa.
Tullia sorrise, dandole le spalle, tornando a fissare il caffè sul fornello.
Era certa che, se l'argomento dei molti uomini fosse caduto, Giulia avrebbe provato a screditarla dicendo di averla vista in chiesa. Era lampante che l'avrebbe giudicato un colpo basso.
Rocco ci capiva sempre meno.
Tullia rispose al suo sguardo interrogativo mentre gli versava il contenuto della moca nella tazzina bianca che gli aveva posto davanti, sul tavolino:
« Giulia era alla messa di inizio anno accademico».
« Anche lei» sbraitò Giulia, vendicativa.
Tullia notò con piacere che Rocco la fissava con aria complice. Era suo alleato. Avrebbe lottato dalla sua parte contro Giulia, la stava giudicando ridicola.
Si sentì forte.
Eppure, un istante dopo, apparve sulla soglia della cucina anche Paolo.
Tutta la forza che Tullia si era sentita addosso, svanì di colpo.
Cinse le spalle di Giulia con un abbraccio disinvolto, guardò Rocco con sufficienza, come se si chiedesse “chi è questo individuo in questa cucina?”, poi si illuminò nel suo sorriso smagliante, rivolgendosi a Tullia:
« Ti ho vista, alla messa»
Tullia si sgonfiò come un palloncino.
« E tu dov'eri? Perché non sei venuto a salutarmi?».
Paolo rispose, serio: « la messa non è un mercato. Non posso mica mettermi a camminare, su e giù, a salutare gente. Durante la messa si ascolta la parola del Signore».
Tullia si rabbuiò.
Vide che Rocco storceva il naso. Voleva prendere le distanze, voleva dire “io non sono così, non c'entro niente con queste storie!”. Lo guardò mentre sorseggiava il liquido nero bollente dentro la tazzina, poi disse a Paolo:
« Beh, mi avevi promesso un caffè!»
« Un caffè?»
« Si... quando mi hai dato il volantino. Mi avevi detto che se venivo alla messa, mi avresti offerto un caffè»
« Non me lo ricordavo».
Tullia rimase delusa.
Giulia si compiaceva del braccio di Paolo attorno al suo collo e fissava Tullia con sguardi sfottenti. Tullia non si capacitava dell'ostilità assoluta di quella ragazza. Che le aveva fatto? Possibile che l'avesse giudicata una nemica in solo così poco tempo?
Sempre offesa per la storia del caffè mancato, Tullia si dedicò solo a Rocco, quella sera. Non rispose nemmeno all'invito di Clarissa, che dall'altra stanza le chiese se voleva giocare a Taboo insieme a Paolo e Giulia.
Quando rimasero soli nella piccola cucina, Tullia osservò Rocco finché non ebbe finito il caffè. Lui le lanciava sguardi curiosi, di tanto in tanto, anche se li nascondeva con scarso successo.
Parve prendere un respiro profondo, prima di dire:
« Domani vieni tu da me. Ti offro io un caffè ...» prima che Tullia potesse aprire la bocca per ribattere, Rocco aggiunse: « decaffeinato».
Tullia sorrise con più benevolenza di quanta ne avrebbe concessa di solito a Rocco. Era stata una mossa perfetta: voleva dimostrare che lui l'ascoltava e sapeva che non beveva caffè. Lui non avrebbe mai commesso l'errore di dimenticarsi un appuntamento con lei. Se anche le avesse promesso di vedersi al bar dopo un anno, lui di certo ci sarebbe stato.
Non parve curarsi del fatto che Tullia fosse andata a messa, anzi, si sforzò di parlare d'altro.
Tullia, invece, si sentì in dovere di spiegare:
« Quel ragazzo … Paolo … distribuiva volantini fuori dal dipartimento. Mi aveva detto che se fossi andata alla messa mi avrebbe offerto il caffè. Era sembrato gentile. Io non ci andrei mai alla messa, così di mia iniziativa. Insomma, ecco, non sono una che frequenta le chiese, che è bigotta e queste cose qui … ecco, io …»
« Tullia, sono di Catanzaro. Sono stato costretto a fare comunione, cresima, pranzi di Natale e chierichetto fino allo sfinimento. E sono ateo. Non troverai mai nessun pregiudizio di questo tipo, in me».
  
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