Anime & Manga > Yuri on Ice
Segui la storia  |       
Autore: Tenar80    29/03/2019    3 recensioni
Corea 2018. Olimpiadi invernali.
Una leggenda alla propria ultima gara.
Un campione in cerca di conferme.
Un atleta di valore, di uno stato periferico.
Una giovane promessa alla propria prima olimpiade.
Il tutto complicato dai sentimenti, dallo scandalo doping, da un calendario gare studiato apposta per accanirsi sui pattinatori, dalle rivalità sportive e gli infortuni.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Stagioni'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'ANGOLINO DELL'AUTRICE: eccoci qua, saranno ancora tutti vivi? Abbiamo lasciato i nostri amati pattinini in una pessima situazione, aggrediti da dei gorilla ubriachi. Ammesso che fossero davvero ubriachi e non si trattasse invece di una spedizione punitiva bella e buona.
A quello punto della storia urge dire, ovviamente, che tutti i personaggi sono stati rubati da un anime o frutto della mia immaginazione, non ho nulla contro gli atleti russi dell''hokey o contro chiunque in questo racconto per ragioni di trama abbia un ruolo non positivo. È una storia e, come tale, ha anche bisogno di antagonisti. Detto questo è chiaro che nelle ultimi olimpiadi invernali la tensione legata allo scandalo doping c'è stata realmente e davvero non avrei voluto essere nei panni degli atleti russi. La storia dello sport, inoltre ci ha riservato anche una serie di pessime pagine e togliere di mezzo un avversario per tanti motivi scomodo con un aggressione è qualcosa che non è venuta in mente solo agli scribacchini. Il caso più famoso viene proprio dal pattinaggio, immortalato anche dal recente film "Tonya", cioè l'aggressione subita dalla pattinatrice statunitense Nancy Kerrigan e organizzata dall'ex fidanzato della sua rivale Tonya Harding. In quel caso eravamo prima delle olimpiadi del 1994 a cui comunque hanno partecipato entrambe le atlete, anche se poi la Harding è stata squalificata a vita. Come dire, va bene tutto, ma quando ci sono le olimpiadi si chiudono occhi, orecchie e quant'altro pur di non buttar via opportunità di medaglie. Nel pattinaggio, poi, ogni tanto avversari vengono "affettati" con i pattini in modo più o meno accidentale (un'accusa di questo genere c'è stata anche durante i mondiali appena conclusi) o gli si taglia la strada in allenamento sperando che cadano. Tutto questo per dire che siamo in una storia di fantasia, in cui però si cerca di restare nei limiti del plausibile.
Spero di non avervi ucciso con questo spiegone.
Vi lascio a un capitolino breve, ma, spero, intenso.
Un grazie infinito a tutti i lettore e i commentatori.
Un augurio speciale di buon compleanno a Crystal, anche da parte del mio Otabek.
Buona lettura!




Yuuri guardava i punti che l’infermiera gli stava mettendo sull’avambraccio come questo appartenesse a un’altra persona. Non sentiva nulla, neppure il pizzicare a cui lei lo aveva preparato. Solo rabbia. Più rabbia di quanta ne avesse mai provata prima.

    Non si era mai sentito così impotente. Miope, davanti a un uomo armato, con Victor a terra e un altro che continuava a tirargli calci.

    I gemiti di Victor… Continuavano a risuonare nella sua testa. Erano quelli, non certo i punti, a fargli male.

    E dopo, quando era arrivati Otabek e poi gli uomini della sicurezza e lui lo aveva abbracciato, gridando il suo nome… Victor tremava, ma non rispondeva…

    Lo shock, gli antidolorifici, il colpo in faccia… Forse è vero, è meno peggio di quanto sembri… Quanto ci vuole ancora a ricucire questo stupido braccio?

    – Ecco – disse finalmente l’infermiera. – Domani, prima della gara, un’iniezione di antidolorifico locale e sarai a posto.

    La gara… Già… Come sembra inutile, adesso…

    Eppure, una parte della sua testa ci pensava ancora.

