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Autore: paige95    29/03/2019    3 recensioni
~ IN REVISIONE ~
È il 1 settembre del 2017, l'orologio del binario 9 3/4 sta per spaccare le 11 in punto. Nella stazione di King's Cross c'è tanto fermento e commozione. Un nuovo anno sta per iniziare, ma i nuovi studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts subiranno le conseguenze del passato da cui discendono e del presente in cui vivono.
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N.B È importante aver letto Harry Potter e i doni della morte, soprattutto per il primo capitolo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Rose Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Tempo tiranno

 

 
[ 3 settembre 2017 ore 3:45 p.m – Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts/settimo piano ]

I giorni ad Hogwarts, per sfortuna di Albus, non passavano così velocemente. Se pensava poi che lo avrebbero atteso altri sei lunghi anni, si sentiva solo peggio. Tra i dubbi e le frustrazioni però poteva godere della vicinanza di Rose. La cugina aveva sempre la forza di risollevare il suo morale, tentava di distrarlo da chi lo circondava e gli donava un'accogliente sensazione familiare, facendogli percepire un'aria di casa, quella di sangue. Quando lei era al suo fianco, poco importavano i colori delle loro divise. Rose portava con orgoglio lo stemma dei Grifondoro. Avrebbe tanto voluto provare altrettanta fierezza per la sua Casa, invece si ritrovava solo ad odiarla e a vergognarsi per essere entrato a farne parte. A nulla servirono le parole di Harry, il conforto da parte del padre non sortì l'effetto sperato. Forse avrebbe preferito un abbraccio da parte di sua madre? No. Gli avrebbe senz'altro dato una punizione, suo padre era sicuramente più comprensivo e accondiscendente. Eppure, nonostante la vicinanza di Harry, non riusciva a vivere serenamente quella nuova esperienza. Sua cugina, fin da piccola, aveva sempre manifestato tanto entusiasmo nell'attesa di frequentare Hogwarts. Lui, invece, fin da piccolo, voleva solo il suo papà, gli importava ben poco della magia, anzi la odiava perché era la stessa che ogni giorno non consentiva ad Harry di trascorrere un po' più di tempo con la sua famiglia. Non avrebbe potuto avere una bella famiglia Babbana? Per quanto fosse orgoglioso dei suoi genitori, la mancanza di Harry vinceva sul resto, persino sulla sua stessa natura. Si maledisse, come poteva rinnegare in quel modo la sua famiglia e le sue origini? I suoi nonni materni erano Purosangue, ma anche le persone migliori che lui avesse mai conosciuto. Grazie a Molly e Arthur aveva percepito meno la mancanza di suo padre, ma allo stesso tempo gli avevano mostrato solo la faccia più rosea di quel mondo, perché ora che si trovava ad Hogwarts, dove non tutti erano tolleranti come la sua famiglia, non poteva che provare un forte disagio. Non voleva la responsabilità di tenere alto il nome della sua famiglia, non aveva la forza di dimostrare a dei ragazzini superficiali che non era meno di loro solo perché mezzosangue e se non era un Grifondoro non aveva affatto disonorato lo stimato nome dei suoi genitori. Albus allentò il nodo della sua cravatta dai sfavillanti colori lucidi verde e aregento, non ancora sbiaditi dopo solo pochi giorni di permanenza. Si sentiva soffocare, sebbene l’estate stesse dando gli ultimi sussulti della sua presenza. Hogwarts avrebbe dovuto aiutarlo a sentire meno la mancanza dei suoi genitori, infondo per una volta la lontananza era dovuta alle circostanze e non alla scelta di Harry e Ginny, invece la distanza pesava maggiormente sul cuore del ragazzo. Si sentiva catapultato in un mondo che aveva imparato a conoscere dai racconti di James e dei cugini più grandi, ma, proprio per la prospettiva che questi ultimi gli avevano dato, non lo affascinava affatto.                                                          
"Al, per carità, sistema quella cravatta. Se ti vedesse la McGranitt non so dove ti farebbe volare … e, puoi stare certo, senza scopa. Vuoi farti davvero espellere? Ne se proprio sicuro? Perché con il tuo comportamento totalmente disinteressato e menefreghista delle regole, sei sulla buona strada"
 
Era esattamente il suo desiderio, da quando aveva messo piede oltre i cancelli di quella Scuola. Era una trappola per lui. Doveva stare obbligatoriamente chiuso per mesi tra quelle mura a subire una situazione che non gradiva. Rose tentò di sistemargli la cravatta, ma lui le allontanò con disprezzo le mani, prima che lei potesse terminare. Lo infastidì persino il perfezionismo della cugina. Avevano un’opinione diversa su quell’esperienza, le loro aspettative fin dall’inizio erano differenti. Se per lei le rosee aspettative avevano trovato piena soddisfazione, lui avrebbe preferito che James gli avesse descritto Hogwarts peggio di quanto non fosse in realtà per non offrirgli nemmeno la più piccola speranza.
 
"Rose, finiscila, non mi importa nulla di ciò che potrebbe pensare la McGranitt!"
 
"Di cosa non le importa, signor Potter?"
 
Albus, udendo alle spalle la domanda palesemente retorica della McGranitt, iniziò subito a tremare e la furia verso la cugina venne bruscamente interrotta. Sentì poco dopo i passi della Preside diventare sempre più nitidi. Nonostante fosse molto anziana, aveva ancora un passo scaltro e pesante che non ammetteva alcuna replica. L’anno era appena iniziato e lui aveva già inaugurato l’Ufficio della saggia professoressa. Non era così smanioso di tornare in presidenza e di far convocare di nuovo suo padre. Poteva presupporre che un secondo colloquio avrebbe innervosito Harry. Quando finalmente ebbe il coraggio di girarsi, il volto della McGranitt era serio, ma disteso e ciò gli offrì un piccolo barlume di speranza. Rose vicino a lui sfiorò la mano del cugino nel tentativo di tranquillizzarlo, sapeva perfettamente quanto i suoi nervi fossero già tesi. La Preside fissò severa Albus in attesa di una spiegazione.
 
"Nulla, signora Preside"
 
La McGranitt fece scivolare il discorso, dopotutto la comprensione che aveva mostrato davanti ad Harry per i sentimenti di quel ragazzo era stata sincera. L’ultima cosa che voleva era peggiorare la posizione di Albus all’interno della Scuola e con essa il suo umore.
 
“Sapevo che ti avrei trovato qui in compagnia della signorina Weasley. È un po’ inusuale che un Serpeverde frequenti quest’ala del Castello, ma sono fiduciosa che voi possiate essere per gli altri studenti un buon esempio”
 
“Grazie, professoressa, lo speriamo anche noi”
 
Rose gradì gli apprezzamenti della Preside e le rivolse un grande e soddisfatto sorriso.
 
“Molto bene, signorina Weasley, allora mi sento in dovere di assegnare a ciascuno di voi dieci punti. Signor Potter, ti stavo però cercando per un motivo preciso. Hai qualche impegno tra mezz’ora?”
 
L’orgoglioso sorriso della giovane Grifondoro non fu l’unico, perché, per quanto la McGranitt si sforzasse di nasconderlo, la notizia che stava per comunicare ad Albus la riempiva di grande entusiasmo.
 
“N-no, professoressa”
 
Il ragazzo non riuscì a cogliere l’umore della Preside, anzi fu seriamente preoccupato di aver fatto, involontariamente – ma poi neanche troppo – qualcosa di sconveniente. Pensò intensamente alle sue azioni nelle ultime ore e non ricordò nulla di particolare rilevanza che avrebbe potuto attirare l’attenzione della massima autorità della Scuola.
 
“Splendido. Il Capitano della squadra di Quidditch dei Serpeverde ti aspetta per quell’ora al Campo di Allenamento”
 
Il timore di Albus svanì all’improvviso dal suo volto e la titubanza prese il suo posto. Era stata una notizia totalmente inaspettata, talmente inattesa che non riuscì a cogliere le evidenti conseguenze che ciò comportasse.
 
“Mi scusi, professoressa, ma io non faccio parte della squadra. Quando sarei entrato nella squadra di Quidditch? Non ne sapevo nulla”
 
“Esattamente da ora e proprio adesso te lo sto comunicando. Mi sono confrontata con la tua professoressa di Volo e troviamo entrambe che le tue potenzialità possano essere sfruttate al meglio sul campo oltre le lezioni ed inoltre potresti essere un’ottima risorsa per la tua squadra. Qualcosa in contrario, signor Potter?”
 
