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Autore: paige95    16/02/2019    5 recensioni
~ IN REVISIONE ~
È il 1 settembre del 2017, l'orologio del binario 9 3/4 sta per spaccare le 11 in punto. Nella stazione di King's Cross c'è tanto fermento e commozione. Un nuovo anno sta per iniziare, ma i nuovi studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts subiranno le conseguenze del passato da cui discendono e del presente in cui vivono.
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N.B È importante aver letto Harry Potter e i doni della morte, soprattutto per il primo capitolo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Rose Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Una reputazione scomoda

 



[2 settembre 2017 ore 11 a.m – Villa Malfoy]

 
Astoria aprì la porta della Villa e dalla rabbia con una spinta stava rischiando di richiuderla dritta in faccia a Draco. Lui riuscì ad intercettarla in tempo, prima di rimanere chiuso fuori casa. Anche quando il grande portone si richiuse, la luce del tiepido solo di settembre non smise di filtrare attraverso le imponenti imposte. Erano cambiate molte cose, da quando Astoria Greengrass aveva messo piede tra quelle antiche mura. L’atmosfera che si respirava era forse tra le novità più rilevanti, la signora Malfoy non aveva indugiato a portare una ventata di aria fresca. Quella mattina però il delicatissimo profumo di camelia non sembrava sortire l’effetto sperato tra i due coniugi, in quel momento quei fiori con il loro candido colore riuscirono solo ad illuminare l’immenso salone. Il padrone di casa ebbe la malsana idea di fiatare, perché si guadagnò soltanto uno sguardo minaccioso da parte della moglie, la quale si voltò con uno scatto verso di lui, bloccandogli il cammino.
 
“Astoria”
 
“No, Draco, non hai ragione”
 
“E cosa avrei dovuto fare, secondo te??”
 
Gli venne spontaneo alzare di qualche decibel il tono della voce, gesto che non fu affatto gradito da lei. Attese una risposta da Astoria – anche se la domanda era evidentemente retorica -, appoggiandosi sfinito al grande tavolo proprio al centro della stanza, un tocco di stile voluto da sua moglie per impreziosire l’arredamento. Quella discussione, che era iniziata ventiquattro ore prima, cominciava a non reggerla più, sua moglie invece sembrava avere sufficiente energia ancora per rimproverarlo. A dividerli c’era pericolosamente solo quel tavolo.
 
“Non quello che hai fatto, ovviamente!”
 
Probabilmente non sarebbe mai riuscito a farle cambiare idea, era impossibile che lei riuscisse a provare i suoi stessi sentimenti. Per quanto sua moglie fosse sensibile e comprensiva riguardo al suo passato, chiederle anche di immedesimarsi in lui sarebbe stato esagerato.
 
“Intendi che non avrei dovuto dire a mio figlio di guardarsi bene dal parlare con i Potter o con i Weasley?”
 
“Per esempio. Draco, non capisco quale sia il problema”
 
“Non consentirò a Scorpius di umiliarsi così, Astoria, scordatelo”
 
Lo fissò confusa, ma non mancò certo anche tanto sarcasmo nel suo sguardo.
 
“Umiliarsi? Ma di cosa stai parlando?”
 
“Senti, ho un evidente debito con quella famiglia. Ti posso ricordare che senza la loro clemenza sarei rinchiuso in una cella di Azkaban da parecchi anni ormai?”
 
“E quindi? Draco, non vedo il problema che per te sembra essere così rilevante. Se oggi non sei ad Azkaban non è certo solo per merito loro. Ti hanno concesso una seconda possibilità, perché tu hai saputo coglierla”
 
“Forse tu non ci vedi nulla di male, ma non voglio che gli siano amici per pietà, solo perché è mio figlio e vogliono evitare che si senta un fallito come suo padre. Sono degli impiccioni, farebbero qualsiasi cosa pur di fare giustizia
 
Non fu facile per Astoria ascoltarlo, mentre si dava del fallito davanti a lei. Si allontanò mordendosi la lingua, ma per quanto stesse cercando di controllarsi per non urlargli in faccia quanto fosse stupido avere un giudizio simile di se stesso, si voltò nuovamente e stavolta il suo tono fu decisamente nervoso.
 
“Stai totalmente delirando, Draco! E quindi preferisci che si tenga alla larga da loro, trasmettendogli il messaggio che siano pessime persone?!”
 
“Io non gli ho mai detto che sono pessime persone”
 
Rispose in modo sarcastico alla confusione del marito, lui non ricordava di aver usato simili parole davanti a Scorpius.
 
“E tu cosa pensi abbia capito? Draco, se è orgoglioso come te, preferirà trattarli male, piuttosto che essere gentile e nostro figlio non è un cattivo ragazzo, tu lo sai”
 
“Nostro figlio è anche abbastanza intelligente da capire e da comportarsi di conseguenza”
 
“Non può capire senza che tu glielo spieghi e poi è normale si fidi di te a prescindere da tutto. Sei suo padre, quindi inizia a comportarti come tale e cerca di essere esplicito con lui”
 
Un battito d’ali contro il grande finestrone gli impedì di rispondere alla moglie e Draco ringraziò per quell’interruzione. Iniziava a credere di aver sbagliato e non era facile ammetterlo davanti ad Astoria. Fu il più vicino a quel gufo e rapidamente andò ad accoglierlo. Poteva percepire lo sguardo preoccupato della donna su di sé, ma nulla batteva il suo non appena si ebbe posato sul sigillo di Hogwarts. Aprì quella busta velocemente, non gli importò nemmeno di strapparla, ma terminato di leggere, la sua espressione, dopo quella discussione con la moglie, si indurì ancora. Non si prese il disturbo di informare anche lei, si limitò semplicemente a lanciare irritato quella missiva sul tavolo.
 
