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Autore: Sophie_moore    04/02/2019    1 recensioni
Questa raccolta partecipa al contest "Un fiume di soulmate!AU" indetto da rhys89 sul forum di EFP.
Capitolo 1: Lo sa.
Capitolo 2: Lo vede.
Capitolo 3: Lo ama.
Capitolo 4: Lo sposa.
1. Chiunque tu sia, basta tingerti i capelli. Ho un lavoro.
2. Cana fa un sorriso malizioso, una sorta di ghigno. «E vuoi sapere di più?»
Le palpebre di Laxus traballano. Lo sa che non deve rispondere mai a queste domande, sono delle trappole. Incita Cana a parlare con un cenno della testa.
«Le carte hanno parlato.»
[...]«Ciao Freed. Io sono Laxus.» gli porge la mano, dopo quella che è sembrata un’eternità.
Freed sorride e ricambia la stretta, pur ritirandosi immediatamente a causa di una leggera scarica elettrica. «Lo so. Ti devo tatuare io, sono il tuo uomo.»
3. Laxus vorrebbe alzarsi, ma appena prova a muoversi, Freed si stringe di più a lui, sbadigliando.
4. Freed ha nove anni e adora i suoi occhi gialli. Li ama, sono così brillanti e luccicanti, come due stelle. O due soli! Adora i suoi soli.

Spero che la raccolta vi sia piaciuta!
Vi abbraccio forte,
Sophie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Fried Justine, Luxus Dreher
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa raccolta partecipa al contest “Un fiume di soulmate!AU” indetto da rhys89 sul forum di EFP.


Lo sposa.


Freed ha nove anni e adora i suoi occhi gialli. Li ama, sono così brillanti e luccicanti, come due stelle. O due soli! Adora i suoi soli.
Li adora solo lui, in realtà.
Molte persone che conosce li trovano inquietanti, un po’ strani, ma non è importante per Freed, perché lui li ama.
E sa benissimo cosa vogliono dire: la sua anima gemella sarà bionda. E biondo chiaro, come un fulmine.
Freed sente un brivido per la schiena e una scarica di emozione lo attraversa. Che bello pensare che ci sarà una persona per lui, una persona da amare, una persona con cui passare il resto della sua vita.
«Freed, sei pronto? Oh cielo, ti stai ancora guardando?» la mamma entra in stanza e ridacchia, appoggiandosi allo stipite della porta. «Dobbiamo uscire, forza!»
«Mamma, a te piacciono i miei occhi?» chiede, saltellando sul posto.
La donna sorride e si avvicina, poi si china di fianco a lui. «Io amo i tuoi occhi. E amo te, bambino mio.» gli stampa un bacio sulla guancia. «Ma siamo in ritardo, muoviti!» gli pizzica delicatamente la pancia e si alza in piedi, torreggiando alle spalle del bambino.
Freed ride e si passa una mano tra i capelli. Chissà se quella persona sta facendo la stessa cosa.
Chissà se quella persona ama i suoi occhi tanto quanto Freed ama i propri.

Freed odia i suoi occhi. Non sono mai cambiati, sono stati sempre… gialli. Niente di più.
Solo gialli.
Il forte odore della tinta gli entra nelle narici, gli fa male la testa.
Non gli importa che quella persona avrà degli occhi diversi, ora non gli importa più di niente.
A tredici anni non si guarda in faccia nessuno, nessuno è importante, c’è un muro tra chi si è e tutti gli altri.
Quindi non gli interessa.
Quella persona sta per avere delle profondissime iridi nere, nere come la pece.
Nere come la sua anima.
Non riesce ad andare d’accordo con nessuno, né in casa, né fuori casa, e in un certo senso va bene così.
C’è solo quel fastidioso casinista di Bixlow che si ostina a chiamarlo “amico” e si presenta a casa sua ogni giorno. Ha smesso di combatterlo, di ostacolarlo, tanto Bixlow entra comunque nella sua stanza a prescindere dalla sua volontà.
Forse è un bene, non essere del tutto solo. Può lamentarsi ad alta voce con qualcuno, anche se non ascolta.
«Ci sei quasi?»
«Sì, adesso sciacquo.»
Freed si toglie la cuffietta e si china nel lavandino. La porta del bagno si apre e Bixlow entra. Senza dire niente si tira su le maniche, apre l’acqua e inizia a lavare i capelli a Freed.
«Quella persona darà di matto.»
«Non la conosci neanche, perché dovresti farle un dispetto?»
«Non voglio conoscerla.»
Un attimo di silenzio.
«E se fosse un maschio?»
Freed rabbrividisce, e non è per l’acqua fredda. «Che schifo.»