Che ci fosse lo zampino di suo padre? Non era escluso. Per quanto lui lo negasse, la sua opinione valeva anche ad Hogwarts ed anche molto, almeno tanto quanto quella della Preside o addirittura del Ministro in persona. Harry desiderava che lui entrasse nella squadra, glielo aveva detto esplicitamente, probabilmente credeva che ciò avrebbe fatto piacere a suo figlio, ma in quel modo non lo aiutava e suo padre continuava a non capire quali fossero le sue reali esigenze.
 
“No, professoressa. La ringrazio, non mancherò senza alcun dubbio all’appuntamento”
 
Dopo l’approvazione di Albus, il suo compito era ormai concluso, ora spettava al suo Capitano motivarlo ed era sicura che, alla sola idea di avere un Potter in squadra, lo avrebbe fatto con piacere. Girò i tacchi per dirigersi verso il suo ufficio, ma non fece molti passi.
 
“Ah, signorina Weasley, fossi in te tenterei le selezioni domani. C’è un posto vacante da Cacciatore nella squadra dei Grifondoro. Pare che nessuno sia all’altezza per ricoprire quel ruolo. Ti va di accettare la sfida?”
 
“C-certo, professoressa”
 
Stavolta la McGranitt non si trattenne e rivolse un leggero sorriso compiaciuto ad entrambi i ragazzi. Rimasti soli, Rose non tardò a mostrare l’entusiasmo che quel breve incontro le aveva suscitato, ma l’emozione era dovuta soprattutto all’ingresso assicurato del cugino nella squadra di Quidditch.
 
“Oh, Al, non ci posso credere, sei nella squadra! Non sei felice? Significa che sei un portento sulla scopa e alla professoressa non è passato inosservato”
 
Si trattenne dall’abbracciarlo solo perché notò quanto il ragazzo non provasse lo stesso suo entusiasmo.
 
“Veramente non ci credo neppure io. Di male in peggio, Rose”
 
“Per quale ragione?”
 
“Papà giocava nella squadra ai tempi della Scuola e mamma è una Cercatrice professionista. Secondo te perché sono nella squadra?”
 
“Pensi davvero che la McGranitt ti abbia messo in squadra solo per la fama degli zii? Credi si stia basando sulla fiducia? Al, non penserai davvero che è opera dello zio Harry?!”
 
“Sei proprio perspicace come la zia Hermione”
 
Rose alzò gli occhi al cielo, odiava non essere compresa quando non parlava seriamente.
 
“E tu per nulla, ero sarcastica”
 
Lo afferrò con convinzione per l’uniforme e lo trascinò senza che lui potesse opporre resistenza. Lo guidò nei pressi dell’espositore dei trofei, dove veniva conservata una vasta raccolta dei più importanti successi della squadra di Quidditch dei Grifondoro e dove venivano ricordati i migliori giocatori. Subito il proficuo titolo di Cercatore di suo padre risaltò agli occhi del giovane Potter. Harry era stato il più giovane Cercatore che Hogwarts avesse mai avuto.
 
 - Strano, mio padre non è mai al centro dell’attenzione -
 
Non seppe nemmeno lui spiegare come quella considerazione sarcastica rimase solo nella sua mente e non ebbe l’istinto di condividerla con la cugina. Iniziava seriamente a credere che lei non avrebbe potuto comprenderlo, per quanto sentisse in egual misura la mancanza della madre, perennemente occupata nel suo impegnativo lavoro. Albus non accennò a risollevarsi dallo sconforto.
 
“Almeno lui era un Grifondoro”
 
“Albus! Vuoi finirla?! I Serpeverde dovrebbero essere orgogliosi di aver acquistato un giovane giocatore del tuo calibro”
 
“Che ne sai di che calibro sono, Rose. Ho fatto mezza lezione di Volo e ho passato tutto il tempo a farmi sgridare dalla professoressa”
 
Rose gli sorrise quasi divertita. Il suo scopo non era certo quello di canzonarlo, il suo umore e tutti i suoi timori erano perfettamente comprensibili. Era chiaro che suo cugino si ostinasse a non vedere l’evidenza e scappare dal suo destino era pressoché impossibile.
 
“C’è un motivo se la scopa ti risponde così prontamente, tu hai il talento nel sangue, devi solo imparare a controllare ed affinare le tue doti. Siamo cresciuti insieme, Al. Sei per me un fratello al pari di Hugo e se ti dico che vali per quel ruolo è perché lo penso davvero, hai capito?”
 
Albus continuava a guardare l’espositore, dove il nome di suo padre brillava su una targa d’oro lucido. Davvero anche lui aspirava a guadagnarsi quel posto? Non ci aveva mai pensato, desiderava essere tutto tranne che al centro dell’attenzione e se, per disgrazia, lo era stato non voleva riprovare l’esperienza. Suo padre gli aveva insegnato quanto essere qualcuno facesse solo soffrire le persone a lui care.
 
“Anche papà credeva che sarei entrato in squadra … ma io non so se voglio, Rose”
 
Si voltò finalmente verso la ragazza. Da un giorno all’altro aveva iniziato a sentirsi così diverso da lei. Rose riusciva con estrema facilità a soddisfare le aspettative della loro famiglia e di ogni mago o strega che si trovasse all’interno delle mura di quel Castello. Lui invece, oltre ad essere finito nella Casa sbagliata per un disgraziato errore del destino, continuava a sentire tutto il peso dell’eredità che il nome dei Potter aveva lasciato ad Hogwarts. Non fallire per lui doveva essere la priorità, ma aveva iniziato male … decisamente molto male.
 
“Lo zio crede in te, Albus. Non devi dubitare del suo affetto”
 
In cosa credeva suo padre esattamente? Forse credeva che sarebbe diventato un fuoriclasse come lui nel Quidditch. Era stanco di dover per forza eguagliare i suoi genitori, suo padre gli diceva che non era necessario e allora perché le speranze di Harry sembravano essere tali? Gli aveva dato appuntamento alla sua partita. Non seppe infondo se ogni padre aspirasse a tanto per suo figlio. Se prendeva come spunto la sua famiglia, l’unico esempio che potesse avere, persino suo zio Ron non si era risparmiato sulle raccomandazioni con Rose. Era arrivato alla triste conclusione: era semplicemente un traditore e se aveva fallito una volta, grazie a quel vecchio straccio del Cappello Parlante, non vedeva per quale ragione non potesse succedere ancora. Non sarebbe mai riuscito a distinguersi nella squadra di Quidditch, dove tutti lo guardavano dall’alto verso il basso come se fosse uno sporco traditore del suo sangue. Cosa diceva Malfoy? Ah, già, lui era uno sporco mezzosangue. L’orologio rintoccò le quattro del pomeriggio. Non seppe dire per quanto tempo fosse stato immerso nei pensieri e per quanto avesse fatto attendere sua cugina. La prima cosa che la mente di Albus riuscì a mettere a fuoco fu proprio l’espressione mortificata di Rose.
 
“Devo andare, Al, Neville mi aspetta nelle serre”
 
“Per fare cosa?”
 
“Una lezione supplementare. Ho approfittato della nostra amicizia per avere qualche nozione in più. Dici che mamma e papà si arrabbieranno?”
 
Attendeva titubante una risposta da parte sua, ma cosa poteva saperne lui? Ultimamente faceva fatica a sentirsi parte di quella famiglia, si sentiva ancora più distante del solito dai suoi familiare e probabilmente stava perdendo dimestichezza anche con il loro modo di pensare … ammesso e non concesso che fosse mai stato in grado di pensare come loro. Continuava a non capire cosa ci fosse di più importante dei loro figli, quando i loro genitori persistevano nel professare amore per loro, ma nella vita di tutti i giorni non si facevano alcuno scrupolo a lasciarli alle cure di loro stessi. I suoi zii avevano lo stesso identico comportamento dei suoi genitori, in particolar modo Hermione, e così non sapeva più prevedere nemmeno la loro reazione. Con logica tentò di rispondere a quella domanda e arrivò alla conclusione più scontata, a cui probabilmente chiunque al mondo sarebbe giunto.
 
