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Autore: Classicboy    01/06/2019    6 recensioni
Fanfiction interattiva, iscrizioni chiuse!
SurvivalGame!AU, Deathfic
Avvertimenti: violenza, sangue, morte di personaggi principali
...
Quando un gruppo di semidei si risveglia su di un'isola senza memoria di come sono giunti lì né il perché, delle domande cominciano a formarsi nelle loro menti. Domande che si fanno via via più insistenti quando scoprono che oltre a loro sull'isola sono presenti anche diverse specie di mostri, tutti ugualmente letali e pericolosi, alcuni anche troppo.
Chi ha portati lì il gruppo di adolescenti? Perché l'isola è disseminata di trappole e indovinelli? Cosa ci fanno dei mostri in un'isola che stranamente sembra raccoglierne tutti gli habitat? Cosa sono le rovine che si ergono al centro dell'isola? Cosa sono i messaggi criptati che si trovano sparsi e che sembrano a loro indirizzati?
Questi sono i misteri che popolano Demigod Island.
...
0) Il risveglio (completo)
I) Ciò che c'è di più caro (in corso...)
Genere: Azione, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Mostri, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Semidei Fanfiction Interattive
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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CIÒ CHE C'È DI PIÙ CARO -
SITUAZIONI SPIACEVOLI

 

 

Foresta

 

Bosco

 

