Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: Zappa    09/02/2019    5 recensioni
Tutti hanno la loro versione su come sia e come si comporti Vegeta.
Pochi hanno osato deriderlo e prenderlo in giro: ora è giunto il momento.
Vi proporrò una serie qualità di Vegeta e vi spiegherò il perché di quelle qualità.
Lettura sconsigliata alle persone serie e a tutti quelli che mi conoscono.
I personaggi presentati e le citazioni cui faccio riferimento non mi appartengono e non ne detengo alcun diritto.
# 1. Egocentrico
# 2. Sensibile
# 3. Innamorato
# 4. Ponderato
# 5. Tecnologico
# 6. Filosofo
# 7. Esasperante
# 8. Tata
# 9. Imperatore
# 10. Strano
# 11. Destinato
# 12. Casalingo - Fanfiction vincitrice del primo posto al contest “Piangere è difficile, ma ridere lo è ancora di più: il contest della risata” indetto da eleCorti sul forum di Efp
# 13. Festaiolo
# 14. Cupido
# 15. Coinquilino
# 16. Neopatentato
# 17. Genitore
Genere: Comico, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU, Nonsense, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ohi, dico a te!

Come butta?


Sbavatura in arrivo ;) have fun!


« Ed ecco qui, moscerino, queste sono le carte che devi compilare per ricevere la patente che ti ha ordinato il Grande Freezer, anche se con quelle zampe che ti ritrovi, dubito tu sappia afferrare una penna. Firma qui, qui e qui »

Seduto ad una scrivania gialla e ammuffita da anni, lo strano alieno mutaforma, che al momento aveva assunto le sembianze di una segretaria poco paziente e molto isterica, gli aveva sparato in faccia la moltiplicazione di moduli e verbali da compilare e da presentare al più presto alla Motorizzazione Spaziale.

Accovacciato dall'altro lato dell'ambone, sedeva, invece, di un'altezza di un metro e un tappo di sughero, un piccolo Saiyan, poco più che sedicenne; il piccoletto aveva un aspetto trascurato, dal nasino in su pieno di lentiggini e con due occhiaie fuori posto sotto gli occhi neri. Non appena riuscì a staccarsi i fogli dalla faccia, fissò la segretaria in modo apatico, firmò, masticò un grugnito di ringraziamento tra i denti appena raddrizzati dall'apparecchio, e si avviò all'uscita.

Avanzò lento, strisciando gli stivaletti All Stars, collezione inverno – zero assoluto (anno 748)i sui pannelli metallizzati con il passo sostenuto di uno zombie, la bocca rimuginante una fastidiosa chewing gum al sapor di cadavere e un paio di ciuffi ribelli che gli facevano da tergicristallo davanti agli occhi. La divisa griffata con le frange dorate di The North Starii e i pantaloni della tuta adadashiii portati, ovviamente, a cavallo basso, lo incorniciavano come un adolescente in piena regola, sbruffoncello, brufoloso, antipatico, fissato con i selfie e con la voglia di vivere sotto i tacchi consumati degli stivaletti firmati.

Arrivato all’uscita, appiccicò la gomma da masticare nelle lamiere della porta automatica, regalandole, per la gioia di tutti coloro che ci passavano, quel meraviglioso rumore di striscio ogni volta che si apriva e si chiudeva, e picchiettò, impaziente, il piede su una lattina a terra, che finì a far compagnia alla polvere cosmica dell'astrostrada.

Fuori dalla Motorizzazione, molte navicelle sfrecciavano ininterrottamente sulla piccola meteora vagante dello Spazioporto, punto di arrivo per molti mercanti e mercenari intergalattici che dovevano sbrigare qualche affare o qualche impiccio burocratico, per poi scappare prima dell’arrivo della polizia sui loro galeoni giganti, i mostri dello spazio per la loro grandezza e la loro capienza, capaci di frugare milioni e milioni di ricchezze di dieci o più pianeti, e svanire nello spazio aperto come un lampo.

Il piccoletto, per estraniarsi dall'assordante rumore dello Spazioporto e dal confuciare confuso di milioni di razze aliene, ma schizzate quanto lui, si ficcò lo scouter all'orecchio e selezionò la sua playlist preferita, sparandola a tutto volume nella ricevitrice e si avviò alla sua monoposto, per puntare dritto a casa, prima di venir mangiato dal caos interspaziale delle Meteore Occidentali.