“Immagino che soprattutto la zia sarebbe orgogliosa di te”
 
Avrebbe anche voluto dirle di stare tranquilla, lei era esattamente come loro si aspettavano che fosse, ma si morse la lingua, non voleva rattristarla e infonderle i mille dubbi che in quei giorni attanagliavano lui sull’affetto dei loro genitori.
 
“Rosie, ricordati però le selezioni dei Grifondoro domani”
 
“Non mancherò, ma promettimi che ci sarai, ho bisogno del tuo sostegno. Deluderei mio padre, se non le passassi”                        
 
Non attese nemmeno la rassicurazione del cugino ed entusiasta lo sfiorò appena per raggiungere l’Aula di Erbologia. Non fece nemmeno un metro, quando la vide voltarsi nuovamente nella sua direzione.
 
“Al. A proposito di papà, prima o poi dovrai dirmi cosa intendevi l’altro giorno. Mi parlavi di partite di Quidditch, ma poi hai Schiantato Malfoy e non abbiamo più avuto modo di parlarne”
 
“Nulla di importante, Rose, ero solo arrabbiato e me la sono presa con lo zio. Ci sarò alle selezioni, non preoccuparti. Non potrei mai perdermi un tuo successo e non gioire insieme a te”
 
Sforzò un sorriso, sperando che lei non facesse ulteriori domande, ma ovviamente non riuscì a rasserenarla del tutto. La vide tentennare, indecisa se raggiungere il professor Paciock e proseguire in un altro momento quel discorso oppure approfondire meglio la questione. Per fortuna di Albus optò per la sua lezione straordinaria.
 
“Rose”
 
Ma che gli era preso? Richiamarla indietro non era stata proprio un’idea brillante.
 
“Tu sei consapevole del fatto che, se entrerai nella squadra anche tu, dovremo competere sul campo, vero?”
 
“Sì e ti straccerò, Potter”
 
“La tua competitività mi rende ancora più nervoso”
 
Rubò un allegro sorriso alla cugina, prima di vederla scomparire lungo l’immenso corridoio. Rimasto solo, tornò a concentrarsi sul nome di suo padre. Secondo la sua famiglia aveva una promettente carriera davanti, ma per il momento vedeva solo il suo giovane riflesso in quel vetro.
 
 
[ 4 settembre 2017 ore 8:00 a.m – Casa Granger/Weasley ]
 
Il sole era appena sorto, ma riscoprire un po’ di motivazione quella mattina non fu facile per Ron. Si era come ogni giorno svegliato all’alba, si era preparato per raggiungere il negozio ed ora si apprestava a consumare la sua colazione. Non che avesse, stranamente, un granché fame quella mattina, ma almeno il caffè per tenerlo sveglio era d’obbligo. Quella bevanda era senza dubbio la più grande scoperta che Hermione gli avesse mai fatto fare nel corso degli innumerevoli anni che si conoscevano e per lui era diventato irrinunciabile. Come sempre però aveva imparato anche a pensare alla sua famiglia e con un colpo di bacchetta, o forse due o tre, aveva apparecchiato anche per Hermione e Hugo. Sua moglie era sempre di corsa, si illudeva sempre in quel modo di trattenerla qualche minuto in più, invece si limitava ogni mattina a prendere un paio di biscotti e a raggiungere velocemente il Ministero. Il peso più grande però non era provvedere ai suoi cari, ma l’assenza di sua figlia. Il posto a tavola di Rose era vuoto da tre giorni e lui non avrebbe mai creduto che le sarebbe mancata così tanto. Gli mancava principalmente non potersi prendere cura di lei, l’assenza che la ragazza aveva lasciato nelle sue giornate era incolmabile.
Era agitato quella mattina, era molto più pensieroso del solito. La sua mente aveva iniziato a lavorare nell’esatto istante in cui aveva aperto gli occhi e da quel momento in poi non aveva più smesso di farlo. La causa di tanto pensiero erano state, oltre all’evidente nostalgia per la figlia, le parole di sua moglie. Da quando gli aveva parlato il giorno prima, aveva notato la sua irrequietezza notturna ed ora sapeva anche dare una spiegazione a tanta ansia. Ad Hermione mancava Rose almeno tanto quanto a lui, ma lei non si limitava solo a quello, sentiva forti sensi di colpa, a cui lui aveva ribadito in modo inopportuno. Erano almeno ventiquattr’ore che non sfioravano l’argomento, ma non riusciva a capire se non avessero avuto l’occasione per mancanza di tempo o di voglia. Si era convinto nelle ultime ore che fosse colpa degli impegni di sua moglie, in quel momento però non ne era più così sicuro.
 
“Miseriaccia!”
 
Si era perso un po’ troppo intensamente nei pensieri e non si era nemmeno accorto di aver versato il caffè oltre l’orlo della tazza.
 
“Tutto bene?”
 
Hermione fu testimone della sua distrazione, perché proprio in quel momento era entrata come d’abitudine di corsa in cucina. Anch’essa era vestita di tutto punto e come sempre senza un’asola fuori posto o un capello svolazzante che sfuggisse dalla sua impeccabile acconciatura. Gli aveva rivolto solo un fugace sguardo e lo aveva poi posato con una certa espressione intenerita sulla tavola imbandita di almeno tre qualità di dolci. Era grata a lui per prendersi cura di loro, ma non riusciva proprio a non sentirsi in difetto. Non gli disse nulla e lui per tutta risposta preferì non rincarare la dose sottolineando quanto uno di quei giorni avrebbe gradito fare colazione con sua moglie. Ron si limitò ad osservare in silenzio i gesti di Hermione e lei titubante temeva di offenderlo declinando nuovamente quell’implicito invito.
 
“Alla grande”
 
Perché, non si vedeva che andava tutto bene? Aveva forse bisogno di esplicitarlo?
 
 - Stai calmo, hai già dato il peggio di te con lei ieri -
 
Ron prese scocciato una spugna per pulire il tavolo, cercando di tenere a freno la propria impulsività. Alla moglie, intenta a gustare il suo biscotto, l’unica razione di colazione che il tempo le consentisse, non sfuggì affatto il gesto.
 
“Strano, non usi la magia come al solito per pulire? Non credo di averti mai visto prendere in mano una spugna per occuparti dei lavori domestici … a meno che tu non lo faccia quando io non ci sono”
 
Si era accomodata con la schiena alla credenza e seguiva perplessa le azioni di Ron, gustando il suo dolce. Ogni parola di Hermione era un buon pretesto per replicare, ma lui continuava a mordersi la lingua, sperando di non esternare i propri pensieri.
 
 - … non ci sei mai, ma cosa ne sai di cosa faccio io -
 
“Ho lasciato la bacchetta in camera”
 
Aveva un tono decisamente nervoso, ma non abbastanza da intimorirla, anzi si avvicinò coraggiosamente a lui. Aveva sempre pensato che Hermione avesse trascurato la famiglia, da quando era diventata Ministro della Magia e la sua mancanza si faceva spesso sentire. Non desiderava che si sentisse ancora peggio, quando lei per prima aveva confidato i suoi sensi di colpa, ma non fu facile per lui sedare la spontaneità di cui era dotato per non ferirla ulteriormente.
 
“Si può sapere cos’hai stamattina?”
 
“Hermione, finiscila!”
 
“Per fortuna non hai ancora bevuto il caffè, non immagino come potresti essere dopo. Sei già intrattabile così”
 
Sbuffò alla considerazione calma della moglie, ma la provocazione da parte sua non gli sfuggì.
 
“Hermione, è prima mattina, mi sono svegliato da neanche un’ora e ho preparato la colazione, ti dispiacerebbe darmi un po’ di respiro?”
 
Ebbe la prova che suo marito avesse bisogno di staccare la spina da quella casa, se voleva recuperare un po’ di serenità e per quella ragione gli aveva proposto di seguire le sue antiche aspirazioni. Per quanto il suo carattere non fosse dei migliori e fossero davvero le prime luci dell’alba, stava inesorabilmente peggiorando e non era solo questione di età.
 
“Ti do tutta la pace che vuoi, vado al lavoro”
 
Si stava allontanando da lui, mantenendo quella pacatezza. Non aveva alcuna intenzione di assecondare il nervosismo del marito, anche se, il fatto che avesse sottolineato i suoi doveri, poteva solo che darle conferma di quanto lo stesse oberando di responsabilità. Era stato piuttosto chiaro però, a suo parere il ruolo di Auror non gli si addiceva.
 