Madison non si sentiva al sicuro, per niente.
In silenzio sulla cima dell'albero su cui si era rifugiata sentiva il cuore batterle a mille nel petto, quasi al punto da farle male, rombandole sordo nelle orecchie. Inoltre aveva le mani sudate e sentiva quasi un tic all'occhio per il nervosismo; ma nonostante questo la presa sulla spada era salda ed era più pronta che mai a dare battaglia contro qualunque cosa si stesse avvicinando.
Deglutì nervosa e lanciò uno sguardo al ragazzino incontrato poco prima. Era accovacciato vicino a lei, una mano che reggeva la spada di bronzo celeste, l'altra che teneva scostate delle foglie così da avere una visione della piccola radura sotto di sé. Anche lui pareva pronto a combattere, e per quanto le avesse affermato di non avere intenzione di farle del male Fos proprio non riusciva a fidarsi. Si sentiva costantemente sulle spine, si aspettava quasi che da un secondo all'altro la buttasse di sotto rompendole così l'osso del collo.
“Una chimera...”
Il sussurro roco di Colin la distolse dai suoi pensieri e le trasmise un brivido gelido lungo tutta la spina dorsale. Aveva ragione: sotto di loro c'era proprio il mostro che millenni fa affrontò Bellerofonte. O per meglio dire: una sua discendente. Era più piccola di come Madison se la era immaginata - poco più grande di una mucca - e non sembrava avere nessuna testa di capra che le spuntasse dalla schiena, ma a parte quello quel mix di leone, capra e drago le trasmetteva terrore solo a guardarlo.
Il mostro stava annusando l'aria, sbuffando, come se stesse seguendo una traccia, per poi abbassare il muso da leone sull'erba e prendere ad annusare con fare smanioso.
Colin imprecò in greco antico.
“Cosa succede?” Sussurrò Madison.
“Non la vedi? Sta fiutando: ha sentito le nostre tracce, non ci vorrà molto prima che ci individui qua sopra.” Soffiò il ragazzo mentre si guardava attorno, come alla ricerca di una invisibile via di fuga.
Alla fine sospirò affranto, prima di alzare la spada di fronte a sé: “Non ci resta che fare la prima mossa...”
“Aspetta... non starai per caso proponendo di affrontare la chimera?” Domandò incredula.
“Che altre possibilità abbiamo? Non possiamo fuggire, e mi rifiuto di starmene fermo qui ad aspettare che ci trovi e ci riduca arrosto. Senti, tu puoi fare quello che vuoi. Ade, puoi anche scappartene a gambe levate per quel che mi interessa. Io la affronto.” E chiuse gli occhi prima di prendere un profondo respiro.
La mente di Madison lavorò ad una velocità folle mentre metteva insieme ciò che stava succedendo, e cercava di pensare a quale fosse effettivamente la scelta migliore.
“Andiamo...” Sussurrò il semidio tra sé prima di accovacciarsi pronto a saltare di sotto. Stava quasi per lanciarsi quando sentì una mano poggiarsi sulla spalla. Si voltò stupito. Madison lo stava fissando con aria decisa.
“Non prendermi per una codarda.” Sussurrò solo, mettendosi in posizione di guardia.
Il figlio di Ares la guardò colpito prima di scoprire i denti in un ghigno: “Divertente... Va bene, allora stammi a sentire: appena è a portata gli saltiamo addosso. Io sono più grosso, quindi mi occupo della parte davanti e del leone; tu invece pari più agile quindi pensa alla coda. Ricordati che la chimera sputa fiamme, la prima cosa da fare è metterle fuori uso i sensi. E fa' attenzione al veleno.”
Fos si limitò ad annuire, troppo tesa per l'imminente battaglia per badare davvero a ciò che il rosso le stava dicendo.
Il mostro si avvicinò sempre di più, la coda-serpente che sibilava, probabilmente eccitata alla prospettiva di banchettare con dei semidei.