Freed ha un occhio nero.
Bixlow ha il naso rotto.
Ma stanno ridendo, si guardano e ridono, incuranti del dolore che li accompagnerà per settimane.
«Non dovevi metterti in mezzo, te l’ho detto!»
Bixlow guarda verso l’alto, tenendo un fazzoletto ormai intriso di sangue sotto alle narici. «Nessuno dà del frocio al mio amico e la passa liscia.» dice, dandogli una pacca sulla spalla.
«Erano solo degli idioti, non ne valeva la pena.»
«Scherzi? Non impareranno mai se nessuno dà loro una lezione.» continua imperterrito Bixlow. Sogghigna, o almeno ci prova, e geme dal dolore. È comunque un ragazzino, anche se dimostra di più dei suoi diciotto anni.
Freed si porta una ciocca di capelli blu dietro le orecchie, leggermente in imbarazzo. Bixlow c’è sempre stato, anche nei momenti in cui era più insopportabile.
E si è fatto picchiare da dei ragazzi più grandi solo per difenderlo.
«Senti, Bix…»
«Va tutto bene.»
«No, fammi finire.» Freed si mette seduto. Il vicolo in cui sono è sudicio e puzza, ma è l’unico momento in cui può essere del tutto sincero. «Grazie. Per tutto.»
«Te l’ho detto, nessuno può darti del frocio e pensare di poterlo fare senza conseguenze.»
«Ti hanno picchiato.»
«E io ho picchiato loro. E tu hai picchiato loro.» fa una pausa, inclinando la testa di lato. «E hanno picchiato te, ma non è questo il punto.»
«Il punto è che il mio orientamento ti sta causando più problemi di quanto dovrebbe, ecco qual è il punto. Non ti dovresti immischiare, a te non danno fastidio, lascia che continuino così.»
Bixlow rotea gli occhi al cielo con una smorfia affaticata. «Freed. Te lo dirò ora e non mi ripeterò. Sei mio amico. Il mio migliore amico. E mi immischierò sempre se sarà per aiutarti, qualsiasi cosa succederà.»
Freed sente gli occhi riempirsi di lacrime. Non ha fatto altro che odiarsi per tutta la vita, e ora che qualcuno lo sta accettando con così tanta semplicità e naturalezza che non sa come reagire.
«Adesso andiamo, forza. Torniamo a casa.» Bixlow gli porge la mano dopo essersi messo in piedi.
Il ragazzo la afferra e si tira su. Lo abbraccia di slancio, senza pensare al dolore delle ferite, o che sarebbe potuto essere fraintendibile. Non gli interessa.
«Grazie.»
«Tu faresti lo stesso per me.» risponde solamente l’altro, il tono basso e gutturale. Forse sta nascondendo il magone. «Però non ti causerei così tanti problemi.» dice, e ridacchia con quel suo modo di fare grottesco e irritante.
Freed si stacca, si passa una manica sugli occhi e sorride. «Andiamo a casa, ti offro un caffè.»
Ha accettato da tempo che non possa essere Bixlow la sua anima gemella, che non possa essere lui quella persona destinata. Ci ha sperato, ci ha sperato tanto. Che fosse un errore, che fosse un problema “tecnico”, che portasse le lenti! Quando aveva accettato la disfatta era stato disperato.
Però sapere che comunque ci sarà per sempre lo rincuora, adesso. Un amico per la vita è un po’ un’anima gemella, no?