“Hermione, aspetta un istante”
 
La fermò gettando con energia la spugna sul tavolo e appoggiandovi mortificato. Prese un respiro per recuperare tranquillità e lei gli concesse del tempo per riprendersi.
 
“Ultimamente sono un completo idiota”
 
“Sì, lo sei”
 
“Non sono arrabbiato con te. È solo che … la nostra conversazione di …”
 
“Stai pensando di accogliere il mio invito a diventare Auror?”
 
La fissò spaventato e spostò, stavolta con più grazia, la sedia per accomodarsi.
 
“No, no e assolutamente no”
 
“E allora cos’hai?”
 
“Sto pensando a quello che ti ho detto. Ho esagerato, ti sentivi in colpa e probabilmente da me cercavi solo conforto, non altre accuse. Mi dispiace”
 
“Mi hai detto solo la verità, tesoro”
 
Il fatto che lei fosse così comprensiva paradossalmente lo mise a disagio. Era sicuramente abituato ad un altro genere di atteggiamento da parte di sua moglie, quando tra loro la tensione era alta.
 
“Non ti ha dato fastidio quello che ti ho detto?”
 
“Ron, so già che non eccelli in delicatezza, quindi se dovessi prendermela per ogni volta che mi rispondi male, io e te ci lasceremmo domani. Avrai avuto poca grazia, ma ciò che hai detto è vero. Ho trascurato Rose ed Hugo, su questa questione sono indifendibile. Se cercavo conforto da te? Sì, ci speravo, ma so anche che con te non arriva subito”
 
“Perdonami, mi sono innervosito quando mi hai proposto di diventare Auror”
 
“Pensavo ti facesse piacere”
 
“No, Hermione, per nulla”
 
Era sinceramente spaventato alla sola idea di varcare le soglie del Ministero in veste di Auror. Non voleva costringerlo, ma nemmeno assegnare a lui ogni responsabilità di quella casa. Quella mattina però aveva pensato di fare un’eccezione, accantonando le colpe nei confronti di Ron, per provare a risollevare l’umore di Hugo a causa della mancanza costante della madre. Quel bambino non le aveva mai comunicato esplicito disagio, ma forse una giornata in compagnia del padre ai Tiri Vispi gli avrebbe fatto sentire meno la sua assenza.
 
“Ron, evita il caffè stamattina, sei già abbastanza nervoso. Ti vorrei chiedere, se te la senti, di portare Hugo in negozio con te oggi”
 
“Per quale ragione?”
 
“Per sollevare i nostri genitori da questo impegno ogni tanto. Hugo è abbastanza silenzioso e se occupa il tempo, magari aiutandoti, la giornata passa più velocemente”
 
“Non ho alcun problema a trascorrere la giornata con mio figlio, Hermione, lo faccio da anni ormai. Lo tengo occupato io, non preoccuparti”
 
 - Già. Tu non hai sprecato tempo come me -
 
Gli rivolse un sorriso poco convinto. Stava diventando invidiosa del rapporto che c’era tra suo marito e suo figlio? La colpa era solo ed esclusivamente sua, era logico che il loro rapporto si fosse rafforzato. Di cosa si lamentava ora?
 
“Sveglio Hugo allora e gli do la bella notizia”
 
Le scale con quel peso sul cuore furono a dir poco infinite. Quando finalmente raggiunse la stanza di Hugo ancora avvolta nelle tenebre, spostò con energia le tende. Subito la nitida luce del sole delle prime ore del giorno sommerse il letto ed anche il volto del ragazzino, che comodamente si beava del confortevole calore delle lenzuola.
 
“Non la luce, papà”
 
Si lamentò senza nemmeno alzare le palpebre. Fece tutto tranne che accogliere l'esplicito invito a svegliarsi, così affondò la faccia nel cuscino per allontanare quella forte luce dagli occhi.
 
“Sono la mamma, amore”
 
Era talmente assonnato che non aveva nemmeno riconosciuto i leggeri passi di Hermione. Eppure non gli era parso che fosse lei, la sua andatura era strana, forse nervosa. Il bambino aprì gli occhi a fatica e finalmente la intravide.
 
“Mamma. Perché sei ancora a casa? Non dovresti essere già al lavoro? Quando mi sveglio, tu non ci sei mai”
 
Hermione si sedette sul bordo del letto accanto a lui, ma il fatto che fosse già vestita e pettinata, pronta per uscire, non fece ben sperare Hugo. Probabilmente stava solo ritardando di qualche minuto.
 
“Stavo per uscire, ma volevo prima salutarti e dirti che oggi stai con papà in negozio, sei felice?”
 
Hugo spalancò incredulo gli occhi sul dolce sorriso della madre. Non riusciva a credere a ciò che lei gli aveva appena detto.
 
“Se posso andare in negozio con papà, significa che posso venire anche al Ministero con te. Quindi voglio stare con te, mamma”
 
La confuse quella reazione. Qualunque ragazzino della sua età avrebbe fatto i salti di gioia a quella notizia. Lui ovviamente non era uno qualunque, era suo figlio ed era più testardo e orgoglioso di un folletto, ma, senza andare troppo lontano, era tale e quale a suo padre. Il fatto che volesse trascorrere del tempo con lei la lusingava e allo stesso tempo le dava la triste certezza che Hugo stesse esternando la mancanza che lei continuava solo ad ipotizzare.
 
“Tesoro non puoi venire al Ministero con me, lo sai, è vietato”
 
Il bambino si rattristò, ma non sembrava affatto intenzionato a cedere dopo un primo rifiuto. Hermione si alzò con il sorriso sulle labbra e aprì l’armadio per invitarlo a prepararsi velocemente.
 
“Vedrai, Hugo, ti divertirai un sacco con lo zio George e potrai aiutare papà. È felicissimo all'idea di avere un aiutante così speciale”
 
“Non voglio, non ha bisogno di me, se la cavano benissimo lui e lo zio”
 
Lo sentì ricoricarsi pesantemente sul letto. Aveva appena nove anni, ma a livello di disobbedienza era già in piena adolescenza. Ron era esattamente come lui, avevano entrambi una totale noncuranza delle regole, altra ragione per cui si intendevano benissimo. Non riusciva a capire, con suo padre si sarebbe solo divertito, con lei molto probabilmente si sarebbe annoiato. Le stava chiaramente facendo pagare tutte le assenze che aveva inferto alla sua famiglia.
 
“Hugo, non fare i capricci, lo sai che non li sopporto”
 
Lanciò con autorità e fermezza i vestiti del giovane sopra le lenzuola disfatte. Non gradiva disubbidienze da parte dei suoi figli.
 
 - Non che a Ron non debba ricordare ogni tanto qualche semplice regola … ma tutto sommato si impegna senza di me -
 
Come non gradiva che suo marito non dettasse troppe regole in quella casa. Si occupava di Rose e Hugo, ma ciò non lo autorizzava a non educarli a dovere. Proprio per quelle ragioni, Ron sarebbe dovuto essere il genitore più gradito, invece Hugo quella mattina non faceva che rimarcare la mancanza di una figura materna nella sua quotidianità.
 
“Vestiti subito, papà deve essere in negozio tra poco, ti sta aspettando”
 
“No. Io non vado in negozio con papà, voglio venire con te”
 
“Te lo scordi”
 
“Ti odio, mamma!”
 
Stava uscendo dalla stanza, intenzionata a non assecondarlo, quando sentì chiaramente suo figlio pronunciare quelle parole. Appena fuori dalla porta si ritrovò faccia a faccia con suo marito, probabilmente salito per capire la ragione di quella discussione. Ron la guardò mortificato per ciò che aveva appena urlato Hugo, come se si sentisse in parte responsabile, come se quelle parole fossero scaturite dal rimprovero del giorno prima, invece non era così, il ragazzino non aveva sentito il padre mentre la rimproverava ai Tiri Vispi. Era perciò dovuto ad una frustrazione che lui si portava dentro chissà da quanto tempo ormai e che proprio quando Hermione sentiva di aver sbagliato tutto nella sua vita, aveva deciso di esternarla. Siccome però Ron credeva poco al caso, doveva quasi sicuramente aver trovato la lettera che Rose aveva spedito ai genitori qualche giorno prima, dove riportava quanto Albus fosse insoddisfatto della sua famiglia e anche lui doveva aver trovato legittimo finalmente far sentire la sua voce a proposito. Ron forse era l'ultimo a poter fare la predica al figlio per come aveva risposto alla madre, ma in quel modo non la aiutavano. Gli sfuggiva persino il luogo doveva aveva lasciato quella lettera, seppure fosse stata una dimenticanza meno grave rispetto a molte che era solito avere, aveva permesso che la curiosità di Hugo agisse. Sotto quell'aspetto suo figlio era tale e qualche ad Hermione. Tentò di addolcire in qualche modo la durezza di Hugo.
 