Passarono solo pochi secondi, anche se a Madison parvero interminabili. Alla fine Colin sussurrò “ora” e i due saltarono giù dall'albero ruggendo.
Durante il breve salto Madison arrivò a due conclusioni. Una che nonostante tutto erano riusciti a cogliere di sorpresa il mostro. La seconda invece che, nonostante fosse riuscita a mozzarle la coda e Colin a darle una spadata sul muso, non erano riusciti a ucciderla.
La chimera ruggì al cielo la sua rabbia puntando il muso verso il figlio di Ares. Madison sentì un basso gorgoglio e l'attimo dopo vide l'albero su cui erano accampati fino a poco prima andare a fuoco. Per fortuna l'altro semidio era riuscito a scostarsi per tempo, ottenendo solo una lieve arrossatura dovuta al calore delle fiamme della chimera.
Colin si rialzò impolverato prima di riprendere la sua offensiva urlando di rabbia. Madison, vedendo il suo accanimento, decise di attaccare il mostro da dietro. Ma ormai era tutto inutile: la creatura era in posizione difensiva; ruggì di nuovo sputando fiamme addosso al rosso, costringendolo ad interrompere il suo attacco per salvarsi, per poi spostarsi verso la figlia di Stige. Madison si buttò in avanti con una capriola, e sentì le fiamme sfiorarle la pelle e ringraziò di avere i capelli corti, certa che se fossero stati anche solo di pochi centimetri più lunghi se li sarebbe trovati bruciati. Si rialzò in fretta e accucciata sferrò un fendente alla cieca di fronte sé.
La ragazza sentì di nuovo il mostro ruggire e lo vide inarcare la schiena mentre qualcosa di caldo e appiccicoso le cadeva sul viso. Non ebbe il tempo di capire cosa stava succedendo che con una zampata la chimera la mandò diritta addosso ad un albero.
La violenza del colpo le svuotò l'aria dai polmoni e le fece perdere la presa sulla spada. Sentiva la testa pulsarle e faceva fatica a mettere a fuoco l'ambiente circostante. Il braccio destro era intorpidito dallo scontro con il tronco dell'albero, se non peggio, e sentiva in bocca un gusto ferroso. Cercò di riportare lo sguardo sulla chimera, ma le immagini sfocate continuavano a sovrapporsi e Colin era diventato solo una macchia rossa illuminata dalle fiamme.
Chiuse gli occhi, respirò a fondo e lentamente li riaprì. Questa volta riuscì bene o male ad inquadrare di nuovo la scena di fronte a lei. Peccato che non fosse una scena molto incoraggiante.
Per quanto Colin fosse un figlio di Ares - e pertanto naturalmente portato alla battaglia - non riusciva a trovare un'apertura nella guardia del mostro, che nonostante fosse accecato da un occhio, poteva comunque contare sull'altro e sulle sue fiamme.
Se solo avessero avuto un arco, o una qualunque altra arma che potesse danneggiare la creatura a distanza quel tanto che bastava per distrarla e permettere così al semidio di finirla...
Un momento: lei quell'arma ce l'aveva!
Con mani tremanti e le orecchie che fischiavano prese a frugare nel piccolo marsupio pregando gli dei che il ragazzo riuscisse a resistere quel tanto che bastava per permetterle di portare a termine il suo piano.
A un certo punto le dita toccarono una superficie liscia, e Madison riuscì a tirarla fuori: la sua arma finale.
Pareva una semplice conchiglia, di quelle coniche, ma era decisamente più grande, al punto che per reggerla c'era bisogno di entrambe le mani. Era di un bianco opaco, e, se si accostava l'orecchio, all'interno si poteva sentire sciabordare dell'acqua.
La ragazza la raccolse, la posizionò a fatica di fronte a sé come se fosse una pistola e prese la mira.