“Cosa dicevi a proposito del fatto che avessi sbagliato con Scorpius, Astoria? Pare che il mio debito sia appena stato saldato. Mi ero sbagliato su di loro, su questo ti do ragione”
 
Lei afferrò la pergamena confusa e la lesse rapidamente, mentre il marito si decise finalmente a metterla al corrente delle ultime novità.
 
“La McGranitt ci chiede un colloquio urgente. È passato un solo giorno dalla partenza di Scorpius ed è già nei guai. Secondo te perché?”
 
“Forse perché gli hai detto di comportarsi come non doveva?”
 
“Se li avesse ignorati, non avrei ricevuto alcuna convocazione dalla preside. È chiaro che il problema non sia di mio figlio”
 
“Hai ragione, il problema sei tu”
 
Lo prese totalmente in contropiede, tanto che preferì imboccare nuovamente la porta, pur di non rimanere ad ascoltare le sue assurde accuse.
 
“Draco, aspetta, non …”
 
Astoria si pentì l’istante successivo di avergli rivolto quelle parole, ma quando tentò di recuperare, lui si era già Smaterializzato altrove.

 
 

[2 settembre 2017 ore 8 p.m – Casa Weasley/Potter]

 
Harry tornò a casa stanco dal Ministero e come ogni giorno non vedeva l’ora che arrivasse quel tanto desiderato momento di pace. Da quando era diventato capo dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia non aveva più un secondo di respiro. Si era pentito più volte di aver accettato quell’enorme responsabilità, lui non era decisamente la persona più adatta per aspirare ad un ruolo di così alto rilievo, eppure come sempre si era trovato coinvolto senza che avesse potuto impedirlo.
 
“Ginny! Lily!”
 
Chiamò sua moglie e sua figlia, sperando di udire qualche rassicurante voce dopo il caos del Ministero, invece non ricevette alcuna risposta. Iniziò a pensare che non fossero in casa, ma lui non ricordava avessero qualche impegno o perlomeno non lo avevano informato. Approfittò della solitudine e del silenzio per farsi guidare dall’invitante profumo dei caldi biscotti che proveniva dalla cucina. Quando entrò nella stanza e accese la luce, l’acquolina in bocca non gli permise di resistere a lungo e si avventò su quel vassoio di dolci. Dal sapore riconobbe subito l’impeccabile mano di cuoca provetta della suocera, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a sua moglie, altrimenti quasi sicuramente si sarebbe offesa per la poca fiducia che riponeva nelle sue doti culinarie. Con il suo biscotto tra le mani, venne sorpreso da un familiare rumore contro i vetri delle finestre. Alzò gli occhi al cielo sfinito, sembrava che l’ora del riposo non fosse ancora giunta e le sue responsabilità al Ministero non volessero concedergli nemmeno un istante di respiro. Afferrò rassegnato la lettera, ma si sorprese nel vedere il sigillo di Hogwarts e non quello del Ministero. Aprì confuso quel foglio e ne lesse il contenuto. Per un istante lo aveva temuto, la McGranitt aveva richiesto la presenza dei genitori di Albus per un colloquio.

         


[3 settembre 2017 ore 9 a.m – Tiri Vispi Weasley]

 
Hermione passò ai Tiri Vispi, prima di iniziare una nuova giornata di lavoro, che, come sempre prevedeva, sarebbe stata lunga e complessa. Appena mise piede dentro il negozio, subito una ventata di allegria la invase. Ogni volta che entrava tra quelle quattro mura, anche se ormai non accadeva da tempo, capiva la grande dedizione di suo marito per quel lavoro. Per Ron non era un semplice impiego, per lui era una passione che svolgeva con devozione. Iniziava a chiedersi per quale ragione si trovasse lì, con quei presupposti non le sarebbe dovuto venire nemmeno per l’anticamera del cervello il più piccolo dubbio a riguardo. Stava cambiando idea, non avrebbe dovuto avere alcuna indecisione sulla felicità di suo marito. I suoi pensieri non le diedero nemmeno il tempo di entrare e richiudere la porta alle spalle, perché ormai aveva già deciso di andarsene. Si stava voltando per avviarsi verso il Ministero, ma George non le consentì di ritornare sui suoi passi.
 
“Ehi! Quale onore porta la mia cognata preferita da queste parti?”
 
L’uomo la accolse con un cordiale sorriso ed Hermione capì subito che lui non doveva essersi accorto del suo indugio. Lo interpretò come un segno, chiuse la porta e ricambiò serena quel saluto.
 
“Ciao, George. Come va?”
 
“Non c’è male. Avevi bisogno di qualcosa? Forse un filtro d’amore?”
 
Hermione rimase confusa a quella richiesta, ma dal soggetto in questione si sarebbe dovuta aspettare qualunque cosa.
 
“Un filtro d’amore? Cosa me ne faccio, se sono sposata?”
 