Nell’aggrovigliarsi dei cunicoli e stradicciole affollate da mercanti, solo un po' di sano space trap gli avrebbe rallegrato la giornata che, anche quel giorno, nel quadrante est dell’Universo, purtroppo era iniziata. Grugnì di fastidio quando si trovò spiaccicato dalla calca sotto l’ascella puzzolente di un Glabnork e pensò che, ultimamente, anche il solo fatto di svegliarsi e alzarsi dalla branda fosse una tragedia, figurarsi farsi anni luce in giro per l'universo per firmare quattro documenti. Evitò di farsi stirare da alcune navicelle che rispettavano i limiti di velocità con l’elasticità di riflessi di - probabilmente - Nappa dopo la settima birra, e individuò il suo buco di astronave, per poter lasciare finalmente la trafficata meteora.iv

Nel ronzio dell'astronave, lesse con un labbro arricciato i suoi fogli ed espresse la sua voglia di vivere saggiando la robustezza del vetro dell’oblo più volte con la faccia, nella vana speranza di esplodere nello spazio; quello stronzo di Freezer voleva prendesse la patente speciale per le astronavi, la patente di nuova generazione che tutti quelli della sua, di generazione, avrebbero dovuto fare. Scosse la testa e sputò un insulto, ma che in zero gravità gli finì dritto in faccia rovinandogli la frangia.

Come se lui non fosse già pro e in in queste cose... quel vecchio bastardo di Freezer era proprio out e avrebbe fatto meglio a ripigliarsi e a spararsi qualche pera in meno, se pensava che lui, il grande Principe dei Saiyan, non sapesse già sgommare e sfrecciare alla grande con la sua navicella. Gli avrebbe mandato tipo un DM su Instaspacev per sparargli in rima la sua versione della storia, e questo, sicuro, lo triggherava una cifra, ma prima si sarebbe tipo sparato al Mc i suoi Burger Space preferiti.vi

Sospeso, quindi, dalle missioni per la "questione patente", andò, accompagnato dal più sentito affetto da parte delle popolazioni dello spazio - che poterono vivere qualche giorno in più - a fare le visite mediche, in cui risultò sano come un pesce – un pesce cane, che aveva quasi azzannato la mano del medico; – sbrigò le carte in giro per gli uffici e, puntualmente, non si dimenticò di appiccicare altre gomme da masticare ad ogni porta scorrevole che trovava, dando non poco filo da torcere ai poveri addetti alle pulizie, ma dando loro, sicuramente, un altro buon motivo per odiare la vita.

Finalmente, dopo tante cartoline da parte delle popolazioni dello spazio, in cui si raccomandavano di concentrarsi bene sulla patente, di andare con calma e di non avere assoluta fretta di tornare, che loro se la sarebbero cavata alla grande anche senza di lui, venne il giorno della teoria. Aveva studiato con concentrazione, forse perché era stato sommerso da così tante cartoline di auguri, che non era potuto uscire dalla suo buco di stanza per giorni, ma era pronto per il momento tanto atteso della prova. Con la sua solita allegria contagiosa, quella dei suoi giorni migliori in grado di far appassire una piantina con uno sguardo, quella mattina aveva varcato la soglia dell'aula d'esame e, alla sua postazione in terza fila, settimo posto, aveva risposto celermente a tutte le domande sullo schermo. Forse per la fortuna che in quel momento era in vacanza in quel settore dell'universo, o forse perché la sua faccia strusciata con disperazione sulla tastiera aveva inspiegabilmente azzeccato tutte le risposte corrette, si trovò a fine mattinata con il foglio rosa in mano ed ebbe, per quella sera, il diritto di ubriacarsi nei peggio bar della stazione spaziale.

La serata finì inevitabilmente una merda, così come era iniziata: forse perché nel delirio dell'alcool Nappa aveva iniziato a fantasticare su Freezer nudo, facendogli vomitare l'anima, sia per la schifezza che gli avevano fatto ingurgitare, sia per il pensiero del suo superiore nudo come mamma l'aveva fatto. Nel tornare a casa si era in ogni caso vendicato, riuscendo a strappare le poche ciocche di capelli che Nappa si ritrovava in testa, e a metterseli come barba, urlando a tutta la stazione spaziale di essere il Re dei Saiyan e che nessuno avrebbe dovuto avvicinarsi, se non voleva ritrovarsi il culo a stelle e strisce. Lo misero a dormire con un sedativo sparato su per il naso.