Madre, ti prego, aiutami” fu l'unico pensiero che le passò per la testa prima di concentrarsi e sparare. Sulla valva si formò una bolla nera come inchiostro, grande più o meno come una palla da baseball. La bolla si staccò e prese a fluttuare pigra, spostandosi in direzione della chimera; quando finalmente raggiunse il muso della creatura si posò contro l'unico occhio ancora buono, prima di scoppiare con un lieve “pop”.
La chimera ruggì, un verso di puro dolore, ancora più straziante di quello emesso in precedenza quando era stata accecata, e si inarcò sulle zampe posteriori.
Colin, dopo un paio di secondi di stupore di fronte a quella reazione, approfittò dell'apertura e con un balzo in avanti infilzò il mostro dritto al cuore con un urlo roco, conficcando la spada fino all'elsa. Il verso si spense, e il mostro si bloccò come una statua, prima di tremare e accasciarsi all'indietro, la lingua fuori dalle fauci.
Madison si rialzò dolorante sostenendosi all'albero, ancora stordita dalla botta.
Colin si voltò a guardarla: “Tutto bene?”
Non c'era quasi traccia di emozione nella sua voce, e gli occhi non tradivano né ansia né preoccupazione, come se quanto aveva appena fatto fosse qualcosa di naturale per lui. Stava ansimando in cerca d'aria, l'orlo sinistro dei pantaloni era bruciato, gli avambracci arrossati dal calore e i capelli erano completamente attaccati al cranio dal sudore.
La figlia di Stige si limitò ad annuire, le labbra strette in una linea sottile, mentre continuava a tenere la conchiglia stretta in mano.
Il semidio si limitò ad emettere un grugnito, e si diresse a spegnere uno dei piccoli incendi accesi dal mostro: “Direi che ci è andata bene. L'albero era abbastanza distante dal resto, quindi possiamo sperare che gli dei per una volta ce la mandino buona e la foresta non vada a fuoco. Tutti altri sono incendi facilmente domabili.” Borbottò solo pestando gli stivali sugli arbusti.
La ragazza distolse lo sguardo e riportò l'attenzione sulla chimera, o meglio su ciò che ne era rimasto: un cumulo di sabbia dorata, una spada e una macchia di sangue nero come inchiostro.
Aggrottò le sopracciglia confusa.
“Che c'è?” Le chiese l'altro, notando l'espressione.
“Mi pare ci sia qualcosa...” mormorò.
Colin si avvicinò ai resti della chimera riprendendo la spada, e si inginocchiò: “Ma che...?”
“Cosa c'è?”
Il ragazzo tornò da lei. Tra le mani stringeva quello che pareva essere un collare extra large, formato da un'unica catena arrugginita, a cui era attaccato un piccolo scrigno di metallo.
“Evidentemente era coperto dalla criniera e non ce ne siamo mai accorti.” Borbottò Colin.
“Ma cos'è? E chi l'ha messo lì?” domandò Madison.
Non aveva senso, perché mettere una cosa del genere attorno al collo di un mostro sanguinario? Ma, soprattutto, chi poteva averlo fatto? E come?
Il figlio di Ares si portò il piccolo contenitore all'orecchio e lo agitò: “C'è qualcosa dentro.”
Tastò alla ricerca di un'apertura. Alla fine trovò una fessura e fece forza con le dita, aprendo in due il piccolo scrigno.
Madison sbirciò curiosa: dentro c'erano una chiave di ferro annerita dal tempo, e un piccolo quadrato di carta.
“Ti spiace prenderlo tu? Sai com'è, le mani...” Mormorò impacciato il ragazzo.
Madison sobbalzò e solo in quel momento notò che le mani del semidio erano completamente zuppe del sangue nero della chimera. Qualche goccia era finita anche sul viso e sulla canottiera.
Si limitò ad annuire e lo prese.
“Che c'è scritto?”
“Io... io non ne sono sicura, è molto piccolo. È greco mi pare. Se non sbaglio c'è scritto... 'un penny per i tuoi pensieri, una chiave per i tuoi ricordi'. Che significa?”