“Vai al lavoro tranquilla, a lui penso io”
 
Hermione però non riuscì ad ascoltare il marito e si voltò in direzione del figlio. Non riusciva ad andarsene così. Hugo si era girato dall’altra parte, probabilmente stava piangendo silenziosamente. Ma era ancora così ingenua da credere che suo figlio, ormai cresciuto, sfogasse tristezza e frustrazione in pianto? Stava diventando grande e lei stava perdendo inesorabilmente i migliori anni della sua vita. Ron provò una seconda volta ad attirare l’attenzione della moglie.
 
“Hermione, vai, altrimenti arrivi in ritardo”
 
La superò, fece il giro del letto e cercò di catturare l’attenzione di Hugo, abbassandosi alla sua altezza.
 
“Ehi, figliolo, ti va di aiutarmi oggi in negozio? Dai, ho un sacco di cose da sbrigare. Come faccio da solo?”
 
“Voglio la mamma oggi … voglio stare un po' con lei, non la vedo mai”
 
“Lo so, Hugo, la mamma manca anche a me, ma se stiamo insieme sono sicuro che il tempo passerà più velocemente. Ti fidi di me?”
 
Il bambino si voltò verso la porta, dove incontrò lo sguardo mortificato di Hermione. Non era riuscita ad andare via, anzi aveva silenziosamente incassato la sofferenza nel marito che triste ora la fissava in attesa di una sua mossa. Hermione non fiatò, così spettò nuovamente a Ron l'onere di riempire il silenzio.
 
“Dai, Hugo, vestiti, altrimenti lo zio George si arrabbia”
 
Fece una carezza affettuosa sulla schiena del figlio sperando di incentivarlo, ma lui per tutta risposta corse incontro ad Hermione e la abbracciò forte. La prese alla sprovvista, ma non per questa ragione non la rasserenò. Non sarebbe mai riuscita ad andare al lavoro, sapendo che lui era così arrabbiato con lei.
 
“Voglio venire con te, mamma, ti prego. Ti prometto che non farò troppa confusione”
 
Gli sorrise quasi commossa, avrebbe probabilmente fatto qualunque cosa pur di trascorrere qualche ora serenamente con sua madre. Si accorse che la malinconia era assolutamente reciproca, ma quel lavoro la richiamava spesso e volentieri ad un grande dovere, forse addirittura più grande di lei, se non riusciva a conciliare come avrebbe voluto ogni aspetto della sua vita.
 
“Non si può, amore mio. Stasera ti porto un regalo, cosa ti piacerebbe? Ma se non mi lasci andare, non riesco a passare a Diagon Alley, prima di raggiungere il Ministero”
 
“Mamma, non voglio nulla, solo trascorrere un po' di tempo con te”
 
 - Anche io, amore mio, non sai quanto -
 
“Guarda che se continui così, papà si offende. Vero, Ron?”
 
Cercò la complicità del marito, prima di abbandonarsi lei per prima a quel momento di tristezza e raggiungere il suo ufficio con gli occhi rossi di pianto.
 
“Certo che mi offendo”
 
Hermione fece schioccare sulla guancia del bambino un bacione, pienamente consapevole del fatto che Ron sarebbe stato in grado di risollevare il morale di quel ragazzino. Sperò addirittura che in via eccezionale soddisfacesse qualche piccolo vizio, era certa lo avrebbe fatto senza alcuna raccomandazione.
 
“Ci vediamo stasera, tesoro. Torno il prima possibile, promesso”
 
Imboccò le scale, lanciando una fugace occhiata a suo marito per salutarlo e per dargli le ultime silenziose raccomandazioni.
 
“Vieni, Hugo, stare fermo lì aspettando che la mamma torni non è la scelta migliore. Preparati velocemente, passiamo al Paiolo Magico a prendere una Ciocconocciola. Ti va?”
 
Rivolse al padre un incerto sorriso, ma Ron si ritenne fortunato con poco. Poteva solo immaginare come si sentisse Hermione dopo la reazione di Hugo e comprendeva chiaramente suo figlio, anche lui provava una mancanza molto simile alla sua. Non si offese per essere diventato un rimpiazzo ad una giornata che nella mente di Hugo sarebbe dovuta essere diversa, forse addirittura più gioiosa per quanto il lavoro al Ministero fosse decisamente più noioso.
 
“Bravo il mio bambino. Ora preparati, ti aspetto giù”
 
 
[ 4 settembre 2017 ore 7:50 a.m – Casa Weasley/Potter ]
 
Harry quella mattina trovò stranamente la moglie seduta a tavola, con la colazione davanti intonsa e un foglio tra le mani. Si avvicinò silenziosamente e perplesso a lei. Non aveva alcuna intenzione di spaventarla, i suoi lenti passi non racchiudevano l’esplicita intenzione di non fare rumore, era semplicemente assonnato e non aveva ancora carburato le sue energie, specie senza aver ancora consumato la sua colazione. Ginny non lo sentì assolutamente arrivare, motivo in più se quel pezzo di carta stava attirando tutta la sua attenzione. Percepì la presenza del marito solo dopo averlo sentito pronunciare qualche roca sillaba.
 
“Buongiorno, tesoro. Sbaglio o stamattina ti sei svegliata prima del solito?”
 
Alzò spaventata gli occhi su di lui e accantonò quella lettera in modo che l’ultimo arrivato non potesse leggerla. Constatò che si era davvero appena alzato dal letto, perché indossava ancora il pigiama, era particolarmente scompigliato – anche se quello non era un dettaglio del tutto eccezionale -, continuava a sbadigliare insonnolito e i suoi occhiali erano leggermente storti verso sinistra. Forse, date le condizioni di suo marito e i riflessi non ancora pienamente pronti, aveva qualche possibilità che non si fosse accorto della sua reazione intimorita alla sua comparsa improvvisa.
 
“Ciao, Harry. Ti puoi fermare due minuti per fare colazione, prima di prepararti o devi scappare subito?”
 
“Ho qualche minuto”
 
La informò con il sorriso, ma, benché la sua vista fosse ancor meno efficace dopo una lunga dormita, non riusciva proprio a togliere gli occhi dal foglio che Ginny aveva velocemente accantonato, stando ben attenta a coprire le scritte, un dettaglio che ad Harry non era affatto fuggito. Si tolse gli occhiali e pulì dubbioso le lenti sull’orlo del pigiama. Non potevano averlo tradito i suoi riflessi, insomma, era un Auror, cogliere prontamente i dettagli faceva parte della sua professione. Si accertò che le lenti fossero ben pulite, prima di rinforcare gli occhiali e accomodarsi alla sedia che, oltre il tavolo, si trovava proprio difronte a lei. Stavolta Harry incuriosito scrutò quel pezzo di carta più da vicino. Il compiacimento per essere riuscito a scorgere prontamente la stizza con cui sua moglie lo aveva voltato verso il legno dal lato delle scritte, lasciò subito il posto alla preoccupazione. Se Ginny aveva reagito in quel modo, significava che su quel foglio c’erano riportate informazioni poco piacevoli che preferiva chiaramente non condividere con lui. Non gli sembrava di essere tanto spaventoso da infonderle timore, anzi era pronto a comprendere qualsiasi ragione vi fosse sottesa. Lei, lungimirante e abile a comprendere le espressioni del marito, richiamò prudentemente la sua attenzione su di sé.
 
“Non mi hai più detto com’è andato il colloquio con la McGranitt. Sei tornato dal Ministero ieri sera tardi ed io sono crollata prima del tuo arrivo. È successo qualcosa di grave?”
 
Cercò di mantenere il tono più pacato possibile, ma in effetti anche quell’argomento di conversazione la metteva a disagio. La Preside li aveva convocati per Albus ed era preoccupata per lui, specie da quando era venuta a conoscenza dello stato d’animo del figlio dalla cognata. Avrebbe voluto confrontarsi direttamente con la McGranitt, ma purtroppo era rimasta bloccata, come spesso accadeva, agli allenamenti. Lo sguardo di una madre preoccupata stavolta non sfuggì ad Harry.
 