Freed si sta guardando allo specchio.
Non riesce ad aggiustarsi la cravatta, ed è assurdo, perché lui è un mago con la cravatta.
Sa fare il Principe Alberto, il Victoria, il Nicky. Senza contare il Balthus, il Cape e lo Shelby.
Sa fare un sacco di nodi per la cravatta, ma adesso non riesce. Non ce la fa.
Sta per avere un attacco di panico.
Oh no.
Lo sta avendo.
La porta bussa.
No, bussano alla porta.
Come fa a bussare una porta?
«Chi è?»
«Sono io, apri.»
«No.»
«Freed?»
«No.»
«Come no. Tiro giù la porta, lo sai.»
«No.»
«Freed, santo cielo!»
Freed sbatte le palpebre. Velocemente si muove e abbassa la maniglia, sbuca fuori e vede Bixlow. «Che cosa vuoi?»
«Impedirti di fare del male a te stesso o agli altri.»
«Non… non riesco a fare il nodo alla cravatta.»
«Ma tu sai fare un milione di nodi.»
Freed apre la porta. Lo sguardo è basso, la cravatta tra le mani, le guance rosse dall’imbarazzo. «Aiutami… ti prego.»
Bixlow sospira e si fa largo nella stanza dell’albergo. «Dio, sei un disastro.» Freed spalanca gli occhi, sull’orlo delle lacrime. «No, nel senso… no. Stai benissimo, davvero, sembri solo…»
«Sto per avere un attacco di panico.»
Bixlow lo abbraccia. Gli fa appoggiare la testa al petto, lo stringe, gli accarezza piano la schiena. «Va tutto bene. Come abbiamo provato in questi mesi. Respira. È tutto okay.»
Freed sembra riprendere a respirare. Come se avesse dimenticato come si facesse.
Inspira ed espira, inspira ed espira, profondamente, più a fondo che riesce.
Il nero che vedeva sta sparendo lentamente.
«Meglio?»
«Sì… scusa.»
Bixlow ride e stacca da sé il suo amico. Gli appoggia una mano sulla spalla e gliela pulisce. «Va bene, non ti preoccupare. È normale avere paura… oggi ti sposi!»
Freed stringe le labbra. «Non posso sposarmi. Non con una cravatta così.»
L’amico rotea gli occhi. «Sei un idiota. Fai fare a me.» prende i due lembi della cravatta e li tira verso di sé.
«Sai cosa stai facendo?»
«Il mio migliore amico è ossessionato dalle cravatte. Ed è gay. E mi ha fatto una testa così da quando eravamo ragazzini sui nodi. Quindi sì, so cosa sto facendo.» dice, con un leggero tono stizzito.
«Sono pronto, Bix?»
Bixlow gli dà un pugno leggero sulla spalla, facendolo barcollare. «Adesso basta incertezze e insicurezze. Stai sposando l’uomo che ami, non è abbastanza?»
Sul volto di Freed nasce un sorriso. Si siede sulla poltrona bianca, si passa le mani tra i capelli verdi. «Per un certo periodo ho sperato di sposarmi con te. Ero innamorato…»
Bixlow si schiarisce la gola. «Follemente, se non ricordo male. Oh non fare quella faccia! Ti sei ubriacato talmente tante volte… molte meno di me, in effetti, ma sei stato imbarazzante. E al tuo compleanno mi hai detto di esserti innamorato di me e che mi avresti amato per sempre.»
Freed si copre il viso con entrambe le mani, chinandosi in avanti. «Ma perché non me l’hai mai detto?»
L’amico ride, sedendosi sulla poltrona di fronte. «Sei il mio migliore amico, non avrei potuto dirti niente. Le confessioni ubriache non valgono.»
Freed si morde le labbra. «Amo Laxus. Lo amo tantissimo.»
«E lui ama te, o non vi stareste sposando.»
«Mi sto sposando.»
«Ti stai sposando.»
Freed e Bixlow si mettono a sghignazzare come fossero dei ragazzini, poi gli occhi gialli di Freed si sgranano e il suo possessore scatta in piedi, spalancando le mani e irrigidendosi.
«Oh no, è un infarto.» anche Bixlow salta, spaventato da una reazione tanto repentina.
«No, non è un infarto, ma mi devo sposare tra poco e devo…» prende un respiro. «Devo essere pronto. Mi serve il fiore. La cravatta è al suo posto.»
«Questo matrimonio mi ucciderà.»
«Hai detto qualcosa?»
Bixlow finge – male – un colpo di tosse e scuote la testa. Lascia lo sposo da solo, per l’ultima volta.
Freed si guarda allo specchio. I suoi lunghissimi capelli verdi sono rimasti sciolti, eccezion fatta per qualche treccia ornamentale, e gli occhi sembrano brillare anche più del normale.
I suoi soli.
In tutte le fasi della sua vita ha sperato di trovare quella persona per poterla sposare, chiunque fosse stata, maschio o femmina, forse avrebbe anche accettato un gatto.
E ora che sta veramente per sposarsi quasi stenta a crederlo.
Si sente finalmente realizzato e soddisfatto, e pieno di felicità da scoppiare.
Una lacrima solitaria gli solca la guancia proprio mentre mette il fiore bianco all’occhiello della giacca nera dello smoking.