    – Preferisco che faccia male, piuttosto che sia intorpidito.

    La donna annuì.

    – Cercheremo di evitare entrambe le cose – disse. – In faccia basta il cerotto. Con un po’ di trucco si vedrà pochissimo e non dovrebbe restare chissà che segno, dopo… Sei stato fortunato.

    Yuuri annuì, tastandosi la medicazione.

    Era riuscito a ripararsi quasi del tutto il viso. Quel tipo, ne era certo, mirava a sfigurarlo. Era riuscito comunque a fargli un taglio di mezzo centimetro sotto l’occhio sinistro, oltre che quello da venticinque punti sul braccio. Yuuri non voleva pensare a cosa sarebbe successo se avesse colpito appena più in alto.

    – Sì – ammise. – Io sono stato fortunato.

    La porta dell’ambulatorio si aprì. Yuuri si girò subito, sperando che fosse…

    Era Tamura, scuro in volto e preoccupato.

    – Come stai? – chiese l’allenatore.

    – Bene. Dobbiamo parlare con i giornalisti – disse Yuuri.

    Non era mai stato così determinato.

    – Stanno uscendo delle notizie, ma parlano di una rissa tra atleti ubriachi – disse in fretta, mostrando il cellulare. – Non c’era nessuno di ubriaco, lì, è stata un’aggressione bella e buona. Volevano spaccare le gambe a Victor.

    E la faccia a me.

    – Lo so – annuì il tecnico. – Ho parlato con i dirigenti… Devi pensare bene a cosa dire,  però, vorrebbero che certe… Tematiche non venissero affrontate.

    Ah…Per la stampa giapponese io e Victor non stiamo insieme, abbiamo solo, com’era? «Un’intesa particolare».  E così deve restare…

     Ecco come si è sentito Victor l’anno scorso in Russia. Ora lo capisco, questo irrefrenabile bisogno di dire le cose davanti alle telecamere, con più pubblico possibile. Ma non è quello il problema, adesso.

    Yuuri scosse il capo.

    – Non centra niente il fatto che io e lui stiamo insieme o comunque non è questo il punto – rspiegò. – Victor ha inviato dei documenti alla commissione d’inchiesta per lo scandalo sul doping di stato russo. Dovrà testimoniare a un processo. È per questo che siamo stati aggrediti. 

    Dall’espressione dell’altro, Tamura era del tutto all’oscuro di quel retroscena.

    – Ah… Questo cambia decisamente le cose. Erano organizzati, quindi?

    – Sicuramente.

    – E ci sono andati di mezzo atleti di altre nazionalità… Questo è inaccettabile.

    Perché invece se si ammazzavano tra russi andava tutto bene?

    – Devo sentire i dirigenti e anche Yakov… – ragionò il tecnico. – Te la senti di parlare a una conferenza stampa, tra un paio d’ore?

    – Dipende da come sta Victor…

    – Si sta riprendendo. Quando vuoi puoi andare da lui.

 

*

    – Stai fermo un attimo! 

    – Se premi così fa male! – protestò Yuri.

    Per aver preso la sua dose di pugni, almeno tre prima che intervenisse la sicurezza, Otabek era stranamente sorridente.

    – Ammettilo, è quello che hai sempre sognato, vedermi al pronto soccorso dopo essere stato pestato – borbottò il russo.

    – No, quello che avevo sempre sognato era tenerti il ghiaccio sulla fronte, forse.

    E adesso come dovrei rispondere?

    Il suo corpo decise per lui.

    Senza volerlo, Yuri si sentì emettere un sospiro, come fanno a volte i gatti prima di addormentarsi in grembo al padrone, e si rilassò completamente, appoggiandosi al corpo del kazako. Si stava bene, lì, nonostante le sedie del centro medico del villaggio olimpico non fossero esattamente comode. Ma il corpo di Otabek, in qualche modo, era la cosa giusta a cui appoggiarsi. Aveva un odore buono, che copriva quello del disinfettante. Con cautela, come se avesse paura di osare, il kazako passò il braccio libero sopra le spalle di Yuri e lui lo lasciò fare.

