TUTTA UN’ALTRA
STORIA
Capitolo primo
La notte di San Lorenzo
Se accade si dice
Sarà un anno più bello
Un anno migliore
Esprimi un desiderio, oh oh…
Un casino, tolta la malinconia
Ti dà anche un vantaggio
Vedi tutto da vicino
È difficile trarti in inganno
Scovi il burattinaio…
Perché mi muove come
l'aria
L'aria mi racconta tutta un'altra storia!
(“Tutta un’altra storia” – Elisa)
Si era ormai giunti agli ultimi mesi del 1477 e,
nonostante le ottimistiche quanto irreali previsioni di Antonio, le cose per
Jacopo Pazzi andavano peggiorando. Il Duca Galeazzo Sforza di Milano era stato
assassinato in una congiura ordita dai suoi stessi concittadini che lo
consideravano un tiranno (beh, a quell’epoca non c’erano i social né la TV e la
gente si divertiva in altri modi…); tuttavia aveva fatto in tempo a firmare il
famoso trattato che avrebbe legato la sua città a Firenze e Venezia, così come
aveva voluto Lorenzo, e ciò era molto importante per conquistare il favore dei
Priori.
Il giorno dell’elezione del Gonfaloniere si avvicinava
e, con ogni probabilità, anche quella volta Jacopo Pazzi avrebbe vinto le elezioni l’anno prossimo. A
quel punto persino Antonio era riuscito a capire che i Medici non avrebbero mai
appoggiato Jacopo e che, anzi, avevano ogni interesse a evitare come la peste
che quell’uomo ottenesse la nomina. Il problema più pressante, per il giovane
Orsini, era trovare il modo più delicato e gentile possibile per farlo sapere
al diretto interessato in tempi non sospetti, così da prepararlo in maniera soft all’ormai inevitabile sconfitta.
Però, a furia di pensarci, Antonio finì per attendere
troppo e il risultato fu che si giunse alla sera della votazione per la nomina
di Gonfaloniere senza che il giovane avesse potuto spiegare la cosa a Jacopo.
I Priori erano tutti riuniti nella Sala del Consiglio
e l’atmosfera era piuttosto tesa. Jacopo appariva fiducioso e soddisfatto
mentre, casomai, erano Lorenzo e Giuliano ad apparire nervosi e incerti. Guglielmo
e Francesco, invece, non erano presenti: il primo non aveva più un suo seggio
fra i Pazzi, il secondo si era scusato, spiegando che non avrebbe partecipato
alla votazione perché doveva stare vicino alla moglie Novella, in procinto di
dare alla luce il suo primo figlio.
Antonio sedeva tra gli uomini importanti di Firenze,
venuti ad assistere alla nomina del Gonfaloniere, e si torceva le mani sapendo
bene che, comunque fosse andata, per lui sarebbe stato un discreto casino…
“Perché Luca Soderini non è tra noi?” domandò il
Gonfaloniere Petrucci.
Fu Lorenzo a rispondergli, lanciando uno sguardo
veloce verso Antonio: il segreto del suo amico sarebbe rimasto tale.
“Messer Soderini porge le sue scuse a tutti i signori
qui presenti, ma per motivi di salute si è visto costretto a rinunciare al suo
seggio tra i Priori” spiegò. “Tuttavia sarebbe suo desiderio, e io credo che
potremmo onorare la sua volontà, che il suo posto venga preso dal figlio
Bastiano.”
Il giovane si alzò, era seduto poco lontano da
Antonio. Si guardò intorno intimidito, ma poi si avviò verso il seggio che era
stato di suo padre, tra gli applausi e gli incoraggiamenti di tutti. Di tutti
tranne che, ovviamente, di Jacopo che non si aspettava questo colpo di scena e,
in tutta evidenza, non lo aveva gradito affatto.
Mentre Bastiano prendeva posto, Jacopo lanciò un’occhiataccia
ad Antonio che, se avesse potuto, lo avrebbe incenerito all’istante… e il
ragazzo capì che le cose sarebbero andate anche peggio del previsto!
“Allora, vogliamo parlare della disfatta di Città di
Castello prima di cominciare la votazione? No?” esordì Jacopo con la sua solita
faccia tosta. Si era molto innervosito per l’intervento di Lorenzo e l’accoglienza
di Bastiano Soderini tra i Priori e sperava, riportando il discorso su
argomenti più penosi per lui, di metterlo in cattiva luce.
Ma quella, decisamente, non era la sua serata…
Lorenzo si alzò in piedi e chiarì la situazione.
“E’ vero, Città di Castello adesso appartiene a Papa
Sisto ma questo, signori, non ha più alcuna importanza” disse.
“Ah, no? E’ comunque una perdita per Firenze” insisté
Pazzi, sempre più sfacciato. Come se non si sapesse che era stato lui a
provocare il caos in quella cittadina per ingraziarsi il Papa e mettere in
difficoltà i Medici!
Lorenzo scambiò un sorriso con il fratello Giuliano,
seduto accanto a lui.
“Signori miei, Firenze non è mai stata così sicura.