La festa sta procedendo bene, tutto secondo i piani. C’è chi beve, chi balla e chi chiacchiera, non c’è nessuno in un angolo ad annoiarsi.
Tutti stanno facendo qualcosa e tutti si stanno divertendo.
C’è anche qualcuno che litiga – Natsu e Gray non fanno altro tutto il giorno, gli spiega Laxus, sarebbe stato strano non avessero discusso quel giorno.
Mentre cammina nella sala, rispondendo a cortesia con altre cortesie, Freed sta cercando suo marito.
Ecco, lui è scomparso.
E non è da lui tirarsi indietro durante una lite, insomma, è un veterano.
Percorre il grande giardino e sale sulla piccola torre. Essersi sposati in campagna aveva permesso loro di scegliere una location spaziosa ed elegante, e anche un po’ vintage sotto certi punti di vista.
«Laxus sei qui?»
«Sei venuto a cercarmi.»
Riconoscerebbe quella voce tra un milione di altre. «Certo, sei mio marito.»
Sale li ultimi gradini e vede Laxus seduto sulla finestra, una sigaretta tra le labbra sottili e la camicia sbottonata. «C’è troppo casino là sotto.»
«Certo. È l’unico motivo.» Freed acconsente, si avvicina a suo marito e si sede di fianco a lui. «Si stanno divertendo tutti.» Laxus annuisce. «E noi siamo qui.»
«Non mi serve nessun altro, ora.»
La voce di Laxus è bassa, poco più di un sussurro, ma lui riesce a sentirla chiaramente. E il cuore gli scoppia. Lo sente, scoppia sicuramente.
«Non voglio che gli altri ci vedano.»
«Cosa vuoi fare?»
Laxus si alza in piedi, spegne la sigaretta.
Il sole inizia a tramontare, la torre è illuminata da un colore caldo e accogliente.
Freed pensa che suo marito sia la persona più bella del mondo, soprattutto in controluce in quel modo.
«Balliamo.» Laxus gli porge la mano e sorride. E non è un ghigno, una smorfia, o una boccaccia. È un sorriso, puro e candido, un sorriso che riserva solo a lui e solo alla loro intimità.
Freed fa per rispondere in modo sarcastico come ha imparato durante la convivenza, ma preferisce tacere e annuire. Afferra quella mano grande e calda e la stringe nella propria, facendosi avvicinare e legare a lui.
Iniziano a muoversi lentamente, uniti nel silenzio della torre, sulle note di una musica che sentono solo loro.
«Non pensavo che sarei tornato dalla missione ad Alvarez. Ero convinto che sarei morto lì, e non mi interessava. O non mi sarei fatto tatuare da quello psicopatico di Ogra.»
Freed trattiene una risata e alza lo sguardo. Laxus non lo sta guardando. Ha le guance rosse e gli occhi puntati verso l’alto.
«Ad ogni modo, ero un incosciente. Tutte le cicatrici che ho erano evitabili.»
«Sì, sei stato un po’ un-»
«Ora ho qualcosa da difendere, qualcosa da cui tornare. Le giornate finiscono e voglio tornare a casa da te, è l’unico desiderio.»
«Laxus…»
«Non sono uno che si dilunga, sai, parlare non mi piace, sei tu quello bravo con le parole. Ma oggi è il giorno del nostro matrimonio e voglio dirti che ti amo. Tanto.»
«Lo so Laxus, lo so. Non serve che mi dici quanto mi ami, me lo dimostri tutti i giorni… ma se vuoi dirmelo più spesso, non mi offendo.»
«Non ci credo, hai rovinato il romanticismo.» lo rimbecca Laxus, abbassandosi finalmente su di lui e sogghignando.
«Potrei continuare a parlare, sai? E dire un sacco delle mie cose, quelle cose che non sopporti. Per esempio, sai quante costellazioni sono state scoperte al giorno d’oggi?»
E Laxus lo bacia.
Non importa se non saprà mai quante costellazioni sono state scoperte e catalogate.
L’unica cosa importante sono loro due, che si amano, e si baciano, nel giorno più importante delle loro vite.
Non riesce a pensare ad altro se non di essere con quella persona. Quella persona che ha iniziato un po’ ad amare a nove anni, che ha sempre amato.
È e sarà per sempre con quella persona.
Con Laxus.
  
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