 

 

...

 

 

Darren la fissò colpito, prima di annuire, un sorriso scaltro che gli incurvava le labbra: “Ricevuto, capitano. Ora che mi dici se mi racconti la tua storia?”
Il semidio vide la ragazzina irrigidirsi, mentre le mani che reggevano la lancia si stringevano con forza. Spostò leggermente la testa di lato mentre assumeva un'espressione confusa; aveva per caso detto qualcosa di male?
Emma strinse le labbra prima di borbottare stizzita: “N-non mi paiono domande da fare, i-impiccione.”
Darren alzò un sopracciglio colpito. Okay, questa non se l'aspettava.
Probabilmente aveva sbagliato lui a formulare la domanda - forse era un po' troppo personale come cosa da chiedere - ma di fatto tutto ciò che voleva sapere era solo in che condizioni si era svegliata e se sapeva che costa stava succedendo.
Era sul punto di per aprire bocca per chiarire l'intera questione quando vide che la piccola ragazzina di fronte a lui aveva assunto un'aria concentrata, mentre guardava di lato. Il figlio di Apollo seguì il suo sguardo ma non vide nulla. Che avesse sentito un mostro? Stava per chiederglielo quando la sentì borbottare: “Ma se l'è cercata...”
“Come scusa?”
La ragazza sobbalzò per l'ennesima volta, prima di balbettare: “N-niente. Comunque è-è per caso tuo questo? Me lo sono trovato poco fa addosso e...”
Detto questo prese a frugarsi nelle tasche dei pantaloni prima di tirare fuori un medaglione circolare d'argento.
Il semidio aguzzò la vista, prima di avvicinarsi. Emma si irrigidì di nuovo. Darren notò il gesto, ma si limitò a sbuffare divertito: “Tranquilla, non voglio farti niente. Voglio solo dare un'occhiata più da vicino, posso?” E porse la mano.
Ancora un po' diffidente la ragazza gli affidò l'oggetto. Il figlio di Apollo prese a esaminarlo: era d'argento, probabilmente un pendente a giudicare dal piccolo buco posizionato sopra attraverso il quale si sarebbe dovuta far passare l'eventuale collana, e non era un semplice medaglione. Era una bussola, o per meglio dire un ciondolo a forma di bussola. Era anche estremamente accurato, con le lettere e le linee incise con cura, ma i graffi e gli aloni di ditate facevano capire che il proprietario era solito portarlo addosso con frequenza.
Scosse la testa mentre glielo riporgeva: “Spiacente, non mi dice niente.”La ragazza sospirò: “Speravo in un pizzico di fortuna...”
“Capisco... Ehi, questo mi fa venire in mente: è tuo questo per caso?” E le mostrò l'anello che si era trovato addosso al posto del suo prezioso orologio.
Emma lo fissò confusa: “No, non l'ho mai visto, scusa.”
“Tranquilla. Ad ogni modo...”
Stava per dire qualcosa quando vennero raggiunti dal rumore di un ruggito.
Subito entrambi alzarono le rispettive armi mentre si guardavano attorno allarmati.
“C-cos'era?” balbettò Emma mentre stringeva con forza l'asta della lancia.
“Un mostro?”
“Grazie mille, ma da dove veniva?”
“Non lo so, forse...”
Un nuovo ruggito, stavolta ancora più forte.
Darren deglutì: “Direi che non è il caso di farci troppe domande, dobbiamo scappare.”
“Dobbiamo? Noi due?”
“Sei la prima persona che incontro da quando mi sono svegliato in mezzo a quella palude infernale, e siamo entrambi semidei. Qui c'è qualcosa in gioco e mi rifiuto di lasciare una ragazzina senza protezione in un posto pieno di mostri.”
“Ragazzina? Sappi che ho diciassette anni.” Esclamò indignata la semidea.
Mea culpa, chiedo scusa, ma dobbiamo andarcene. Ora.”
Si voltò a guardarla, un'espressione preoccupata e ansiosa sul viso. Emma si morse il labbro, indecisa, prima di annuire, forse un po' controvoglia.
I due si voltarono e corsero via alla cieca, diretti verso un posto qualunque, il più lontano possibile dalla fonte di quel rumore.