“Ma no, tranquilla. La Preside non mi ha detto nulla che non sapessimo già. Ho parlato con Albus e spero si sia un po’ tranquillizzato. Cos’è?”
 
Nemmeno lui sapeva spiegarsi se la lettera fosse il pretesto per non rivelarle il gesto che il figlio aveva fatto nei confronti di Scorpius o se avesse di proposito affrettato le spiegazioni circa quel colloquio per concentrare l’attenzione su quel foglio di carta, che lo fissava con una certa attrattiva.
 
“Nulla di importante. Ti ha convocato solo per dirti che Albus non sta bene?”
 
“In un certo senso”
 
Harry si versò nervoso il caffè nella tazza vuota che Ginny aveva amorevolmente preparato sul tavolo, sperando che lui almeno quella mattina si sarebbe fermato per fare colazione insieme a lei. La donna seguì i gesti del marito pensierosa, in quel momento desiderava solo approfondire la questione, visto che capiva lontano chilometri quando le mentiva, per il semplice fatto che non ne era mai stato in grado. Si sporse leggermente oltre il tavolo e con aria inquisitoria si avvicinò a lui. Harry prese velocemente la tazza e la trangugiò, era l’unico buon pretesto che avesse per prendere tempo.
 
“Sicuro?”
 
A quell’ulteriore domanda gli venne voglia di versarsi altro caffè, quella bevanda stava diventando un efficace antistress per lui, ma Ginny stavolta con fermezza glielo impedì, posando una mano sul bordo della tazza.
 
“Non esagerare”
 
“Ho una lunga giornata davanti, Ginny”
 
“Troppa caffeina ti alza solo la pressione”
 
“Pressione? Non credi sia un po’ troppo giovane per preoccuparmi di certe cose?”
 
“Meglio non trascurare la salute nemmeno ora”
 
“Agli ordini. A casa mi comandi tu e al Ministero Hermione, c’è un posto dove posso essere libero di fare ciò che voglio?”
 
Scocciato, abbandonò la voglia di caffeina e si lasciò crollare con le spalle contro lo schienale della sedia.
 
“Direi di no, amore. Ora mi dici cos’ha combinato Albus? Harry, conosco mio figlio e non credo che la McGranitt ti abbia scomodato solo per lo sconforto di Albus. O sbaglio?”
 
Lo aveva messo efficacemente spalle al muro. Dal momento in cui era entrato in cucina chiunque avrebbe pensato che a vuotare il sacco sarebbe stata lei su quella benedetta lettera e invece sua moglie aveva ribaltato la situazione a suo favore, senza nemmeno che lui si potesse accorgere quale mossa sbagliata avesse commesso nel giro di pochi minuti per giungere rapidamente a quel risultato che lo vedeva nettamente in svantaggio. Come sempre … nessuna novità quindi. Harry prese un respiro e in parte gli sembrò di tradire la fiducia di suo figlio, rivelando ciò che gli aveva confidato.
 
“Ha Schiantato il figlio di Draco”
 
“Che cosa ha fatto??”
 
“Stai calma, non è successo nulla di grave. Non è stato espulso e non avrà alcuna punizione”
 
Ginny lo fissava sbalordita, talmente tanto che persino le sue labbra si erano leggermente socchiuse. Passò qualche secondo e Harry notò che sul viso della moglie si dipinse un leggero sorriso di soddisfazione.
 
“Mio figlio è un genio. Meriterebbe un premio, altroché punizione”
 
Harry rimase perplesso, quella reazione fu del tutto inaspettata. Si voltò verso la caffettiera, la prese in mano e sbirciò con aria inquisitoria al suo interno, analizzando gli ultimi millilitri di caffè che erano rimasti sul fondo.  
 
“Ginny? Sicura di stare bene? Che cosa c’era nel caffè stamattina?”
 
La moglie, ancora più divertita, gli strappò quell’utensile dalle mani e lo appoggiò sul tavolo.
 
“Sto benissimo, ma non puoi negare che saper Schiantare ad undici anni sia così diffuso”
 
“No e per fortuna. Da quando lo vogliamo trasformare in un delinquente?”
 
“Eh dai, Harry, cerca di essere meno Auror, almeno quando sei a casa”
 
“Continuo a sostenere che non ti senti molto bene stamattina. È per caso quella lettera la causa di tanto delirio?”
 
Bastò citare quel foglio per spegnere il sorriso dalle labbra di Ginny. Harry, al quale non era ancora sfuggito mezzo sorriso, con convinzione si allungò per tentare di afferrarla, facendo valere, anche solo apparentemente, un minimo dell’autorità che deteneva in quella famiglia, ma lei ovviamente bloccò la mano del marito senza porsi alcun problema.
 
“Hai ragione, nostro figlio ha un po’ esagerato, ma hai almeno cercato di capire cosa Scorpius possa avergli fatto per reagire così?”
 
“Dice che i Serpeverde lo provocano. Non mi stupisce l’astio di Scorpius verso di lui, ma …”
 
“Ma?”
 
Abbandonò per l’ennesima volta il proposito di scoprire ciò che Ginny cercava con tutte le sue forze di nascondergli e tornò sconsolato al suo posto.
 
“Dice che è colpa mia. Sostiene che io non sia stato sufficientemente presente per i miei figli e che abbia voluto continuare ad essere qualcuno influenzando anche la loro reputazione”
 
Recuperò fulmineo quella misteriosa carta, prendendo la moglie totalmente alla sprovvista, approfittando della concentrazione di Ginny sulle sue parole. Era già abbastanza triste, nulla avrebbe potuto peggiorare il suo umore. Fu inutile per lei provare a rimediare, Harry leggeva e le impediva di fermarlo. Quando vide che la guerra era ormai persa, tentò di supplicarlo con la voce.
 
“Harry, ti prego”
 
Terminò la lettura, riuscendo a non essere disturbato. Arrivato al punto finale, si voltò spaventato verso di lei. Iniziò finalmente a capire cosa avesse scosso la moglie in quel modo di prima mattina. Si sbagliava, c’era qualcosa che avrebbe potuto aggravare la loro situazione.
 
“Una settimana?? Starai via una settimana?”
 
“Le Holyhead Harpies giocheranno una partita fuori dal paese e non posso mancare. Te lo avrei detto … non sapevo né quando né come però”
 
“Ginny, non è questo il momento di lasciarmi da solo. Io non sono mai a casa, Lily rischia di rimanere sola per una settimana. Dall’altro giorno che abbiamo fatto colazione insieme al Paiolo Magico, non l’ho più vista neppure per sbaglio … sono ore che non vedo mia figlia, probabilmente ha fatto persino in tempo a crescere di qualche centimetro”
 
“Non posso fare diversamente, Harry. Non sai quanto mi dispiace”
 
Era sinceramente mortificata per la notizia che, volontariamente o involontariamente, gli aveva dato. Il timore che Ginny ebbe a quella comunicazione fu proprio rivolto alla sua famiglia.
 
“Albus mi accusa di non essere stato presente per i miei figli, non fare il mio stesso errore”
 
Ginny vedendo la sofferenza del marito, gli afferrò con grinta la mano, sperando di infonderla anche a lui. In quei giorni percepiva il totale svilimento di Harry ed ogni ora, completamente soggiogato agli ultimi eventi, sembrava peggiorare. Strinse più forte la mano della moglie nella sua e finalmente dopo quell'incentivo si sentì di ricambiarla con una dolce e sincera carezza sulle falangi.
 
“Harry, non è vero, tu ci sei stato per noi. Anche se a modo tuo, hai fatto tutto per il nostro bene. Non devi rimproverarti di nulla”
 
“E come spieghi il malessere di Albus? Ginny, era sincero e arrabbiato … con me. Non penso tu possa capire, finché non sentirai sulla tua pelle il dolore e le mancanze di tuo figlio. Ti auguro davvero di non provarlo mai”
 
Non sapeva cosa rispondergli, non aveva una soluzione, anzi sembrava essere prossima a peggiorare quella situazione con un viaggio di lavoro inatteso e inopportuno.
 
“Nostro figlio ha ragione, Ginny. Finita la guerra, avrei potuto scegliere un lavoro più tranquillo, ma non l’ho fatto. Perché?”
 