“Ho sperato volessi liberarti di mio fratello”
 
La donna ricambiò divertita il sorriso del cognato, con un leggero rossore sul volto. Aveva proprio bisogno di qualche battuta per distendere la tensione e affrontare al meglio quella conversazione con il marito.
 
“Veramente cercavo proprio lui”
 
“Immaginavo, visto che non ti vedo quasi mai da queste parti. È sul retro”
 
Fece finta di essere rimasto deluso, Hermione se ne accorse e tornò di rimediare alle sue mancanze.
 
“Grazie. Prima di correre al Ministero, do un’occhiata in giro”
 
Attraversò velocemente e un po’ nervosa la porticina che conduceva al magazzino. Era raro che si sentisse così agitata, erano state sicuramente le circostanze a provocare in lei quello stato d’animo, era dalla notte appena trascorsa che i pensieri la tormentavano. Entrò, ma non lo vide subito. Fece vagare lo sguardo ovunque, continuando a non scorgerlo.

“Ron? Ci sei?”
 
La scala appena dietro la porta la prese totalmente alla sprovvista, facendola sussultare. Il marito invece la accolse con un sorriso preoccupato.
 
“Ehi. E tu che ci fai qui? Non dovresti essere al lavoro?”
 
“Ci stavo andando. Sono passata un momento dentro, perché avevo bisogno di parlarti. Stamattina sei scappato via e non ne ho avuto modo”
 
“Ti ascolto, dimmi”
 
Proseguì nel suo lavoro, probabilmente era stata talmente brava da non fargli percepire la sua agitazione. Non desiderava che si allarmasse, infondo non c’era alcuna emergenza, aveva solo colto una breve occasione tra i suoi mille impegni. Forse però aveva avuto una pessima idea a raggiungerlo in negozio, non era facile parlare così, avrebbe senza dubbio preferito potersi ritagliare qualche minuto di serenità. L’argomento, se pur non drammatico, era comunque delicato e lui non la stava nemmeno guardando negli occhi. Si sedette accanto ad un tavolo pieno di ogni genere di articoli, per provare almeno a riscoprire un po’ di pace interiore, e cercò le parole migliori.
 
“Ecco … in questi giorni le difficoltà di Albus mi hanno fatta riflettere. Stanotte non sono riuscita a riposare un granché, ho cercato un modo per aiutare Harry, ma mi sono ritrovata a pensare a me e … Ron, se non fossi stata abbastanza presente per i nostri figli? Vedo Harry in difficoltà, si rimprovera di aver trascurato Albus, di non essere riuscito a cogliere prima il suo disagio. Se avessi commesso lo stesso errore con Hugo e Rose?”
 
Ron, nonostante le circostanze, l’aveva ascoltata attentamente e si voltò confuso verso di lei. Non sapeva chiaramente cosa risponderle. La moglie colse la sua difficoltà, lo giustificò e lo comprese, così proseguì. Lo sorprese nuovamente, c’era dell’altro?
 
“E poi mi sento in colpa anche verso di te, ma questo lo sento da tempo”
 
“V-verso me? Per quale ragione?”
 
“Ti sei preso cura di loro tutte le innumerevoli volte che io non c’ero ed anche ora continui a farlo, sacrificandoti. Hai sacrificato i tuoi sogni, i tuoi desideri, per consentire a me di perseguire i miei”
 
Lo imbarazzò quel commento e non riuscì nemmeno a comprendere per quale ragione all’improvviso gli stesse facendo quel discorso.
 
"Abbiamo solo preso strade differenti, Hermione, in questo non c’è niente di male"
 
“Già. Credo però sia ora che inizi a pensare anche a te”
 
Non era più in grado di seguirla, non capiva come fossero passati da Albus a parlare di lui. Scese dalla scala e vi si appoggiò curioso in attesa che lei proseguisse.
 
“In che senso dovrei pensare a me?”
 
“Ron, tu sognavi di diventare un Auror, sognavi di poter viaggiare fino in Romania da tuo fratello Charlie e invece ti sei chiuso qui dentro. So che ti piace questo lavoro, lo dimostri tutti i giorni ed io non ho alcun dubbio riguardo a questo, ma … tu hai messo da parte le tue aspirazioni per la famiglia, ti sei sacrificato per anni e questo non è giusto”
 
Non la voleva nemmeno ascoltare e ricominciò a riordinare scocciato. Capì subito la reazione del marito, ma lei non si arrese a quella prima sconfitta. Era convinta che quella fosse la decisione migliore e desiderava lo capisse anche lui.
 
“Prova almeno. I ragazzi sono grandi, Rose ha iniziato Hogwarts e Hugo sta crescendo velocemente. Ora hai più tempo per te. Non ti sto dicendo di cancellare le responsabilità che abbiamo, solo di non annullarti … non l’ho mai voluto”
 
Era risalito velocemente sulla scala e provò, come meglio riusciva, ad ignorarla.
 
“Hermione, gentilmente, mi passeresti quella scatola laggiù?”
 
Indugiò delusa, ma con quel gesto ebbe almeno la scusa di avvicinarsi a lui. Si appoggiò alla scala ed iniziò a squadrarlo dal basso verso l'alto in attesa di una risposta.
 
“Ron, mi hai sentita?”
 