 

 

 

Giungla

 

Anna si muoveva in silenzio spostandosi di ombra in ombra, gli occhi incollati sulla ragazzina con la protesi.
Felpata come un coguaro, vedo. Sai chi mi ricordi: gli stalker dei film.
Il commento di Strygha le fece storcere la bocca, ma si limitò ad ignorarla mentre cercava con tutta sé stessa di non farsi scoprire. La giovane non sembrava essersi accorta di loro, ma qualcosa doveva averlo percepito, visto che continuava a guardarsi attorno con aria nervosa, la mano che di tanto in tanto continuava a correre all'elsa della spada.
Anna assottigliò lo sguardo. Anche quel particolare non le era sfuggito; la ragazzina aveva una spada di bronzo celeste, dove se l'era procurata? L'aveva trovata da qualche parte in giro come lei? Ma in tal caso: chi l'aveva messa lì? E soprattutto: perché? Lasciare armi mortali in giro non le sembrava esattamente la cosa più intelligente da fare.
Sai cosa mi ricorda questo tuo atteggiamento furtivo? Quel passo della canzone di 'Nightmare before Christmas', hai presente? 'Sono l'ombra che di notte va/ Semino il panico giù in città'.
Per una buona volta: taci! Sono impegnata in un appostamento qui.” Pensò stizzita la ragazza.
Erano ormai dieci minuti che le andava dietro, ed era andata molto vicino a farsi scoprire quando, ad un certo punto, era risuonato a distanza il rumore di quello che pareva essere un ruggito. Anche la ragazza l'aveva sentito e si era voltata proprio verso di lei con aria spaventata. Per fortuna gli alberi e le ombre della giungla l'avevano riparata impedendo che la potesse vederla.
Però chissà cos'era quel rumore. Che ci fosse anche qualcun altro lì?
Ad un tratto la ragazza si fermò e la sentì trattenere il fiato.
“Per gli dei, e questo cosa sarebbe?” La sentì mormorare rivolta a qualcosa al di fuori del suo campo visivo.
Rimase ferma lì per un minuto buono, prima di sfoderare la spada e avvicinarsi titubante.
In silenzio Anna la seguì, per poi bloccarsi come aveva fatto l'altra poco prima, capendo il motivo del suo stupore. Gli alberi si erano diradati, lasciando spazio ad una radura in mezzo alla quale sorgeva un tempio antico. Non sembrava avere pareti, e i muri erano sorretti da colonne di marmo che un tempo dovevano essere state di un bianco abbagliante, ma che ora erano completamente ricoperte da muschio e rampicanti. Il tetto era sfasciato e dall'aspetto trasandato si capiva che era stato abbandonato da tempo. Da dove si trovava le sembrava di riuscire a scorgere un piedistallo che forse un tempo aveva ospitato una statua, ma che ormai era sgombro.
Anna si perse per qualche secondo ad ammirare l'edificio, prima di essere riportata bruscamente coi piedi per terra dal commento di Strygha.
Uoah, che figata. Ha proprio l'aria di qualcosa di antico e abbandonato.
“Sarà perché è antico e abbandonato?”
Non c'è bisogno di essere così acidi, miss cuore di ghiaccio.
“Stammi a sentire. - Soffiò stizzita togliendo lo sguardo dal tempio - Ti rendi conto della situazione in cui ci troviamo? Siamo in un posto sconosciuto, non abbiamo la più pallida idea di come ci siamo arrivate, ci hanno tolto armi e oggetti magici per farci trovare questa cosa. - E sventolò la spada - Probabilmente su quest'isola ci sono parecchi mostri e parecchio pericolosi a giudicare dal ruggito di poco prima e non abbiamo la più pallida idea di cosa stia succedendo. Quindi ora tu le tue crisi da diva isterica te le fai venire da qualche altra parte e mi lasci pensare. Qui o usiamo la testa e non perdiamo il controllo o siamo morti. E io non ho nessuna intenzione di crepare, grazie tante.”
Poteva quasi immaginarsi Strygha che tratteneva il respiro prima di rispondere a tono, ma vennero interrotte da una voce che ordinò: “F-ferma dove sei!”
La semidea si irrigidì.
“Voltati.”
La ragazza seguì l'ordine con una calma innaturale. Di fronte a lei se ne stava la semidea con la protesi di bronzo, la spada in mano e un'espressione cauta sul volto.
Ops, ci siamo fatte beccare. Chiedo scusa.