“Harry, tu non hai scelto questo lavoro perché volevi un ruolo importante, non ti è mai importato nulla della fama, anzi ti ha sempre infastidito. Ti conosco e mi giocherei la bacchetta che il tuo cuore possa aver avuto sempre e solo una forte propensione alla giustizia. I nostri figli dovrebbero essere orgogliosi del loro papà, esattamente come lo sono io dell'uomo che ho sposato”
 
Le rivolse un sorriso grato, ma quelle parole, benché fosse un'emozione indescrivibile sentirsele ripetere ogni qualvolta sua moglie tentava di rincuorarlo, in quel preciso momento non sortivano l’effetto sperato. Fallire nel suo ruolo di padre sarebbe stato un peso troppo grande da sopportare, eppure era davvero molto vicino a quell’eventualità.
 
“Giustizia che mi fa comunque sacrificare la mia famiglia. È carino da parte tua non farmelo pesare, ma non cambia nulla. Se non te ne fossi accorta ho sacrificato anche te. Ed io che credevo solo di proteggervi, che stupido che sono stato!”
 
L’aveva lasciata nuovamente senza parole. Non riusciva a spiegargli quanto nessuno fosse perfetto e che se tutti gli uomini del mondo avessero avuto tali imperfezioni, probabilmente ogni donna avrebbe vissuto una vita più che soddisfacente.
 
“Non sei un pessimo marito, tesoro. Non lo sei mai stato”
 
“Scusami, sto riversando su di te i miei errori, tu sei libera di andare, non voglio trattenerti qui con me. È giusto che tu vada e non certo per una piccola assenza in anni diventerai una pessima madre. Non è colpa tua se sono stato assente, al contrario di me tu sei sempre stata presente, anzi dovrei solo ringraziarti per aver fatto anche la mia parte. Ma se Al si sente così è solo colpa mia, non tua. Mi fa essere spaesato il fatto che tu vada via proprio ora che non so come gestire Albus … tutto qui"
 
“Per la verità pensavo di lasciare i ragazzi in buone mani. Mi fido di te e so che riuscirai a cavartela senza di me per qualche giorno. So che è un grosso sacrificio con i tuoi turni al Ministero, ma Lily sarà comprensiva, sa già che potrai dedicarle poco tempo e i miei ti aiuteranno sicuramente nei giorni in cui sarai più impegnato”
 
“Buone mani?? Credo tu abbia un'idea distorta di me. Il fatto che tu te ne vada equivale a lasciare una bambina di nove anni in balìa totalmente di se stessa. E, no, non dimentico che è estremamente giudiziosa per la sua età, ma è pur sempre una bambina e non posso gravare le cure di mia figlia sui miei suoceri, che, per quanto mi rincresca ammetterlo, stanno invecchiando e hanno solo bisogno di un po' di pace, non di bambini che scorrazzano per la Tana ad ogni ora del giorno e della notte. Non voglio però chiederti di restare qui con noi per questo motivo e non mi sto nemmeno lamentando, sto solo riflettendo ad alta voce su quello che mi aspetterà”
 
“Per la verità, restare qui con te e i ragazzi è dove vorrei essere di più al mondo, Harry. Dispiace anche a me dovermi allontanare da casa, ma magari in questi giorni, con qualche sacrificio - non nego che questo ci sarà - riuscirai a ritagliarti qualche minuto in più per Lily. Per quanto riguarda Albus invece, io sinceramente non credo abbia voglia di protestare per suo padre facendo saltare per aria Hogwarts. Quel ragazzo è irrequieto, ma ripongo anche piena fiducia negli insegnamenti che gli abbiamo trasmesso in questi anni”
 
Riuscì finalmente in quella mattina così tormentata a vedere il sorriso di suo marito. Non replicò alle considerazioni di Ginny, ma un pensiero gli venne spontaneo.
 
 - È irrequieto come te, amore. Siete due uragani ed è questo che mi preoccupa maggiormente -
 
Le lasciò un piccolo bacio sulla mano prima di sciogliere il loro contatto e dirigersi al piano superiore. Si voltò un’ultima volta, aveva ancora una domanda lasciata in sospeso che cercava una risposta.
 
“Quando parti?”
 
“Tra un paio di giorni, a inizio settimana dobbiamo aver già raggiunto la nostra destinazione. Ma, amore, la tua colazione è già finita? Non mangi nulla?”
 
“Ho solo il tempo di prepararmi, sono però sicuro che Lily gradirà gustarsi anche la mia parte. In fatto di appetito nostra figlia ha ereditato tutto da Ron. Poteva prendere qualunque aspetto da Ron ed Hermione, invece ha ereditato proprio i peggiori: golosa e secchiona
 
La lasciò da sola in cucina con uno spensierato sorriso sulle labbra. Harry non aggiunse altro, le aveva già regalato un raro momento di gioia, quello che il tempo a disposizione gli consentiva. Infondo era stato proprio il suo obiettivo al termine di quella conversazione, cercare ottimismo e serenità nel meraviglioso sorriso di Ginny.
 
 
[ 4 settembre 2017 ore 11:00 a.m – Ministero della Magia londinese/Ufficio Ministro della Magia ]
 
Harry entrò nell'ufficio del Ministro con un'alta pila, composta da una vasta varietà di documentazione. Fece comprensibilmente fatica ad aprire la porta. Hermione, presa alla sprovvista, non ebbe nemmeno l’impulso di aiutarlo, ma solo di pensare a cosa diavolo stesse facendo suo cognato. Quando, seguendo attentamente i passi e i gesti di Harry, vide che si sta avvicinando pericolosamente alla sua scrivania, gli fece velocemente spazio spaventata, sgombrando il ripiano da altri suoi lavori, onde evitare che si stropicciassero. Quando finalmente riuscì a scorgere il volto dell’amico oltre quel marasma di carta, lo fissò perplessa alla evidente ricerca di spiegazioni.
 
“E questa roba cosa sarebbe?”
 
“Dunque … fascicoli, verbali e qualche udienza. Tutto lavoro che spetta a te, mi dispiace”
 
Sava uscendo senza aggiungere altro, anche se Hermione poté scorgere dalla sua espressione l'ombra di una reale mortificazione. Le parve comunque un po' strana ed esagerata quella reazione, infondo che lei fosse oberata di lavoro non era certo una novità e di norma qualche battuta da parte del cognato avrebbe contribuito ad alleggerire il peso della fatica.
 
“Harry, tutto bene?”
 
Lo bloccò, quando ormai si trovava sulla soglia della porta, in procinto di riprende i suoi numerosi doveri.
 
“Sì … perché?”
 
“Sei stranamente scostante”
 
“Scusa, è solo che stamattina non ho molta voglia di conversare”
 
“È successo qualcosa?”
 
Avrebbe dovuto prevederlo, Hermione era particolarmente empatica ed inoltre riusciva facilmente ad interpretare i suoi silenzi. Non sapeva però se inondarla con i suoi problemi, accogliendo volentieri il conforto da parte di un'amica, o se stare zitto. La titubanza di Harry peggiorò solo i sospetti della donna. Gli sorrise e con un cortese gesto lo invitò ad accomodarsi sulla sedia proprio davanti a lei.
 
“Signor Potter, chiuda la porta e si segga”
 
“Non ti voglio disturbare, hai tanto lavoro da sbrigare”
 
Spostò prontamente e faticosamente i documenti che Harry le aveva consegnato su un lato della scrivania, sottolineando così le sue sincere intenzioni.
 
“Questi possono aspettare qualche minuto, ma non il tuo sconforto. Su coraggio, vieni”
 
Harry diede retta al Ministro, anche perché il suo tono non sembrava ammettere alcuna replica. In quanto suo capo, Hermione aveva senza dubbio la facoltà indiscussa di farsi ascoltare ad ogni occasione tra le mura di quell'edificio. Lui non sapeva da dove iniziare, ma a colmare quel vuoto ci pensò proprio la prontezza della cognata.
 
“Allora, racconta e non omettere nulla. Nuovi problemi con Albus?”
 
“Non solo, Hermione. Ginny parte una settimana con la squadra. Non era questo il momento di lasciarmi solo con una bambina di nove anni che ha il costante bisogno di un adulto accanto e Albus che … insomma … lo sai, no? La McGranitt ti avrà accennato di quell'episodio”
 
Sapeva perfettamente a cosa si stesse riferendo, ma trovò opportuno non sottolineare la gravità del gesto del nipote.
 