“Sì e vorrei non averlo fatto, visto che non c’è nulla di cui discutere”
 
“Non ti costa nulla tentare. E poi, non sei più un ragazzino, sei un uomo che ha mille risorse, saresti un ottimo Auror, se solo lo volessi. Sarebbe un orgoglio per me poterti nominare Auror e ci potremmo vedere tutti i giorni al Ministero”
 
Era entusiasta, ma lui non ebbe alcun timore di smontare l’euforia della moglie, anzi le mise davanti i reali motivi di quell’ostinato rifiuto. Stavolta la ammirò dall’alto per provare ad essere più convincente.
 
"No, Hermione, mi costa invece, perché sono sicuro di saper fare il padre, ma non l'Auror e non mi va di rischiare di fallire. Ti prego, lascia perdere, sto bene così, quindi non insistere"
 
Non si aspettava quella motivazione, l’aveva disarmata, ma che lui fosse insicuro ne era già perfettamente consapevole, per questo trovò opportuno incentivarlo.
 
"Hai paura di non riuscire? Per quale ragione non dovresti? Ron, te lo meriti. Ti sei sempre dedicato alla famiglia, voglio solo che tu sia felice"
 
"Ti ho mai dato l'impressione di essere infelice?"
 
"Temo tu sia insoddisfatto e dia a me la responsabilità di capirlo"
 
"Anni fa forse mi sarebbe piaciuto, mi sarei sentito utile, ma poi qualche tempo dopo ci siamo sposati e ho capito che potevo essere utile in un altro modo"
 
Era sceso dalla scala e stavolta le comunicò quel pensiero con convinzione, fissandola dritta negli occhi. Forse qualsiasi altra donna sarebbe stata orgogliosa, ma lei non riusciva ad esserlo, sapendo che la sua presenza era stata così decisiva nella sua vita. Se lui non l’avesse sposata, avrebbe avuto sicuramente altre priorità, invece aveva preferito essere generoso con lei. Non metteva in dubbio l’amore che provava per la sua famiglia o per lei, ma anche Hermione teneva a lui e voleva dimostrarglielo.
 
"E come, facendo fare carriera a me?"
 
"Prendendomi cura dei miei figli. Hermione, si può sapere cosa ti prende stamattina? Sei sempre impegnata al Ministero, oggi hai tempo da perdere con me? Pensa piuttosto a Rose e a Hugo, ritagliati qualche ora da trascorrere con loro, non per parlare con me. Lo hai detto tu, li stai trascurando"
 
Non le stava dicendo nulla di nuovo ed era esattamente ciò che stava iniziando a rimproverarsi in quei giorni e che forse avrebbe dovuto capire da anni ormai. Il lavoro non le aveva nemmeno dato l’opportunità di fermarsi un momento e riflettere.
 
“Non sto perdendo tempo, Ron, ed anche i nostri figli sono al centro dei miei pensieri … sia tu che loro ci siete. Sto facendo tutto ciò che è in mio potere per non trascurarvi e me ne rendo conto anche io di non riuscirci come vorrei, quindi dammi l’occasione di rimediare. Accetta la mia proposta, sarebbe importante per me se riuscissi a realizzare un tuo desiderio”
 
“Ora devo lavorare, quindi, mi dispiace, non ho tempo da dedicarti. Pensa prima ai ragazzi, Hermione, loro hanno la precedenza. Chiedi a Rose e a Hugo cosa desidererebbero”
 
Le passò deciso davanti per dirigersi verso il tavolo e proseguire il suo inventario.
 
“Ron, dimmelo tu cosa desiderano, passi più tempo con loro”
 
“E questo ti sembra normale?!”
 
Lo aveva chiaramente innervosito, ma lei non poteva fare altro che concordare con lui.
 
“No, infatti, non lo è. Ora lo so”
 
“Bene, ora che lo sai, vedi di rimediare, perché quando ti ho consigliato di diventare il Ministro della Magia, nessuno ti ha autorizzata ad ignorare di avere due figli. Sei stata presa e lo capisco, perché non è da te farti sfuggire qualcosa. Non ho bisogno io di cambiare lavoro, ma quei ragazzi della loro madre. Quindi, Ministro, spero di essere stato chiaro e di essere riuscito a farti capire quali sono le reali priorità. È vero, sono grandi e probabilmente non hanno più così bisogno di noi, ma manchi ugualmente a loro”
 
“Sei stato chiarissimo, mi dispiace, proverò a rimediare. A stasera, allora, non ti disturbo oltre”
 
Sua moglie uscì delusa di se stessa senza aggiungere altro. Ron si rese conto troppo tardi di aver avuto una reazione esagerata e come al solito poco sensibile nei confronti del suo dolore. Hermione infondo era passata ai Tiri Vispi quella mattina proprio con l’intenzione di trovare una soluzione alle mancanze nei confronti della sua famiglia e lui era riuscito solo a peggiorare il suo umore, invece di confortarla.