Sembrava impossibile che potesse esistere un trattato di pace e collaborazione
tra le tre grandi città di Milano, Venezia e Firenze ma, grazie alla mia
famiglia, questo trattato è stato firmato. Ognuna delle città si impegna a
difendere le altre se saranno attaccate” annunciò il giovane Medici,
soddisfatto.
Le parole di Lorenzo scatenarono un applauso
entusiastico tra i Priori e un altrettanto evidente giramento di scatole in
Jacopo Pazzi che si alzò in piedi a sua volta per irridere i Medici e tutti
quelli che li stavano acclamando nemmeno avessero segnato un gol in finale di Champions League!
“Bene, bravi, molto bene, bravi, applaudite la nuova
magia di Lorenzo, questa nuova illusione!” fece, ironico, rivolgendosi poi al
giovane. “Ben fatto, Lorenzo, che grande prodezza… ma quelli di noi che vengono
in questa sala da prima che tu nascessi sanno perfettamente che un accordo
resta in vigore soltanto finché chi lo ha stipulato lo sostenga… o sia vivo!
Galeazzo Sforza, che ha firmato il tuo trattato, è stato ucciso qualche giorno
fa in una congiura, come tutti sanno, pertanto la sua firma sull’accordo non
garantisce più niente.”
Il disfattismo di Jacopo, però, non raccolse consensi
tra i Priori che, al contrario, si mostrarono tutti molto favorevoli al
trattato. L’uomo, sempre più irritato, si sedette con un’espressione che
prometteva tuoni e fulmini.
“Vogliamo procedere con la votazione per la nomina del
Gonfaloniere?” propose Petrucci, e il Consiglio dei Priori approvò.
Devo proprio soffermarmi sull’esito della votazione?
Sconfitto su tutta la linea, Jacopo Pazzi si alzò dal
suo scranno con espressione sempre più torva e uscì dalla Sala dei Priori
camminando a lunghe falcate nervose.
E bisogna proprio ammirare il coraggio di Antonio che,
nonostante tirasse aria di tempesta, si affrettò a lasciare anche lui il
palazzo per seguire Jacopo e parlargli. Non sapeva ancora bene che cosa gli
avrebbe detto, sperava tuttavia di trovare un modo per calmarlo e infondergli
speranza di riuscire la volta prossima.
L’uomo era veramente infuriato, sia per la sconfitta
plateale sia per essere stato ancora una volta umiliato da Lorenzo. Non si
accorse nemmeno che Antonio lo stava seguendo e giunse al suo palazzo
rimuginando pensieri di vendetta contro il mondo intero… poi si voltò e si
ritrovò davanti il ragazzo che lo guardava con aria titubante.
“Messer Pazzi, sono veramente desolato per il
risultato della votazione, io…” mormorò Antonio, avvilito.
Jacopo Pazzi era uno di quelli che, quando sono
veramente arrabbiati, diventano anche ingiusti e irragionevoli. Per qualche suo
motivo imponderabile decise che, siccome al momento non poteva prendersela con
nessun altro, la cosa migliore da fare fosse sfogare la sua collera sull’incolpevole
Antonio.
“Desolato,
eh?” lo interruppe, in tono gelido e guardandolo come se si trattasse di
qualcosa di schifoso appiccicato al suo stivale. “Forse dovrei darti io qualche
ragione più valida per essere desolato!”
Antonio non si aspettava una simile manifestazione di
odio… forse un ceffone sì, se lo aspettava, ma quel gelo, quella freddezza lo
mettevano a disagio.
“Perché dite così, Messer Pazzi? Sapete che sono
veramente dispiaciuto per la vostra sconfitta e che ho fatto di tutto per
aiutarvi!” tentò di protestare.
“Direi piuttosto che hai fatto di tutto per ingannarmi. Mi hai preso in giro fin dal
principio, sei sempre stato d’accordo con Lorenzo e con i Medici per rovinarmi
e io, stolto, ci sono caduto come un principiante” replicò Jacopo,
perfettamente consapevole che queste sue parole sarebbero state per il ragazzo
mille volte più dolorose di uno schiaffo e persino di una pugnalata. Sapeva bene
dove colpire per fargli male… sì, insomma, quella era la sua più magistrale
interpretazione da bastardo dentro.
Il giovane Orsini rimase senza fiato, fu davvero come
se Jacopo lo avesse accoltellato al cuore.
Ma l’uomo non aveva ancora finito con lui.
“Se fossi stato davvero dalla mia parte mi avresti
lasciato fare con Soderini” riprese, con astio. “Quel maledetto sarebbe morto e
suo figlio e tutti i Priori avrebbero creduto che fosse stato assassinato per
ordine di Lorenzo, perché tutta Firenze sapeva che Soderini avrebbe votato per
me. Hai rovinato tutto con il tuo intervento… ma che dico? Tu sapevi benissimo
cosa stavi facendo, visto che il tuo piano era aiutare Lorenzo ad affossarmi!”
Quello era troppo e anche Antonio, sebbene straziato,
trovò la voce per ribattere a una tale cattiveria.