E, infine, giunse anche il giorno della prova pratica. Sebbene gli zii Radish e Nappa - o forse era solo Nappa lo zio e Radish era il cugino alla lontana? Ma, la domanda era, chi diamine era Radish? Chi lo conosceva? E perché cacchio viveva con loro? Forse era il loro animaletto domestico? - avessero insistito per accompagnarlo alla Motorizzazione Spaziale in navicella, alla fine era andato da solo al suo esame per la patente - forse perché all'ultimo si erano resi conto che in tre difficilmente sarebbero riusciti ad entrare in una navicella monoposto - e il piccolo principe, alla fine, aveva preferito così, vista l'agitazione che quella mattina aveva iniziato a mangiucchiargli lo stomaco. Così, accompagnato dall'esaminatore, un grasso, grosso, brutto, gelatinoso e verde alieno, salì sulla navicella dell'esame e partì per lo spazio aperto.


Intanto, nell'emisfero boreale di un piccolo pianeta immerso nel blu della notte era passata da mo' la mezzanotte e Joe il contadino, che anche quel giorno aveva sistemato il suo campo con vigore, dormiva avvolto nelle fresche lenzuola di lino; fluttuando tra dei morbidi sogni, sorrise al pensiero della bella figlia del vicino, Susanna, che più volte, ci poteva giurare, quando suo padre non la vedeva, gli sorrideva con quel suo bel sorriso da cavallo e lui tante volte si era trovato imbambolato ed estasiato a fissare e ricambiare il suo sorriso dentuto. Quando gli sorrideva, ogni cosa che stava facendo gli passava per la testa e tutto si concentrava sul suo dolce viso da giumenta purosangue.

La prima volta, era finito nel fiume con il trattore perché si era intontito a guardarla mentre stava arando il campo; la seconda volta si era rasato la faccia con il tagliaerba; la terza si era dato la zappa sul piede nel fissare il suo sguardo angelico; la quarta era rimasto colpito da un fulmine, mentre in mezzo al temporale si era messo a sistemare l'antenna parabolica, ed infine era stato catapultato in Cina da una cornata improvvisa per aver munto la mucca sbagliata.

Insomma, a Joe il contadino, che anche quel giorno aveva sistemato il suo campo con vigore e ora dormiva avvolto nelle fresche lenzuola di lino, piaceva proprio la bella Susanna: i suoi sogni non potevano essere più dolci e la sua notte più tranquilla.

Ma non tutti, in quell'emisfero boreale del piccolo pianeta immerso nel blu della notte, erano d'accordo con lui: non solo sulla sua convinzione che Susanna fosse lontanamente apprezzabile fuori da un concorso equino, ma anche sul fatto che la sua notte dovesse essere tranquilla.

Un fascio di luce improvvisa illuminò la tranquillità della casa spargendo la sua polvere spaziale per tutta la stanza; la luce andò a sbattere sulle pareti della stanza da letto, allungò le sue dita sui mobili e sul soffitto da cui penzolava il vecchio lampadario, finché non si posò sulla figura scomposta e sognante di Joe, che, se per caso non ve lo ricordaste, dormiva sognando Susanna, la "bella" vicina. Come il volo leggero di una farfalla, il fascio di luce avvolse Joe, sollevandolo dai suoi morbidi sogni e facendolo volteggiare, leggiadro, sopra il letto, sospeso a mezz'aria. La luce tremò per un attimo e subito dopo, il corpo addormentato del contadino si avvicinò alla finestra, lasciata aperta per respirare la fresca brezza notturna della campagna e, come diretto da una forza invisibile, andò verso l'apertura, pronto per essere sollevato verso il cielo. Il corpo sollevato magicamente nell'aria, però, sbatté improvvisamente contro la parete accanto alla finestra e Joe il contadino si svegliò di sobbalzo, per poi ricadere immediatamente nel sogno.

A un centinaio di metri sopra la sua fattoria e sopra il suo orto, una grossa astronave galleggiava, immobile, nell'aria fresca della notte e, attenta a non fare rumore, si confondeva con il blu scuro della volta celeste.