 
[3 settembre 2017 ore 10:30 a.m – Hogwarts/Ufficio della Preside]

 
Prese solo un respiro, prima di entrare nell’ufficio della Preside. Era preoccupato, ma ciò che lo spaventava di più era sentirsi dire di aver sbagliato in qualcosa e che di conseguenza tutti i suoi timori di non essere stato un buon padre per i suoi figli si materializzassero. Poteva presupporre quale fosse il problema che riguardava Albus, non riusciva a pensare ad altro da quando Neville gli aveva dato la notizia. Ora era lì e avrebbe forse potuto dare una svolta alla situazione, avrebbe potuto aiutare suo figlio, eppure, nonostante gli fosse così vicino, avrebbe desiderato essere altrove, pur di non affrontare ciò che aveva provocato quel malessere nel ragazzo. Harry entrò discretamente, lo stava sicuramente aspettando, anzi aveva indugiato fin troppo, ragion per cui non si prese nemmeno il disturbo di bussare.  Ogni volta quel luogo gli infondeva una quantità innumerevole di emozioni, in particolare il quadro di Silente dormiente, che spiccava proprio oltre la poltrona della McGranitt, attirò la sua attenzione. Solo lui poteva sapere quanto avrebbe desiderato ricevere dall’ex Preside di Hogwarts un consiglio, una parola utile a sbrogliare la matassa che con le sue mani Harry aveva contribuito ad imbrogliare. Tornò con i piedi per terra, era inutile fantasticare, Silente purtroppo non gli avrebbe potuto dare alcun suggerimento. Per quanto si sforzasse di non ricercare aiuto da chi non poteva per ovvie ragioni darne, il suo sguardo cadde su un altro dipinto proprio lì accanto. Anche in quell’occasione Piton non sembrava propenso a grandi confidenze, probabilmente non gliene avrebbe concesse nemmeno se fosse stato in vita. Ricordò le ultime parole che rivolse a suo figlio prima che le porte dell’Hogwarts Express si chiudessero e non se ne pentiva affatto, anzi aveva sperato fossero sufficienti per quietare i tormenti del ragazzo.
 

«Tu porti il nome di due Presidi di Hogwarts. Uno di loro era un Serpeverde e probabilmente l'uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto»

 
Quel ragazzo portava davvero i nomi di due stimati Presidi di Hogwarts, avrebbe dovuto esserne fiero, avrebbe dovuto accettare l’eredità che i suoi genitori gli avevano trasmesso. Albus invece era tutto tranne che orgoglioso. Forse perché non aveva vissuto direttamente quello stesso passato? O forse semplicemente perché quel passato continuava a tormentarlo, anche se era così lontano da lui e non era nemmeno in grado di offrirgli la pace e le attenzioni che si meritava da parte della sua famiglia. Aveva indugiato troppo sulla porta, così cercò di allontanare quei pensieri e lasciare che la McGranitt lo informasse, prima di fare qualsiasi altra congettura.
 
“Professoressa?”
 
“Entra, Harry”
 
Si avvicinò agitato alla scrivania e quei due quadri più da vicino parvero dominare su di lui come macigni. Era stato davvero lui a posare sulle spalle di suo figlio quel peso. S’intende, non aveva impiegato un minimo di malizia o di malafede, anzi aveva voluto onorare quei due uomini, ma non aveva contato l’ònore che avrebbe attribuito ad Albus per la vita. Alla Preside non sfuggì affatto l’umore di Harry. E come avrebbe potuto non notare l’espressione frustrata di quell’uomo che aveva conosciuto fin dalla sua più tenera età?
 
“Non ti accomodi?”
 
Seguì il suo gentile invito, ma si sentiva palesemente a disagio per le notizie che avrebbe presto ricevuto. Conoscere già l’opinione del figlio non lo stava avvantaggiando, anzi provava solo una grande vergogna per non essere stato capace di capire prima il malessere di Albus. Non si era mai accorto della sua sofferenza, era stato troppo occupato e lo aveva trascurato senza volerlo realmente. Se solo fosse stato più attento era certo che non ci sarebbe stata la necessità di quel colloquio. La McGranitt finì di sistemare serena dei documenti, prima di dedicarsi al suo ospite e ad Harry, in attesa, non restò che seguire con ansia i suoi movimenti.
 
“Tua moglie?”
 
“Non ha potuto assentarsi dagli allenamenti. Professoressa, cos’ha combinato mio figlio? La prego, sono preoccupato, non mi tenga sulle spine
 
Dedicò totalmente la sua attenzione ad Harry e si preparò a dargli quella notizia. Poteva presupporre non l’avrebbe presa bene, ma lei tentò in tutti i modi di non aggravarla con le sue parole.
 
“Ha Schiantato Scorpius Malfoy”
 
“Cosa??”
 
Non era chiaramente riuscita a comunicare con lui nel migliore dei modi, perché un certo pallore non aveva tardato a dipingersi sul suo volto.
 
“Potter, respira, non ho alcuna intenzione di espellerlo. È evidente che l’anno non sia iniziato nel migliore dei modi per loro due”
 
“C-come sta Scorpius? Avevo espressamente detto ad Albus di non alzare la bacchetta contro qualcuno. Non so come abbia fatto ad imparare quell’incantesimo, mi dispiace, ma le assicuro che in famiglia nessuno avrebbe avuto la malsana idea di insegnarglielo”
 
La preside non aveva richiesto alcuna spiegazione, eppure lui si sentì in dovere di dargliene.
 