    Da quant’è che non stavo così bene?

    Rimasero così per un poco, dimenticati da tutti sulle sedie del corridoio, poi Otabek si arrischiò a togliere il ghiaccio dalla fronte di Yuri.

    – Ha ragione l’infermiera. Ti verrà un bel bernoccolo – sentenziò. – Starà benissimo con tuo costume da angioletto.

    Yuri sbuffò e poi si tastò con cautela la fronte.

    – Sembrerò un unicorno.

    – Senza dubbio originale.

    – Non credo che tu dovresti ridere, adesso.

    – No? E che cosa dovrei fare, invece?

    Dovresti baciarmi… Oddio, l’ho pensato davvero!

    – Ehi, piccioncini! 

    La voce di Chris arrivò nel momento meno opportuno.

    Yuri scattò sull’attenti, mentre anche Otabek riprendeva la sua abituale rigidità marziale.

    – Mica dovete vergognarvi! – disse lo svizzero, peggiorando la situazione.

    Yuri cercò di dirsi che saltargli alla gola non era una buona idea. Senza di lui e il suo modo di mulinare la stampella ne sarebbero usciti tutti peggio. Lo svizzero, però, non si era fatto quasi niente, anche se, secondo Yuri, si era lamentato parecchio solo per farsi visitare dall’infermiera più carina.

    – I grandi capi ci vogliono parlare, pare che Yuuri voglia scatenare un mezzo ciclone – disse Chris.

    – Yuuri? – chiese il russo, perplesso.

    – Toccagli il suo cagnolino e scopre di avere gli artigli anche lui.

    – Come sta Victor? – chiese Otabek.

    Chris scosse il capo, più serio.

    – Lo zigomo è rotto. Per i calci stavano ancora cercando di capire…

    – Avevano un maledetto tirapugni e con noi ci sono andati leggeri – disse il kazako.

    – Me ne sono accorto anch’io – replicò lo svizzero, tastandosi un fianco. – Ma non avevano fatto i conti con noi. A quanto pare i pattinatori non sono fanciulle indifese come immaginavano.

 

*

    – … Yuuri…

    Qualcuno gli parlava in un pessimo inglese. Ma non era la voce di Yuuri. Era una donna.

    Vattene, Yuuri!

    Con questo pensiero Victor riaprì gli occhi, per trovarsi abbagliato dalla luce troppo bianca tipica degli ambulatori.

    Strano, la caviglia non gli faceva male. Gli faceva male tutto il resto. 

    – Yuuri?

    Intanto si era accorto di essere adagiato su un letto d’ospedale non del tutto reclinato, con due flebo attaccate al braccio. Impossibile capire cosa gli stessero iniettando dalle scritte in coreano.

    – Yuuri…? – riprovò.

    – Gli altri stanno bene – disse la voce femminile nel suo inglese a stento comprensibile.

    Era un’infermiera coreana, che si avvicinò col proprio miglior sorriso professionale.

    – Bentornato tra noi, signor Nikiforov, cosa ricorda?

    Più di quello che mi piacerebbe.

    Ricordava se stesso a terra, rannicchiato. Consapevole che quella era la cosa migliore da fare. Il bersaglio era lui e la resistenza che poteva opporre era nulla. Poteva solo cercare di limitare i danni. E sentirsi un mostro, per l’urlo di Yuuri.

    Cosa ti hanno fatto, Yuuri?

    Ricordava vagamente Yurio che gli saltava davanti. Un ragazzino neppure maggiorenne che correva in suo soccorso. Non ne era del tutto sicuro, ma quell’intervento poteva essere stato provvidenziale. Aveva pensato che non avrebbe retto un altro calcio. E non ne erano più arrivati.

    Poi c’era un buco.

    Dopo non c’era un’immagine. Dei suoni, delle sensazioni.