Il piccolo Vegeta, seduto ai comandi dell'astronave, sibilò di dolore, quando il "beep" segnalò il primo errore del suo esame: scrutò, diffidente, l'esaminatore seduto sull'altro posto comandi che, con la sua faccia molliccia, segnò il primo errore sulla sua tabella di valutazione. Tornò con sguardo mesto alla rappresentazione olografica della casetta da cui, per passare l'esame, avrebbe dovuto estrarre il terrestre, portarlo fin dentro l'astronave e poi reinserirlo nella sua casetta senza fare il minimo rumore.

Insomma, il classico rapimento alieno che, come un qualsiasi extraterrestre che si rispetti, doveva saper fare.

Il nanetto si concentrò e strinse i pugni nei suoi guanti d'avorio: schiacciò un altro pulsante, ma un secondo "beep" lo accolse, inclemente, e il corpo del povero terrestre stavolta andò a sbattere dall'altro lato della stanza. Nel silenzio lugubre della grande astronave il fruscio della penna dell'esaminatore graffiò ancora la sua tabella di valutazione e Vegeta ringhiò di disappunto. Stupido display comandi pieno di un migliaio di tastini e levette tutti uguali.

Si concentrò un'altra volta, chiuse gli occhi e li riaprì: si sentì come quando si trovava sul campo di battaglia e stava per stanare la preda; come quando si preparava a combattere contro un nemico mille volte più forte di lui; come quando correva a più non posso per accaparrarsi il primo posto per la doccia ed arrivava a frustare le chiappe sonanti di Nappa con l'asciugamano, pur di arrivare prima.

Schiacciò i suoi tasti, veloce, inclemente, rischiando di sfondare la console e la vide, la sua vittoria, la sua patente pronta a sfiorargli, carezzevole, le dita; fin quando il corpo del povero Joe, invece di passare dal passaggio dalla finestra, finì nuovamente a stamparsi sul muro e il piccolo Saiyan, con un altro "beep", vide offuscato il suo sogno di passare l'esame.

L'esaminatore lo fissò ancora, sbuffando, e con il suo mal di vivere continuò a segnalare i suoi errori sulla scheda; Vegeta cercò di rilassarsi un'altra volta: gli passò un'ondata di nervoso nella parte sinistra del corpo e gli prese uno strano tic all'occhio sinistro, che si grattò via con la zampa; il tic si sfogò in un accenno di fulmine tra i capelli, che si rizzarono, aggressivi più di prima, ma il Saiyan si ravvide di mantenere il contegno, almeno in sede d'esame.

Dai, doveva farcela: osservò, questa volta, con un cenno di disperazione negli occhi la miriade di pulsantini verde fluo della console comandi e, con faccia schifata, provò a schiacciarne uno a caso, tanto uno valeva l'altro. L'inclemente "beep" lo sorprese ancora una volta; riprovò con un altro tasto, ottenendo sempre quell'inutile e fastidioso risultato.

Guardò l'altro alieno seduto accanto a lui che, con la sua faccia da lumaca, lo fissava interessato all'esito del suo esame quanto lo si è nello scoprire la vita sessuale di un lombrico. Era una statua di cera, il bastardo.

Avvicinò, allora, il dito ad un pulsante, aspettando la reazione dell'esaminatore, ma il nulla cosmico lo accolse e la faccia apatica dell'esaminatore non si alterò di un muscolo. Provò, così, ad indicarne un altro, ma ottenne sempre come risposta la faccia apatica dell'esaminatore che tutto voleva in quel momento tranne essere lì a valutare l'incarnazione del fulmine fatto persona, vista la pessima qualità dei capelli del giovincello in questione.

Intanto Joe, di cui ai due alieni fregava poco o meno, dormiva ancora sospeso a mezz'aria, con la faccia schiacciata contro il comodino e le chiappe incastrate nel cassetto contro cui si era scontrato poco prima, quando la luce dell'astronave l'aveva gettato contro il mobile. Sognava ancora la sua Susanna e il suo sorriso da cavallo, anche se in quel momento la Susanna del suo sogno era diventata un vero e proprio cavallo che lo aveva preso per un sacco da boxe talmente erano forti i calci di passione che gli stava sfoderando. Grugnì di disappunto, e si rigirò dall'altra parte asfissiando la faccia contro la radiosveglia.