“Scorpius sta bene. Ad un mago inesperto può succedere di farsi sfuggire la situazione di mano, quindi è stato solo un incidente. Ciò che mi preoccupa sono i suoi sentimenti, era chiaramente infastidito per qualcosa, quando è successo. Sta affrontando una situazione che è più grande di lui e tu sai a cosa mi riferisco. Il suo cognome non è per nulla comune e temo che ne stia sentendo il peso. La Storia precede quei due ragazzi, Harry, e da soli non riescono a superarla”
 
“Lo so … ma non so come aiutarlo”
 
Dopo le parole della Preside c’erano ancora poche opportunità che lui si sentisse rincuorato in qualche modo, anzi sentì maggiore la responsabilità verso suo figlio.
 
“L’ho fatto chiamare, ti sta aspettando al secondo piano, ai piedi della scala”
 
Harry si voltò verso la porta quasi spaventato di affrontare quell’argomento nell’immediato. Per quanto la situazione andasse risolta velocemente lui non si sentì per nulla pronto, anzi, tutto il contrario, non aveva preparato alcun discorso.
 
“Andrà tutto bene, fagli solo capire che non deve per forza tenere fede alle aspettative degli altri e alla reputazione della sua famiglia”
 
Harry prese coraggio, guidato dalle rincuoranti parole dell’anziana Preside e scese il lunghissimo scalone che lo avrebbe guidato direttamente da suo figlio. Mai in quel momento desiderava davvero che quei gradini non terminassero e la presenza di Ginny gli avrebbe senz’altro fatto comodo. Non appena ebbe superato l’ultimo gradito e fosse giunto a destinazione lo vide sconsolato, mentre seduto sul freddo pavimento attendeva il padre. Lo sguardo del giovane Serpeverde era rivolto verso il basso e dall’atteggiamento Harry comprese subito quanto quell’incontro fosse temuto anche dal figlio. Prese il coraggio che probabilmente un padre avrebbe dovuto riscoprire presto o tardi, così si accomodò al suo fianco e si appoggiò con la schiena al muro. Albus aveva chiaramente avvertito la presenza di Harry, ma non aveva il coraggio di parlare o di chiedere, tanto poteva facilmente presupporre che lui fosse stato messo al corrente di ciò che aveva combinato. L’Auror provò a rompere il ghiaccio che sembrava incombere su di loro e con un sorriso fece una breccia nel silenzio che era sceso.
 
“Allora, hai cambiato idea alla fine? Non hai chiesto al Cappello Parlante di essere Smistato nei Grifondoro? Prima di partire mi avevi confessato che ti sarebbe piaciuto”
 
Albus negò con la testa, ma rimase sorpreso, si aspettava sicuramente un altro tipo di reazione, dopo quello che aveva fatto a Scorpius. Harry proseguì con quel sereno registro, sperando di metterlo a suo agio.
 
“Comunque il verde ti dona, è in tinta con gli occhi”
 
“Sì, è quello che continua a ripetermi James. Non so però se lo dica per prendermi in giro o se sia veramente sincero”
 
Non riuscì a stare al gioco del padre, era troppo demoralizzato e aver affrontato Scorpius aveva solo peggiorato il suo umore. Si era pentito di aver avuto quella pessima idea, era esausto, ma più arrabbiato con sé, piuttosto che con gli altri e di mezzo era andato quel Malfoy, più per fama che per un reale motivo concreto. Probabilmente se avesse ascoltato sua cugina, il suo umore sarebbe stato comunque pessimo, ma sicuramente migliore. Scorpius era stato arrogante con loro, ostentava supremazia, ma infondo aveva anche il buonsenso di ignorarli, quando non capitavano espressamente sulla sua strada.
 
“Eh dai, Al, fammi un sorriso”
 
“Ma tu non dovresti essere arrabbiato?”
 
“Preferivi che fossi arrabbiato?”
 
“No, ma …”
 
“Se la McGranitt non vuole espellerti, non sarò certo io a punirti. Anche perché quale autorità ho ad Hogwarts? Qui siamo fuori dalla mia giurisdizione, per tua fortuna”
 
Non lo aveva affatto minacciato, anzi continuava a mantenere quell’aria giocosa. A tratti parve ad Albus di rivedere in lui lo zio Ron, con l’unica differenza che suo zio era molto più spontaneo e meno impacciato in quei momenti. Il ragazzo stava quasi rimpiangendo la sua serietà, ma non dovette invocarla a lungo, perché Harry si voltò presto verso di lui e stavolta sembrava essere particolarmente serio.
 
“Però, Albus, cosa c’è che non va? Preferisco capire il motivo del tuo malessere e ciò che ti ha spinto a quel gesto”
 
Il padre gli puntò addosso quegli occhi così simili ai suoi e per lui fu pressoché impossibile mentire o fuorviare l’argomento.
 
“Mi sento a disagio, papà, con questa uniforme”
 
Albus stropicciò con disprezzo in un pugno una parte della stoffa della divisa dei Serpeverde. Ad Harry non sfuggì affatto la reazione del figlio e non era certo un bene percepire la propria Casa, quella a cui avrebbe appartenuto per sette lunghi anni, come una prigione. Anche lui non si era sentito parte dei Grifondoro ai tempi del suo Smistamento, ma quella era tutt’altra storia.
 
“Perché dovresti sentirti a disagio? Forse perché i tuoi genitori e i tuoi zii erano Grifondoro? Davvero solo per questo? Abbiamo tutto il tempo che desideri, ma prova a spiegarmi”
 
Lo vide inaspettatamente crollare davanti a lui, non gli era parso di aver alzato la voce, eppure suo figlio era scoppiato all’improvviso in lacrime.
 