    Voci concitate che parlavano, qualcuno che lo chiamava.

    E poi Yuuri che lo abbracciava e gli diceva che sarebbe andato tutto bene, che stavano arrivando… Chi?… Aiuti? Medici?… E lui non riusciva a guardarlo. Sentiva odore di sangue, e ne era terrorizzato. Perché Yuuri non avrebbe dovuto, mai, trovarsi in una situazione del genere. Perché era tutta colpa sua. Perché aveva il terrore di scoprire cosa gli avevano fatto. Da vigliacco qual era, si era lasciato abbracciare, senza neppure aprire gli occhi.

    Poi si era sentita una sirena, il rumore di un veicolo, forse più di uno. Era stato sollevato. Aveva provato a muoversi, ma era stato subito adagiato su una barella. Forse allora si era concesso di svenire davvero, o forse il mix di botte e antidolorifici aveva preso il sopravvento. Da allora non aveva più ricordi. 

    Quanto tempo era passato?

    – È tutto un po’ confuso – provò. 

    Si sentiva la bocca impastata.

    Qualcosa gli impediva di articolare normalmente le parole, come dopo un’anestesia odontoiatrica.

    – Direi che è normale – lo rassicurò l’infermiera. – Ricorda di essere stato aggredito all’uscita dalla mensa?

    – Certo che lo ricordo.

    Anche se preferirei di no.

    – Allora direi che è tutto normale.

    Victor sbuffò, poco convinto… E… Cos’aveva in faccia? Provò a toccarsi la guancia destra e trovò una medicazione.

    – Ha uno zigomo rotto – spiegò l’infermiera. – Guarirà alla perfezione, resterà appena l’ombra di una cicatrice.

    Meraviglioso…

    – E il resto? 

    – Non ci sono danni agli organi interni. È stato davvero fortunato o, come hanno detto i suoi amici, ha saputo proteggersi.

    – Come un vigliacco.

    Raggomitolato nel tentativo di proteggere testa e gambe mentre gli altri venivano pestati al posto mio.

    – Come un uomo della sua corporatura con un problema a una caviglia contro gente simile! Comunque, ha ulna e radio sinistro incrinati e questa poteva essere la sua testa. L’altro braccio non ha un bell’aspetto, ma non c’è niente di rotto. Cosa che non si può dire di una costola, mentre un’altra è solo incrinata. Ha contusioni ovunque. Ma da quanto mi hanno raccontato poteva andarle molto, molto peggio.

    – Sì.

    Mentre era a terra, rannicchiato, pregando solo che non gli facessero troppo male, che non facessero del male a Yuuri, non pensava di poterne uscire così.

    – Posso dirle anche un’altra cosa. Ha dei buoni amici. In due settimane di olimpiade qualcosa inizio a capire. Se la stessa cosa fosse capitata ad altri sportivi, anche con dei compagni di squadra, sarebbero stati abbandonati. Lei ha degli avversari che il giorno prima della finale hanno preso pugni e colpi per difenderla.

    E non penso proprio di meritarli.

    La porta della stanza si aprì e entrò Yuuri.    

    – Victor! 

    Era in piedi, sulle proprie gambe, senza stampelle o medicazioni evidenti… Poi Victor vide il taglio proprio sotto l’occhio. Ricordò il tipo con la bottiglia di birra, che la spaccava contro un muro per tenerne il collo dai margini taglienti… Guardò gli occhi, gli splendidi occhi di Yuuri, che lo avevano guardato fermi, mentre lui gli gridava di andarsene, e sentì qualcosa che si rompeva dentro di lui.

    Iniziò a piangere, singhiozzando, come non gli capitava da anni. Per il rischio che Yuuri aveva corso. Per la propria stupidità. Il suo ridicolo orgoglio che non gli aveva permesso di ammettere di avere paura, neppure dopo l’avvertimento di Mila. Per la propria ultima olimpiade buttata così. 