Intanto, su, a quel fatidico centinaio di metri sopra la terra, il piccoletto e il grassone ancora si fissavano negli occhi.

Vegeta provò a schiacciare un altro tasto sulla console dei comandi, istigando un'azione da parte dell'esaminatore, però si ritrovò ancora i suoi due occhietti vuoti a fissargli l'anima. Provò con un altro, un altro ancora: niente, Jabba the Hutt stava sempre immobile.

All'ennesima risposta definitiva, un fulmine tra i capelli gli incendiò la chioma e il principe urlò il suo disappunto al cielo, con tanti saluti al silenzio reverenziale che doveva regnare nell'astronave e nell'atmosfera per portare a termine il rapimento alieno. La disperazione lo portò a battere i pugni sulla console e a schiacciare furiosamente tutti i pulsanti del controllo comandi mentre un miriade di "beep" si univano al suo dolore.

Il nostro povero e sfigato amico Joe, che quella notte, davvero, dopo aver sistemato il suo campo con vigore, avrebbe voluto solo dormire avvolto nelle fresche lenzuola di lino, sbatté nell'ordine contro: la parete destra, la parete sinistra, la destra, la sinistra, sul pavimento, sul soffitto nell'angolo destro, sul soffitto nell'angolo sinistro, contro il comodino, contro l'altro comodino, di nuovo sulla parete destra e sulla sinistra; per una frazione di secondo riuscì effettivamente ad uscire dalla finestra, pronto per il rapimento, ma poi finì nuovamente contro la parete destra e sinistra, per poi morire a terra.

Finita la disperazione, il piccolo Vegeta cercò come un forsennato quale fosse il tasto giusto da schiacciare per completare l'esame, andando a curiosare di nascosto sul manuale d'istruzioni che si era tatuato sul braccio e sotto il gomito trovò la soluzione.

Con riverenziale attesa, finalmente, schiacciò il pulsante giusto: Joe, che aveva la faccia sotto il letto e il bicchiere d'acqua che stava sul comodino infilato nei calzoni, venne trascinato verso la finestra; passò la finestra e lentamente, solennemente, come l'ascensione di un santo al cielo o la cucchiarella di nonna che si avvicina al rallentatore alle mani del nipote che si deve lavare le mani prima di stare a tavola, salì verso l'alto.

Come una farfalla, un gabbiano libero nel cielo, come un aquilone colorato che, come tutti gli aquiloni che si rispettino, si deve incastrare negli alberi. E, infatti, anche Joe s'incastrò nell'albero vicino casa.

L'espressione di attesa e di gioia di Vegeta svanì in uno sbuffo e, alzando gli occhi al cielo, il piccoletto schiacciò con più forza il bottone fino a frantumarlo sul pannello: l'attesa si fece enorme, l'angoscia di non passare l'esame e di doverlo rifare da capo ancor di più, finché il povero albero sotto casa lasciò che i suoi rami liberassero Joe e che questo si librasse in aria.

Vegeta trattenne il respiro e attese con trepidazione che il terrestre che aveva rapito raggiungesse l'entrata dell'astronave, finché in tutta la magnificenza del suo pigiamino con su i trattori, Joe fece il suo ingresso nell'astronave; l'istruttore accolse la buona riuscita dell'esame con il suo verve contagioso e appuntò il risultato sulla scheda di valutazione.

Il piccolo Saiyan, invece, sorrise fiero per il risultato e ghignò, sfoderando il suo sorrisetto da mostriciattolo, finché, sicuro che ormai la patente speciale di nuova generazione fosse nelle sue mani, lasciò il pulsante, facendo inevitabilmente precipitare al suolo il povero Joe.

Impallidì per lo sciocco ed evitabile errore, sbirciando intimorito oltre il pannello comandi la figura del povero terrestre che stava raggiungendo sempre più velocemente il suolo, nel frattanto che anche il suo istruttore si era affacciato ed osservava, stoico come sempre, la triste ed evitabile scena di ciò che poteva raffigurarsi, ormai, come un omicidio colposo.