“Al, cos’hai?”
 
Non gli rispose, si limitò solo a coprirsi il volto con le mani per la vergogna di essersi lasciato guidare da quella frustrazione. Harry non indugiò oltre, lo attirò a sé e lo abbracciò, ma il figlio non gradì affatto quella dimostrazione di affetto, anzi si divincolò deciso da lui.
 
“Papà, che fai?? Se i miei compagni mi vedessero piangere, mi prenderebbero in giro ancora di più”
 
“Prenderti in giro?”
 
Rimase chiaramente male per la reazione del figlio, ma ciò che lo sconvolse di più fu quella nuova notizia.
 
“I Potter e i Weasley non sono ben visti dai Serpeverde. Sono diventato uno di loro, ho disonorato la mia famiglia e ho solo alimentato i loro pettegolezzi”
 
“E questo da quando? Al, non hai disonorato nessuno. Tesoro, per quanto possa valere, io sono orgoglioso di te e se non importa alla tua famiglia in che Casa sei stato Smistato, non deve importare a nessuno”
 
“I Serpeverde non ci lasciano in pace da sempre! Ma forse tu eri troppo impegnato per accorgertene”
 
Se prima era solo un’ipotesi, ora ne ebbe la certezza. Non usò cattiveria, stavolta sembrò quasi giustificarlo, eppure quelle parole pesarono come macigni sul suo cuore. Non servì a nulla confortarlo, Albus non sembrava tranquillizzarsi ed era stato piuttosto chiaro circa il motivo.
 
“Hai ragione, ti ho trascurato. Ho sempre pensato di farvi del bene, è ovvio che per voi non è stato così. Come posso rimediare?”
 
Lo guardò, sperando che lui avesse la risposta. Era il primo a riconoscere quanto fosse sbagliato chiedere ad un ragazzino di undici anni la risoluzione a tutti i problemi che c’erano nel loro rapporto e che lui non era stato in grado di risolvere prima.
 
“E’ tardi, papà, ormai sono ad Hogwarts e non abbiamo più l’occasione di recuperare il tempo perduto. E non puoi nemmeno cancellare il passato. Sono il figlio del famoso Harry Potter e devo prendermi per forza tutte le conseguenze”
 
“Non ho mai voluto essere riconosciuto per strada, Albus. Non sai quanto vorrei che la mia reputazione non pesasse sui miei figli”
 
“Però avresti potuto scegliere se lavorare al Ministero, nessuno ti ha obbligato. Lo hai scelto tu e sembri essere felice di comandare
 
Aveva ragione. Suo figlio continuava tristemente ad avere ragione, ma quegli errori non erano stati intenzionali e non sapeva come spiegarlo anche a lui.
 
“Davvero la pensi così?”
 
“Come dovrei pensarla diversamente? Avresti potuto cadere nell’oblio, se solo avessi voluto … ma tu non hai voluto, giusto?”
 
Non sapeva come difendersi, ma probabilmente era indifendibile.
 
“Già. Al, se sei un Serpeverde è tutta colpa di tua madre, l'unica ambiziosa è lei ... ma non dirle che te l'ho detto, altrimenti ci ritroviamo entrambi fuori di casa”
 
Cercava di sdrammatizzare e stavolta fu Albus ad andare in suo soccorso.
 
"Papà, tu pensi sia davvero questo il motivo? Non perché non sono all'altezza del cognome che porto?"
 
“Di quale cognome stai parlando? Il tuo è un nome come un altro”
 
“Non tutti la pensano così e hanno i loro motivi”
 
“Figliolo, prova ad ignorarli. Senti, loro non ti conoscono e nemmeno sanno che se il Cappello Parlante ti ha Smistato nei Serpeverde è perché te lo meriti, non è un castigo, non siamo tutti uguali. Ti ricordo ancora una volta che sono orgoglioso di te e lo sarò sempre, ma non lo sono di me, non possono esserlo se vedo mio figlio soffrire a causa mia”
 
L’orologio rintoccò inaspettatamente per entrambi le undici in punto. Se prima desiderava che quella conversazione con il figlio non avesse mai luogo per paura di affrontarlo, in quel momento voleva solo che quel tempo a disposizione non terminasse. Albus lo richiamò a malincuore ai suoi doveri, ma anche lui necessitava di conforto dal padre.
 
“Devi andare, papà”
 
“Posso restare ancora qualche minuto”
 
“Ho la prima lezione di volo, non posso comunque rimanere qui con te”
 
Quella notizia entusiasmò Harry, riportandolo indietro nel tempo di parecchi anni.
 
“Davvero? Sei emozionato?”
 
“Più che altro ho paura. Rischio di fare brutta figura anche lì con i trascorsi tuoi e di mamma nella squadra di Quidditch”
 
“Albus, non prendere sempre come riferimento noi, abbi solo più fiducia in te stesso e sono certo che, se ti andasse, avresti tutte le possibilità di entrare nella squadra”
 
James sbucò proprio in quel momento dal fondo del corridoio, impedendo ad Harry di scambiare con il secondogenito quelle ultime parole, prima di lasciarlo andare a lezione. Il primogenito sembrava essere di fretta e interruppe senza troppi convenevoli la loro conversazione.
 