    Yuuri corse ad abbracciarlo e gli sembrò una cosa così ingiusta, lui che non era neppure riuscito a guardarlo, mentre arrivavano i soccorsi, eppure non trovò di meglio da fare che appoggiare il lato sano del viso al suo petto e continuare a piangere.

    – Non doveva andare così… – mormorò.

    – No – disse Yuuri. – Ma adesso andrà tutto meglio.

    Victor cercò di far appello a tutto l’autocontrollo imparato in oltre vent’anni di agonismo. Yuuri aveva ancora la propria gara. Di quello che era successo a lui non sarebbe rimasta traccia nella memoria di nessuno, se non nella sua. Ma la medaglia che Yuuri poteva vincere, quella se la sarebbero ricordata tutti.

    – Devi pattinare benissimo, domani – sussurrò, senza riuscire a smettere di piangere. – Stai sicuro che farò in modo di vederti.

    – Stai sicuro che la vedrai la gara, ma di certo non da un lettino – a parlare era stato Yakov, che entrava in quel momento nella stanza seguito da Tamura.

    In mano aveva la cartelletta con i referti.

    Victor lo guardò senza capire.

    – Tu domani pattinerai – disse Yakov, con il suo tono da divinità.

    Sia l’atleta russo che il giapponese lo guardarono come se fosse pazzo.

    L’allenatore sbuffò.

    – Tu pattinerai. Puoi fare quel che vuoi, girare in pista senza neppure un salto, prendere un punteggio da far arrossire un bambino di sei anni, non mi importa. Ma andrai in pista. Non ci nascondiamo. Il coraggio non è pestarsi all’uscita della mensa come ragazzini di scuola. Il coraggio è andare avanti comunque, senza nascondere quello che è accaduto. Ho pensato molte cose di te, Vitya, in questi anni, ma mai che tu fossi un codardo.

    Nonostante tutto, le parole del tecnico avvolsero Victor come poco prima aveva fatto l’abbraccio di Yuuri.

    – Io sono un codardo, Yakov. E comunque non mi reggo in piedi – disse.

    – La tua testaccia dura è a posto. La caviglia sta come questa mattina. Non devi cadere di faccia o sul braccio sinistro, certo – replicò l’allenatore. – Adesso sono sicuro che tu non ti regga in piedi. Ma domani? Domani tu pattinerai.

    Poi si avvicinò al letto e sussurrò in russo all’orecchio di Victor:

    – Domani sarà anche la mia ultima gara come tecnico della nazionale russa, non vorrai lasciarmi solo, Vitya.

    – Non mollerai per questo, spero – replicò Victor, sempre in russo.

    Era impossibile immaginare il pattinaggio russo senza Yakov. L’idea stessa che lui lasciasse era qualcosa di destabilizzante, come doveva essere stato vedere all’improvviso Atlantide inabissarsi nel mare.

    – E cosa dovrei fare, portare atleti che vengono pestati a sangue dalla nostra federazione sportiva? Dovrei prestare la mia faccia per cosa? Immagine? Denaro? Pagato con sangue tuo e di Yuri? Domani andiamo, facciamo vedere di che pasta siamo fatti e la chiudiamo qui. A modo nostro.

    Victor annuì.

    Non si meritava Yakov. Così come non si meritava Yuuri. Come non meritava che altri avessero preso colpi destinati a lui.

    – A modo nostro – disse.

    Yakov gli sorrise e gli mise una mano sulla spalla.

    Poi si girò verso Yuuri.

    – Tu mi sembri abbastanza saldo sulle gambe, ragazzo – gli disse, in inglese. – Domani non ti stacchi di un millimetro da lui se non per gareggiare. E vedi di prenderti una medaglia. Se lo fai, dopo, per quel che mi riguarda, potete anche baciarvi in mondovisione.

    Tamura mise una mano sulla spalla di Yuuri.

    – Ecco, magari questo no – disse.

    Ma Yuuri, leggermente arrossito, guardava solo Yakov e Victor.

    – Farò il possibile – disse.

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: Tenar80