 

 

...

 

 

Pamela era quasi certa che qualcuno la stesse seguendo.
Un paio di volte le era sembrato di intravedere un'ombra con la coda dell'occhio, ma ogni volta che cercava di focalizzarsi su quel punto non vedeva niente. Le prime volte l'aveva scambiato come un gioco di luce causato dalle ombre degli alberi misto all'ansia dell'intera situazione che stava vivendo.
Ansia accresciuta ancora di più quando aveva sentito quell'ululato risuonare per tutto il bosco. Qualunque cosa l'avesse fatto sicuramente non aveva le dimensioni di un innocuo gattino, poco ma sicuro.
Si portò con fare nervoso una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre gli occhi saettavano sul terreno per impedirle di inciampare da qualche parte e rompersi così l'osso del collo.
Alzò la testa al cielo: chissà che ora era? Stava iniziando ad avere fame, e se non trovava qualcosa di commestibile al più presto sarebbero stati guai. Forse avrebbe dovuto seguire di più le lezioni di sopravvivenza al campo, ma la fucina aveva un richiamo troppo forte per lei, non ce la faceva! Però tutto questo le aveva fatto venire in mente un'idea fenomenale: una bussola auto-orientante, sul modello dei moderni navigatori GPS. Sarebbe stata capace di calcolare la tua posizione sulle stelle e sul movimento del sole e indicarti così facendo la strada da prendere per raggiungere il punto sicuro più vicino.
Se lo doveva assolutamente segnare, sarebbe stata una buona idea...
Era talmente presa dai suoi pensieri che quasi non si accorse quando il bosco finì. Si arrestò di colpo e alzò gli occhi dal terreno per poi lasciarsi sfuggire: “Per gli dei, e questo cosa sarebbe?”
Il tempio di fronte a lei probabilmente non incontrava lo sguardo di un essere umano almeno da mezzo secolo, ma era di per sé un'opera notevole. Certo, lei era una figlia di Efesto, e non una di Atena, ma non poteva fare a meno di ammirare il mix di ingegneria e tecnica usate per montare su l'intera struttura. Il numero di colonne adatto per sostenere il peso del tetto, la loro altezza, la distanza...
Tutte quelle cose aggiungevano un non so ché di magico. Inoltre poteva sentire qualcosa dentro, il suo sesto senso semidivino le diceva che all'interno della costruzione c'era qualcosa di parecchio interessante.
Si avvicinò con passo svelto, cercando di dare un significato a quella sensazione di ansia e aspettativa. Era quasi arrivata che la intravide di nuovo. Un'ombra proprio ai margini della piccola radura.
Rallentò il passo e deviò leggermente la sua traiettoria mentre si lanciava occhiate furtive alle spalle. Questa volta ne era certa, aveva visto una figura nascondersi dietro ad un albero alle sue spalle.
Con fare attento si nascose di nuovo nella vegetazione per poi correre verso il punto dove si trovava poco prima. Quando lo raggiunse scostò delle foglie e guardò. Attaccata ad un albero c'era una ragazza che le dava le spalle. Stava gesticolando, come se stesse avendo una conversazione fitta fitta con qualcuno, facendo ondeggiare i lunghi capelli castani.
Pam si passò la lingua sulle labbra secche. Cosa fare? Quella ragazza evidentemente la stava seguendo, ma per quale ragione? Che volesse farle del male? Che fosse semplicemente una persona che si era trovata nelle sue stesse condizioni e che stava ora riflettendo su cosa fosse meglio fare? Oppure era un mostro camuffato da mortale che aveva intenzione di tenderle una trappola.
C'era un solo modo per scoprirlo. Facendo attenzione impugnò la spada per poi uscire silenziosamente dal suo nascondiglio, avvicinarsi e esclamare fingendo sicurezza: “F-Ferma dove sei!”
Vide le spalle della ragazza tendersi.
“Voltati.” Ordinò perentoria.
L'altra fece come le era stato detto e Pamela vide in volto la sua inseguitrice. Aveva un'incarnato chiaro, lineamenti affilati e naso aquilino, gli occhi erano uno nero e l'altro azzurro. Ora che vedeva i vestiti poteva notare un certo stile goticheggiante, ma la sua attenzione era portata dalla maglietta di un accesso colore arancione.
“Come ti chiami?”
La ragazza sembrò pensarci un po' su prima di dichiarare: “Anna Debenham. Ed io con chi ho il piacere di parlare?”
“Pamela, Pamela Clarke. Sei... sei una semidea anche tu?”
Forse ci fu qualcosa sul suo viso che tradì il desiderio di una risposta affermativa a quella domanda, perché fu quasi certa di vedere uno scintillio inquietante negli occhi della nuova venuta prima che replicasse con un lieve sorriso: “Figlia di Ecate.”
Pamela abbassò la spada con un sospiro prima di rispondere con un sorriso sincero: “Figlia di Efesto. Scusa se sono stata così sospettosa, ma sai com'è...”
“Non c'è problema, apprezzo chi è cauto e attento.” La rassicurò con un sorriso la ragazza.”
Pam si schiarì la gola: “Allora, figlia di Ecate, giusto? Sai per caso come ci sei arrivata qui? Sai dove ci troviamo?”
“Temo di no, mi dispiace. Sono all'oscuro tanto quanto te.”
“Oh, peccato... E perché mi stavi seguendo?”
Anna si irrigidì di nuovo: “Mi hai vista?”
“No, cioè non proprio. Avevo notato qualcosa alle mie spalle, è stato solo quando siamo arrivate al tempio che ti ho proprio vista.”
L'altra si morse il labbro, e Pamela poteva quasi vedere il lavoro che stava facendo il suo cervello. Alla fine sospirò: “Volevo capire se potevi avere delle risposte o se eri coinvolta con l'intera faccenda del mio rapimento.”
Era una risposta abbastanza essenziale e non la soddisfaceva per nulla. Stava per premere quando sentì qualcuno esclamare: “Ferme dove siete, e giratevi lentamente.”
La figlia di Efesto sgranò gli occhi sorpresa; era stata talmente occupata col suo dialogo con Anna che non aveva notato che erano state raggiunte da un nuovo venuto, un ragazzo alto e muscoloso, dalla pelle olivastra e i corti capelli castani.
Il giovane stava puntando loro addosso una lancia di bronzo e oro, un'aria guardinga sul volto.
Con calma aprì la bocca e mormorò: “Identificatevi, e ditemi dove ci troviamo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Salve.

Dopo quanto? Un anno? Poco meno? Finalmente riesco ad aggiornare la storia. Ad essere sincero questo capitolo ce lo avevo pronto dopo un mese che avevo fatto uscire l'ultimo ma non sono riuscito a pubblicarlo. Mi dispiace ma stavo vivendo una fase davvero giù che mi ha portato praticamente a portare a zero le mie attività di autore sul sito. Ora forse riesco a riprendermi e a scrivere qualcosa a riguardo, ma non contateci troppo, non si sa mai.

La prima parte mi è stata betata da Itzi (andate a leggere le sue interattive se già non lo avete fatto!!!!!!), in quanto io faccio schifo nel raccontare scene di combattimento.

Spero che la storia vi sia piaciuta, nel caso degli autori di Anna, Pam e Johnny stessa domanda fatta per gli altri: dal poco che sanno gli uni degli altri come si relazionano tra loro? Oltre a questo fatevi sentire perché ho una domanda da farvi su loro per far andare avanti la storia.

Ci sentiamo gente, bye.

   
 
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