“Ciao, papà. Al, la mia lezione di Pozioni sta per iniziare, avevi detto che avremmo fatto la strada insieme”
 
“Ciao, Jamie. Non fate aspettare gli insegnanti”
 
Albus si alzò velocemente per raggiungere il fratello, ma Harry richiamò indietro i figli.
 
“Ragazzi. Spero di rivedervi non prima di Natale, significa che va tutto”
 
I due giovani maghi stavano riprendendo il loro cammino, ma Harry non aveva ancora terminato.
 
“Albus. Magari ci vediamo anche prima, a qualche tua partita”
 
“Partita?”
 
Il figlio rimase dubbioso, non riuscì subito a capire a cosa il padre si stesse riferendo.
 
“Ricorda, sei ambizioso come la mamma”
 
Harry gli sorrise e vide scomparire poco dopo Albus, trascinato per l'uniforme da un impaziente James. Rimasto solo, non si alzò subito per riprendere la sua routine, preferì godersi quell'attimo di pace e, perché no, guardarsi intorno e rivivere in un modo o nell'altro la sua adolescenza. I ricordi gli consentirono ancora di udire voci e passi ormai trascorsi, risalenti ai suoi anni di scuola. Preferì rivivere solo i ricordi positivi, ma anche lui, proprio come Albus, aveva vissuto delle difficoltà. I suoi più nobili tentativi di rendere la vita dei figli più serena non sembravano aver sortito l'effetto sperato, anzi era evidente che qualcosa gli fosse sfuggito. Il rumore di passi reali, che non si trovavano nella sua mente, attirarono la sua attenzione. Si voltò confuso verso quel rumore e intravide Draco, ma quest'ultimo non sembrava molto entusiasta di vederlo. Provò ad ignorare Harry e a raggiungere la Preside nel suo ufficio, ma purtroppo per lui l'altro era alla ricerca di un dialogo. Harry si alzò e sperò di fermarlo.
 
“Ti chiedo scusa a nome di Albus. Non so cosa sia successo tra loro, ma mio figlio ha esagerato e non è questo che gli ho insegnato”
 
“Mi sarei stupito del contrario”
 
Fu estremamente sarcastico, ma non aveva voglia di approfondire la questione con lui. Aveva indugiato ad accettare quel colloquio e aveva incessantemente litigato con Astoria, persino per evitare di farsi accompagnare ad Hogwarts. Sua moglie non riusciva a capire le sue ragioni e l'ultima persona con cui voleva parlare in quel momento era proprio Harry. Tentò nuovamente di imboccare le scale, ma la voce dell'altro glielo impedì nuovamente.
 
“Draco, i ragazzi non stanno bene. Dobbiamo aiutarli”
 
“Grazie per il consiglio, Potter, ma a mio figlio posso pensare anche da solo. Mia moglie è più che sufficiente”
 


 
[ 3 settembre 2017 ore 11:30 a.m – Campo di allenamento]

 
La professoressa di volo aveva fatto loro una rapida lezione teorica ed era arrivato il momento tanto temuto di alzare la scopa. Albus e Rose stesero titubanti la mano destra ed iniziarono a chiamarla. La ragazza si stava facendo prendere dall’esasperazione, quel manico non voleva ascoltarla, la Comet prendeva tutte le direzioni tranne che quella giusta.
 
“Su! Ti prego, vieni su”
 
Mentre la cugina sembrava essere sull’orlo di una crisi di nervi, tanto da non avere minimamente la percezione di quel venticello fresco, ad Albus bastarono semplicemente un paio di tentativi per ottenere il controllo della sua Nimbus. Rose si voltò sorpresa, infastidita e tutta sudata verso di lui.
 
“Come hai fatto?”
 
“Non lo so, ho fatto solo quello che hai fatto tu, nulla di più”
 
Albus con audacia montò la sua scopa, ma la professoressa non gradì tutta quella determinazione.
 
“Ehi, signor Potter, giù da quella scopa. Sali quando lo dico io”
 
Aveva tutte le intenzioni di obbedire, ma la Nimbus non era dello stesso avviso, si alzò da terra senza che lui potesse controllarla.
 
“Signor Potter!”
 
“Albus. Possibile che tu sia sempre un passo avanti a me?”
 
“Mi dispiace, non so come si scenda”
 
Guadagnò parecchi metri e in poco tempo si ritrovò sospeso per aria. Non riuscendo ancora a destreggiarsi perfettamente in volo, cercò almeno di non cadere, ma non passò molto tempo prima che il ragazzo riuscisse a recuperare l’equilibrio e a governare la scopa. Si stupì persino lui e, sentendosi più sicuro, pensò bene di non far arrabbiare ulteriormente la professoressa, così un po’ timoroso rimise i piedi a terra. Era mortificato sotto lo sguardo sconvolto dell’insegnante, che lo fissava senza trovare le parole giuste. Scorpius, che aveva assistito alla scena, era certo che per Albus stesse finalmente arrivando una meritata punizione.
 
 

 
Ciao ragazzi!
 
In questo capitolo ho iniziato ad intrecciare più questioni, ma in realtà hanno tutte una radice comune, spero di essere stata in grado di trasmettere il tema principale della storia 😊
 
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi seguono e vi do appuntamento al prossimo capitolo! <3
 
Baci
-Vale

PS. La seconda parte è in corsivo e non so il perché, scusate :(
   
 
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