“Io non ho mai avuto nessun piano contro di voi ma, se
proprio volete saperlo, era il vostro
ad essere sbagliato e pericoloso. Sapete cosa sarebbe accaduto? Lorenzo avrebbe
comunque chiesto a Bastiano di diventare Priore al posto di suo padre e, anzi, voi avreste rischiato di essere
arrestato per l’omicidio di Messer Soderini” esclamò, con le lacrime agli
occhi. “Bastiano avrebbe testimoniato davanti a tutti che suo padre aveva
cambiato idea, che aveva deciso di dare il voto a Petrucci, e quanto ci
avrebbero messo i Priori a fare due più due? Io vi ho salvato la vita, ho avuto
solo paura che poteste finire in carcere… o impiccato!”
Il ragionamento di Antonio non faceva una piega, ma
Jacopo era ben lungi dall’essere ragionevole e, ormai che c’era, con qualcuno
doveva pur prendersela. Non potendo rispondere alla legittima obiezione del
ragazzo passò alla peggiore crudeltà che potesse infliggergli.
“Sei solo un traditore, un ipocrita e una creatura di
Lorenzo infiltrata qui per spiarmi” lo insultò, fissandolo con una rabbia
gelida che Antonio non gli aveva mai visto prima. “Non ti permetterò di ficcare
ancora il naso nei miei affari. Vattene da questo palazzo e non osare
rimetterci piede mai più. Non voglio più vederti finché avrò vita!”
Antonio rimase talmente sorpreso e sconvolto da quelle
parole da non riuscire a muovere un muscolo. Non era possibile… Messer Pazzi
non poteva cacciarlo via, non poteva dirgli quelle cose…
“Sei ancora qui? Non mi hai sentito? Ti ho detto di
andartene e di non farti mai più vedere. Mai più, sono stato abbastanza chiaro?”
sibilò Pazzi. Il suo tono non era minaccioso, ma quella freddezza e quel
distacco che ostentava facevano ancora più male.
Non ci fu bisogno di altro. Antonio si voltò e uscì di
corsa da Palazzo Pazzi, senza quasi vedere dove metteva i piedi. Fuori aveva
iniziato a cadere una pioggia gelida che nascondeva le lacrime che gli
scorrevano sul volto. Mentre si allontanava, sentì il rumore del portone del
palazzo che si chiudeva e quel rumore fu come una nuova pugnalata nel suo
cuore. Stordito dal dolore e dalla disperazione, Antonio vagò senza meta sotto
la pioggia, continuando a piangere, cercando di capire che cosa avesse fatto di
male per far arrabbiare tanto Messer Pazzi… e senza capire che non c’era una
ragione valida, che Jacopo aveva fatto lo stronzo con lui solo perché aveva
perso, tutto qua.
Quando il ragazzo giunse finalmente a Palazzo Medici
era bagnato fino alle ossa, mezzo congelato e tremava come una foglia.
Il primo a vederlo sulla soglia della dimora fu
Giuliano, che si precipitò verso di lui, comprendendo subito che qualcosa era
andato parecchio storto a Palazzo Pazzi.
“Antonio! Entra, sei tutto bagnato” disse e poi,
rivolgendosi ai servitori, “Presto, andate a preparare la stanza di Messer
Antonio e chiamate mio fratello! Antonio, vieni, adesso ci pensiamo noi a te.”
Lorenzo arrivò di corsa mentre Giuliano toglieva di
dosso al ragazzo il mantello ormai fradicio e lo sosteneva, accompagnandolo
verso le scale per metterlo a letto nella sua stanza dove ardeva un bel fuoco.
“Antonio!” anche Lorenzo si precipitò a soccorrere l’amico.
“Accidenti, ma bruci di febbre. Qualcuno vada a chiamare un dottore! Vieni con
noi, coraggio, devi riposare… Sono stato uno sciocco, non avrei dovuto
permetterti di andare da Jacopo proprio stasera.”
Richiamate dalle grida, giunsero anche Clarice e la
madre di Lorenzo e Giuliano. Tutti insieme si occuparono del povero ragazzo, tremante
per la febbre e praticamente in stato catatonico.
Pochi minuti dopo Antonio giaceva in un letto caldo,
dopo essere stato asciugato e aver indossato una camicia asciutta. Si era
lasciato fare tutto senza la minima reazione, come se non stesse succedendo a
lui. Nella sua stanza, al suo capezzale, si era riunita tutta la famiglia
Medici e anche Francesco, Guglielmo e Bianca. Mancava soltanto Novella, a letto
per via del parto imminente… ma adesso le condizioni di Antonio sembravano più
preoccupanti e tutti attendevano il dottore, in ansia.
Lorenzo scambiò uno sguardo significativo con il
fratello e con i due amici Francesco e Guglielmo: era chiaro che era tutta
colpa di Jacopo se il giovane era in quelle condizioni. Chissà che cosa gli
aveva fatto? Ma Antonio non era in grado di raccontarlo e Jacopo, chiaramente,
non avrebbe mai ammesso le proprie responsabilità.
Quella sera pareva proprio che le illusioni di Antonio
su una possibile pace tra le famiglie Medici e Pazzi fossero tramontate per
sempre.
Fine
capitolo primo