“Ha accennato vagamente a qualcosa, ma sinceramente, Harry, ho questioni più importanti a cui pensare che al colpo di testa di un adolescente. Se lo ha fatto, avrà avuto le sue ragioni, mi fido della coscienziosità di mio nipote visto che tu e Ginny siete i suoi genitori e lo avete educato nel modo migliore. Quindi non mi preoccupo più del necessario di quell'evento, la McGranitt ha agito bene e Albus non ripeterà più nulla di simile, puoi starne certo, anzi riscoprirà presto i lati positivi di Hogwarts e si sentirà presto come un bambino al campogiochi. Per quanto riguarda la partenza di tua moglie invece, Harry, è solo una settimana. Non preoccuparti. Ti posso concedere una settimana di ferie, così resti tranquillo a casa con Lily e puoi occuparti più serenamente di lei”
 
Era rincuorante la fiducia che riponeva in lui. Senza nemmeno la necessità che lui riportasse il pensiero del figlio, la sua migliore amica era riuscita a valorizzare il suo ruolo di padre.
 
“No, Hermione, non te lo posso chiedere, dovresti fare tu il doppio del lavoro e Ron mi ammazzerebbe, non ti vedrebbe praticamente più”
 
“Ron capirà, ne sono sicura”
 
Non voleva sentire discussioni e prese un foglio da compilare all’istante, pronta a concedergli quei giorni liberi. Harry tentò di fermarla, posando una mano sulla sua, ma non sembrava sortire l'effetto sperato.
 
“No, davvero, Hermione, non è necessario. Me la caverò comunque, dopotutto è solo una settimana, lo hai detto anche tu ed hai ragione, come sempre. Avevo solo bisogno di Ginny, mi sentivo meglio psicologicamente, ma su questo non puoi farci proprio nulla”
 
“Harry, è sua sorella e anche tu sei la sua famiglia, Ron non avrà nulla di cui lamentarsi, vedrai. Fidati, lo conosco, per la sua famiglia si butterebbe direttamente e di sua spontanea volontà nell'Ardemonio”
 
Finì di compilare, non smettendo di tranquillizzare il perenne timore di Harry di fare torto a qualcuno facendosi aiutare. Gli passò il foglio, roteandolo a centottanta gradi nella direzione di Harry e gli porse la sua penna con un convincente sorriso.
 
“Hai tutta la prossima settimana libera. Su, coraggio, Harry, firma. Che c’è? Non è la prossima settimana? Ci metto un secondo a cambiare la data”
 
Il capo delle guardie del Ministero non accolse con altrettanto entusiasmo quella concessione, anzi era piuttosto sconsolato.
 
“No, Hermione, non è quello”
 
“E allora cosa? Non concedo spesso ferie e tu lo sai, se lo faccio è perché lo ritengo opportuno”
 
“Non voglio che ti sacrifichi per me”
 
“Nessun sacrificio, Harry”
 
Gli porse nuovamente la penna, stavolta con più veemenza. Gliel’ avrebbe anche messa tra le mani con la forza, se fosse stato necessario, sperò però che avrebbe ceduto prima di arrivare a tanto.
 
“Se non posso farlo per te, consentimi almeno di farlo per mia nipote. Regalo a Lily qualche giorno con il suo papà, in questo non ci trovo nulla di male e non dovresti trovarcelo nemmeno tu”
 
Gli sorrise incentivandolo. In pochi giorni aveva già fatto tantissimo per lui. Era perfettamente consapevole di quanto fosse ligia al dovere e alle regole, quindi il fatto che avesse giustificato il comportamento di Albus e autorizzato la sua assenza dal lavoro poteva solo significare un grande affetto per la sua famiglia. Harry, per la gioia di Hermione, si decise ad afferrare la penna, ma fu solo un piccolo passo verso la decisione definitiva, perché indugiò ancora qualche minuto, prima di apporre nome e cognome infondo a quel documento.
 
“Harry, forza, non ti sto regalando niente. Lasciati aiutare. Indipendentemente dalla partenza di tua moglie, hai bisogno di riposo. Stai facendo turni improponibili pur di portare a termine tutto. Senza ovviamente contare le ronde per compensare i turni vacanti degli Auror. Una settimana è anche poca, ti dovrei concedere almeno un mese”
 
“E tu quando ti riposi?”
 
“Io sono il Ministro della Magia, non credo sia previsto riposo per me. Firma, se lo farai e ti saprò a casa con Lily, mi sentirò già molto meglio”
 
Si rattristò al pensiero delle parole di Albus, per lui non si era mai preoccupato di ritagliarsi più tempo del dovuto. Almeno Lily non gli avrebbe rinfacciato un giorno, in un futuro forse non troppo lontano, quei sette giorni totalmente dedicati a lei. Harry, spinto da quei pensieri, si decise a firmare. Hermione ripose velocemente il foglio in uno dei suoi cassetti della scrivania, prima che Harry cambiasse idea e ciò non poteva essere dato per scontato dopo la fatica che aveva fatto per convincerlo. Fu proprio in quel momento che Harry, alzando gli occhi dal foglio e accantonando i pensieri, vide l'espressione triste di Hermione, a cui non aveva ancora fatto caso. Lei l'aveva brillantemente camuffata fino a quel momento, ma come aveva fatto a non notare che la luce negli occhi nocciola dell'amica era totalmente spenta quella mattina?
 
“Hermione, qualcosa non va?”
 
“Va tutto alla grande”
 
Sforzò un sorriso, molto meno sincero di tutti quelli che gli aveva rivolto nel tentativo di convincerlo a lasciarsi aiutare.
 
“Non sembra tanto dalla tua espressione. Hai ricevuto qualche brutta notizia?”
 
Da quello che Hermione capì, Harry si stava sicuramente riferendo a qualche affare del Ministero. Magari fosse stato quello il problema, in quel caso non avrebbe avvertito alcun macigno sul cuore. Prese un respiro ed esternò i pensieri che da qualche ora ormai la stavano tormentando, convinta che lui avrebbe potuto capirla.
 
“Hugo … mio figlio ha detto che mi odia, perché non mi vede mai. Oggi voleva venire al lavoro con me, ma io ovviamente non ho voluto”
 
Se avesse saputo prima una cosa del genere, di certo non avrebbe accettato quelle ferie, togliendo ad Hermione ancora più tempo alla famiglia. Aveva percepito tutta la mortificazione di quella donna, quasi come se si fosse pentita di non aver assecondato un desiderio legittimo del figlio.
 
“Non lo pensa, Hermione, quel bambino ti adora”
 
“Adora Ron, che non lo abbandonerebbe mai, non me. Harry, non fraintendermi, io sono felicissima del rapporto che Ron ha con i nostri figli, è un bravissimo papà, ma non posso fare a meno di sentirmi in colpa, dopo stamattina soprattutto”
 
Omise il fatto che anche suo marito avesse contribuito ad incrementare quei sensi di colpa e che fu proprio l’esperienza di Harry ad averla fatta giungere a quella triste consapevolezza, ancor prima delle dure parole di Hugo, che ebbero solo il potere di confermarla.
 
“Forse dovresti concederti anche tu un po’ di ferie e dedicarti di più alla famiglia”
 
Hermione sorrise sarcastica davanti alla proposta del cognato.
 
“Sono anni che non mi dedico alla famiglia. Non ricordo nemmeno più l'ultimo pranzo in compagnia di Ron e dei nostri figli”
 
“Dovresti … anzi dovremmo”
 
Harry ne era convito più che mai: Albus aveva ragione.
 
 
 
 
Ciao ragazzi!
 
Vi avevo promesso un confronto tra Scorpius e Draco, ci sarà, ma essendo già il capitolo piuttosto denso di eventi, ho preferito rimandarlo. Ci sarà spazio anche per i Malfoy, li ho lasciati solo per il momento da parte, ma sto solo aspettando il tempo favorevole per inserirli nella trama 😊
 
Ho voluto lasciare spazio anche a Lily e Hugo in questo capitolo, attraverso i pensieri dei loro genitori e i loro stessi comportamenti. Ho disseminato qualche indizio sulla loro personalità, spero si sia colto 😊
 
Scusate come sempre per l’immenso ritardo, ma i nostri eroi non sono gli unici ad avere poco tempo a disposizione ☹ Grazie mille per continuare a seguirmi nonostante tutto e per il vostro costante supporto! <3
 
Alla prossima 😊
Baci
-Vale
   
 
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