All'ultimo, prima che Joe saggiasse la robustezza del suolo e potesse compiere il suo viaggio nell'aldilà con il biglietto di sola andata, la luce del raggio dell'astronave bloccò il suo corpo e lo trascinò con cautela, stavolta evitando l'albero, verso la finestra lasciata spalancata per accogliere la brezza della notte; senza scomporre minimamente il proprio aplomb, infatti, il caro lucertolone verde aveva pigliato il tasto per frenare la caduta del terrestre ed ora, con tutta la professionalità del suo ruolo, ossia minacciando con lo sguardo il piccolo Saiyan, che si fece piccolo piccolo da un lato, iniziò a riportare tutto all'ordine precedente.

Joe passò incolume attraverso la finestra, venne riposizionato nel letto, mentre i quadri della stanza, così come i mobili, i cassetti, le tende e la brocca d'acqua furono posti esattamente al loro posto, senza destar sospetti sulla baraonda che una piccola bestiola aveva causato poco prima dentro l'abitacolo.

La luce finalmente si spense e la grossa astronave, sempre a quel centinaio di metri dal suolo, avviò i motori per ritornare alla velocità della luce alla galassia da cui era partita.


L'istruttore afferrò saldamente la console e si accinse a partire, pensando finalmente di poter tornare sul pianeta Zulug 7 a farsi una birra, quando, con la coda dell'occhio, notò il piccolo Saiyan che, da un lato, aveva messo il broncio e si grattava a tratti la zucca, agitato.

Sospirò, pensando di essere ormai troppo vecchio per fare l'istruttore e che, prima o poi, quella dannata pensione doveva riceverla, e chiamò l'attenzione del piccoletto.

Il piccoletto, che aveva la frangetta che gli ricopriva la fronte e lo faceva più carino di quanto non fosse in realtà, si voltò verso il grassone e s'illuminò quando vide quest'ultimo cedergli la cloche per farlo guidare: l'afferrò con entusiasmo e si mise ai comandi, avviando i motori.

Il grassone gli si mise di fianco, attendendo che l'astronave si librasse nell'aria nel completo silenzio e partisse.

Forse, la patente gliela avrebbe concessa, pensò, e si rilassò sulla poltroncina, sognando la sua birretta; certo, urlò di dolore quando l'astronave si schiantò al suolo radendo a zero la casa, l'orto e l'albero del povero Joe e quando ripartì con un'accelerata illegale per lo spazio, ma si concesse comunque un po' di relax e si godette il resto del viaggio, senza badare, per il momento, al pensiero di quanti soldi avrebbe dovuto sborsare per riparare i danni causati dal principe dei Saiyan.

La patente gliela avrebbe data, sì... tutto pur di non trovarselo tra le mani un'altra volta.

La mattina dopo, quando il gallo iniziò la giornata con il suo canto stridulo, Joe si alzò dal letto stiracchiandosi per bene e fece per andare in bagno, ma precipitò dentro l'enorme voragine lasciata dall'astronave che si era schiantata sulla terra prima di partire, voragine alta centinaia di metri che aveva lasciato un unico tratto di terra in piedi, quello dove stava il suo letto.

Non fu propriamente un bel risveglio, ma almeno quella mattina, Susanna la figlia del vicino con il muso da cavallo accorse ad aiutarlo.

Passarono la giornata al pronto soccorso e Joe fu ricoverato per un mese e dovette pagarsi i lavori per cambiare casa, ma questo fu l'inizio di una bellissima storia d'amore, da cui nacquero tanti puledrini.



Fine.





Angolo dell'autrice


Beh, era da un po' che non aggiornavo questa raccolta. Ogni tanto ritorno.


Comunque, piaciuta la storia?

Ho preso ispirazione dal cortometraggio della Pixar, "Lifted", se qualcuno di voi avesse voglia di vederlo, a me ha sempre fatto sorridere.

Perché questa patente? Perché Vegeta è un extraterrestre e come qualsiasi extraterrestre che si rispetti, fa i rapimenti alieni! Sennò che extraterrestre è? :)


Sperando che questa scemenza vi sia piaciuta, vi auguro un buon tutto e a presto!


Zappa




i Rifacimento alla marca All Stars ed anno in cui Vegeta, ipoteticamente avrebbe 16 anni;

iiRifacimento alla marca The North Pole;

iiiRifacimento alla marca Adidas;

ivCome dimenticare il bellissimo film Il Pianeta del Tesoro?;

vRifacimento al social Instagram;

viPessimo tentativo di imitare il linguaggio arcano degli adolescenti;










   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Zappa